Ricordi

Appoggiata la forchetta nel piatto, Lu cominciò a giocare con i pezzi di polpettone rimasti e posò la testa sulla mano libera chiusa a pugno. Il tepore che ancora proveniva dal forno, lasciato aperto a raffreddarsi, gli scaldava la guancia scoperta. Era stata una giornata stancante, non che riuscisse a metterne a fuoco qualche evento in particolare, ma doveva essere stato per forza così data la pesantezza che sentiva spingere sulle spalle. Senza che si fosse reso conto del movimento del proprio amore, ne sentì le mani scorrere lungo le scapole in un tenue massaggio e sorrise. Proprio quello che gli serviva.

<< Non dovresti giocare con il cibo nel piatto, il piccolo terremoto potrebbe prendere il cattivo esempio >>

Si voltò verso il bambino, stava per terminare il pasto, dopodiché quel breve momento di pausa si sarebbe concluso. Non che gli dispiacesse, anzi, Malachia era la sola ragione per cui riusciva a sopportare quella vita di lavoro senza sosta. Sapere di potergli concedere tutto il proprio tempo una volta terminati i propri doveri, dava un senso alla sua esistenza. Lasciando sul tovagliolo la posata, fece per prendere il bicchiere d'acqua per terminare l'ultimo sorso rimasto, ma si bloccò. Quanto gli sarebbe piaciuto un calice di vino, gli sembrava passata un'eternità dall'ultimo che era riuscito ad assaggiare. La piccola mano del figlio si posò sulla sua e così quel pensiero si perse immerso in vispe iridi verdi ed azzurre.

<< Papà, come mai mi chiami sempre terremoto? >>

Rise.

<< Vuoi davvero saperlo? >>
<< Sì! >>

Malachia si alzò in piedi sulla seggiola.

<< Ehi, giovanotto! Niente fettine sulle sedie, lo sai che poi rischi di cadere! >>
<< Ci penso io, Tesoro >>

Alzandosi in piedi, afferrò il figlio e lo sollevò sopra la testa portandolo verso il bagno per ripulirsi dai rimasugli di cibo che si era sparpagliato ovunque, dai vestiti al visino e le mani.

<< Piano, Lu! Ha appena mangiato! >>
<< Scusa, Tesoro >>

Lo abbassò tenendolo al petto e le risate di Malachia si spensero poco a poco sino a quando non fu di nuovo davanti allo specchio. Lasciandogli tutto il tempo di sistemarsi un po' in autonomia, Lu gli riempì la vasca da bagno, era il momento di far andare via quei benedetti scarabocchi dal suo bambino. Un extra dose di bagnoschiuma e si sarebbero dissolti nel nulla.

<< Papà! Allora me lo dici? >>
<< Cosa? >>
<< Terremoto! Perché sono terremoto? >>

Ricordata la domanda, iniziò a ridere e, usando il doccino, creò un bello strato di schiuma su tutto il pelo dell'acqua calda. Lo chiuse e, tirandosi su le maniche della camicia fin sopra i gomiti, si girò verso il bambino, ancora in trepidante attesa di sapere la risposta alla propria domanda.

<< Beh, perché niente ha mai sconquassato la mia vita più della tua nascita, Malachia. Tu sei il terremoto che ha dato una bella svegliata a papà >>

Lo aiutò a spogliarsi. I segni neri lungo il corpo del bambino erano molto marcati, sarebbe stato un lavoraccio eliminarli tutti con un unico bagno. Ne avrebbe dette quattro ai propri fratelli non appena fossero venuti a trovarli ancora, almeno avessero usato pennarelli lavabili, ma non sembrava affatto così. Guardandoli bene, e se ciò non fosse stato impossibile, avrebbe quasi pensato si trattasse di tatuaggi.

<< Perché tu dormi sempre, papà! Per questo ti serve un terremoto per svegliarti! >>
<< Esatto, esatto! >>

Rise di nuovo, la serietà con cui il figlio gli lanciò quell'accusa lo divertì ancora di più. Non appena ebbe steso l'asciugamano grande sul pavimento, aiutò il bambino ad entrare in acqua, non ne aveva messa tanta, a Malachia piaceva stare seduto nella vasca o addirittura galleggiarvi a pancia in su, con gli occhi chiusi, quasi stesse dormendo. Non si ricordava di averglielo insegnato, ma spesso il minore lo sorprendeva con nuove parole o nuovi modi di fare, era una piccola spugna, qualsiasi cosa con cui avesse a che fare, la assorbiva e la rendeva propria. Senza attendere oltre, cominciò a strofinare la pelle del bambino mentre questi non diceva una parola, troppo concentrato a farsi una barba di sapone.

