Otto?!
Grazie a Edoardo ero riuscita a superare l'episodio del bagno e tornare a casa senza troppi sconvolgimenti, mi aveva pure prestato la sua felpa, che teneva stretta in vita, per coprire la mia camicia strappata e raggiungere la fermata dell'autobus.
Aveva insistito un po' per sapere quanto era accaduto, ma non avevo detto nulla e gli avevo fatto promettere che non doveva parlarne con gli altri. L'ultima cosa che volevo era qualche presa di posizione da parte dei miei amici, che peggiorasse la mia precaria situazione.
Benedetta aveva cercato di indagare circa la mia assenza ingiustificata, e pure Elia aveva posto qualche domanda, ma avevo inventato una scusa, alla quale sicuramente non avevano creduto, ma era servita comunque per interrompere quell'interrogatorio.
Quel sabato però le domande erano di tutt'altra natura, anche se la mia agitazione per le risposte rimaneva la stessa.
"Qual è la formula del perclorato di potassio?" chiese Elia con sguardo serio, fissando i suoi occhi scuri su di me.
Era strano quanto mi facesse sentire a disagio in tanti modi diversi quello sguardo, ma non mi dispiaceva quasi mai averlo puntato addosso, voleva comunque dire che mi stava guardando.
"Ehm" cominciai, ricercando nel mio cervello tutte le nozioni che avevo davvero studiato ma che faticavo a ricordare "KCIO4"
Elia spalancò gli occhi sorpreso e lentamente aprì le sue labbra in un sorriso sussurrando: "Esatto...."
Rimasi sbalordita a mia volta, non ci credeva lui che avevo risposto giusto, figuriamoci se potevo pensarlo io! Allora stare sveglia quasi tutta la notte era servito a qualcosa!
"Quella del nitrito di calcio?" riprese il ragazzo, aspettando speranzoso la mia risposta.
Misi il pollice e l'indice sotto al mento, pensierosa e alla fine dischiarai: "CA(NO2)2"
Il sorriso di Elia si allargò e ancora una volta esclamò colpito: "Corretto!"
Mi raddrizzai sulla sedia e assunsi un'espressione vittoriosa, non potevo credere di essere tanto brava, per una volta stavo facendo bella figura! Elia tirò fuori dalla tasca dello zaino un succo alla pesca chiuso e lo poggiò di fronte a me, facendomi intendere che quello era il premio per il mio impegno.
"In che anno scoppiò la guerra fredda?" continuò Elia, con uno sguardo divertito questa volta.
"1950?" sussurrai insicura, un po' disorientata da questo repentino cambio di argomento.
"Sbagliato" affermò lui, facendo finta di restare deluso e riprendendo subito il succo che poco prima mi aveva regalato.
"Ehi" replicai risentita, allungando le braccia per cercare di riconquistarlo. L'avevo ottenuto con onestà, era mio!
"Te lo concedo, sei stata brava" disse Elia, abbassando la mano con il succo e poggiandolo nuovamente di fronte a me. Non ero io ad essere brava, era lui a spronarmi rendendomi tale.
"Se prederemo più di sette all'ultima verifica, dovrai darmi un premio più bello di questo" dichiarai, giocando un po' con la sua pazienza.
"Sette?" ripetè schifato Elia "Dobbiamo prendere minimo otto per recuperare"
"Otto?!" gli feci eco sconvolta "Ma è impossibile"
"Se ci riuscirai, il premio sarà un favore da parte mia" concluse lui, cominciando a riordinare le sue cose.
"Un favore? Che genere di favore?" indagai curiosa, per capire quanto poteva valere il mio impegno in questa cosa.
Elia rimase con i quaderni in mano, lo sguardo fisso su di me, le sue pupille nelle mie e con voce profonda e un po' roca disse: "Qualsiasi cosa tu voglia"
Rimasi come bloccata in trance, prigioniera dei suoi occhi penetranti e di quella sua frase così accattivante. Cosa accidenti voleva dire?!
