5.Il nuovo coinquilino (psicopatico)

Sentì un tonfo. Aprì gli occhi di scatto. La pallida luce dei lampioni accesi sul ciglio della strada filtrava attraverso la finestra spalancata ad illuminare la stanza nella quale mi ero pesantemente addormentato, sfiancato dalle fatiche del giorno. Per un momento di panico non capì dove fossi . Lanciai un'occhiata alla sveglia rossa di topolino sul comodino. Era un ricordo della gita a Disneyland alla quale mi portò la famiglia Rosh per il mio settimo compleanno, due anni prima che il mio mondo cadesse nuovamente in pezzi. La comprarono sia a me che a Ted. Allora eravamo già inseparabili come fratelli. Le quattro e venti del mattino? Cavolo! imprecai nella mia testa, stropicciandomi gl'occhi. Quest'uomo...Cercai di riaddormentarmi, ma sentì altri rumori provenire dal piano di sotto e altre risate. Mi premetti il cuscino sulla faccia, ma continuavo a sentirli. Ormai sveglio, decisi di scendere di sotto. Tanto prima o poi dovrò far conoscenza col mio coinquilino. Mi ero addormentato indossando solo un pantaloncino blu di una tuta. Sarà meglio indossare qualcosa di decente? O mi limito a una maglia? O scendo proprio così? Caspita, è così presto, forse sarebbe meglio non scendere proprio... mi tormentai. Sentì distintamente altre risate e schiamazzi. Mi accorsi che erano femminili. Il vecchio ha compagnia! Allora sarebbe scortese farmi vedere mezzo nudo. Magari lo potrei incontrare domani. Però... Ero curioso di conoscerlo. Ricordavo la sua voce calda e morbida al telefono. Di sicuro è un playboy. Non è un problema che si diverta, però...non potrebbe evitarlo a quest'ora? Avevo il turno in negozio alle sette e trenta, tra sole due ore e mezza mi sarei dovuto alzare per prepararmi e fare la doccia. Sospirai rumorosamente e mi sedetti pesantemente sul letto.

<<Accidenti a lui!>> mormorai, lasciandomi cadere di schiena e con le braccia aperte.

Sento che quest'uomo sarà la mia croce...Le voci parlavano animatamente, ma non riuscivo a distinguere le parole. Sentì dei passi sulle scale. Potrei affacciarmi, solo per un secondo. Diamine, avrò pure il diritto di sapere chi dorme nel mio appartamento riflettei. Mi alzai e, a piedi scalzi, il più silenziosamente possibile, mi diressi alla porta. L'avevo chiusa a chiave prima di andare a dormire, non volevo certo che qualcuno che neanche conoscevo mi entrasse in camera. Premetti l'orecchio contro il legno freddo. Sembrava che le persone si fossero fermate sulle scale. Feci scattare la sicura della porta e aprì leggermente il battente. Sbirciai dalla fessura. La luce accesa al piano di sotto rischiarava le scale. Aspettai, inquieto. Perché mi agito tanto? In fondo sono solo persone normali, no? mi chiesi notando il mio battito accelerato. Probabilmente i discorsi su serial killer di Valeria mi avevano scosso più di quanto pensassi. Rabbrividì quando tre ombre si stagliarono sulla parete davanti le scale.

<<Ehi, Nate, accendi la luce!>> urlò una voce femminile con un vago accento.

<<Si, si, non gridare che è tardi.>> replicò una voce maschile.

È il proprietario, ne sono sicuro! La luce inondò improvvisamente il soggiorno. Sbattei le palpebre, accecato. Mi ci volle un po' per mettere a fuoco le tre figure che avanzavano verso il divano.

