Senza Speranza
Immerso. Nel buio dell'oceano. Non c'è il fondo. Niente che tu possa vedere intorno a te. L'ossigeno nei polmoni comincia a venir meno, inizi a nuotare verso l'alto. Eccolo, il riflesso del Sole sul pelo dell'acqua. Le guance ti si gonfiano, il petto brucia, i muscoli si fanno rigidi mentre ti spingono con foga al tanto agognato momento in cui sarai di nuovo fuori e potrai prendere una profonda boccata d'aria. Le tue dita superano per prime il limite, ma quando anche la testa sta per uscire, ti ritrovi al punto di partenza, i polmoni a pieno carico. Riparti verso la superficie, ma il ciclo si ripete, poi ancora, ancora ed ancora, senza fine. Malachia non era tornato alla vita da più di dodici ore ed era stato riportato sullo stesso terribile precipizio senza sosta, ad un passo dalla reincarnazione, così vicino alla morte da sentirne il respiro sulle labbra, ma poi la procedura si fermava. Il suo corpo tornava integro, le cellule sfregavano fra loro, tirarando, poi distendendendosi, una ferita mortale che guarisce in pochi secondi.
<< Dimmi come farai a fuggire >>
Nonostante non avesse nemmeno finito di rimarginare le proprie corde vocali, le ossa e i muscoli di Malachia si piegarono mimando per l'ennesima volta, la stessa, disperata ed insoddisfacente risposta.
<< Non lo so >>
Michele lasciò la presa facendolo finire a terra, guarito per metà, mentre, con quel briciolo di consapevolezza che gli era rimasta, il bambino lottava inerme per mantenere attivo il sigillo di Raffaele. L'arcangelo, ignorandolo bellamente come se non lo avesse appena bruciato vivo, abbassò il capo in segno di rispetto all'arrivo di una nuova figura. Malachia ci mise più del dovuto per rendersi conto di chi fosse, ma, quando infine si fu rigenerato e riaprì le palpebre tra le braccia di Abele, ebbe un conato e si allontanò spingendo via l'altro in malo modo.
<< Malachia, per fortuna ti sei ripreso! Cerca di non sforzarti troppo! >>
<< Va via! >>
Michele lo afferrò per il braccio e, quando Malachia notò i marchi sul proprio corpo tornare a brillare, strinse i denti. Non voleva sembrare spaventato, aveva bisogno di essere più forte di così, ma non lo era. Aveva sperato, fin troppo, di risvegliarsi nel mondo dei mortali, eppure era ancora lì. Anche quell'unica speranza se n'era andata. Iniziò a singhiozzare.
<< Non lo so! Non lo so! Non sto mentendo! Mollami! Mollami! >>
Tirò, tirò fino a dislocarsi la spalla. Anche a rischio di staccarsi l'arto di netto, non si fermò.
<< Lascialo andare, Michele! Non vedi che lo stai spaventando? Dove vuoi che scappi?! >>
<< Lo faccio per il suo bene, Abele. Potrebbe farsi del male. Quando è piccolo fa fatica a camminare dritto >>
Malachia iniziò a prendere a calci le caviglie dell'arcangelo ed a graffiargli la mano per fargli mollare la presa, ma il maggiore strinse ancora di più e, poco dopo, lo schiocco del suo avambraccio rotto, s'infranse nel silenzio. Abele si alzò in piedi e posò una mano sulla spalla di Michele.
<< Lo so, però... Magari potresti ordinargli di starsene... seduto? Per me? Gli ho portato un regalo di compleanno... >>
<< Sei troppo gentile, Abele. Malachia sarà più che felice di sedersi... >>
Quando il sigillo si illuminò, il piccolo sentì il fiato venir meno. Smise di lottare e, voltandosi, si sedette a terra. Le gambe pesavano tonnellate, anche volendo, non sarebbe riuscito a rimettersi in piedi. Abele gli si avvicinò e gli si sedette davanti, seguito poco dopo da Michele. Malachia li fissò entrambi, tantando di conservare il poco respiro che gli era stato concesso per soffocare i singhiozzi di frustrazione.
