17.La prima litigata ( è colpa sua)
Agosto era passato in fretta tra il lavoro alla libreria, lo studio e Nate. Dopo quella notte, avevamo quasi sempre dormito insieme. Ogni giorno mi svegliavo dolorante e sfinito, ma appagato. Alcune volte, Nate si svegliava accanto a me, baciandomi e abbracciandomi, sebbene il suo lavoro non glielo consenta quanto avrei voluto. Avevo appreso che nessuno alla compagnia sapeva che lui e l'autrice di romanzi Sookie White erano la stessa persona. A suo dire, neppure il suo ex-ragazzo lo sapeva. Sono l'unico a cui l'ha detto.
<<E la tua famiglia?>> domandai, mentre stavamo abbracciati sotto le lenzuola.
Lui strofinò una guancia sulla mia testa.
<<Non siamo in buoni rapporti.>> mormorò, prima di chinare la testa a baciarmi le labbra.
Ah, già. Me l'aveva detto.
<<Quando trovi il tempo per scrivere racconti?>> domandai, per cambiare argomento.
<<Di solito scrivo durante ogni momento libero in ufficio. Oppure la notte, quando torno a casa. Anche se, da quando ci sei tu...la notte non mi sento più tanto in vena di starmene davanti a un computer.>>.
<<Ma... i tuoi libri?>>.
<<Non preoccuparti, ho delle idee da buttare giù.>>.
<<E quando lo farai? Quando uscirà il nuovo libro di Sookie White?>> chiesi, preoccupato.
Nate mi strinse più forte contro di se.
<<Che irritazione. Giacciamo nudi nel letto dopo che ti ho fatto "questo" e "quello" e tu parli di lei?>> domandò con tono glaciale.
M'irrigidì. Devo calmarlo, o si sfogherà ancora su di me e domani ho il turno del mattino. Mi venne un'idea.
<<Nate? Aspetta un attimo.>> mi divincolai.<<Torno subito.>> annunciai, schizzando fuori dal letto.
Presi il mio libro preferito e lo portai nella sua stanza. Mi misi in ginocchio sul letto e glielo porsi.
<<Per favore, potrei avere un autografo?>> chiesi, con voce sottomessa.
Lui mi guardò, sorpreso. Poi rise di gusto.
<<Riesci sempre a farmi stare bene, ragazzino. Ora si che ho voglia di prenderti...>> mormorò e mi si buttò addosso, facendo volare il libro fuori dal letto.
Lo sentì atterrare con un tonfo. E quella fu l'ultima volta che provai ad essere romantico con quell'uomo.
Il giorno dopo ritrovai il libro sul cuscino accanto a me. Sulla prima pagina Nate aveva scarabocchiato le parole : Al mio più grande fan, con tutto il cuore. N.
Strinsi il libro sul petto. Sembrava aver acquistato il suo calore. Arrossì, buttandolo sul letto e stringendomi nelle braccia. Cosa mi prende? Perché faccio certi pensieri così strani? Insomma...un libro non acquista calore, è solo un oggetto, no? Ah, mi sto proprio rimbecillendo a causa di quel dannato! Così non va bene! Cosa farò appena tutto ciò finirà?
-
Alla fine il giorno del test d'ingresso all'Università era arrivato. Mi svegliai di buon'ora. Mentre stavo facendo colazione, Nate mi abbracciò da dietro.
<<Scusa, ti ho svegliato.>> dissi, alzando la testa.
Lui mi prese il volto tra le mani e mi baciò in modo lieve.
<<Ti voglio accompagnare all'università.>>.
<< No, non è necessario.>>.
<<Voglio farlo.>>.
<<E il lavoro?>>.
<<Non te ne preoccupare.>> scrollò le spalle lui.
