Mi senti, amore?
Erano passati diversi giorni dalla scioccante rivelazione del mio ammiratore segreto, e avevo già scoperto che Diego si era consolato velocemente e aveva iniziato a mandare biglietti d'amore anonimi a una ragazza di un'altra sezione, firmandosi ancora una volta Tuo E.
Mi sentivo un po' frustrata perché evidentemente ero facilmente sostituibile e, presa da un moto di fastidio, avevo anche pensato di andare dalla suddetta ragazza per svelare la verità, ma poi avevo pensato che, con tutta la fatica che avevo fatto per risolvere quel mistero, non era giusto rendere la strada tanto facile a qualcun altro. Magari avrebbe trovato anche lei degli amici fantastici, così come era successo a me.
Mi osservai allo specchio del bagno, al quale mi ero recata appena finite le lezioni, e mi sistemai la frangetta come meglio potevo, quando la porta si spalancò all'improvviso e una risata fin troppo familiare mi invase le orecchie.
Spostai lo sguardo verso la nuova figura nella stanza e mi ritrovai a fissare Mara con il cellulare all'orecchio che parlava animatamente con qualcuno. Appena mi vide, la sua espressione mutò in puro odio e le sue labbra si abbassarono, formando una linea sottile.
"Devo andare" disse al telefono, chiudendo poi la chiamata e infilandoselo nella tasca dei pantaloni.
"Che sorpresa, Liv" continuò poi, avvicinandosi a me con aria minacciosa.
Mi appiattii contro il lavandino e deglutii per la paura, guardandomi intorno alla ricerca di una via di fuga.
"Senti, Mara" raccolsi tutto il mio coraggio e cercai le parole giuste per non farla infuriare "non possiamo chiuderla qua? Cioè siamo pari ora, facciamo una tregua"
"Pari?" sbraitò lei, avvicinandosi a me e afferrandomi per un braccio "Col cazzo che siamo pari"
Sentii il sangue defluirmi dal volto e le gambe farsi molli, si stava mettendo male, prima o poi sarebbe riuscita a rompermi il naso... forse avevo usato la frase sbagliata.
Proprio quando nella mia mente si susseguivano scenari da incubo, una delle porte dei gabinetti si aprì con un tonfo e Benedetta uscì come una furia, dirigendosi verso di noi a passo spedito.
"Ma cosa..." esclamò Mara, colta alla sprovvista, non aspettandosi la presenza di qualcun altro in quel luogo, sinceramente anch'io me ne ero dimenticata, presa com'ero dal mio terrore.
"Tu, iena che non sei altro" gridò Benedetta, afferrandola per la maglietta e avvicinandola al suo viso con uno scatto "lascia stare Liv"
Mara in un primo momento rimase sorpresa da quell'attacco inaspettato, ma poi ritrovò il suo solito sangue freddo e sulle sue labbra si formò una smorfia infastidita mentre chiedeva: "E tu chi saresti?"
Benedetta assottigliò gli occhi, piegò la testa di lato e sollevò le labbra in un sorriso per nulla rassicurante, ma decisamente inquietante.
"Chi sono io? Sono il tuo peggior incubo" mormorò ad un palmo dal suo naso "se pensi di aver fatto passare l'inferno a Liv nella vecchia scuola, non sai a cosa vai incontro facendomi arrabbiare. E ora sono molto arrabbiata"
"Credi di farmi paura?" riuscì a dire Mara con sicurezza, ma notai che respirava in maniera più affannosa e aveva un leggero rivolo di sudore lungo il collo.
"Non ancora. Vuoi forse scoprirlo?" chiese minacciosa la mia amica, fissandola negli occhi con aria di sfida. Non auguravo a nessuno di avere Benedetta come nemica, era stronza come amica, figuriamoci il contrario!
Decisi di intervenire per evitare che la situazione degenerasse, così poggiai una mano sul braccio di Benedetta e la guardai come per comunicare silenziosamente di lasciare andare Mara, cosa che lei fece con qualche esitazione.
Mara si sistemò la maglietta e mi rivolse uno sguardo truce dicendo: "Non sarai sempre in compagnia di qualcuno. Allora dovrai aver paura"
Benedetta si mosse per attaccare nuovamente, ma la bloccai sul nascere, non era giusto che fosse lei a combattere le mie battaglie, anche se le ero grata, era arrivato il momento di reagire a queste stupide minacce.
Mentre Mara si incamminava verso l'uscita del bagno, quando già aveva la mano sulla maniglia, la richiamai a gran voce: "Mara!"
Lei si bloccò, girando la testa verso di me con sguardo interrogativo, così continuai con voce sicura: "Ti ho già rotto il naso una volta... prova a toccarmi ancora e non esiterò a rifarlo"
Lei si portò istintivamente una mano sul viso, come per assicurarsi che fosse tutto a posto, poi fece una smorfia di disprezzo e senza aggiungere altro se ne andò impettita.
Benedetta si voltò verso di me e dopo essersi congratulata per il mio coraggio, mi avvolse in un caloroso abbraccio, facendomi sentire al sicuro.
"Ricordati che io ci sarò sempre per te" mormorò vicino al mio orecchio.
Lei non era una persona dai grandi gesti o dalle parole dolci, questa era un'eccezione, ma sapevo di poter fare affidamento su di lei sempre e comunque, perché me l'aveva dimostrato da quando eravamo piccole. Lei era l'amica più cara che avevo.
***
Respira, Liv.
Mi lisciai il lungo vestito bianco ancora una volta, mi sistemai i capelli scuri, elegantemente racconti in una pettinatura adornata da perline bianche, strinsi saldamente il mazzo di fiori che stringevo tra le mani e mi preparai a fare il mio ingresso nella sala.