<< Buon compleanno, Mal >>
Abele gli avvicinò un rudimentale pacchetto regalo. Niente di ciò che aveva usato per impacchettarlo proveniva dal Paradiso, chiaramente si era fatto procurare il materiale dagli angeli custodi. Ogni anno Malachia riceveva qualcosa dall'altro e, prontamente, lo distruggeva. Non voleva niente da Abele, ogni fibra del suo essere gli rendeva anche solo la presenza del proprio avo insopportabile, voleva solo che sparisse, per sempre. Non si mosse, ma, poco dopo, vide lo sguardo di Michele illuminarsi e, senza che potesse impedirlo, le sue mani si protrassero in avanti, afferrò il dono e iniziò a scartarlo con un impeto che, però, la sua espressione, del tutto inerte, non corrispondeva in alcun modo. Perfino con il braccio rotto non poté sottrarsi all'ordine ricevuto.
<< Allora? Ti piace? >>
Tra le sue mani c'era l'ennesimo oggetto sconosciuto del mondo umano. Avrebbe voluto ispezionarlo meglio, ma non aveva più fiato, stava letteralmente soffocando. Da bambino i suoi polmoni non avevano la stessa capacità e resistenza. Magnifico. Se Michele non avesse annullato presto l'ordine forse sarebbe riuscito a svenire e risparmiarsi il resto di quella visita penosa.
<< Quello dell'anno scorso non ti è piaciuto, ma questa volta ho chiesto specificatamente all'angelo custode di prenderti qualcosa di unico. Ha fatto un buon lavoro, non credi? >>
A causa della vista annebbiata non riuscì più a mettere a fuoco nulla. Poco dopo, com'era prevedibile, svenne.
***
Era arrabbiato, no, per l'esattezza, era furibondo. La furia, la sentì bene quando cominciò a premergli ogni muscolo del volto, piegandolo in un'unica contrazione. Urlò, ma il suono si spense nel nulla. Durò poco, molto poco e, quando si sentì un po' meglio, distese l'espressione, arrendevole nel vuoto intorno a sé. Malachia sospirò.
<< Perché non sei venuto nemmeno questa volta? >>
Il pensiero di suo padre lo portò ad innervosirsi di nuovo. La visione che aveva avuto, in quella era davvero nel mondo umano, però, come al solito, non c'era stata alcuna indicazione temporale a riguardo. Aprì piano le palpebre e vide un orizzonte spezzato, bianco e nero, protrarsi davanti a sè, come se uno dei suoi occhi fosse stato asportato, ma quando vi posò sopra la mano si rese conto che era ancora lì. Si sollevò, inginocchiandosi a terra, fu molto più faticoso del previsto, tanto che gli sembrò di pesare una tonnellata. Singhiozzò e si strinse nelle spalle.
<< Quante volte... Quante volte ancora? >>
Pensò a Lucifero.
<< Mi hanno dimenticato, forse... entrambi mi hanno dimenticato... >>
Le labbra gli si tirarono in un sorriso forzato e cominciò a ridere, ma le lacrime non si fermarono, i polmoni si gonfiarono, premettero in singhiozzi e risate sino a bruciare. Si era appoggiato a quella speranza priva di fondamento, nella cieca fede che suo padre avesse un piano di qualche tipo per tirarlo fuori da quell'Inferno senza fine. Vi si era aggrappato con ogni parte di sé, aveva atteso segnali, anno dopo anno, ed ora che finalmente ne aveva ricevuto uno, si era rivelato l'ennesimo fuoco di paglia.
<< Padre... Perché? >>
Strinse i denti, ma i lamenti vi scappavano fuori, sempre più intensi, sempre meno umani. Alla fine si stancò e, battendo i pugni a terra, iniziò a gridare.
<< Perché?! Perché mi hai abbandonato?! >>
Era dilaniato. I colpi divennero sempre più forti e frequenti, come il rombo di un tuono con l'avvicinarsi della tempesta.
<< Avevi promesso! Bugiardo! Tutti voi! Egoisti e bugiardi! >>
Appoggiò la fronte al suolo e tentò inutilmente di riprendere fiato, ma era troppo. Era troppo arrabbiato, troppo arreso. Che stupido, in cuor proprio era certo che, se la Stella del Mattino o il Signore delle Ombre non sarebbero stati in grado di liberarlo, nessun altro ci sarebbe riuscito. Sbatté le testa ancora ed ancora.