Io annuì. Ormai avevo capito quanto la testardaggine di quell'uomo fosse estesa. Nate mi lasciò davanti all'università alle otto. Il test iniziava tra un'ora. Varcai il cancello rosso. L'Università della mia città è organizzata in vari edifici: c'è un sentiero acciottolato che tira dritto fino alle facoltà scientifiche ed è costeggiato da entrambi i lati da alte strutture grigie, ognuno con scritta della propria facoltà in arancione sul davanti, c'è anche un edificio basso e rettangolare che è la segreteria generale degli studenti. Quel giorno c'erano molti studenti con grandi tracolle piene di libri o fogli sottobraccio. Tirai un sospiro di sollievo, accorgendomi che erano tutti vestiti per lo più in jeans e magliette, come me. L'aula in cui dovevo andare a fare il test d'economia era la 122 al secondo piano dell'edificio riservato alla facoltà stessa. Invece alle quindici avevo la prova d'ingegneria nell'aula b di questa facoltà. Mi avviai verso economia, cercando d'ignorare l'ansia crescente.
L'aula era immensa. C'erano file e file di banchi grigio chiaro che si estendevano verso l'alto come negli anfiteatri romani. C'erano molti ragazzi e poche ragazze . Andai a sedermi in alto . Notai che la lavagna nera copriva tutto il muro e dalle finestre alle mie spalle entrava la calda aria estiva. Siamo a Settembre, eppure l'autunno non ne vuole sapere di arrivare. Mentre passavo il tempo giocando col cellulare, l'aula si riempì. Il posto accanto a me venne occupato da un ragazzo un po' più alto di me e con capelli lunghi e castani, come la barba, raccolti in una coda sulla nuca e occhi scuri. Portava una maglia verde acceso, con la scritta a caratteri cubitali neri : Smettetela di lamentarvi di questo Paese! È vero, non c'è lavoro, ma se sai rubare, prostituirti ed hai gli amici giusti, alla fine vivi bene. La lessi due volte, indeciso se stessi avendo un'allucinazione o meno. Chi sano di mente si metterebbe mai una maglia del genere in quell'occasione?! Si accorse che lo fissavo e, sorridendo, mi tese una mano.
<< Ciao, io sono Marvin >>.
<<Piacere, Luca.>> replicai, stringendola.
La sua mano era grande e callosa. Non sembrava avere diciannove anni.
<< Che strazio questi test, eh?>>.
<<Si, abbastanza.>> annuì io.
<<Tu provi solo questo?>>.
<<No, anche ingegneria.>>.
<<Ma dai, anch'io.>>.
<<Però, che coincidenza.>> ribattei, un po' apaticamente.
<<Se hai bisogno di una mano, chiedi pure.>> rise lui.
<<Grazie mille.>> replicai, trattenendomi dall'inarcare un sopracciglio.
Una professoressa magra, con i capelli neri e il tailleur grigio entrò in classe, seguita da alcuni ragazzi che iniziarono a distribuire dei libricini gialli. Il test iniziò in religioso silenzio. Dopo tre calde e snervanti ore, uscimmo dall'aula. Io ero molto più sollevato e Marvin si rivelò essere un tipo interessante. Mi offrì una birra al bar universitario e facemmo subito amicizia. A quanto pareva, era lui a scegliere le scritte da far stampare sulle magliette. Stette per ore a raccontarmi di suoi amici di amici di amici che avevano negozi, spacciavano e/o studiavano all'Università. Era esattamente il tipo che mi sarei aspettato di trovare in quell'ambiente, insomma.
<<Quando si sapranno i voti del test?>> gli domandai, dopo che avemmo terminato la prova d'ingegneria.
<<Devi controllare sul sito, tra almeno una settimana.>>.
<< E i corsi?>>.
<<I primi di Ottobre.>>.
<<Capito.>>.
<<Hai Facebook?>>.
<<Uhm, no...>>.
<<Whatsapp? Instagram?>>.
<<No e no...>>.
<<Ah, sei uno da Telegram.>>.
<<Neanche, ma sono qui davanti a te se mi vuoi chiedere o dire qualcosa.>> sorrisi.
<<Almeno ce l'hai il telefono, vero?>>
<<Quello si.>>.
