Madre e Figlio
Un errore, un singolo, stupido errore imperdonabile. Un attimo prima tutto andava a meraviglia e poi più niente. La felicità sarebbe potuta durare in eterno, ma un sibilo sottile si era insinuato al suo orecchio, aveva spezzato la sua fede. Un morso e quell'idillio era finito. E ora, perfino nell'alto dei cieli, dove la pace avrebbe dovuto accompagnare la sua anima in eterno, quella gioia le era stata preclusa ancora una volta. All'inizio la richiesta di Michele le era sembrata semplice, una condizione momentanea per ripulire quel piccolo inciampo del passato, ma non era stato così, per niente. Sentì un movimento imponente alle proprie spalle e sobbalzò, ma non si voltò, continuò imperterrita a lavare i piatti nel lavandino, per ognuno di essi che metteva ad asciugare accanto a sé, un altro si aggiungeva tra le bolle. Non aveva alcuna intenzione di voltarsi, non sarebbe riuscita a mantenere la propria compostezza davanti a quell'orrore.
<< Malachia... >>
Quella voce profonda, infernale, le vibrò nella cassa toracica. Trattenne a stento un grido. Tremò. Perché nessuno era ancora intervenuto per salvarla? Aveva fatto tutto al meglio, non era stata colpa sua se gli arcangeli si erano lasciati scappare il moccioso. Era stata la moglie perfetta. Come poteva essere altrimenti? Lei era stata la prima, la compagna che ogni uomo avrebbe voluto al proprio fianco, proprio perché nata dall'uomo stesso. Niente piace più agli uomini di ciò che riescono a creare e forgiare personalmente. Adamo. Gli mancava moltissimo. Forse lui sarebbe venuto a salvarla, se solo non fosse diventato parte delle schiere celesti. E Abele? Lui era in sé per volere del Creatore. Se avesse saputo che sua madre era lì sarebbe andato a trovarla almeno una volta, ne era certa. Perché non era mai venuto? Nemmeno per vedere Lucifero. Un ringhio profondo le fece scappare di mano il bicchiere che si frantumò nel lavello per poi scomparire nel nulla.
<< Ridatemelo... >>
Chiuse gli occhi e si lasciò sfuggire un singhiozzo. Era sola. Eva era sola ormai. La tv finì in pezzi raggiungendo i resti del mobilio al suo fianco. Un mezzo metro in meno e le sarebbe finita addosso. La donna si voltò di scatto e corse verso la porta, con la coda degli occhi vide un paio di gigantesche iridi di ghiaccio scavarle fin nel profondo dell'anima. Non si fermò, afferrò la maniglia, pronta a spalancare l'uscio, ma, prima che potesse girarla, qualcuno bussò dall'esterno. Quasi non vi credette e si bloccò.
<< Aspetta, Tesoro. Vado io >>
Lucifero le comparve accanto all'improvviso. I suoi boccoli biondi erano ormai tornati ad essere lunghi, lisci e neri, ma almeno aveva riassunto la propria forma umana. Togliendo la mano dalla maniglia, Eva indietreggiò, bianca come un cadavere. Lo sguardo dell'altro era carico di speranza, la sua mano tremò leggermente quando l'ingresso si spalancò rivelando il loro inatteso ospite.
<< Malachia?! >>
Il ragazzo, sentendo quel nome, si mise sull'attenti e, strofinandosi i capelli dietro la nuca, sembrò preso alla sprovvista. Eva lo guardò confusa. Non lo aveva mai visto, non aveva l'aspetto di un angelo. Lucifero perse l'entusiasmo di poco prima.
<< Chi sei? >>
<< Io... ecco... io sono... >>
Il corvino si guardò intorno. Di colpo parve ricordarsi di qualcosa e, tranquillizzato, si rivolse direttamente al padrone di casa. Sembrava stranamente rilassato, nonostante l'aura minacciosa emessa da Lucifero in quel momento. Era come se non riuscisse a percepirla o magari era così forte caratterialmente da sopportarla senza battere ciglio. Ammirevole. Eva, d'altro canto, ne stava venendo schiacciata e, di secondo in secondo, poteva percepire quella corruzione strisciare e corroderla. Doveva andarsene, subito.