<< Perché mi avete messo al mondo?! Perché fare un figlio e gettarlo via?! Perché non vi importa di me?! >>
Si bloccò. Se il suo sogno da bambino non era vero, se la visione che aveva avuto non era vera, perfino i suoi ricordi potevano non esserlo a quel punto. Forse non c'era mai stata nessuna promessa. Le tempie gli pulsarono. Poteva davvero essere sicuro di aver conosciuto i propri genitori, di averli incontrati davvero? Tremò. Come poteva esserne certo? Non ricordava nemmeno più chiaramente le loro voci, perfino i volti, più cercava di metterli a fuoco più si facevano indistinti, come in una pozza d'acqua torbida.
<< Non... posso... >>
Tirò l'ennesima testata, fu così forte da oscurargli la vista per qualche secondo e lanciargli un fischio acuto dritto nelle orecchie. Non appena il dolore si fu calmato, rialzò il capo poco a poco. Almeno quello era vero. Si toccò la fronte. Non una goccia di sangue ne era uscita, poi guardò le proprie mani, anch'esse erano intonse, nonostante la forza con cui aveva sbattuto i pugni poco prima, eppure il dolore restava. Drizzò la schiena e guardò davanti a sé, fu solo allora che si rese conto di un piccolo dettaglio, non proprio indifferente, a cui però, non aveva fatto caso fino a quel momento. Non era nel Limbo. Corrucciò le sopracciglia confuso.
<< Sto ancora dormendo? >>
Si guardò le mani, erano come ovattate nei lineamenti. La luce ed il buio intensi di quel luogo gli rendevano difficile distinguere perfino le dita fra loro. Fu allora che, portandosele più vicine, si rese conto che non erano solo due, erano quattro, no... erano sette. Malachia fece un balzo indietro e gridò di nuovo quando, su ogni palmo si aprì un occhio dall'iride dorata. Vide se stesso, da sette angolazioni diverse, in un riflesso continuo tra due specchi, e chiuse le palpebre immobilizzandosi preda del terrore. Si sfiorò la testa e sentì il punto in cui le corna gli avevano trapassato lo scalpo. Ora si spiegava anche il peso innaturale e la fatica nel muoversi, era colpa di quell'ammasso indistinto di ali. Era un mostro. Era di nuovo un mostro.
<< No! No! No! >>
Ogni gesto si trasformò in un movimento indistinto di arti e protuberanze. Resosi conto di ciò che era tornato ad essere, Malachia si accovacciò di nuovo al suolo e prese dei respiri profondi per calmarsi e rimandare indietro il mostro.
<< Normale, normale, normale! Devo tornare normale! >>
Provò a ricordare come aveva fatto la volta precedente e così la sua mente si riempì del ricordo di Samael. Sorrise e sentì il cuore rallegrarsi poco a poco. Non appena si fu rilassato, provò ad aprire di nuovo gli occhi, ma, nonostante si sentisse più calmo, era al punto di partenza. Era ancora un abominio. Si tirò su tenendo le mani, tutte le mani, ben distanti per non rischiare di scorgere alcun dettaglio di quella forma. Era inguardabile.
<< Che schifo... >>
Trovò encomiabile come l'Angelo della Morte avesse avuto la forza di avvicinarglisi e perfino toccarlo la volta precedente. Ma in fondo, Sam girava spesso fra i cadaveri dei mortali, molti dei quali orribilmente divelti e mutilati, ovvio che la sua vista non fosse niente di troppo fastidioso. Malachia strinse i pugni, più per evitare che gli occhi aggiuntivi si aprissero di nuovo, e si girò verso le ali, ma anch'esse erano ricoperte di occhi così si dovette voltare. Attraverso questi ultimi aveva intravisto anche il proprio volto, divelto in quella mandibola deformata e nelle corna demoniache. Era insostenibile.