<<Ottimo. Scambiamoci il numero, così ci terremo in contatto.>> propose lui.
<<Certo.>>.
<<Sai, l'università organizza una piccola festicciola per le matricole domani sera. Ci verrai?>>.
<<Ma non sapremo ancora se saremo matricole, giusto?>>.
<<Non pensare a questo. Sarà divertente.>>.
<<A che ora?>>.
<<Alle ventidue.>>.
<<Mmm non passano i pullman a quell'ora. Non credo di poter venire.>>.
<<Ti posso passare a prendere io. Dai, che ne dici?>> insisté lui.
<<Ok, allora.>> accettai.
Mi farà bene svagarmi un po' e frequentare un po' di gente nuova. Accompagnai Marvin al parcheggio dell'università e lo salutai con la mano. Poi mi diressi alla fermata del pullman. Tornai a casa circa per le sei. L'appartamento era vuoto. Mi accasciai sul divano con un sospiro. Tutta la tensione che avevo accumulato in quella giornata sembrò schiacciarmi sui morbidi cuscini. Mi addormentai.
<<Luca?>> mi chiamò una voce. <<Prenderai freddo.>>.
Mi voltai su un fianco, incapace di aprire gl'occhi.
<<Sto per prenderti, mio amato.>> mi sussurrò la voce all'orecchio.
<<Ah, cosa? No!>> esclamai, alzandomi a sedere.
Nate rise e si sedette sul divano accanto a me. Mi stropicciai gli occhi. Mi serviva un caffè!
<<Sai, non capisco perché sei tanto restio a collaborare.>>.
<<Come?>>.
Nate mi mise una mano sulla schiena e avvicinò il volto al mio, fissandomi.
<<Ogni volta ti opponi alle mie carezze, come se non ti piacessero, quando invece gemi di piacere sotto di me ogni notte.>> sussurrò, baciandomi.
Lo allontanai, irritato.
<< Perché parli di queste cose? E poi, ora sono stanco. Vado a letto.>> annunciai, arrossendo.
Mi alzai in piedi. Lui mi strinse alla vita con un braccio e cercò di mettermi una mano tra le gambe. Lo allontanai.
<<Ho detto di no, veramente. Non ce la faccio stasera!>> esclamai.
Lui non mi ascoltò e iniziò a baciarmi la clavicola, stringendomi.
<< Tu sei mio ed io ti voglio.>>.
Odio quando è così insistente. Ma perché poi dobbiamo farlo tutti i giorni per più volte? Per cosa diamine mi ha preso? pensai irritato. Lo spinsi con più decisione, ma lui non si arrese.
<<Basta ho detto! Non insistere! Non sono una fottuta macchina del sesso! >> urlai, alzandomi in piedi.
Lui mi guardò, sconvolto. Piegò la testa di lato.
<<Hai per caso le mestruazioni?>> domandò, seriamente.
Arrossì.
<<Fottiti da solo, bastardo!>> urlai, prendendo un cuscino e lanciandoglielo in faccia con forza.
Poi corsi in camera mia e chiusi ostinatamente la porta alle mie spalle. Come si permette! Quel riccastro schifoso! Non si aspetterà mica che io sopporti le sue stronzate ogni notte. Sono stanco e non mi sono neanche fatto la doccia. Domani ho il turno del mattino e questo lo sa. Certo, è tutto facile per lui. Non soffre mica per appagare il suo desiderio, crede che gli basti sbattere le ciglia trasformarmi nella sua bambola gonfiabile personale. E quelle parole che ripete sempre : tu sei mio... Che significa? Non ha senso! Pensa a me solo come un oggetto o un giocattolo. Poi quando si sarà stufato mi metterà da parte, come un vecchio album di figurine. Quindi perché è così possessivo? Perché vuole farmi soffrire così? Quel demonio... Ero così fuori di me per la rabbia e l'imbarazzo che non sentivo neanche la fame, benché non avessi mangiato altro che un panino verso l'una. Mi misi le mani in faccia e mi fiondai nella doccia. L'acqua fredda mi aiutò a calmarmi. Uscito, avvolto da un voluminoso accappatoio azzurro che mi arriva al ginocchio, mi distesi sul letto. Mi sentivo sicuramente meglio.