<< Guarda che pasticcio... >>

Non voleva grattare troppo per non rischiare di far del male a Malachia, ma quei maledetti pastrocchi non sembravano voler andare via.

<< Lo zio Miki passerà dei grossi, grossi guai... >>
<< Papà, un giorno che non lavori possiamo uscire? >>
<< Uscire? Certo! Certo! Dove ti piacerebbe andare? >>

Provò a premere un po' di più, niente da fare.

<< Non lo so... >>
<< Dove vai di solito? >>

Il bambino fece spallucce. Lu abbandonò la spugna e poi si guardò il palmo della mano, era diventato completamente rosso per lo sfregamento, eppure lo stesso non si poteva dire per la pelle di Malachia. Era immacolata, eccetto che per quel maledetto pennarello. Non c'era nemmeno una sbavatura.

<< Non c'è un posto che ti piace? Un parco o un bar? >>
<< Non posso uscire... >>
<< Ma certo che puoi! >>
<< No, non posso... >>

Lu si voltò verso la cucina e sentì l'acqua in cucina cominciare a scorrere insieme al rumore di stoviglie. Con tutto quello che il suo tesoro aveva da fare non c'era da sorprendersi che non trovasse il tempo di portare Malachia da qualche parte. La casa era sempre impeccabile, il cibo cucinato alla perfezione, il piccolo cambiato, pulito, coccolato come un principe. Senza l'aiuto degli zii che davano loro una mano con la spesa, non ce l'avrebbero mai fatta a tenere tutto sotto controllo. Certo, il suo lavoro era ciò che teneva su tutta la baracca, ma se avesse chiesto al proprio padre un giorno libero per portare il bimbo a fare un bel giro da qualche parte, non glielo avrebbe di certo negato. Lu guardò Malachia e gli sorrise insaponandogli bene i capelli. 

<< Papà ti porterà fuori a fare un bel giro! >>
<< Davvero?!? >>

L'espressione del bambino fu presto piena di stupore. Non contentezza, proprio un genuino stupore, quasi come se quell'affermazione presupponesse qualcosa di impossibile.

<< Certo! Chiederò al nonno un giorno libero e... >>
<< Oh... >>

Malachia si spense di nuovo e tornò a concentrarsi sulla schiuma, ormai prossima a sparire completamente.

<< Credi che il nonno non mi lascerà libero? Guarda che il nonno ti vuole molto bene, proprio come il tuo papà, perciò vedrai che presto potremmo uscire insieme! Andremo ovunque vorrai! >>
<< Sei un bugia... >>
<< Ehi! Voi due! L'acqua della vasca sarà ghiacciata ormai! Conoscete le regole! Se ci sono i rugosetti, si esce! >>

Lu controllò subito le mani di Malachia e, in effetti, dalla punta delle dita al palmo, la pelle si era raggrinzita. Perfino le piante dei piedini erano nella stessa condizione.

<< Tempo del bagnetto finito! >>

Portò subito il bambino sull'asciugamano e, dopo averlo avvolto nel suo accappatoio color marrone scuro, cominciò a sfregargli i capelli biondi, resi crespi dai rivoli d'acqua. Fece un nuovo tentativo con i pastrocchi del pennarello, ma senza alcun successo. Sperò davvero di non essere costretto ad usare qualche tipo di solvente tossico per eliminarli. Michele avrebbe dovuto spiegargli esattamente con che razza di indelebile aveva lasciato giocare il suo bambino.

<< Malachia, devi avvisare papà quando arrivano i rugosetti... >>
<< Scusa... >>

Lo abbracciò forte forte per scaldarlo e poi, recuperato l'asciugacapelli, iniziò a ravvivare i suoi boccoli meglio che poté.

<< Caro, vatti a riposare, ci penso io >>

Sussultò, non si era accorto del movimento alle proprie spalle.