Erano due ragazze prosperose e un uomo. Delle ragazze una aveva la pelle abbronzata, mentre l'altra era molto pallida. Entrambe avevano i capelli biondi e indossavano vestiti succinti che comprendevano top aderenti colorati , un pantaloncino di jeans (quella con la treccia) e una gonna inguinale borchiata (quella con i capelli sciolti). Barcollarono in giro per il soggiorno, ridacchiando a bassa voce ed appoggiandosi l'una sull'altra, rosse in viso. Sono ubriache o fatte? mi chiesi, preoccupato. Le ragazze si buttarono sul divano, lasciandomi vedere bene l'uomo dietro di loro. Era alto almeno un metro e ottantacinque, con grandi spalle squadrate da nuotatore e un fisico asciutto, ma abbastanza muscoloso, nascosto sotto un completo blu con una cravatta rosa con sopra disegnato paperino coi baffi.

<< È quel tizio contro cui ho sbattuto questo pomeriggio!>> non potei fare a meno di mormorare.

Lui alzò la testa per guardare nella mia direzione. Come avevo già intuito dalla voce, aveva un volto avvenente con corti capelli biondo chiaro, più lunghi in cima alla testa e più corti sulla nuca, grandi occhi allungati di un azzurro intenso, quasi grigio, blu scuro ai bordi della pupilla e circondati da lunghe ciglia nere, un naso alla francese, labbra carnose più scure della pelle leggermente abbronzata e un accenno di barbetta chiara intorno alla bocca e su mento e mascella. Non dimostrava più di venticinque, ventisei anni. Arrossì, mentre i suoi freddi occhi passavano sulla mia porta. Rimasi più immobile possibile, sperando che non mi notasse. Ovviamente le mie suppliche non furono ascoltate!

<< Luca Torre?>> chiese lui, incerto.

Forse l'ha spaventato vedermi già qui? L'agenzia l'ha avvertito del mio trasferimento, vero? mi chiesi, imbarazzato per essere stato sorpreso a spiare. Aprì la porta, lentamente. Sarebbe scortese chiudergliela in faccia, dato che mi ha sgamato. Mi ricordai troppo tardi di indossare solo dei pantaloncini al ginocchio. Le ragazze si voltarono da sopra la spalliera del divano.

<<Oh, è il tuo nuovo coinquilino?>> chiese quella con la treccia, squadrandomi.

<<Ma che carino!>> disse l'altra, alzandosi in piedi e ancheggiando verso di me.

Era poco più bassa di me e si sentiva la puzza d'alcool emanare da lei come un profumo.

<<Buonasera. Scusate, non volevo disturbarvi.>> sorrisi.

Avevo ancora la voce bassa a causa del sonno. Notai che Nate mi stava osservando. Incrociai il suo sguardo, inarcando un sopracciglio. Forse era seccato perché avevo interrotto il suo appuntamento "galante" con ben due ragazze. Beh, per me se le poteva tenere entrambe. Preferisco ragazze un po' più giovani o almeno che non usino il gin e il tabacco come dentifricio.

<< Non preoccuparti, è colpa nostra. Bea ha fatto troppo rumore.>> replicò cortesemente Nate, dopo un momento di silenzio.

La sua voce era fredda e anche lui aveva delle scocche rosse sugli zigomi definiti e delle profonde occhiaie. È ubriaco?

<<Oh, ma è adorabile!>> disse l'altra ragazza mettendo le ginocchia sul divano e osservandomi con le braccia incrociate sulla spalliera, il mento adagiato sopra di esse.

<<Adorabile? Io?>> mormorai, basito.

Lei annuì.

<<Si, sembri un morbidoso orsetto dai capelli dorati. Un piccolo putto. Ciao, puttino!>>.

Devono aver bevuto parecchio pensai.

<< Scusa se ti abbiamo svegliato, unisciti a noi. Beviamo qualcosa.>> m'invitò la ragazza con la gonna, passandomi una mano fredda sul petto.

Gliela presi delicatamente tra le mie, focalizzando tutta la mia attenzione sui suoi occhi verdi.

<<Nulla mi renderebbe più felice, ma devo svegliarmi tra circa tre ore, per cui rifiuto.>>.

Lei ridacchiò e mi strinse la mano. Mi si strusciò un po' addosso. Puzzava anche di qualcosa di più pesante di una sigaretta. Dannazione!

<<Dai!>> esclamò, con voce strascicata.

<<Forza, ragazzo. Così facciamo conoscenza.>> aggiunse Nate, con uno strano sorriso.