<<Forse ho esagerato.>> mormorai, rimpiangendo il mio sfogo. <<Avrei dovuto prepararmi una tazza di caffè appena arrivato a casa...>>.
Per me il caffè sistema veramente tutto: hai sonno? Caffè! Sei senza energie? Caffè! Hai freddo? Caffè! Qualcuno ti fa arrabbiare? Bevi caffè e poi tiragli la tazza in faccia! Molto più terapeutico di tirare un semplice cuscino! Sospirai, ripensando alla faccia sconvolta che Nate aveva fatto. Credo di essermi comportato veramente come una vecchia moglie isterica. Mi rannicchiai su un fianco. Avvertivo l'impulso di andare da lui e chiedergli scusa, ma avevo paura degli scenari che mi venivano in mente. Nel primo caso: scendevo in cucina, gli chiedevo scusa e lui mi saltava addosso per fare sesso. No, non ce la farei proprio a farlo sta sera. Nel secondo caso: gli chiedevo scusa e lui mi trattava freddamente. Questo sarebbe stato ancora più devastante per me, in per i sensi di colpa, avrei potuto decidere di fare cose imbarazzanti, così da finire come nel primo caso. Mi premetti il cuscino sulla faccia. Perché ogni soluzione mi porta a fare "quello" con Nate!? Alla fine mi addormentai ancora, senza prendere una decisione.
Non riuscì a parlare con Nate per tutta la giornata successiva, dato che era uscito di casa prima di me. Mentre ero a lavoro, Marvin m'inviò un messaggio scrivendo di farmi trovare davanti alla villa comunale alle dieci. Pensai vagamente di dargli buca, ma poi la mia vigliaccheria ebbe la meglio. Avevo paura del confronto che avrei avuto con Nate quella sera. Patetico, vero?
La serata era calda e afosa. Indossai una camicia aperta a righe e una canotta beige con un jeans chiaro e sandali marroni. Non ero particolarmente eccitato per questa festa come lo ero ieri. Più volte durante la giornata avevo pensato di scrivere un messaggio a Nate, chiamarlo. Dovrei quanto meno avvertirlo che farò tardi, magari glielo scrivo per sms. No, e se fosse in riunione? Lo disturberei. Potrei lasciargli un biglietto per quando rientra riflettei. Desideravo sentire la sua voce, sapere che non era incazzato a morte con me. Forse si è stancato veramente di me? Ho esagerato? E allora quelle cazzate sul fatto di amarmi? Magari per lui " ti amo" è solo una parola senza particolare significato, da usare con chiunque e in ogni occasione. Come quando mi provoca sussurrandomi cose perverse che, ne sono sicuro, un italiano non si sognerebbe mai di dire. Forse ha appreso la sua schiettezza dal periodo passato in America. Dopo averlo aspettato a lungo, gli lasciai un foglio sul tavolo della cucina con le parole: "Vado ad una festa dell'università con un amico. Torno tardi. C'è il fiordilatte da finire in frigorifero.". Ero indeciso se aggiungere un "dobbiamo parlare" o magari un " ti chiedo scusa per l'altra sera", ma alla fine non lo feci. Avevo anch'io il mio orgoglio e non credevo di aver sbagliato ad arrabbiarmi. Insomma, l'avevo avvertito che non era giornata e lui non poteva continuare a credere di poter fare tutto ciò che voleva. Io sono una persona, ho dei desideri! E non sono di sua proprietà, non lo sarò mai! Pur di aspettare il suo rientro, inutilmente, arrivai tardi all'appuntamento. Marvin mi passò a prendere con un vecchio Maggiolino grigio sbuffante. Sempre meglio di niente. Mi risultò veramente rumoroso dopo essermi abituato al basso ronzio della macchina sportiva di Nate.