<< Ecco perché Michele mi vuole morto... Ma quando finisce questo maledetto incubo?! >>
Provò ad alzarsi in piedi, ma il peso delle ali lo tenne ancorato a terra. Non era abituato ad averle, erano un bell'intralcio, non c'era dubbio. In effetti non sembrava esserci nulla che valesse la pena di essere raggiunto, quindi si limitò a starsene fermo in attesa di venir svegliato. A quel punto, visto che i suoi genitori non avevano alcuna intenzione di muovere un dito per lui, tanto valeva ricominciare con i tentativi di fuga, uno per uno, come aveva fatto nella terza vita, chissà che, con una maggiore esperienza, almeno uno di essi non si sarebbe rivelato vincente.
<< Se anche questa idea non funzionasse, beh... >>
Le lacrime premettero. Fu allora che, all'orecchio, gli giunse un suono chiaro e squillante. Si guardò intorno per individuarlo, ma senza successo, poi, quando questi si interruppe, uno strano fascio di luce blu si aprì sul suo capo avvolgendolo completamente. Un attimo dopo, davanti a sé, si aprì come una fessura grigia tra il bianco ed il nero dalla quale, a fatica, venne fuori quella che gli sembrò l'anima di un mortale.
<< Oh, finalmente! >>
No, non era un'anima. Non era etereo, indossava perfino degli indumenti, per quanto strani, inoltre aveva un aspetto definito, connotati chiari. Un'anima tendeva a non averne di specifici per rendere più facile la reincarnazione in un nuovo corpo. Aveva capelli corti, parecchio più corti di quelli a cui Malachia era sempre stato abituato, sollevati, mossi, ma non ricci o a boccoli come gli angeli, castani, ma non lucenti come quelli di Gabriele, quasi fossero sporchi. Se non fosse stato trasformato, sarebbero stati alti più o meno uguali, forse lo sconosciuto un po' di più. Aveva anche un tono di pelle assai più scuro di quello degli angeli, perfino del suo, ma non tanto da sembrare corrotto da un demone. Malachia lo osservò con profondo interesse, la corporatura forte, nè muscolosa come quella di Uriel, ma nemmeno fragile come quella di Raffaele, e poi, quando finalmente l'altro finì di raddrizzarsi e sistemarsi gli abiti, ed i loro suardi si incrociarono, ne notò le iridi, una era verde, l'altra azzurra.
<< Wow... Sei più grosso di come avevo immaginato >>
Il corvino sbiancò e tentò di mascherare il proprio aspetto mostruoso tra le ali. Missione fallita. C'era davvero troppo da dover nascondere e niente con cui poterci riuscire davvero.
<< S-Scusa... >>
<< Per cosa? >>
<< Per... >>
Si indicò, con più indici di quanti avrebbe voluto, ma almeno rese l'idea.
<< Questo... di solito non sono... così... beh... >>
Lo sconosciuto non sembrò capire ed incrociò le braccia al petto. Malachia si soffermò di nuovo ad osservarne il volto mentre parlava. Era strano, un viso così diverso. Il naso leggermente gofio nella parte superiore, l'occhio azzurro era di poco più piccolo rispetto all'altro, inoltre i suoi denti non erano bianchi o perfettamente dritti.
<< Non ti seguo >>
Il corvino si fece ancora più confuso.
<< C-come? Non... Non vedi ecco... >>
<< Cosa? >>
Per un istante credette di starsi immaginando il proprio aspetto deformato, ma poi si toccò le mani in eccesso e tastò le ali, le corna. Erano davvero lì.
<< Oh... Quindi di solito non hai tutte quelle braccia, le ali o le corna? >>
<< C-Certo che no! >>
<< Ma tuo padre è un demone, ovvio che ti abbia passato la corruzione >>
<< L-Lo so! Però di solito io non... Michele non... >>
L'altro sospirò seccato.
<< Michele e gli angeli amano prendere aspetto umano da quando il Creatore ha fatto Adamo a propria immagine e somiglianza, ma non sono così in realtà >>
<< Li conosco da tanto tempo, so come sono fatti... >>
<< No, non lo sai. Ci sono un sacco di cose che non sai >>
Va bene, ora lo stava innervosendo.
<< Ma non preoccuparti, è così per tutti. Nessuno può sapere tutto di tutto, nemmeno io >>
Malachia rise, scettico.
