Amici stupidi
A quella muta domanda non seguì alcuna risposta, né dalle labbra di Elia, né nella mia mente. Qualche volta avevo l'impressione che Elia volesse aprirsi maggiormente con me, anche se mi aveva già rivelato molti fatti personali, ma c'era sempre qualcosa che lo tratteneva.
Forse era per questo motivo che non si era più avventurato sulla questione favore e significato del nostro bacio. Io me ne guardavo bene dal tenermi lontano da ulteriori figuracce, rifiuti e fraintendimenti.
Il resto della giornata passò in tranquillità, anche se inizialmente si respirava una certa tensione tra Edoardo e Elia, ma presto ricominciarono a scherzare o meglio battibeccare come sempre.
Edoardo si comportò saggiamente ed evitò di ritornare sulla questione nuoto, avendo capito che era un nervo scoperto per Elia.
Quella sera eravamo tutti decisamente stanchi perciò la passammo a casa, con una cena cucinata da Enrico e un bel film comico per risollevare gli animi.
Al contrario di quanto avevo creduto quella mattina, non feci fatica ad addormentarmi, anzi ero talmente affaticata da tutti gli avvenimenti della giornata che non appena toccai il cuscino, crollai.
***
Immaginavo il risveglio in una fantastica casa al mare come il migliore dei risvegli, con il sole caldo ad illuminare la stanza, il silenzio fuori dalla finestra interrotto solo dal cinguettio degli uccellini.
Invece fui malamente sbalzata via dai miei sogni da una serie di insulti rivolti a qualcuno e dal rumore di una porta che veniva aperta violentemente.
"Dannato lui e i suoi stupidi amici" inveì Benedetta irrompendo nella mia stanza e sbuffando irritata.
Mi sollevai a sedere, poggiando la schiena contro il muro che si trovava dietro al mio letto e la guardai infastidita. Cos'aveva da arrabbiarsi tanto di prima mattina.
"Dannato chi?" domandai, coprendo con la mano un enorme sbadiglio che non ero riuscita a trattenere.
"Riccardo, quel cretino. Lui e i suoi amici stupidi" sbottò la mia amica, lasciandosi cadere sul letto a braccia aperte e spargendo i suoi capelli biondi sulle mie lenzuola.
"Cos'ha fatto?" indagai, lanciando un'occhiata allo specchio verticale che si trovava di fronte a me, dall'altro lato della stanza.
Oh accidenti, ero un disastro!
"Oggi parte per Ibiza! Ibiza capisci?!" esclamò lei ad alta voce, fissando il soffitto azzurro.
Corrugai le sopracciglia confusa e sospirai: "Non capisco" mentre cercavo di sistemare la frangetta disordinata.
Benedetta si girò di lato e sollevò la testa per guardarmi negli occhi con serietà: "Liv, un bel ragazzo, single, in vacanza con i suoi amici, a Ibiza! Come credi sarà?"
Spostai lo sguardo dal suo viso per riflettere ma non riuscivo davvero a comprendere tutta quella preoccupazione: "Credo si divertirà"
Lei assottigliò gli occhi e assunse un'espressione assassina prima di dire: "Si divertirà anche troppo"
Poi si lasciò andare nuovamente sul materasso e piagnucolò coprendosi il viso con le mani mentre io restavo in silenzio ingenuamente confusa.
"Liv" si lamentò ancora lei, questa volta alzando davvero la voce "è pieno di locali, discoteche e ragazze, mi tradirà sicuramente!"
Sul mio voltosi dipinse la perplessità: "Ma come può tradirti, non state insieme"
Lei si sollevò di scatto, mi fulminò con lo sguardo e poi si incamminò verso la porta borbottando: "Fa lo stesso"
La vidi marciare in salotto e poi scomparire in cucina, ma la sua voce mi giunse comunque forte e chiara: "Ragazzi, domani sera è sabato, andiamo a ballare!"
Sentii Enrico rispondere in maniera accondiscendete, mentre Edoardo espresse la sua approvazione con molto più entusiasmo. Immaginai che per Elia non facesse alcuna differenza il programma della serata e potevo dire che per me era lo stesso.
Probabilmente Benedetta si stava comportando in maniera infantile, sicuramente voleva dimostrare a Riccardo che anche lei usciva e che lui avrebbe dovuto preoccuparsi almeno quanto lei.
Ciò che non aveva considerato era che lui non provava gli stessi sentimenti della mia amica e questo mi dispiaceva molto, perciò decisi che avrei cercato di assecondarla per farla stare meglio.
In spiaggia il sole era molto forte quel giorno, perciò i ragazzi passarono la maggior parte del tempo in acqua, tranne Elia che si tenne sempre a debita distanza, osservandoci da lontano.
Dal momento che provavo una certa tenerezza nei suoi confronti, dedicai un po' del mio tempo anche all'enigmistica che avevo promesso di fare con lui sotto l'ombrellone, ma ciò non depose a mio favore perché non feci che sottolineare la mia scarsa conoscenza generica in confronto alla saggezza sconfinata di Elia.
Se dovevamo fare altre enigmistiche insieme, avrei dovuto studiare le soluzioni prima.
***
Quella sera fu la volta di Elia di offrirsi per preparare la cena e ovviamente era bravo pure in questo campo, lasciò me e Edoardo a bocca aperta quando fece saltare le verdure nella padella con un agile movimento di polso.