<< M-Mi chiamo Mattia e credo di essermi perso. Non sono dei dintorni quindi... >>
La donna osservò più attentamente quello strano ragazzo. Il suo viso era davvero simile a quello di Lucifero, ma i suoi occhi le furono ancora più familiari. Erano gli stessi, gli stessi dei suoi bambini, quel giovane aveva gli occhi di Abele e di Caino. Tutto le fu immediatamente chiaro. Finalmente le avevano mandato un sostituto! Si erano presi del tempo per creare quel fantoccio, così simile a una versione adulta di Malachia, per concentrare l'attenzione di Lucifero e permetterle di fuggire. La stavano tirando fuori da quell'incubo! Non poteva perdere quell'occasione, di certo non le avrebbero concesso una seconda possibilità. Avviandosi in cucina di corsa, recuperò un sacchetto per la spesa e poi tornò all'ingresso. Tirò un sorriso.
<< Caro! Occupati tu del nostro ospite, io devo andare a fare un po' di spesa. Tornerò prestissimo >>
Posò una mano sulla spalla del nuovo arrivato, grata della sua presenza. Il giovane le sorrise a propria volta, Lucifero non la degnò di uno sguardo.
<< Fai come se fossi a casa tua e... grazie, davvero >>
<< Non ho... fatto nulla a dire il vero, però... di niente? >>
Sollevata, la donna superò il corvino e, spingendolo dentro casa, chiuse l'uscio alle proprie spalle. Un passo dietro l'altro, si allontanò quanto più poté, non osò voltarsi nemmeno un istante, aveva troppa paura. Per la prima volta da molto, molto tempo, Eva posò di nuovo piede in Paradiso e si sentì in pace. Fu come spalancare le ali e librarsi in aria, libera da quel peso, da quella responsabilità che nessun altro avrebbe potuto adempiere. Rise e le guance le si riempirono di lacrime. Chiudendo le palpebre, avvolta dalla luce celeste, attese di tornare ad essere un tutt'uno con le anime beate. Attese. Attese. Attese con pazienza, poi riaprì gli occhi e perse il sorriso di poco prima. Venne completamente presa alla sprovvista quando si rese conto che non avveniva niente. Il suo aspetto non mutava, era sempre la stessa. Qualcosa non andava, di sicuro non sarebbe tornata sui propri passi per chiedere al suo sostituto una spiegazione, con il rischio di venir rinchiusa di nuovo insieme a Lucifero per chissà quanto. Non le restava che proseguire. Prima o poi avrebbe di certo incontrato uno degli arcangeli o, con un po' di fortuna, il solo essere umano che in quel momento si trovava nella sua stessa condizione. Abele. Suo figlio l'avrebbe aiutata di certo, era sua madre dopotutto e, se c'era qualcuno con abbastanza influenza nel luogo dell'eterno riposo, quello era lui. Aveva riportato a casa la Stella del Mattino, l'astro più luminoso del Creato, donare la pace eterna alla donna che lo aveva concepito, era il minimo.
***
Gordon aveva ragione, i sogni degli umani erano davvero pazzeschi. Una casa sospesa nel vuoto, una strana signora che esce di colpo per fare la spesa, perfino il tizio che ora gli stava davanti era la cosa più senza senso che avesse mai visto. Alla fine doveva essersi addormentato, o forse era tutto previsto, forse era parte del processo di meditazione. Malachia si guardò le mani e poi stiracchiò le gambe. Si sentiva di nuovo come nel Limbo, niente suoni strani dallo stomaco, né fame o sete. Ora che aveva sperimentato tutte quelle nuove emozioni, starsene di nuovo senza provare nulla, era davvero noioso, privo di senso. Sospirò, presto la meditazione sarebbe finita, non c'era da preoccuparsi, quindi decise di godersi quella strana visione, per una volta nessuno gli stava scavando nel cervello, quindi poteva comportarsi liberamente. Da quando erano rimasti soli, il padrone di casa non aveva ancora spiccicato parola. Sapeva il suo vero nome, ovvio, visto che si stava immaginando tutto, ma aveva deciso comunque di rispettare le regole di Febo e aveva ripetuto a macchinetta ciò che gli era stato insegnato. Non vedeva l'ora di sperimentare ciò di cui gli aveva parlato Gordon, ma sapeva che non sarebbe stato facile, essendo la prima volta, doveva prima prenderci la mano. Emettendo un profondo sospiro, l'uomo si incupì e si avviò dentro casa. Non sapendo bene cosa fare, il ragazzo lo seguì incuriosito, certo che la visione stesse cambiando in qualcosa di straordinario. Non venne affatto deluso. Girato l'angolo, l'altro prese la forma di un gigantesco mostro e riempì ogni centimetro del salone con la sua mole. Era nero come la pece, privo di arti e strisciava in ogni dove, contorcendosi ed annodandosi, comprimendosi come un groviglio di muscoli pulsanti. Ammirato da quella forma, Malachia provò a toccarlo, non era viscido come si sarebbe aspettato, tutta la sua pelle era coperta da squame e il contatto fu più piacevole del previsto. Sibilando minacciosamente, la creatura allungò la testa nella sua direzione.
