1. A casa
Joker sta venendo a prenderti, dolce Sailor Moon.
7 ANNI PRIMA...
Selene osservava il suo braccialetto costernata. Lo stringeva tra le dita minute e affusolate in cerca di una spiegazione a quello che era appena successo.
Kevin gli aveva riportato il suo amato braccialetto.
Aveva detto di non essere stato lui a prenderlo, quindi l'aveva cercato per lei.
Kevin aveva fatto qualcosa per lei, qualcosa di carino tra l'altro.
Ancora non riusciva a crederci.
Ripensò ai suoi occhi grandi, all'espressione cupa che velava le sue iridi liquide e tenebrose.
Un fiume sul punto di straripare.
Era serio.
Serio e incazzato.
Bello.
Il suo cuore sfarfallò ripensando a quella mano ambrata che, mentre le porgeva il braccialetto, sfiorò la sua.
Agganciò la chiusura intorno al polso e senza pensarci due volte uscì dalla sua camera e lo raggiunse di corsa.
Kevin era sulla soglia di casa sua di spalle.
"Kevin!" lo chiamò e lui si voltò, sciogliondola con una sola occhiata, mentre il suo cuore non smetteva di ruggire.
Gridava il suo nome, lo urlava dal primo giorno in cui si erano incontrati, in quel salotto, prima di scoprire che il bambino silenzioso che aveva appena conosciuto era il suo fratellastro.
Fratello...
"Grazie" disse, fermandosi ad un metro da lui.
Kevin la fissò sorpreso, non si aspettava di ritrovarsela alle spalle all'improvviso.
La vide sollevare il braccio, indicare il braccialetto e sorridere.
E quel sorriso lo piegò.
Gli piegò l'anima e la testa, mandandolo in confusione.
Come poteva un semplice sorriso macchiare un cuore in quel modo?
Come poteva un sorriso diventare una ragione per vivere.
Quel sorriso era la sua ragione di vita e anche la sua pena.
Selene era la sua sorellastra, quel sentimento che provava per lei non poteva esistere.
Non doveva esistere.
Sospirò, poi atteggiò il viso in una smorfia di scherno e derisione.
"Almeno così la smetti di frignare, Sailor Moon" affermò tagliente.
Il sorriso le morì in bocca e il suo volto mutò in una maschera di delusione.
E...
Crack.
Il cuore di lei si spezzò insieme a quello di lui.
Osservò i suoi occhi di ghiaccio, ora lucidi e tristi.
"Grazie lo stesso per il pensiero" affermò, desolata.
Kevin la fissò a lungo, poi, senza dire niente, svanì dentro al portone di casa sua, sbattendolo con forza alle sue spalle.
I pezzi del suo cuore battevano frastagliati nel suo petto e, all'unisono, emisero un singulto silenzioso.
Si appoggiò allo stipite e chiuse gli occhi.
Il rimorso lo divorava.
Ogni volta che la maltrattava un lembo della sua anima si strappava.
Ma non poteva fare altrimenti.
Doveva starle lontano, non poteva amarla e l'unico modo che aveva per celare quell'amore era farsi odiare da lei.
Selene si avvicinò alla porta chiusa.
Era dispiaciuta, sperava che il gesto di Kevin significasse un cenno di pace e invece a lui non interessava un bel niente di lei.
Il suo unico interesse era quello di non sentirla "frignare".
Perché?
Perché la odiava così tanto?
Si appoggiò con la schiena al portone e si lasciò scivolare lungo lo stipite.
Ancora una volta Kevin l'aveva mandata K.O. con una sola frase.
Guardò di nuovo il suo braccialetto e una lacrima le inumidì le ciglia.
Restarono lì, ignari l'uno dell'altra, ad amarsi, separati da una soglia, dall'orgoglio, da un portone e dal silenzio.
"Non so cosa faccia esattamente mio fratello, so soltanto che da qualche anno frequenta brutte persone".
Kevin annuisce, mentre Jonathan gli inietta nel braccio un antidolorifico.
"C'è qualche posto che frequenta di solito?".
Marta ci pensa qualche secondo.
"Frequenta spesso il Dolcevita, un locale piuttosto famoso a Torbella Monaca".
"Va bene, ti ringrazio".
Jonathan li fissa in silenzio, poi estrae la siringa vuota e la posa sul tavolo.
"Mi servono dei vestiti puliti" afferma, rivolgendosi al dottore.
"Sei grosso, Kevin, ma penso che una delle mie felpe vada bene".
"Ti ringrazio".
"Dove andrai adesso?" domanda Marta, preoccupata.