Se ci avessimo provato noi due, come minimo avremmo rovesciato tutto quanto sui fornelli.
"Credo sia finito l'olio e avrei bisogno di uno asciugapiatti" sottolineò Elia rivolgendosi al padrone di casa, il quale scattò sull'attenti e si recò nella dispensa per prenderne una nuova bottiglia, non prima di avermi chiesto se potevo andare in lavanderia per prendere uno strofinaccio.
Peccato che non mi avesse spiegato dove fosse la lavanderia, aveva solamente indicato la zona che portava alle stanze, perciò immaginai fosse in fondo al corridoio, ma quando vi arrivai notai due porte che non appartenevano a nessuna delle nostre stanze: era un cinquanta e cinquanta.
Ma come c'era da aspettarsi, aprii quella sbagliata.
Mi trovai davanti la camera più grande della sala, con un immenso letto matrimoniale e luminose finestre che la illuminavano, rendendola ancora più bella. Era sui toni chiari come il resto della casa e di fronte al letto c'era una cassettiera sopra alla quale si trovavano una serie di fotografie.
Non ne avevo viste per il resto della casa, c'erano solo strani quadri astratti, perciò fui presa dalla curiosità e mi avvicinai, scegliendone una e prendendola tra le mani.
Sapevo che tecnicamente non avrei dovuto invadere così la privacy di qualcun altro, ma avevo intenzione di dare un piccola sbirciatina e poi andarmene.
La foto che mi ritrovai ad osservare ritraeva una donna matura ma comunque bellissima, dai lunghi capelli biondi e ricci, che sorrideva raggiante abbracciata ad un uomo di mezza età con i capelli scuri e il volto attraversato da qualche lieve ruga.
Studiai attentamente il viso della donna e riconobbi lo stesso taglio degli occhi di Edoardo e il naso dritto, capivo da chi avesse preso tanto carisma il mio amico.
"È mia madre" sentii la sua voce alle mie spalle e trasalii, perdendo quasi la presa sulla cornice delicata. Accidenti, ma quando era arrivato?
Mi affrettai a riporre l'oggetto dove l'avevo trovato e mi voltai verso Edoardo, balbettando delle stupide scuse: "Mi dispiace, non volevo..."
"Non preoccuparti, è solo uno dei tanti oggetti di questa casa" tagliò corto Edoardo, posando i suoi occhi sulle immagini che si trovavano dietro ai vari vetri.
"Non c'è qualche foto tua di quando eri piccolo? Sarai stato bellissimo, ne sono sicura!" esclamai con entusiasmo.
Ma che cavolo stavo dicendo?!
Mi sarei aspettata qualche sua solita battuta maliziosa, ma l'espressione di Edoardo si fece tesa e solo allora seguii la direzione del suo sguardo e notai che tutte le foto ritraevano sua madre e il suo patrigno, ma nemmeno una rappresentava Edoardo o suo fratello.
Lui si rese conto della mia intuizione e con una risata che però suonava tutt'altro che allegra disse: "Non ci sono mie foto, per Dalia sono solamente un accessorio da sfoggiare nelle occasioni importanti."
Trattenni il respiro sentendo quelle dure parole e provai a mitigare un po' la sua tristezza sostenendo: "Magari non tiene tue fotografie, ma sicuramente tiene a te"
Il ragazzo si voltò, dandomi le spalle, forse per nascondere l'ombra che era calata sul suo volto, un'ombra che lo rendeva così diverso dal solito Edoardo esuberante e sorridente.
"Non credo. Non le importa nemmeno come sto o se sono stato promosso o bocciato, non si preoccupa per me. Nessuno lo fa" continuò lui con tono duro ma sofferente, sempre stando ben attento a non mostrarmi la sua faccia. Tuttavia lo capivo dalle sue parole e dalle spalle incurvate che gli pesava.
Mi faceva male al cuore perché anch'io provavo le sue stesse sensazioni e probabilmente avevo i suoi stessi desideri.
Senza rifletterci troppo, feci qualche passo verso di lui e quando fui vicino alla sua schiena, allungai le braccia e avvolsi la sua vita, affondando il viso nel tessuto della sua maglietta e stringendo forte la presa delle mie mani sul suo petto.
Sentii un leggero sospiro di sorpresa da parte sua, ma rimasi immobile, cercando di trasmettergli tutta la mia comprensione.
Nessuno dei due disse nulla per qualche secondo, poi trovai il coraggio per esprimere un pensiero che appariva sempre nella mia mente quando mi sentivo triste: "Certe volte la famiglia in cui nasciamo non è quella che ci saremmo aspettati o quella che ci saremmo meritati, ma crescendo possiamo scegliere noi da chi essere circondati"
Era il mio modo per fargli sapere che lo capivo, che lo sostenevo e che, se voleva, potevo essere la sua famiglia, come lui e tutti gli altri lo stavano diventando lentamente per me, riempiendo le mie giornate di risate e affetto, ma soprattutto riempiendo quel vuoto che era sempre stato presente nel mio cuore.
Edoardo non parlò, ma ad un tratto percepii il tocco delle sue mani sulla mie e poco dopo dolci carezze ne sfiorarono il dorso, ripetutamente.
Poi con voce un po' roca ma sicura finalmente rispose: "Allora ho scelto bene"
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