La Colpa

Uscendo dall'oscurità, B si portò alle spalle di Gabriele e lo avvolse tra le braccia appoggiando le dita sul suo petto. La pelle del messaggero celeste era gelida, il suo respiro profondo e lento, trattenuto a stento, ed un tenue profumo di fiori e sangue gli impregnava i capelli. L'arcangelo si irrigidì mentre le sue guance rosse tradivano la compostezza del suo sguardo, ancora rivolto verso il punto in cui l'angelo Azrael si era ritirato. Posandogli le labbra vicino all'orecchio, B vi sussurrò quanto più piano possibile.

<< Non parlare, o Lui ti sentirà. Non dimenticare che hai dovuto cancellare il marchio... >>

L'altro deglutì e fece un piccolo cenno del capo. Il cuore prese a palpitargli selvaggiamente, un po' per l'ansia, un po' per la pressione fra i loro corpi.

<< Se quello che mi hai detto è vero, presto Michele ti chiederà di tornare per aggiornarlo >>

B scese con le mani lungo la tunica candida e gliele portò alla vita solleticandolo nei punti in cui il tessuto era meno stratificato. L'arcangelo fremette e chiuse gli occhi.

<< Mi piacerebbe poterti ringraziare come si deve per oggi, ma temo dovrai portare pazienza fino al nostro prossimo incontro. Bada al mio bambino nel frattempo, va bene, Gabe? >>

Spostando le mani davanti a sé, Gabriele fece un paio di gesti rivolti verso l'alto dopodiché spalancò le ali e si sollevò illuminando l'area circostante per poi alzarsi in volo. Curioso, il corvo si rivolse al proprio padrone. 

<< Cos'ha detto? >>
<< La sola che gli è stata possibile, "Sia fatta la tua volontà" >>

Cornelius guardò il cielo sopra di sé farsi rosso al sopraggiungere del tramonto e poi tornò a concentrarsi sullo sguardo pensieroso di B. Niente di ciò che aveva appreso in quella giornata sembrava reale. Per così tanto tempo, il demone aveva pensato di avere tutto sotto controllo, proprio come al solito, ed ora si ritrovava sconquassato da innumerevoli informazioni e macchinazioni articolate nelle quali non era stato minimamente incluso. Chissà se sarebbe riuscito a superarle mantenendo indenne la propria sanità mentale. Adramalek aveva una caterva di figli, Asmodeus si dava alla pazza gioia, Baal fungeva da schermo per gli incontri segreti di B con l'arcangelo Gabriele, adesso non restava che Belfagor. Sinceramente avrebbe fatto a meno di sapere altro, voleva solo tornare all'Inferno, nell'Eden, e rimuginare in tranquillità. Non appena Baal si separò da loro e riprese forma umana, B gli fornì un nuovo abito, identico al precedente, che l'altro accettò con gioia, anche se fece un po' fatica ad abbottonarsi la camicia a causa delle due dita mancanti. 

<< Per l'eccellente copertura di oggi. Ma cerca di migliorare un po' il caratteraccio quando ti rivolgi a Cornelius. Non dimenticare il tuo posto >>
<< Non capiterà una seconda volta, mio Signore >>

Il castano sorrise.

<< Ne sono sicuro, torna pure ai tuoi affari, ti ricontatterò io in caso mi dovessi servire di nuovo >>
<< Sempre a disposizione >>

Fece un breve inchino, ma quando si rialzò e fece per andarsene, si girò di nuovo e Cornelius lo vide ripetere il gesto, questa volta rivolto verso di sé.