<< Vattene! >>
Non voleva che finisse, non ancora. Inoltre la signora ancora non era tornata, sarebbe stato scortese andarsene prima del suo ritorno. Andando verso la cucina, rimise in piedi una sedia e vi ci sedette guardando direttamente l'altro nei grandi occhi azzurro ghiaccio.
<< Non sei un buon padrone di casa >>
Il rettile sibilò stizzito ed un profondo ringhio si aprì dalla sua gola.
<< Non mi interessa esserlo! Sei tu ad essere entrato in casa mia senza invito! >>
<< La tua compagna ha detto che mi posso comportare come a casa mia >>
<< Non è la mia compagna!! >>
Lanciandosi verso la sua direzione, il mostro gli si portò faccia a faccia. Stava cercando di intimidirlo, ma non gli stava riuscendo molto bene. Malachia sostenne il suo sguardo, incrociò le braccia e accavallò le gambe. Non aveva nulla da temere, era solo la sua mente che vagava dopotutto, ma per ora non gli stava piacendo troppo. L'atteggiamento di quella strana e bestiale creatura lo stava innervosendo.
<< Ti ha chiamato "Caro" >>
<< Ed io la chiamo "Tesoro", non significa niente! Non più! Ora che lui non c'è non ha senso continuare con il teatrino! >>
<< Lui? >>
La coda della bestia sferzò l'aria e frantumò la cucina alle spalle di Malachia il quale però era completamente catturato dalle lacrime a solcare il muso dell'altro. No, non c'era nulla da temere.
<< Il mio bambino... Hanno portato via il mio bambino... >>
A quanto pare non era una visione divertente. Stava affrontando a livello inconscio il suo dolore più grande. Il totale disinteresse dei suoi genitori.
<< Uffa... Speravo davvero non succedesse... proprio la mia prima volta... >>
Trofinandosi i capelli per la frustrazione, emise un lungo sospiro e, posando una mano sul muso dell'animale, fermò il suo raptus di rabbia e tristezza accarezzandolo dolcemente. Molto probabilmente la propria calma stava aiutando anche l'altro a non agitarsi, per fortuna non era vero, altrimenti sarebbe stata davvero una situazione pericolosa da gestire, soprattutto emotivamente.
<< Come ti chiami? >>
<< Come fai a... a non saperlo? Tutti lo sanno qui in Paradiso... >>
Bene, adesso sapeva anche con quale dei due fantasmi si stava confrontando. Lucifero. Chissà come sarebbe stato invece con B. Dei due, doveva ammetterlo, B era quello per il quale era meno preparato. Lucifero era un arcangelo e aveva già avuto abbondantemente a che fare con i suoi fratelli per quasi cento anni, non poteva essere più terrificante di Michele. Effettivamente, se ci rifletteva bene, la forma umana di quel bestione assomigliava molto a ciò che gli era sempre stato raccontato del Portatore di Luce, quindi era logico che se lo immaginasse così. Curioso quanto poco fantasioso sapesse essere il cervello umano. Drammatico il fatto che, nemmeno da libero, era capace di visualizzare un posto diverso dal Paradiso in cui incontrare, dopo tutti quegli anni, il genitore che lo aveva concepito.