***
La sera rimuginai su quella frase per gran parte del tempo, sdraiata nel mio letto a una pizza e mezza, con il cuore che galoppava ripensando al suo tono e alla sua proposta sconcertante, così estranea a Elia, ma allo stesso tempo così appropriata nella sua bocca.
Non sapevo cosa sarebbe successo, ma sapevo che dovevo assolutamente prendere più di otto in quella dannata verifica.
La mattina seguente mi sveglia presto e, dopo aver pulito, feci una doccia e indossai un paio di pantalonicini e una maglietta verde che diceva: attenzione, pericolo. Mi sembrava adatta per la giornata che si prospettava.
Alle dodici in punto suonò il campanello e Benedetta fece il suo ingresso con una paletta alla cui estremità presentava una lavagnetta scura.
"Cos'è quella cosa?" domandai scocciata, intuendo la sua utilità ancora prima di porre il quesito.
"Per votare" rispose con leggerezza la mia amica, mostrandomi il gessetto che nascondeva nell'altra mano con aria fiera. Questa situazione la divertiva tantissimo e certe volte mi veniva da pensare che forse più che aiutarmi ad uscirne, preferiva vedermi coinvolta in queste bizzarrie.
"Hai preparato le postazioni?" si interessò entusiasta, rivolgendo il suo sguardo alla cucina.
Rettifico: ero sicura che preferiva vedermi coinvolta.
"Permesso" intervenne la voce di Enrico, accostandosi alla porta d'ingesso "Ho portato il pranzo!"
Lo raggiunsi all'ingresso e lo aiutai a disporre sul tavolo i vari sacchetti di cibo da asporto che avevamo ordinato, tutti contenenti dell'ottimo sushi.
Cominciai a poggiare i piatti dinanzi alle varie sedie e proprio quando finii, sentii le voci dei due ragazzi mancanti giungere dalla rampa di scale.
Enrico aveva lasciato la porta aperta, non avendo mani libere, così si poteva udire forte e chiaro il battibecco che si stava svolgendo all'esterno dell'appartamento.
"Non credo proprio tu riesca a fare quattro scalini alla volta" affermò scettico Elia.
"Detto da uno che non riesce a farne nemmeno tre" replicò saccente Edoardo, con un lieve fiatone.
"Non ho detto che non riesco, ho detto che non voglio"
"Le solite scuse dei perdenti"
"L'unico perdente qua sei tu"
"Staremo a vedere" inveì Edoardo e improvvisamente sentii i suoi passi farsi più frettolosi e pesanti: si era messo a correre per le scale.
"Non è leale" dichiarò Elia poco dopo, ma subito intuii che anche lui si era lanciato all'inseguimento dell'avversario, salendo velocemente.
Giunsero insieme sul pianerottolo con il fiato corto e la fronte leggermente imperlata di sudore.
"Avete finito?" domandò pacato Enrico, ritenendo il loro comportamento un po' infantile.
Elia e Edoardo si scambiano uno sguardo perplesso e decisero di accantonare le controversie, almeno finché la loro bocca fu occupata dal cibo.
Subito dopo pranzo, Edoardo annunciò in maniera solenne l'inizio della sfida di cucina: "Signori e Signore, è con piacere che dichiaro aperta la prima competizione culinaria di casa Liv"
"Prima e ultima" mi affrettai a precisare, senza però destare interesse in nessuno dei presenti.
"Elia, Olivia e il qui presente si sfideranno apertamente per decretare il miglior pasticcere di..." continuò imperterrito Edoardo, passeggiando davanti al divano sul quale erano seduti Enrico e Benedetta, mentre io e Elia restavamo in piedi in disparte.
"Allora cominciamo?" lo interruppe brusco Elia, guadagnandosi un'occhiataccia da parte del rivale.