<< Non preoccuparti, ci sono quasi... >>

Un'improvvisa pesantezza lo colse alle braccia, tanto che perfino il pettine sembrò pesare una tonnellata. Doveva essere molto più stanco del previsto, in effetti aveva anche fatto gli straordinari. Chiuse gli occhi e si massaggiò le palpebre mentre veniva aiutato ad alzarsi ed accompagnato fino alla poltrona del salotto. Quando cercò con lo sguardo quello del proprio amore, ne colse solo il movimento del braccio, così ne sfiorò la mano e sorrise.

<< Grazie, Tesoro >>
<< Sono qui per te. Finché ci sarò io al tuo fianco, non dovrai mai preoccuparti di niente. Lascia perdere tutto il resto e riposati. Domani tuo padre ha bisogno che tu sia al massimo delle energie. Se non ti riposi come pensi di riuscire a concludere il progetto? >>

Sprofondò nei cuscini della poltrona, le gambe avvolte in una coperta di lana ed un sonno profondo a cancellare qualsiasi pensiero gli stesse attraversando la mente poco prima. Si voltò verso la televisione spenta. In sottofondo gli sembrò di sentire dei singhiozzi, ma essi vennero soffocati dalla pubblicità non appena lo schermo si illuminò.

<< Hai ragione, domani mi aspetta tanto lavoro >>

Improvvisamente si sentì svuotato. Non riusciva nemmeno a ricordare cosa stesse facendo poco prima o in cosa consistesse quel maledetto ed interminabile progetto a cui si stava dedicando da un'eternità. Come un tarlo, una promessa gli premette per un istante contro la nuca, ma fu solo un battito di ciglia, poi anch'essa sparì. Inutile preocuparsene in quel momento, era a casa adesso, doveva solo pensare a riposarsi. 

<< Prima lo finirai, prima la smetterai con gli straordinari. Adesso dormi. Dimentica tutto il resto e dormi >>

E così, sentendo nelle orecchie il ronzio delle ultime notizie riguardo ad un disastro di qualche tipo accaduto ad una festa, Lu si addormentò.

***

La corruzione, il disfacimento, la putrefazione dell'anima in modo irrimediabile. Solo un essenza nel Creato era in grado di operare un tale atto irrevocabile, il padre di ogni cosa e, come suo fautore, era il solo a conoscerne il nodo primordiale. Lo scioglimento dello spirito ne avrebbe portato alla completa mutazione in qualcosa di nuovo, libero dalla sua parola, dal soffio vitale e, pertanto, inabile a produrlo a propria volta. La fine.

<< M-Mal... >>

Pertanto, quando durante il concilio, riunitosi per decidere il destino di Malachia per la seconda di quelle che si sarebbero rivelate altre tre occasioni, l'arcangelo Samael vide il ragazzo iniziare a corrompersi spontaneamente, si chiese se davvero avesse mai capito con che cosa avevano a che fare. Furibondo al pensiero di affrontare la reincarnazione, il corvino aveva perso ogni autocontrollo. Le sue iridi avevano assunto il colore dell'oro, sette braccia si diramavano ora dal suo busto e, ognuna di esse, aveva sul palmo un ulteriore occhio. In un suono secco, la sua mascella si divelse aprendosi in un grido innaturale e furibondo, un enorme paio di corna ricurve gli spaccò lo scalpo, unendosi quasi alla sommità come in un'aoreola. Alle sue spalle, si aprì una serie di ali, molto più numerose delle tre paia di cui erano dotati gli arcangeli e, su ognuna di esse, si apriono uno dopo l'altro centinaia di occhi. Vide sé, come in uno specchio, nel riflesso dello sguardo di Samael ed il terrore non fece altro che aumentare.

<< Per il Creato... >>

Uriel fu il primo ad agire, estratta la propria spada fiammeggiante, fronteggiò la bestia di petto, un enorme sorriso a scavargli le guance.

<< Finalmente! >>

Bloccando la lama con tre delle proprie ali, Malachia si richiuse su sé stesso. Tremante davanti all'orrore in cui si era trasformato, il ragazzo iniziò a strattonare le proprie braccia fino a strapparle per la disperazione. Poi passò alle ali, nonostante esse fossero l'unico riparo rimastogli dagli attacchi di Uriel. 

<< Esci, mostro! Affrontami! Non deludermi! >>

Gli affondi dell'arcangelo bruciavano in profondità, ma a lui non interessava, voleva solo risvegliarsi da quell'incubo e tornare come prima.