<< Te l'ho detto, io non sono di queste parti >>
Riassumendo forma umana, l'altro si abbassò e iniziò a guardarlo molto intensamente. Malachia si irrigidì e si tenne ben saldo alla sedia. Incredibile come, con quell'aspetto, l'altro lo mettesse assai più a disagio rispetto a poco prima. Sarà che, nei suoi atteggiamenti, in quelle piccole sfumature dello sguardo e nel modo di muoversi, gli riportava paurosamente alla memoria Michele. Ad un tratto, il maggiore sbatté le palpebre incredulo e, afferrandolo per un braccio, gli sollevò la manica della felpa mettendo ben in evidenza i marchi dei propri fratelli. Il ragazzo sobbalzò e, togliendosela di dosso, si rese conto che, nel sogno, tutti i simboli degli arcangeli erano tornati a marchiarlo.
<< Stupido cervello... >>
<< Come... Com'è possibile? Perché li hai su di te? >>
Il corvino glieli sfiorò e, facendo forza con il polpastrello del pollice, tentò di cancellare una delle linee. Fu, ovviamente, inutile.
<< Ecco, è una lunga storia. Non vanno via, inutile provarci >>
<< Mi... Mi hai detto che ti chiami... Che nome hai usato? >>
Non ebbe la forza di rispondere. Non voleva più parlare, voleva solo andarsene via. Fu allora che, incontrando le iridi dell'altro, si rese conto che stava ricominciando a piangere. Preoccupato al pensiero che perdesse il controllo, Malachia gli prese le mani nelle proprie. Stava tremando.
<< Ti manca così tanto tuo figlio? >>
Annuendo, il maggiore allungò una mano e gli accarezzò il viso.
<< Perché, se gli vuoi così bene, hai lasciato che te lo portassero via? >>
<< Io... Non lo so... Ma non permetterò più che accada >>
Catturato nell'abbraccio del corvino, si ritrovò senza fiato. Provò un'onda di emozioni difficili da spiegarsi. Era come se tutto l'amore di quel gesto lo stesse nutrendo e riportando alla vita.
Solo la propria immaginazione. Malachia continuò a ripeterselo mentalmente. Era solo un'illusione. Non stava succedendo davvero, doveva smettere di farsi trascinare da quelle bugie. Il suo vero padre, nella realtà, se ne stava bellamente fregando di lui, era sereno e felice di Paradiso, luminoso nella volta celeste. Non rispose alla stretta, quell'affetto era una pugnalata al petto.
<< Quanto ti odio... >>
Sussurrò a denti stretti. Separandosi lentamente, Lucifero gli donò un sorriso dolce e luminoso. Gli accarezzò il viso, ne ammirò ogni parte, incredulo.
<< Malachia, piccolo mio, sei così cresciuto >>
Sentendosi chiamare piccolo, il ragazzo sentì come un senso di nausea attraversarlo dalla testa ai piedi.
<< Smettila >>
<< Q-Quando sei cresciuto? C-Come hai fatto? Non-Non posso credere che sei davvero qui! Il mio bambino! Assomigli così tanto a... >>
Con una manata, Malachia si separò da suo padre e si alzò in piedi. Adesso basta, doveva svegliarsi, subito, non ce la faceva più. Gordon non era stato chiaro su quanto durasse la meditazione, ma ora le cose si stavano facendo davvero troppo lunghe.
<< Malachia? >>
Lucifero gli si avvicinò. Indietreggiò subito, assicurandosi di tenerlo a distanza per evitare altri gesti affettuosi.
<< Stammi lontano! >>
Recuperata la felpa, Malachia si coprì i marchi, non sopportava più di vederli su di sé.
<< Quelli... è stato Michele? >>
Se voleva farlo infuriare, c'era riuscito. Era stato lui ad affidarlo a Michele, doceva sapere che cosa gli avrebbe fatto.
<< E chi altro?! Doveva pure trovare il modo di controllare l'abominio che hai messo al mondo! >>
Lucifero si fermò.
<< C-Cosa? >>
L'aria si fece incandescente.