<<Cos'è quel muso lungo?>>.
Mi girai a guardarlo, riscuotendomi dalla stato di torpore in cui mi trovavo. Quella sera, la maglia di Marvin era rossa e recava la scritta azzurra : Caro Dio, sono quasi sicuro che tutte le mie preghiere vadano a finire nella cartella SPAM. Potresti controllare? Grazie.
Decisi che me ne sarei fatta fare una uguale!
<<Niente di che. Ho litigato con una persona.>>.
<<Una fidanzata?>>.
<<Più o meno.>> scrollo le spalle.
<<Amico, pure io mi so lasciato da poco. Lei era una troietta. Si è sbattuta pure il mio ex professore di ginnastica per avere il massimo dei voti!>>.
<<Non mi dire.>>.
<<Ah, ti dico, invece. Le donne...sono una contraddizione vivente. Hai notato che sono sempre a dieta?>>.
<<Ah, si?>>.
<<Certo. Da ragazze sono a dieta, si sposano e sono a dieta, dopo aver fatto i figli si rimettono subito a dieta e quando divorziano cosa chiedono? Gli alimenti? Ma non erano a dieta? Dannazione, da uscire matti!>>.
Ridacchiai, scuotendo la testa.
<<Senti, le donne vanno e vengono. Siamo troppo giovani per le relazioni stabili. Di quelle ne potrai avere a bizzeffe, ma non durante il periodo universitario. Pensa a vivere, Luca.>> m'incoraggiò Marvin.
<<Si, forse hai ragione.>> sospirai.
<< Devi essere più maturo e passarci sopra...>> continuò lui.
<<E come?>> mormorai.
<<Con la bici, la macchina, il trattore, puoi scegliere tu.>> mi sorrise Marvin, dandomi una pacca sulla spalla.
Ridacchiai, ma non ero sicuro che stesse scherzando...
Il parcheggio dell'università era strapieno e fummo costretti a girare un po' prima di trovare posto. Si sentiva una musica assordante e a volume talmente alto da rendere impossibile qualsiasi forma di comunicazione. Diventava sempre più frastornante man mano che ci avvicinavamo alla piazza principale, dove era stato allestito un palco per il dj con luci e fari colorati intorno.
<<Su le mani, su! Voglio sentirvi urlare!>> gridò un ragazzo al centro del palco, vestito solo di un bermuda e con gli occhiali da sole e un paio di piercing.
È notta fonda! Cosa diamine vede con quegli occhiali! pensai, seguendo Marvin verso un bancone con sopra alcool di tutti i generi. Una ragazza sorridente ci porse dei bicchieri stracolmi.
<<Alla nostra!>> urlò Marvin, tenendo il suo sollevato verso di me.
<<Si!>> gridai di rimando, alzando anche il mio.
Bevemmo tutto d'un fiato. Era Vodka liscia. Cavolo, quanto brucia! In breve, mi feci prendere dal ritmo della festa. Ad un certo punto scoppiò una rissa tra ragazze al bar e iniziarono a volare drink e capelli. In breve, non capisco bene come, venne iniziata una gara di "Magliette bagnate" e la vincitrice avrebbe potuto baciare un ragazzo a sua scelta. Lui non avrebbe potuto opporsi nemmeno se fidanzato.
<<Che hai?>> mi urlò Marvin all'orecchio.
Tracannai un altro cicchetto di qualcosa.
<<Sai che ti dico? Non me ne frega più niente di nessuno!>> urlai a Marvin, tra un drink e l'altro.
<<Questa volta non cederò, non me ne può fregare di meno se striscerà in ginocchio a chiedermi perdaaaah mi squilla il cellulare! Forse è lui!>>.
Mi affannai a cercare il telefono. Avevo ricevuto dei messaggi, ma Marvin mi distrasse prima che potessi leggerli, dandomi un altro drink. Ero quasi sicuro di essere leggermente ubriaco, o forse si dice brillo?