Enrico si alzò e poggiò le mani sulle spalle di Edoardo, spingendolo di fianco a me e prese la parola: "Avrete un'ora di tempo per preparare l'impasto e mettere la vostra torta in forno. In cucina ci sono già diversi ingredienti. Io e Benedetta controlleremo che tutto si svolga in piena onestà e valuteremo anche il procedimento, oltre che il risultato finale."
Deglutii nervosa, notando con la coda dell'occhio che Edoardo si scrocchiava le dita agitato, mentre Elia pareva avere il pieno controllo di sé, ma in realtà continuava a contrarre la mandibola, a disagio.
"Concorrenti, siete pronti?" gridò entusiasta Benedetta, raggiungendo Enrico al centro del salotto, esattamente di fronte a noi.
"Sì" risposero all'unisono Elia e Edoardo, avviandosi verso il bancone della cucina. Rimasi volutamente indietro, continuando a lanciare silenziose richieste di aiuto a Benedetta che però mi faceva semplici cenni di incoraggiamento.
La sfida si svolse nel silenzio più totale, i due ragazzi erano estremante concentrati mentre amalgamavano gli ingredienti e mescolavano con foga il composto, al contrario io ero nel panico totale, tanto che non ricordavo nemmeno come si divideva il tuorlo dall'albume. Sapevo già che sarebbe finita con tanti gusci nella mia crema.
Scaduta l'ora prevista per la preparazione, Edoardo infornò la sua creazione con sguardo raggiante, Elia si pulì il viso dalla farina e poi fece altrettanto, mentre io imitai i loro movimenti con rassegnazione. Avrebbero scoperto tutti quanti che ero un disastro anche in cucina.
Dopo aver aspettato il tempo necessario, i due giudici procedettero con le dovute osservazioni sulle torte estratte dal forno e i rispettivi assaggi. Si riunirono a confabulare in un angolo, sotto lo sguardo ansioso di noi partecipanti e infine scrissero sulla lavagnetta di Benedetta il nome del vincitore.
"Bene" esordì Enrico avvicinando al centro del salotto "abbiamo raggiunto un verdetto. Sedetevi sul divano"
Seguimmo le sue indicazioni senza fiatare e prendemmo posto uno di fianco all'altro mentre Benedetta raggiungeva Enrico con la mano abbassata per nascondere la scritta sul suo assurdo oggetto.
"E il vincitore è..." annunciò lei con solennità per poi alzare il braccio di scatto e puntare i suoi occhi su di me.
OLIVIA.
Sollevai lo sguardo stupita e fissai il nome su quella stupida lavagna: Olivia.
C'era proprio scritto Olivia! Impossibile!
"Sicuri che non sia un errore?" domandò divertito Elia, osservando la mia espressione sorpresa con divertimento.
"Non sai proprio perdere" dichiarò infastidito Edoardo, facendo irritare l'altro.
"Assaggiate anche voi" affermò Enrico, indicando la mia brutta torta abbandonata sul tavolo. All'apparenza non era un granché e non riuscivo a capacitarmi di come potesse essere meglio una volta provata.
Avevo praticamente fatto tutti i passaggi senza pensare e credevo di aver combinato il peggior disastro di sempre. Voleva forse dire che quando non mi concentravo rendevo meglio?
Forse il mio cervello funzionava al contrario.
Ci avvicinammo tutti e tre al mio dolce e, dopo aver impugnato ognuno una forchetta, procedemmo con l'assaggio: non potevo capacitarmene, ma era ottima, probabilmente la mia creazione più riuscita.
Spalancai gli occhi sorpresa, imitata da Elia e Edoardo che continuarono a mangiare altri bocconi, facendomi i complimenti.
Era un piccolo passo, ma per la mia autostima fu una grande conquista. Era quello che mi serviva per riacquistare un po' di fiducia in me stessa.
Forse era un segno, da qua in poi, ero sicura che sarebbe stato tutto in discesa.
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