Quando le porte si aprirono, una dolce melodia si spanse per la stanza, catturando l'attenzione di tutti i presenti.
Chissà se ti ricordi
la melodia della canzone
che abbiamo cantato mentre ci sedevamo uno di fronte all'altro
Mille fiori bianchi addobbavano le panche e un lungo tappeto di petali rossi si apriva davanti a me, guidandomi verso l'altare.
Mi chiedo se ti manchi mai
la stagione che abbiamo attraversato
con passi uguali
Sollevai la testa e incontrai tanti volti conosciuti, sorridenti, commossi, affettuosi, amati.
La tua risata cristallina
vola verso di me come una canzone
sussurrando al mio fianco
Mi ritrovai a sorridere con gioia, mentre avanzavo, volgendo sguardi e saluti a coloro che incontravo.
E come ci avvolgevano i profumi balsamici
al timido chiaro di luna
le notti in cui sono rimasto
I miei genitori che si stringevano in un tenero abbraccio, l'emozione negli occhi, le lacrime sulle guance di entrambi.
Tra le tue braccia
mi senti, amore?
il desiderio ti travolge?
Riccardo di fianco a Benedetta, la quale cercava di non emozionarsi, mascherando la sua commozione attraverso baci che mi mandava portandosi la mano davanti alla bocca e poi verso di me.
La melodia della canzone
che abbiamo cantato mentre ci sedevamo uno di fronte all'altro
mi chiedo se ti manchi
Enrico nel suo completo elegante, i ricci sempre un po' selvaggi e il suo solito sorriso gentile, che era rivolto ancora una volta verso di me, riconoscente.
È la storia di un bel giorno
quando camminavo con te, mano nella mano.
Dall'altro lato vidi Edoardo, a braccetto con Clara, anche lui con gli occhi poggiati su di me, i capelli biondi illuminati dal sole che filtrava dalle finestre e una lacrima che minacciava di cadere sulla sua guancia. Allargò le labbra in un sorriso felice e mi fece un occhiolino.
Prima che me ne renda conto, sto guardando attraverso la collina dei ricordi
sorridendo con un sorriso tranquillo
E infine, davanti a me, proprio di fianco all'altare, lui.
Attraverso la collina del desiderio, io canto
Impeccabile nel suo completo scuro elegante, i capelli pettinati ordinatamente, lo sguardo serio e quegli occhi penetranti, concentrati solo su di me.
La canzone che appartiene a noi e al tuo nome
Avanzai finché non mi ritrovai vicino a lui, il quale mi tese una mano, che afferrai senza esitazione.
Sussurrando al mio fianco
Spostai la mia attenzione sul suo viso e vi incontrai un incantevole sorriso e tanta tenerezza.
Tra le tue braccia
mi senti, amore?
"Ti amo, Liv" disse in un soffio e tutto si fece offuscato...
Gradualmente aprii gli occhi e mi resi conto che non indossavo nessun vestito da sposa e non mi trovavo in una chiesa, ma nel mio comodo letto. Misi a fuoco il comodino con il cellulare poggiato sopra e la parete rosa pallido davanti a me, ma notai che c'era anche un braccio che non mi apparteneva, passava sotto al mio collo e si stendeva davanti a me.
Lentamente mi voltai e mi ritrovai a fissare il viso beatamente addormentato di Elia, i capelli che cadevano sulla fronte e sugli occhi, la pelle perfetta, le labbra così invitanti. Sollevai una mano e, con delicatezza, percorsi con l'indice il profilo della sua mascella, fermandomi poi sulla guancia e assaporando quel contatto.
Elia sospiro leggermente, ancora immerso nel sonno e, quasi come un riflesso automatico, portò la mano che poggiava mollemente sul mio fianco, dietro alla mia schiena, attirandomi a sé e facendo aderire i nostri corpi.
La mia testa si andò a poggiare sul suo petto e il mio cuore accelerò i suoi battiti, ma allo stesso tempo, provai una sensazione così accogliente: sarei rimasta per sempre tra quelle braccia.
Elia piegò leggermente la testa verso di me e sussurrò al mio orecchio, con voce roca: "Buongiorno, Liv"
Quella parole ebbero un effetto automatico sulle mie labbra, che subito si incurvarono, formando un sorriso.
Ero felice. Veramente felice.
Non sapevo se quello che avevo sognato si sarebbe verificato in futuro, non sapevo che strada avrebbe preso la mia vita e quali svolte avrei imboccato. Non sapevo nemmeno se avrei continuato ad essere tanto goffa o se crescendo avrei trovato una sorta di eleganza, o un qualche equilibrio dentro di me.
Ma questa volta, avrei lasciato la mia fantasia libera di vagare e immaginare tutti gli scenari più romantici, perché questa volta erano possibili.
Forse mi sarei diplomata e magari pure laureata. Forse avrei viaggiato in America per assistere al concerto di un famoso violinista di nome Enrico, forse avrei avuto un invito per il matrimonio di Benedetta e Riccardo.
Forse avrei avuto pure io un matrimonio e un figlio. No anzi due figli. Con la sfiga che mi ritrovavo forse pure due gemelli.
Forse avrei fatto giocare i miei figli con quelli di Edoardo e Clara, forse i miei genitori si sarebbero fatti vedere più spesso, per conoscere i nipoti.
Forse Elia sarebbe diventato direttore dell'ospedale nel quale avrebbe salvato numerose vite, forse avrei trovato la mia vocazione nella pasticceria e non avrei aperta una tutta mia.
O forse no.
L'unica certezza che avevo in quel momento, era che non sarei mai più stata sola.
***
Non abbiate mai timore di essere voi stesse, il minimo che potete fare per voi, è di concedervi la libertà di fare qualsiasi cosa abbiate voglia di fare. Con amore, vostra Liv.
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