<<Magari un'altra volta!>> dissi fermamente, mettendo le mani sulle spalle di Bea e respingendola delicatamente.

Lei mi guardò e ridacchiò, aveva gli occhi appannati.

<<Ok, ok, se proprio non vuoi...>> mormorò, mettendo il broncio.

Io le dedicai il mio sorriso più affascinante e la lasciai andare. Lei arretrò barcollando instabile sui tacchi alti.

<<Cercheremo di non disturbarti, comunque se cambi idea, raggiungici.>> dichiarò Nate, sorridendomi.

I suoi denti erano candidi e regolari, ma il suo sorriso mi ricordò quello feroce di un predatore.

<< Non credo proprio, ma grazie. Buonanotte.>> mi congedai io, arretrando e chiudendo la porta sul loro volto.

Tirai un sospiro di sollievo. Ero indeciso se chiudere a chiave la porta. Insomma... con tre ubriaconi e un solo battente a separarci le cose sarebbero potute diventare spiacevoli. Alla fine lasciai perdere e mi fiondai nel letto, girandomi su un fianco. Sentì le loro risatine, ma più attutite di prima. Tuttavia non riuscivo a prendere sonno. Sussultai lievemente quando sentì la porta della mia camera aprirsi. Serrai le palpebre e feci finta di dormire.

<< Non male, come t'invidio, Nate.>> sussurrò una ragazza.

<< Lascialo in pace, Bea!>> esclamò Nate a bassa voce.

<< Me lo presteresti? Dai, solo per un po'.>> continuò Bea.

<< Non è mica mio. Chiediglielo in un altro momento.>>.

<<Ok, ok.>> concluse la ragazza chiudendo la porta.

Lasciai andare il fiato che ho trattenuto inconsapevolmente. Prestarmi?! Per chi diavolo mi hanno preso? mi agitai, cambiando posizione. Li sentì aprire l'altra porta e chiuderla.

<<Oh, Nate!>> sentì una ragazza esclamare.

Mi rannicchiai sotto le lenzuola. Non volevo assolutamente sentire altre cose di quel genere! Insomma, una cosa è partecipare, un'altra ascoltare sconosciuti che ci danno dentro. In qualche modo riuscì ad addormentarmi per un'altra oretta.

Ovviamente mi sentivo uno straccio al mio risveglio. Sbadigliando, mi feci una doccia fredda e indossai la divisa.

<<Cavolo! Ho fatto tardi!>> esclamai con sentimento.

Mi precipitai oltre le scale. La casa era silenziosa e faceva molto caldo. Prima di uscire, aprì le finestre del soggiorno per far passare un po' d'aria. In strada presi un cornetto con la marmellata e lo mangiai mentre correvo. Un consiglio: non fatelo a meno che non sia l'unica opzione per non morire di fame ! Per poco non fui investito da una macchina. Riuscì ad evitarla, ma mi schiantai contro un ragazzo in bici e rovinai a terra. Per fortuna non ci facemmo male, ma il ragazzino me ne disse tante e in un linguaggio così colorato che imparai parole nuove. Devo ricordarmi di fare la spesa al mio ritorno mi appuntai mentalmente, mentre passavo davanti al supermercato.

<<Sei in ritardo, Luca.>> mi accolse Giacomo alla porticina dei dipendenti sul retro della libreria.

<<Lo so, mi scusi. Non accadrà ancora.>>.

<<Oh, tranquillo. So che sei un ragazzo con la testa sulle spalle ed è la prima volta che ti capita.>> disse lui, sorridendomi.

<<Già, è colpa della casa nuova.>> dissi io, ansimando per la corsa.

<<Hai traslocato?>>.

<<Sissignore. Ora mi ci vuole circa un quarto d'ora per arrivare.>> spiegai, omettendo il fatto che ero stato svegliato alle quattro del mattino da tre ubriaconi.

<<Capisco, non preoccuparti. Su, vai a lavoro. >>.

<<Sissignore.>>.