Kevin tace e sospira, c'è solo una persona in grado di aiutarlo in una situazione del genere.
Carlos.
La sua mente vola qualche istante a Sofia e sua madre, probabilmente sono già state avvisate della loro scomparsa.
Gli si frantuma il petto al pensiero del loro dolore, ma al momento non può uscire allo scoperto, deve far perdere le sue tracce e agire nell'ombra.
Solo così potrà salvare Selene.
Innanzitutto deve scoprire perché quella banda di teppisti l'ha rapita e da chi prendono ordini. È più che sicuro che dietro quel rapimento c'entra qualcun altro.
Ma chi?
Selene non ha nemici, è una ragazza timida e riservata. Anche all'università frequenta poche persone.
Forse Lilith?
Le sue minacce sono ancora nitide nella mente di Kevin. La prima volta quando era ancora ricoverato in ospedale, la seconda solo pochi giorni prima, quando le aveva fatto visita con l'intenzione di smascherarla e poi denunciarla.
Avrebbe portato a termine anche questo proposito dopo aver riabbracciato la sua Selene.
Ciò che non riesce a comprendere è la motivazione.
Cosa cazzo c'entra Lilith con Selene? Quale motivo l'avrebbe spinta a compiere un rapimento per mano di una banda di delinquenti?
Quella donna è una pazza, non è sana di mente, ma perché prendersela con una ragazza che nemmeno conosce?
È assurdo.
"Kevin".
La voce di Jonathan si insinua ovattata nei suoi pensieri, ha allungato un braccio verso di lui e gli sta porgendo una felpa scura con il cappuccio.
Lui la afferra.
"Grazie".
"Ti ho preparato uno zaino con dentro qualcosa da mangiare e delle medicine, troverai un foglio con le indicazioni su come e quando prenderle, ci sono anche degli antidolorifici, non abusarne" gli raccomanda il medico.
Lui annuisce e si sfila la maglietta sporca di sangue.
Marta lo guarda, indugia sulle linee definite del suo corpo e arrossisce.
"Lo stai consumando" bisbiglia Jonathan al suo orecchio, divertito.
"Ti pare!" risponde lei, sottovoce.
Dopo essersi vestito Kevin afferra lo zaino con un gesto rude e se lo mette in spalla.
"Grazie di tutto".
Si volta per andarsene, ma Marta lo ferma.
"Io vengo con te".
Kevin la guarda stranito.
È sconvolta, ha il volto stanco, i capelli rossi sono arruffati e ha ancora i vestiti macchiati del suo sangue.
"Non se ne parla, hai già rischiato abbastanza per noi".
"Non ti lascio andare da solo".
"Marta...".
"Kevin, ascolta, Selene è mia amica e Mirko è mio fratello, anche io sono molto preoccupata".
Lui storce le labbra, non è convinto.
"E poi come pensi di spostarti per Roma? A piedi? Io ho la macchina...".
"Va bene, ma farai quello che dico io, nessuna iniziativa spontanea".
Marta annuisce con fervore, poi saluta il suo migliore amico.
"Stai attenta, chiamami per qualunque evenienza a qualsiasi ora".
Lei gli dà un bacio sulla guancia.
"Grazie" dice, poi raggiunge Kevin.
Jonathan abita al quinto piano di un palazzo poco distante dall'università, quando arrivano nel parcheggio Kevin è costretto a fermarsi per riprendere fiato.
Si appoggia con una mano al muretto di recinzione, esalando lunghi respiri in attesa che il dolore decresca poco alla volta.
"Stai bene?".
Marta gli si avvicina preoccupata.
"Sì, l'antidolorofico non ha ancora fatto effetto".
"Appoggiati a me" dice lei, prendendolo sottobraccio.
A passi lenti e misurati arrivano alla macchina, una citroen azzurra.
Lei apre lo sportello del passeggero e lo aiuta a sedersi, poi richiude la portiera.
Quando sono entrambi in macchina Kevin le lancia un'occhiata di gratitudine.
"Grazie per...".
Si blocca, non è mai stato bravo con le parole, porca puttana.
Lei ricambia il suo sorriso.
"Non occorre che mi ringrazi, Kevin, ora il nostro unico obiettivo è quello di trovare Selene".
Kevin sospira e annuisce.
"Dove andiamo?" domanda lei, mettendo in moto, poi ingrana la marcia.
"A casa".
Ti ritroverò, amore mio, anche se fosse l'ultima cosa che faccio, ti ritroverò.
E ti amerò.
Fino alla fine e oltre...
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top