<< Il Creatore sa tutto. Anche mio padre possiede l'onniscenza ed a quanto pare anch'io ... anche se non so bene come usarla >>
<< Ah, beh, se davvero tuo padre o il Creatore sanno tutto com'è che io sono riuscito a raggiungerti, contro il volere del Creatore e, invece, tuo padre non ha trovato il modo di farlo nonostante sappia tutto? >>
Ed ecco sfuggire le lacrime. L'umano gli si avvicinò e posò senza paura una mano su una delle sue.
<< A mio padre non importa di me... a nessuno dei miei genitori importa... forse a nessuno importa e basta... >>
Lo sconosciuto gli sorrise.
<< Lo sai che sei davvero immaturo per aver vissuto quasi cento anni ? >>
Malachia allontanò subito la mano imbarazzato e si asciugò il viso.
<< M-Ma si può sapere chi sei e cosa vuoi?! E-e dove mi trovo?!? >>
<< Sono Febo e, in questo momento, ti ho evocato, Malachia >>
<< Tu che? >>
<< Non completamente, penso per colpa del fatto che non sei proprio un demone, quindi ti ho evocato a metà >>
<< Oh... e come hai... >>
Febo sollevò la mano per intimargli il silenzio e poi Malachia sentì di nuovo il suono chiaro e acuto di poco prima.
<< Ok, basta chiacchiere che tra poco la cerimonia si concluderà. Te lo spiegherò quando ci incontreremo sulla Terra >>
Il corvino sgranò gli occhi.
<< La... Terra? Quella... dove stanno i mortali? >>
<< Esatto! Per andare lì ti serve solo un contraente, cioè io >>
Malachia si sentì riempire di speranza, ma anche di terrore.
<< Tu dici... sul serio? >>
<< Ovvio, quindi mettiamoci d'accordo in fretta sui termini del patto, così andiamo >>
<< A-Adesso? >>
<< No, domani... >>
Sospirò di nuovo e, portandoglisi davanti al viso, gli afferrò i capelli tirandolo verso di sé. Per quanto fosse un semplice umano, in effetti riuscì davvero a far incrociare saldamente i loro sguardi.
<< Sì! Adesso! Svegliati dal sonnellino e concentrati! >>
<< T-ti manda mio padre? >>
La figura si fece più pallida per un istante.
<< No! Non mi manda lui! Non tirarlo in mezzo! Se proprio vuoi saperlo in questo momento è ad una festa ad ubriacarsi! Non ci pensa nemmeno a venirti a prendere! >>
Malachia abbassò lo sguardo. Non aveva idea di cosa significasse ubriacarsi, ma sentire i propri dubbi confermati ad alta voce fu tremendamente doloroso.
<< Lascia perdere tuo padre! Lascia perdere il Creatore e rispondi sinceramente! Vuoi essere libero sì o no?>>
<< Sì! >>
<< Allora lo sarai, io ti porterò sulla Terra, ma in cambio, appena ci arriverai, dovrai venire subito da me. Ci siamo capiti? >>
Quella era una richiesta insolita. Malachia non seppe cosa rispondere.
<< C-cosa intendi dire? >>
<< Intendo dire che non importa se davanti a te ci sarà una moltitudine di gente, tuo padre o chicchessia. Tu ignorerai chiunque e verrai dritto da me >>
<< M-ma come farò a trovarti? Io non conosco il mondo dei mortali e ... >>
Febo era così teso che si morse il labbro, il sangue che fuoriuscì dalla ferita era di un rosso scuro, quasi nero. Malachia ne rimase affascinato.
<< Un patto è un patto. Arriverai sulla Terra e verrai dritto da me. Allora? Vieni o aspetti di risvegliarti nel Limbo? Michele sarà contento di sapere del nostro incontro quando ti scaverà nel cervello per l'ennesima volta! >>
Malachia sbiancò.
<< Va bene! Va bene! Accetto! M-ma io non posso essere marchiato da un patto, ho il corpo ricoperto dai sigilli degli arcangeli! >>
<< Chissene, tanto io sono ateo >>
Febo utilizzò tutte le proprie forze e, tirando Malachia verso di sé, unì le loro labbra.
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