Il lavoro trascorse come qualsiasi altro giorno e passai le ore riordinando, cercando libri e informandomi dei nuovi arrivi. Quel giorno c'era molta gente in libreria, che passava il tempo leggendo e beandosi dei condizionatori accesi a tutta potenza e della lieve musichetta di sottofondo. Per il pranzo, dato che lavoravo tutta la giornata, mi arrangiai con un panino comprato al bar all'angolo e mi sedetti ai tavolini di ferro.

<<Ciao, Luca.>> mi salutò Valeria, scostando una sedia e sedendosi di fronte a me.

<<Ehi.>> la ricambiai, dando un altro morso al panino.

<<Vuoi?>> offrì, porgendoglielo.

<<Un po'.>>

Mi piace una ragazza che sa quando mangiare. Tutte le altre avrebbero rifiutato per le calorie o per non apparire ingorde o a causa del trucco, ma lei no. Mi piaceva veramente, come amica.

<<Hai il turno ora?>> chiese, pulendosi le labbra con un tovagliolino.

<<Si.>> risposi finendo il pranzo in due bocconi.

<<Anch'io, ma non hai lavorato anche stamattina?>> domandò lei mentre ci alzavamo.

<<Si, ma non mi dispiace fare due turni, per guadagnare qualcosa in più.>> spiegai, buttando la carta arrotolata del panino in un cestino lungo la strada.

Lei annuì e passeggiammo in silenzio. Arrivati alla libreria entrammo dalla porta dei dipendenti sul retro che dava accesso diretto allo spogliatoio.

<<Attenta!>> esclamai, mentre Valeria andava a sbattere contro un ragazzo.

<<Ahi!>> gemette e barcollò all'indietro, tenendosi una mano sulla testa.

Inciampò. La presi per le braccia prima che cadesse.

<<A cosa pensavi? Stai più attenta.>> la sgridai, cercando di non ridere della sua sbadataggine.

<<Sc..scusa.>> balbettò, arrossendo.

La rimisi in piedi e la lasciai andare. Davanti a noi c'era il ragazzo con gli occhiali che avevo incontrato qualche giorno fa al terzo piano, Marna. Mi accorsi che era un po' più alto di me, anche se molto magro.

<<Ti chiedo scusa, non ho visto dove andavo.>> disse Valeria, posandogli una mano sulla spalla.

<<No, sc...scusa tu! Colpa mia che non ti ho evitata!>> gridò lui, arrossendo e distogliendo lo sguardo.

<<Ehi, tu sei Marna. Vero?>> domandai sorridendo.

Lui alzò lo sguardo, forse sorpreso che lo avessi riconosciuto.

<<Si. Tu sei il dipendente del secondo piano dell'altra volta.>>.

<<Piacere, Luca.>> dissi, offrendogli la mano.

Lui la strinse delicatamente.

<<Luigi.>>.

<<Mi dispiace, devi sopportare il mastino.>> aggiunsi con una risata.

<<No! Tu sei alle dipendenze di quella donna?!>> domandò Valeria, sorpresa.

<<Si, ma la Signora Arane non è poi così male.>> la difese Luigi.

<< Non si direbbe.>> osservai io, ricordando la sua voce acuta e autoritaria, sprezzante.

<<Lei è una persona molto particolare. Odia i bambini in generale, le persone con i buchi alle orecchie, le gonne corte, gli stivali e quando la gente si soffia il naso, tossisce o starnutisce, e ovviamente odia chi respira troppo forte. Quindi basta non avere queste caratteristiche per lavorare con lei.>> spiegò lui, posando lo sguardo ovunque tranne che su di noi.

<<Quindi... voi del terzo piano siete tutti robot o alieni.>> dissi, sbigottito.

Valeria mi rifilò una gomitata nello stomaco, facendomi sussultare.

<< A me fa paura, devi essere in gamba per sopportarla.>> affermò lei, guardandolo sorridendo.

Luigi arrossì e borbottò << certo...cioè...non è poi tanto...cioè.>>.

<<Arrivederci e buon lavoro!>> augurò infine, chinando la testa.

Poi si voltò e scappò via.

<<Eh?>> chiese Valeria.