<< Arrivederci, Sommo Cornelius >>

Il corvo si sentì in imbarazzo, era da un po' che nessun demone gli si rivolgeva con quel titolo, gli fece piacere e rispose a propria volta con un piccolo inchino. Baal scomparve all'istante e così, rimasti finalmente soli, Cornelius attese che B lo conducesse nel luogo dove avrebbero avuto l'ultimo incontro, questa volta, con il demone Belfagor. Ormai si aspettava di tutto, visti i precedenti forse vi sarebbero giunti utilizzando un mezzo di trasporto mortale, magari inusuale, sperò solamente di non venir di nuovo trascinato nell'oscurità. Tremò al solo ricordo. Prima che potesse domandare, udì uno schiocco di dita e, un istante dopo, si ritrovò all'Inferno, nel mezzo del giardino dell'Eden, appollaiato fra i propri fiori, coltivati tanto faticosamente. B era accanto a lui ormai profondamente addormentato. Guardandosi attorno confuso, Cornelius tornò umano e si alzò in piedi per assicurarsi di non trovarsi in un'illusione di qualche tipo. Il crepitio delle fiamme, lo scrosciare lento delle anime dannate, ormai prive di volto ed immerse nelle tenebre, quella spettrale oscurità, senza inizio, senza fine, in mezzo alla quale splendeva il suo giardino. Erano davvero tornati a casa. Sedendosi accanto all'amico lo scosse leggermente. 

<< B? Ehi, perché siamo qui? Va tutto bene? >>

Nessuna risposta. Cornelius emise un lento sospiro. Non c'era modo di svegliare l'altro a quel punto. Nemmeno un giorno prima avrebbe pensato che si fosse ritirato per parlare con Malachia, ma ora che sapeva la verità, nel guardarlo provò solo una profonda tristezza. Percepì uno sbadiglio, poi un fruscio, proveniva da un albero non molto distante e, visto che gli unici ad avere il permesso di recarsi in quel luogo erano loro due e Lilith, Cornelius si mise subito all'erta. D'istinto, lanciò uno sguardo a B. Per un attimo fu preoccupato al pensiero di lasciarlo solo, ma poi quella stessa sciocca paura lo fece sorridere. Badare a B, temere per lui e la sua incolumità, era come affidare ad un giunco la protezione dell'impetuosa corrente del fiume. Inutile, ma questo non gli avrebbe mai impedito di farlo comunque, con tutte le proprie forze, per l'eternità. 

***

Samael si irrigidì. Tutti gli arcangeli avrebbero dato le proprie ali per poter riuscire ad avere una conversazione con Malachia su quanto si dicevano lui e suo padre. Scoprire i piani del Male, venire a conoscenza di ciò che si celava in quei sogni per capirne i reali obiettivi. La verità era che il nuovo Signore dell'Inferno si era dimostrato assai più criptico da leggere di Lucifero. Alla sua caduta, si era immaginato una vendetta quasi istantanea in grande stile, una guerra con orde ed orde di demoni, il sangue di ogni creatura divina e dannata versato sino all'ultima goccia sino alla distruzione del Creato stesso. L'intero Paradiso era rimasto in fremente attesa di un cenno, un movimento qualunque, ma niente era accaduto. Il solo indizio era venuto proprio da Malachia, il quale, verso i due anni d'età, risvegliandosi da un sogno, aveva detto di aver visto suo padre e parlato con lui, da quel momento, era stato torchiato in ogni modo possibile, ma niente. Diceva di non sapere nulla delle intenzioni del genitore, ma chi mai avrebbe creduto alle parole del figlio del Male. Samael aveva davvero sperato, per tanto tempo, che quel fantomatico nuovo Padrone dei Demoni arrivasse davvero per salvare Malachia, ma nulla, ed intanto il corvino continuava a soffrire ed a venir ferito senza speranza di porre fine al proprio dolore.

<< Non mi sembra che tuo padre stia facendo un buon lavoro... >>
<< Dici ? >>

Mal appoggiò il capo sulla sua spalla.

<< Secondo me sì, quantomeno ha avuto una buona idea >>
<< S-Smettila di parlarmene, io non voglio saperne niente! >>
<< Sicuro? >>

Samael abbassò lo sguardo in quello di Malachia e vi colse uno strano bagliore. Certo che voleva saperlo, era curioso, in più, se fosse riuscito a dare informazioni certe a Michele, forse sarebbe stato reintegrato nella cerchia degli arcangeli. Sospirò. Tornare uno di loro. Non sembrava una bella prospettiva. Preferiva lasciare le cose come stavano, passare l'eternità lì, con il corvino, e continuare a fare avanti ed indietro dal mondo dei vivi per potare le anime nel Limbo. Quello era l'unico posto in cui, coloro che venivano rifiutati dal Paradiso e dall'Inferno, potevano essere davvero accettati. Anime innocenti, senza schieramento, come lo erano lui stesso e Malachia. Il ragazzo gli sorrise.