<< Loro... ti hanno marchiato? Ma sei solo un ragazzo! Non può essere vero! Se volevano solo assicurarsi come stessi o dove fossi, perché marchiarti tutto il corpo? >>
<< Perché sono un maledetto mostro!! Come te! >>
Braccia, ali, corna, centinaia di occhi specchiarono l'immagine del Portatore di Luce. In un sospiro, Malachia si mostrò al proprio padre in tutto l'orrore che la sua corruzione gli aveva donato. Sbattendo la testa contro il soffitto della casa, il ragazzo tentò inutilmente di mantenersi il più fermo possibile, un po' per evitare di aggiungere i propri danni a quelli del genitore, un po' per non ricordare troppo a sé stesso, perfino nella propria mente, quanto disgustoso fosse il suo reale aspetto. Lucifero non si spaventò, né si sconvolse in alcun modo, essendo stato in passato il Padrone dell'Inferno, doveva aver assistito a mostruosità di ogni genere causate dal peccato. Mantenendo un'espressione di pura gioia, aprì le braccia per stringerlo di nuovo e gli si fece più vicino.
<< Tu non hai idea di cosa sia un mostro. Non lo sei affatto, a differenza mia... Se sapessi quali orrori ho commesso nella mia esistenza, sapresti che, qualche arto in più e un grosso paio di corna non fanno di te un abominio... >>
Abbassando il capo, Malachia scosse la testa per scacciare le lacrime. Non vedeva più nulla.
<< Ma tranquillo... >>
L'aria intorno a Lucifero era incendiata, la sua luce si stava facendo insopportabile, anche più di quella di Michele.
<< Costringerò i miei fratelli a rimuovere i marchi... tutti... uno dopo l'altro. Non ne resterà nemmeno una traccia e, quando avranno finito... >>
<< S-Smettila! >>
<< ... gli imprimerò a sangue il Pentimento Eterno nelle carni! >>
<< Smettila di comportarti come se ti importasse! Non ci sei mai stato! Hai lasciato che mi marchiassero! Che mi reincarnassero! Ancora ed ancora! Sia tu che B! >>
Stringendolo, il maggiore prese ad accarezzargli una delle ali, prestando la massima cura a non urtare nemmeno uno dei suoi occhi. Il ragazzo sentì una fitta dietro l'altra trafiggere il petto, il dubbio che l'altro in realtà non lo avesse mai voluto abbandonare, si stava aprendo come un faro di speranza. La luce di suo padre era una crudele e flebile speranza. Avrebbe voluto così tanto che fosse vero. Ma non era così, quella era solo la sua immaginazione. Lucifero gli sorrise, era come se non fosse capace di vedere quanto lo stesse ferendo con le sue menzogne, continuava imperterrito, tantando disperatamente di mantenere il contatto fra loro.
<< Hai detto che questa forma è causata da me, eppure sai a chi assomigli davvero? >>
Malachia scosse il capo, non voleva saperlo. Doveva andare via. Subito, prima che l'ennesima bugia facesse breccia. Freneticamente, iniziò a guardarsi intorno in cerca di una via di fuga, un punto qualsiasi dal quale potersene andare. Eccola. La porta.
<< A tuo nonno >>
Tornando normale, Malachia scacciò l'altro scivolando dal suo abbraccio e, ignorando le sue suppliche, superò quella breve distanza, girò la maniglia ed uscì. La luce del Paradiso lo trafisse. Un battito di palpebre dopo, si alzò a sedere, sudato dalla testa ai piedi, di nuovo tra i cuscini del divano. Ci volle qualche secondo perché la testa smettesse di girargli. Mise a fuoco l'ambiente, ma il suo cuore era ancora imbizzarrito e ferito a morte. In lacrime, si trovò presto a tremare e singhiozzare.
<< Mal?! Finalmente! Tutto bene?! >>
Gordon lo raggiunse di corsa e, appoggiandogli le mani sul viso, incrociò il suo sguardo. Quando si rese conto delle sue condizioni, gli si portò accanto e lo strinse. Malachia si sciolse in quel gesto, stremato, e pianse ancora più forte.
<< M-Mi hai fatto prendere un colpo! C-Che cosa ti è successo? >>
<< N-Non voglio meditare mai più >>
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