<< Uriel, smettila! >> 

Samael. Il corvino lo cercò fra le piume ed il proprio sangue mentre, senza che potesse impedirlo, il suo corpo tornava integro sostenuto dal marchio di Raffaele. Quando finalmente capì in che modo muovere quell'ammasso abominevole in cui si era trasformato il proprio corpo, Malachia spinse indietro Uriel e poi si concentrò sull'Angelo della Morte. Allungò una mano verso di lui, ma, senza che potesse evitarlo, altre due fecero lo stesso, quindi le ritirò subito verso di sé.

<< Va tutto bene, Malachia, lo so che non lo stai facendo di proposito! Questo non sei tu, sei solo spaventato! Se mi capisci, cerca di calmarti! Andrà tutto bene! >>

Michele si fece avanti, non sembrava affatto intimidito dal suo aspetto e, spalancate le ali, rilasciò la propria luce divina accecandolo, ma per quanto essa aumentasse d'intensità, non sembrava sufficiente a far fermare la corruzione, il che fece incrinare, anche se solo per un istante, quella maschera di perfezione che indossava sempre. Allungando la mano, l'arcangelo fece per posarla sul suo collo, che Malachia scoprì senza opporre resistenza, sapeva cosa aveva in mente, reincarnandolo sarebbe tornato un bambino riportando il mostro sotto controllo. Forse, tra i due destini, sarebbe stato quello migliore. Fu allora che Samael si rimise in mezzo una seconda volta.

<< Togliti! >>
<< Non farlo, Michele! Può tornare normale da solo! Ne sono certo! Lasciamogli una possibilità! Gli insegneremo a controllarlo! >>

L'Angelo della Morte si girò e sorrise sfiorando il suo volto sfigurato, Malachia ne fu rinfrescato e si tranquillizzò. Si sentiva come una fucina pronta ad esplodere, ma quel solo gesto, fece sì che la corruzione rallentasse, così come i battiti del suo cuore e così, prima che il corvino potesse rendersene conto, era già tornato normale. Non solo le sue azioni, ma ogni pensiero ed intenzione di Samael gli diceva che avrebbe potuto farcela e che, soprattutto, non era solo. Non serviva che sopportasse un'altra reincarnazione.

<< Bravissimo! >>

Prese le sue mani nelle sue.

<< Lo sapevo che ce l'avresti fatta! >>
<< S-Sam... >>

Gli sorrise, il pianto premeva. Fu un momento di distrazione sufficiente e Michele colse l'occasione. Portandosi alle spalle di Samael, l'arcangelo afferrò due paia delle sei ali del fratello e, con uno strattone, gliele strappò direttamente dalla spina dorsale. Malachia sostenne l'altro, impedendogli di finire a terra e lo strinse a sé, le lacrime ormai come un fiume in piena lungo le guance e le mani coperte di icore dorato. Stava per perdere di nuovo il controllo, ma Michele fu pronto e, afferrandolo per il collo, con entrambe le mani, iniziò a far brillare i sigilli suo suo corpo costringendolo a reincarnarsi immediatamente, prima che mutasse di nuovo. 

<< Non ti permettere di nuovo di assumere quella forma ripugnante. Fintanto che sei nelle nostre mani, non ti sarà mai più concesso >>

Era un ordine, ben chiaro e, a causa del marchio, indiscutibile. Non avrebbe mai potuto disubbidirvi. Quello era il potere di Michele, il comando. Nessuno dotato del suo simbolo poteva sottrarvisi. I doni degli arcangeli, Malachia era il solo ad averli ottenuti tutti, erano la sua condanna, ma anche la sola cosa ad averlo tenuto in vita fino a quel momento.

I marchi, essi erano l'amo che più di ogni altro restava ancora aggrappato alle sue labbra e dal quale mai si sarebbe potuto liberare. 

Galleggiando a pancia in su sul pelo dell'acqua, si era soffermato ad analizzarli fin dalla propria prima vita. Ancora ricordava bene il dolore provato nel riceverli, ed essi ora lo accompagnavano in ogni dove, immobili, senza che nessuno gli avesse mai spiegato cosa comportasse averli ricevuti. Mettendosi seduto, Malachia osservò il Limbo, silenzioso, e poi Gabriele, addormentato sulla riva. Gli si avvicinò poco a poco, ma non appena si mosse, l'arcangelo si svegliò e lo guardò mettendosi dritto e facendogli cenno di avvicinarsi.