<< Ti amo, Sammy >>

L'angelo divenne rosso paonazzo e nascose il capo sotto il proprio cappuccio.

<< P-Perché devi sempre dire queste cose?! >>
<< Perché voglio che te le ricordi, per questo te le ripeto ad ogni reincarnazione. Così sei sicuro che i miei sentimenti per te non cambieranno mai >>

Samael si alzò in piedi.

<< Sai che non mi piace questo discorso... >>

Malachia gli prese la mano, tremava di nuovo ed il suo sguardo era disperato.

<< N-Non andare! Mi dispiace! Ancora un momento, ti prego! Guardami solo un attimo ancora... >>

L'angelo si inginocchiò e gli sorrise.

<< Scusa, non volevo spaventarti, non vado da nessuna parte. Resto qui con te, inoltre non dimenticare che hai ordinato agli altri di non farsi rivedere fino al tuo compleanno. Grazie alle parole di Michele, non disubbidiranno, non verrà nessuno... >>

Il corvino abbassò il capo e singhiozzò. Finiva sempre così, più si avvicinava il momento della reincarnazione, più Mal cedeva al pianto.

<< P-Per una volta, solo una, ti prego... Potresti dirmi che mi ami? S-Solo una, poi basta...>>
<< Mal... Perché? Perché è così importante per te? Ti andrebbe bene anche se fosse una bugia?>>
<< P-Perché so che non lo sarebbe... T-Ti prego, non... non c'è più tempo... p-pensavo di sì, ma... >>

Samael avrebbe voluto, davvero, ma tacque, come aveva sempre fatto. Non poteva, non doveva. Strinse le labbra, per un solo istante immaginò di aprirle, l'oceano di parole che ne sarebbe uscito sarebbe stato così vasto da annegarli entrambi, perciò resistette. Silenzio, una interminabile silenzio. Prima che l'angelo potesse abbassarsi per stringere l'altro a sé e rincuorarlo, si sentì picchiettare sulla spalla e, quando si voltò, Gabriele era dietro di lui. Samael si diede all'istante una sistemata e piegò il capo sperando che l'arcangelo non avesse assistito alla scena.

<< A-Avevi detto che saresti rimasto sulla Terra sino al concilio, come mai sei qui? >>

L'arcangelo fece un paio di movimenti con la mano, ma bastarono i primi due perché l'angelo capisse.

<< M-Michele... M-ma non puoi! Malachia ha detto a tutti di non farsi vedere! >>
<< L'ho detto... a quelli che erano presenti in quel momento... >>

Gabriele annuì confermando le parole del corvino, Samael si rivolse subito a quest'ultimo.

<< R-Resto! Io ho detto sarei rimasto! Gabriele, torna tu sulla Terra! >>
<< Non sei più tu a decidere, Azrael >>

Per un momento Malachia non si mosse, aveva pronunciato quelle parole in un modo talmente gelido da terrorizzarlo. Dopo qualche secondo, Gabriele si fece avanti e, abbassandosi, afferrò il corvino per il braccio e lo costrinse a rimettersi in piedi trascinandolo verso il corso d'acqua più vicino. Samael gli si parò davanti. Sapeva cos'aveva in mente e non gliel'avrebbe lasciato fare. Non era giusto, non sarebbe venuto meno alla propria parola, non questa volta, non con il giorno del concilio così vicino, non con Malachia ridotto in quello stato.

<< Gabriele, lascialo andare! Non permetterò che tu... >>

L'arcangelo aprì le ali accecandolo, ma Azrael si tirò su il cappuccio e restò dove si trovava. Gabriele fece per sollevare il braccio libero, ma fu il ragazzo a fermarlo prima.

<< Sam, va tutto bene! Vai pure! Ci vediamo... ci vediamo dopo per la torta... >>
<< Mal, no! >>

Il corvino alzò il capo e lo guardò furibondo. Le sue iridi si illuminarono di striature dorate.

<< Vuoi che ti abbia sulla coscienza ?! Vuoi perdere le tue ali per me!? Pensavi davvero che Michele non avrebbe trovato una scappatoia ?! Che me la stesse lasciando vinta così ?! Credimi... Se avessi potuto io... >>

Prese fiato.