<<Te l'ho detto che gli alieni esistono.>> scuoto la testa.

Valeria alzò gl'occhi al cielo e ci avviammo alle nostre postazioni del secondo piano. Durante la giornata vidi Valeria confabulare con Giacomo. Ne rimasi incuriosito, dato che s'interrompevano appena passavo nelle vicinanze, ma feci finta di nulla. Ho tanti difetti, ma non sono certo un ficcanaso... il più delle volte...Prima della chiusura, Valeria mi bloccò all'ingresso.

<<Aspetta, quindi adesso non faremo più la strada insieme?>> mi domandò lei, ansiosa.

<<Vorrei accompagnarti, ma devo ancora fare la spesa per la cena. Domani ti accompagno sicuro.>> dissi io, avviandomi all'uscita.

<<Aspetta!>> mi fermò lei, mettendomi una mano sul braccio.

Mi girai a guardarla, in attesa.

<<No, ecco, ah...>> disse lei, lasciandomi.

<<Vorrei solo sapere come sta andando con quel tizio.>> sbottò infine, ridendo imbarazzata.

<<Chi?>>.

<<Ma come chi!? Il tuo padrone di casa!>> esclamò.

<<Oh, lui. Ci ho parlato solo sta notte ed era ubriaco, quindi non saprei che dirti.>>.

<<Oh, è un ubriacone?>> domandò lei, preoccupata.

<<Può essere. Inoltre ha portato a casa due ragazze.>> sospirai.

<<Davvero? Carine?>>.

<<Molto e vestite da prostitute e ubriache per giunta.>>.

<<E che hai fatto?>>.

<<Niente, mi sono chiuso in camera.>>.

<<Davvero?>> chiese lei, sospettosa.

<<Ovvio!>> risposi, irritato dalla sua accusa.

<<Ok.>> mormorò, ma non mi pareva convinta.

<<Io non sono quel tipo di ragazzo.>> affermai .

<<Quale tipo?>> chiese lei con espressione innocente.

<<Lo sai! Quello che si scopa tutte. Io sono un tipo all'antica.>>.

<<Cioè?>>.

<< Prima c'è il corteggiamento, poi il fidanzamento e, per festeggiarlo...>>.

<<Ah, ok. Ho capito.>> arrossì lei.

Ridacchiai. Anche se era più grande di me, era piuttosto timida su certi argomenti. Non che io fossi il tipo di ragazzo sboccato che imprecava o alludeva al sesso in ogni frase.

<<Ora devo proprio andare, ne parleremo un'altra volta.>> cercai di congedarmi.

Lei mi afferrò nuovamente il braccio, sebbene delicatamente e si guardò intorno. Sembrava aspettare qualcosa. Cosa sta macchinando? feci in tempo a domandarmi prima di essere distratto da un rumore. Dal retro del negozio spuntò fuori Giacomo, sorridendo e seguito da Kevin, l'altro dipendente del nostro piano. Kevin era alto e magro e portava occhiali spessi dalla montatura antiquata sopra occhi scuri ed aveva i capelli castano chiaro, lunghi fino alle spalle in un taglio voluminoso alla Jim Morrison, tendenti al rossiccio. Non ci avevo mai parlato molto. Giacomo mi porse una busta del negozio.

<<Congratulazioni per la nuova casa, Luca!>> esclamò Giacomo.

<<Signore?!>>.

<<È solo un pensiero da parte nostra.>> disse Valeria, lasciandomi andare e arrossendo.

<<Ah, ecco perché mi hai fermato!>> l'accusai, sorridendo

<<Grazie a tutti.>> mormorai, imbarazzato e prendo la busta.

La aprì e tirai fuori un libro. Era "Avvenimenti in un'Estate da single" di Sookie White.

<<Volevo proprio comprare questo libro, grazie mille!>> esclamai, sinceramente contento, abbracciandoli a turno.

<<Come lo sapevate?>> aggiunsi.

<<Ma se non parli d'altro che di quest'autrice.>> sbottò Kevin.

<<E poi non hai ancora ricevuto lo stipendio per comprarlo, vero?>> continuò Giacomo.