<<Bevi, bevi.>> mi esortò Marvin.
Io bevvi, dimentico del tutto del telefono. Ballammo per molto tempo. Mi girava la testa e lo stomaco mi bruciava da impazzire. Pian piano, cupi pensieri iniziarono a farsi strada nella mia mente annebbiata. Com'è possibile che con una fila di gnocche dalle magliette semitrasparenti io senta la mancanza di Nate? Sono proprio un idiota masochista, dannazione!
<<Vieni con me, amico.>> disse Marvin e mi prese per un braccio.
Mi lasciai trascinare verso il parcheggio.
<<Ce ne andiamo già?>> domandai.
Non voglio andarmene. Sono appena le due, Nate potrebbe essere ancora sveglio e ora non me la sento più di parlargli, non ora che sono leggermente brillo. Lui mi manca, tanto, voglio abbracciarlo ed essere ricambiato, ma non voglio vederlo...cioè... temo la sua reazione...aaaah che idiota sono stato! Barcollammo oltre il parcheggio, verso un giardinetto isolato dove c'erano ragazzi e ragazze seduti su dei teli con sopra cuscini colorati disposti sull'erba. Alcuni fumavano in silenzio, distesi a guardare il cielo, altri pomiciavano tra loro e altri ancora giocavano a Poker. La musica della festa rimbombava in modo meno assordante. Marvin mi trascinò verso un ragazzo dalla pelle scura con le treccine, un cappello da baseball, una maglia rossa e dei jeans attillati che siede di schiena tra un punk dai capelli dritti e verdi e una brunetta riccia. Gli picchettò sulla testa con una bottiglia di birra che si era portato dalla festa. Quello si girò, requisendo l'alcool e scolandolo tutto d'un fiato.
<<Ciao, stronzetto.>> disse il ragazzo con i rasta.
<<Fratello.>> replicò Marvin, dandogli il cinque.
<<Fratello?>> chiedo.
Sono per caso diventato daltonico o è normale che in una famiglia i fratelli siano di colore diverso? In fondo io che ne so, magari una mia probabile sorella sarebbe stata di colore giallo o verde...
Rettifico, ero un po' ubriaco.
<<Stesso padre, due madri. In contemporanea per giunta. Se la spassava alla grande quel doppiogiochista.>> spiegò Marvin, sorridendo.
<<Chi è il piccolo?>> domandò suo fratello.
<<Luca. Trattamelo bene.>>.
<<Ehi!>> mormorai con un cenno del capo.
<<Che cosa ci dai?>> chiese Marvin, dando una spinta al punk e sedendosi su un cuscino, tirandomi giù con se.
Il fratello aprì una sacca nera e tirò fuori un sigaro marrone.
<<Questa è roba buona, forte. Ti piacerà.>>.
<<Grandissimo!>>.
<<Un mix da sballo.>> ridacchiò la ragazza bruna, in carne e con gl'occhi scuri parzialmente chiusi.
Il fratello porse il sigaro a Marvin che lo prese con reverenza.
<<Provi, Luca?>> mi chiese quest'ultimo.
<<Io... non so se...>>iniziai.
<<Hai detto di avere problemi no? Brutti pensieri... Con questo dimenticherai tutto e ti rilasserai.>> mi tentò lui.
<<Sussurrò Eva al serpente...no, il contrario!>> ridacchiai.
Ok, sono ubriaco!
<<Suvvia, non fare la femminuccia.>> m'incitò il fratello di Marvin.
In fondo se lo fumano loro, penso sia sicuro. No? riflettei. Inoltre la litigata con Nate non mi dava tregua. Mi faceva sentire triste, anche ora che l'alcool mi rendeva la testa così leggera, non riuscivo a pensare ad altro. Sono un ragazzo di diciannove anni che partecipa ad una festa all'aperto con una gara di magliette bagnate e alcool gratis e non faccio altro che sospirare. Patetico.
<<Al diavolo tutto! Ci sto!>> affermai.
rTs�8:�'<
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top