<< Senti, ci vediamo dopo per mangiare la torta. Io e Gabriele abbiamo da fare ora >>

Come facesse Malachia a sapere sempre tutto, quello era il vero mistero per Samael. Scostandosi per lasciar proseguire Gabriele, si sentì profondamente confuso. Il corvino si voltò a guardarlo e tirò un sorriso. Era così tremendamente falso da strappare il cuore. L'angelo lo copiò meglio che poté.

<< T-torno presto! >>

Non era ciò che voleva dire. Malachia lo capì, si fece presto serio e, senza proferire parola, proseguì al fianco di Gabriele.

<< D'accordo, Mal? T-Torno dopo! Per la torta! >>

Nemmeno questo.

<< Farò come vuoi tu! La mangeremo insieme ! >>

Ma il ragazzo non si voltò più, neppure quando Samael se ne andò. Gabriele assistette alla scena e, osservando Malachia, non poté evitare di sentirsi soffocare al cospetto del dolore che gli stava trafiggendo l'anima. Era stata tutta colpa di un sogno, del sogno innocente di un bambino che non desiderava altro che rivedere il proprio padre. Una semplice speranza diventata l'ossessione di molti e la condanna di uno. Gabriele non avrebbe mai immaginato di poter provare un simile senso di colpa, tale da non poter essere colmato se non con l'ultimo dei sacrifici, ma era troppo tardi per tornare indietro a quel punto, doveva concludere ciò che il proprio errore aveva causato e pagarne l'alto pegno. Malachia gli scosse la mano davanti al viso.

<< Scusa, sembravi distratto >>

Il suo linguaggio dei segni era diventato così fluido da essere in grado di mimare le parole alla vista come se giungessero all'udito. Il ragazzo non parlava mai in sua presenza quando erano soli, una cortesia di cui gli era grato.

<< Lo ero >>

Quando infine giunsero al corso d'acqua, l'arcangelo mollò la presa ed il giovane si immerse senza fare discussioni per poi cominciare a ripulirsi. Aveva più sangue secco fra i capelli di quanto Gabriele avrebbe immaginato. Oltre a ciò, ogni volta che si sciacquava la bocca, ciò che poi ne usciva era una mistura disgustosa che puzzava di zolfo. Per quanto continuasse a bagnarsi il viso per scacciare i tremori a scuoterlo, questi si intensificarono. Sarebbe stato inutile tentare di rincuirarlo, dopo la terza reincarnazione non c'erano più parole che potessero rassicurare o preparare Malachia per ciò che lo attendeva.

<< Ho saputo che non è stato proprio un grande periodo ultimamente. Michele ha di nuovo... >>

Malachia appoggiò le mani sulle sue facendogliele abbassare.

<< Sto bene... >>

Sputò un'ultima volta e si stese ad occhi chiusi dove il livello dell'acqua era più basso.

<< Non morirò per questo, non sono così fortunato >>

Riaperte le palpebre, il corvino incontrò il suo sguardo ed emise un lungo sospiro. 

<< Frugami in testa, sbrigati... Voglio passare più tempo possibile con Samael >>
<< Va bene, questa... spero che sia l'ultima volta >>
<< Te l'ho detto, non sono così fortunato >>

L'arcangelo entrò a propria volta nello specchio d'acqua e si inginocchiò accanto a Malachia dopodiché gli posò una mano sul capo. Distese i muscoli, il ragazzo fece lo stesso e, poco dopo, gli occhi di entrambi emisero una luce dorata e Gabriele poté entrare senza sforzo nella mente del corvino e frugare nei suoi pensieri, nei suoi ricordi, nei suoi sogni. Non vi fu resistenza, di alcun tipo e, quando infine riaprì le palpebre, si trovò a camminare nel vuoto, stretta nella propria, vi era la docile mano di un bambino, di non più di un paio d'anni. Aveva ricci capelli biondi, chiunque avrebbe potuto scambiarlo per un cherubino, ma i suoi occhi cangianti ne rivelavano l'identità, così estranea a quei luoghi. Il piccolo lo condusse fino ad una folla di angeli, questi erano divisi in due schiere e, attraverso esse, lungo un ampio passaggio sgomberato, si faceva strada un'orda di demoni. I guerrieri del Creatore lasciavano che le mostruosità demoniache proseguissero verso la cima del Paradiso, per raggiungere la Stella del Mattino, impotenti, stringendo le proprie armi, senza che nessuno osasse sferrare il primo colpo. 