<<Vai ora, prima che chiudano i supermercati.>> mi esortò Valeria.

Ringraziai ancora e corsi via, stringendo la busta al petto. La sensazione che si prova a ricevere un regalo inaspettato da persone con le quali non si ha uno stretto rapporto, se non professionale, è veramente intensa. Mi sentivo molto apprezzato.

Riuscì a comprare uova, pane e pomodori per cena e latte, caffè e Ringo per colazione appena prima che il Market chiudesse e tornai a casa. Come mi aspettavo, l'appartamento era vuoto e silenzioso.

<<Chissà che fa quell'uomo tutto il giorno.>> mi chiesi ad alta voce.

Mi era appena tornato in mente che non sapevo nulla del suo lavoro, anche se , dopo averlo visto, avrei scommesso sulla carriera da modello o magari strip club per ragazze. Era oggettivamente attraente. Peccato che da quelle poche parole che ci eravamo scambiati, sembrava avere la personalità boriosa e sciatta di chi sa di poter avere tutto ciò che vuole dalla vita. Era un uomo conscio di essere bello e se ne vantava. Naturalmente, questo era solo la mia prima impressione. Avrei anche potuto sbagliarmi. Appoggiai il libro sul tavolo e aprì il frigorifero per mettere le uova in fresco. Notai che c'erano ben tre scaffali liberi su sei ed anche un posto per le bibite. Saranno per me pensai, appropriandomene. Il padrone di casa mi aveva anche lasciato una credenza vuota. Ne approfittai e andai a prendere le pentole, le spezie e l'olio che avevo portato da casa e che erano ancora imballate sul pavimento della mia camera. Disposi il tutto per bene e mi cucinai una frittata.

<<Devo fare qualcosa anche per lui?>> mi chiesi ad alta voce, mentre sbattevo le uova in un piatto.

<<Ridicolo, non so neanche se torna a casa stanotte.>> mi risposi quasi subito.

Questo monologo è alquanto inquietante pensai, deprimendomi. Mangiai e lavai i piatti. Erano appena le dieci. Studio? No, non ne ho voglia. Indossai dei pantaloncini rossi e una canotta bianca e mi buttai sul divano del piano inferiore. Accesi la tv. Dopo aver fatto un po' di zapping ed avere appreso che non c'era niente di divertente, la spensi e presi il libro che mi avevano regalato. Ero davvero felice di non averlo dovuto comprare, dovevo stare attento con le spese. La trama mi catturò subito ed era scritto in modo scorrevole e chiaro, però ultimamente i libri della mia autrice preferita non mi coinvolgevano più come un tempo. È un capolavoro come sempre , però non ha quel "non so che " di diverso che lo rende unico. Nonostante non mi attiri come prima, rimango sempre un fan accanito di Sookie White. Lei era il mio mito, la persona che mi ha insegnato la metà di ciò che so sull'amore e sul coraggio, sulla passione e su come stare in pace con sé stessi.

Lessi un paio di capitoli, prima di sentire la porta d'ingresso aprirsi. Alzai lo sguardo. Nate entrò, passandosi la mano dietro la nuca. aveva una ventiquattrore di pelle marrone che gli pendeva dalla mano destra e indossava un completo grigio con una camicia bianca e una cravatta allentata nera con spirali gialle e verde chiaro. Mi guardò in silenzio.

<<Buonasera.>> salutai, sorridendo e tenendo il libro aperto sulle gambe incrociate.

Ovviamente avevo i piedi scalzi e le ciabatte bianche sul pavimento. Ero indeciso se aggiungere un "Signore" come facevo con il mio vecchio proprietario, ma poi cambiai. D'altronde aveva solo sei o sette anni più di me. Lui mi squadrò senza aprire bocca.

<<Tu chi sei?>> domandò, serio.

<<Eh? Sono Luca Torre.>> sbottai, irritato.

<<Ah.>> mormorò lui, chiudendosi la porta alle spalle.

<< Questa è la prima volta che ti vedo.>> affermò lui, posando la borsa per terra.

<<Non è vero, ci siamo visti ieri.>> lo contraddissi.