<< Io volevo solo... >>

Mosse le mani. Malachia non era stupido, aveva capito che fosse il modo dell'altro per comunicare, ma non lo aveva ancora imparato, né aveva avuto il coraggio di chiedere a riguardo. Per essere sicuro di non far arrabbiare nessuno, sin da quando era stato portato lì, aveva cercato di non parlare troppo e di fare solo quanto chiesto. Gabriele schioccò le dita e gli fece cenno di sederglisi vicino. Il ragazzino obbedì e l'altro si picchiettò sulle labbra tirando fuori la lingua. Il corvino capì che si riferiva al proprio marchio, inciso sulla lingua e così lo osservò nel riflesso dell'acqua. Ad un tratto l'arcangelo gli posò una mano sulla spalla e il disegno prese a brillare facendo sussultare Malachia che si scostò subito, spaventato.

<< No! No! >>

Si alzò in piedi e si allontanò dal fiume di corsa dirigendosi verso le colonne al centro del Limbo, un paio di volte incampò sui propri piedi. Non riusciva a controllare bene il proprio corpo, tremava troppo. Alla fine, fermandosi di botto si rese conto di quanto stupido fosse stato quel gesto. Non c'era via di fuga. Abbassò il capo e si accucciò. La nebbia del Limbo lo avvolse per metà e, per nascondere l'imbarazzo, vi infilò la testa. La bruma era talmente compatta che, quando vi aprì gli occhi attraverso, non riuscì a vedere nemmeno la punta del proprio naso. Sentì un movimento alle spalle, ma non vi si sottrasse. Poco dopo, Gabriele era seduto al suo fianco. Muovendo le mani poco a poco, l'arcangelo diradò la coltre e così Malachia fu in grado di vedere l'orda di anime sottostanti. Alcune erano addormentate, intorno a loro, intangibili, ma altre, come il riflesso di uno specchio, si muovevano al di sotto dei loro piedi. Lentamente, eteree, senza una meta. Sussurrando tutte insieme, senza che lui riuscisse a comprenderle, formavano il canto sommesso che regnava in quei luoghi.

<< Scusa se sono scappato, se vuoi reincarnarmi non posso impedirtelo, m-ma almeno salutami Az... No. Samael >>

Gabriele si appoggiò nuovamente alla sua spalla e, come poco prima, il simbolo iniziò a brillare attraverso le labbra socchiuse di Malachia. Il ragazzo vide l'altra mano dell'arcangelo mimare qualcosa.

<< Tira su la testa >>

Sussultò, l'aveva capito. Obbedì e guardò l'altro.

<< Riesci a capirmi? Mi capisci adesso? >>

Il corvino annuì confuso.

<< Questo è il mio marchio. Se lo usi, puoi capire qualsiasi linguaggio e, se impari ad usarlo come si deve, anche parlarlo a tua volta >>
<< Voi arcangeli parlate tutti la stessa lingua, a che cosa mi servirebbe? >>

Gabriele indicò le anime sottostanti e, attivando maggiormente il sigillo, Malachia sentì giungere alle proprie orecchie le loro parole. Le loro voci, si univano in tante lingue differenti, ognuno stava raccontando la propria storia e, quando arrivava al termine, ripartiva. Ciò che lo sorprese di più fu come, al termine di ogni ciclo, la maggior parte di essi dicessero cose come "Poi, nella vita successiva..." oppure, "Nacqui di nuovo nel...". L'arcangelo attirò di nuovo la sua attenzione.

<< Non sei il solo a venir reincarnato qui. Questo è il destino che accompagna tutte le anime del Limbo. Continuano a tornare in vita e morire fino a quando non vengono accolti in Paradiso o all'Inferno per il loro giudizio eterno. Non sei solo >>

Era vero, saperlo fu rincuorante.

<< Dalle loro storie puoi imparare molto su come sia il mondo dei mortali, su ciò che hanno vissuto e su cosa li legaai ricordi di una o dell'altra vita. Inoltre dovrai pur passare il tempo in modo più produttivo, non credi? >>
<< Mi... mi piacerebbe... >>
<< Allora impara ad usare il mio sigillo e, se posso darti un suggerimento... Anche quello degli altri, potrebbero tornarti utili un giorno >>

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