<< Papà! Papà! >>

Malachia lasciò la sua mano e corse avanti, Gabriele lo seguì, ormai conosceva la strada a memoria. Superati i propri fratelli, l'arcangelo assistette ad ogni metro faticosamente conquistato dal minore mentre spingeva a lato le gambe dei presenti i quali lo ignoravano, gelidi come statue, fungendo da barriera a separarlo dal proprio obiettivo. Infine, quando il biondo riuscì a ruzzolare nel corridoio libero, alzò il capo alla ricerca dello sguardo del genitore, ma si trovò davanti una bestia infernale, a zanne spianate, pronta a sbranarlo. La prima volta che aveva assistito a quella scena, Gabriele era intervenuto a difesa dell'altro, ma ora che sapeva cosa sarebbe accaduto, rimase immobile e, un istante dopo, il demone venne schiacciato al suolo ed ucciso da una figura avvolta da un lungo mantello nero. Malachia venne accolto nel suo abbraccio e, scoppiando a piangere, un po' per paura, un po' per gioia, rispose alla stretta. 

<< Papà! Lo sapevo che saresti venuto! Lo sapevo! >>

L'arcangelo vide la visione sparire come sabbia e si preparò ad uscire, ma poi essa mutò. Quello no, non era mai capitato prima. 

<< Cosa... >>

Guardandosi intorno confuso, Gabriele si ritrovò circondato da esseri umani. L'ambiente era stretto, claustrofobico per il numero di persone, l'aria calda, irrespirabile a causa del mix di alcol, sudore e profumi mescolati fra loro. La musica era alta, assordante e tutti i presenti si stavano scatenando in balli convulsi e carichi di energia, saltando, agitando le braccia, chi più a ritmo e chi no. L'arcangelo cercò disperatamente Malachia con lo sguardo, si abbassò nella speranza di scorgerne la chioma bionda, ma niente da fare. 

<< Malachia! >>

Si sentì perso, smarrito, carico di terrore, ma non poteva fermarsi, doveva capire cosa stesse capitando nella testa del ragazzo. Non c'era motivo per cui avrebbe dovuto fare un sogno simile. Se aveva avuto una nuova visione ne avrebbe di certo parlato con qualcuno, con lui in primis, se non era stato così poteva significare solo una cosa, non la ricordava. Malachia dopotutto non sapeva nulla del mondo umano, non conosceva quel genere di musica, di danza, di luogo in generale. Ogni immagine, ogni sensazione, erano tutte cose che non avrebbe dovuto sapere.

<< Questa è... >>

Quelli non erano eventi casuali, desideri o ricordi, ma esperienze che il corvino non aveva ancora vissuto. Era il futuro e, in quel futuro, Malachia era nel mondo umano. Era solo, nel mondo umano. Era libero e perfino invisibile allo sguardo degli arcangeli, nel mondo umano. La più rosea delle consapevolezze investì Gabriele. Onniscenza. Il ragazzo aveva ereditato quell'abilità, ma non potendo raggiungere la maggiore età, essa non aveva possibilità di svilupparsi e venire alla luce. Però era lì. B sarebbe stato molto felice di saperlo. L'arcangelo fremette al pensiero di incontrarlo di nuovo, di raccontargli tutto, di farglielo vedere. Senza pensarci, sollevò la mano e si toccò le labbra arrossendo. Per qualche istante si permise di bearsi di quel gesto mentre il caos cresceva, la musica si alzava, il pavimento cominciava a tremargli sotto i piedi. Non ebbe il tempo di realizzare nulla. Un'onda di tenebre lo investì risvegliandolo di colpo, trascinandolo di nuovo nella realtà e, come lui, si riprese anche Malachia. Strofinandosi gli occhi infastidito, il corvino si rimise dritto e sbadigliò. Era paurosamente tranquillo dopo ciò a cui avevano appena assistito entrambi, anzi, sembrava perfino rinvigorito dall'esperienza.

<< Allora? Puoi far tornare Samael adesso? >>

Qualcosa non andava.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top