Possibile che non si ricordi di me ? Mi sta prendendo in giro?

<<Uhm, ieri?>> chiese lui, sedendosi pesantemente sul cuscino del divano, accanto a me.

<< Si, ma forse eri troppo ubriaco per ricordare.>>.

<<Ah, probabile.>> mormorò lui, annuendo.

<<Erano tue amiche?>> domandai, riferendomi alle due ragazze di ieri.

<<Più o meno.>> rispose lui, enigmaticamente.

<<Ah!>>.

Il silenzio calò su di noi. Volevo chiedergli del suo lavoro e dei suoi orari, ma avevo troppa vergogna per intavolare l'argomento. Sembra così stanco pensai. Nate si era accasciato sul divano con le gambe davanti a se e la nuca sulla spalliera. Guardava in alto. Lo osservai di sottecchi, pensando ha proprio un bell'aspetto, di sicuro gli sarà stato facile rimorchiare quelle due. Inoltre si veste proprio come un ricco uomo d'affari, se si evita di prendere in considerazione le cravatte che sceglie. Improvvisamente mi fissò con i suoi occhi glaciali. Distolsi lo sguardo e lo riportai al libro. Girai pagina.

<<Studi?>>.

<<Affatto.>> risposi.

Sentivo il suo sguardo addosso. Mi agitai un po'. Nessuno gli ha mai detto che è maleducazione fissare qualcuno?

<<Cosa leggi?>>.

<<Oh, è l'ultimo libro di Sookie White.>>.

<<Davvero? >> disse lui, raddrizzandosi.

Sembrava interessato.

<<Piace anche a te?>>.

<< Abbastanza.>> replicò, annuendo.

Finalmente qualcosa che abbiamo in comune.

<< Io l'adoro, è fantastica, le storie che inventa...>> m'interruppi.

Lui mi stava squadrando ancora.

<<Cosa c'è?>> chiesi, infastidito.

<<Nulla. Solo che non è un buon lavoro.>>.

<<Come?>>.

<< Il suo ultimo libro non è un granché paragonato ad altri.>> sospirò lui.

<<Ah... forse. Comunque è sempre fantastica. Magari ultimamente ha avuto problemi. Non si sa molto sul suo conto...>>.

<<Già.>>.

Continuava a fissarmi. Mi sento...imbarazzato? Cosa mi prende? Reagisco così solo perché mi fissa o c'è qualcosa che non va in me? Scossi la testa per liberarmi di quei pensieri.

<<È tardi, meglio che vada.>> affermai, alzandomi in piedi.

Chiusi il libro e me lo misi sottobraccio. Mi avviai alle scale. Sentì i passi di Nate dietro di me. Era troppo vicino per i miei gusti.

<<Cosa?>> domandai, voltandomi.

Mi superava in altezza di circa dieci centimetri e più. Per la prima volta mi sentì un po' basso.

<<Vado a cambiarmi.>> disse lui, scrollando le spalle.

Arrossì e accelerai il passo, lui mi seguì a un palmo di distanza. Quasi mi feci di corsa le scale, sentendo sempre il suo sguardo addosso. Mi ricordava proprio un predatore. Senza voltarmi andai verso la porta della mia camera. Sulla soglia girai la testa a guardarlo. Stava in piedi accanto alla poltrona, a fissarmi pensieroso.

<<Buonanotte.>>.

<<Notte.>> mormorò lui di rimando con un sussurro che mi fece rabbrividire e senza interrompere il contatto visivo.

Sbattei velocemente le palpebre e mi affrettai ad entrare in camera. Appoggiai la schiena al muro. Cos'è stato? Perché quell'uomo mi fa quest'effetto? Io non sono gay, non posso esserlo. Sono stato con delle ragazze in passato, mi piacciono le ragazze. Sono morbide, l'opposto dei ragazzi. Andiamo, riscuotiti! m'ingiunsi severamente. Perché il rumore del mio cuore risulta essere così assordante alle mie orecchie? Mi buttai sul letto. Domani faccio solo il pomeriggio, posso dormire fino a tardi. Che bello!

JD\L

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