10. Il peggio è passato ( no, è andato a chiamare rinforzi))
Nate si stagliò sulla soglia dell'appartamento, in camicia bianca sbottonata, cravatta viola allentata e pantaloni neri. Era scalzo.
<<Hei, ciao! Come va?>> chiesi invece, con tono allegro.
<<Beh, a parte l'amore, il lavoro e una dozzina di altre cose... va da schifo anche tutto il resto. Grazie mille!>> esclamò lui, con pesante sarcasmo.
Lo guardai in volto. Oh, ma è ubriaco!
<<Perché diamine indugi sulla porta? Se vuoi entrare fallo e basta.>> affermò, prendendomi il polso e tirandomi dentro.
Chiuse la porta dietro di noi con un colpo del tallone e mi lasciò andare. Si andò a sedere pesantemente sul divano. Mi guardai intorno. Per terra erano sparse molte bottiglie, prevalentemente birra e vino, ma notai anche del Whisky che aveva appena preso dal tavolino. Iniziò a tracannarlo. Ero indeciso su cosa fare. Se fosse stato un mio amico gli avrei strappato di mano la bottiglia e l'avrei portato a letto. Ma lui era un ragazzo più grande di me ed anche più grosso, inoltre eravamo solo conoscenti...
<<Nate?>> chiamai esitante, avvicinandomi lentamente a lui.
Nate alzò lo sguardo ad inchiodarmi con irosi occhi di ghiaccio.
<<È la prima volta che mi chiami per nome.>> affermò.
<<Non so, non ricordo.>> dissi, sedendomi accanto a lui, ma non troppo vicino.
Lo guardai, disposto ad ascoltarlo. Sembrava ancora più giovane, con i capelli scombinati e un piccolo sorriso sardonico che gl'incurva le labbra.
<<Sai, lui mi ha usato.>> disse, singhiozzando.
<<Lui?>> domandai.
<<La mia famiglia l'ha corrotto. Gli ha dato tanti soldi per lasciarmi. Mi ha lasciato.>> continuò, sospirando.
<<La tua famiglia?>>.
È la prima volta che me ne parla, ma forse non è il momento giusto per domande approfondite.
<<Già. Quel maledetto di mio padre!>>.
<<Ehi, porta rispetto! Sono sicuro che lo fa per il tuo bene! È pur sempre parte della tua famiglia!>> sbottai.
Non voglio che ne parli male, specie davanti ad uno come me che non può operare nessun confronto...
<<Famiglia? Luca... non hai ancora capito che una famiglia non si fonda sulla genetica, sui legami di sangue? Una famiglia si fonda su amore e rispetto reciproco. Se manca uno o l'altro o entrambi, si è solo conoscenti. Non importa quanto stretta sia la parentela o da quanto tempo si conosce una persona. Io sono solo al mondo, Luca. Credimi... è brutto voler bene a qualcuno e donargli corpo e mente, per poi essere tradito. L'unico realmente coinvolto ero io. Lo sapevo, ne avevo il sospetto. Però...>>.
Bevve ancora, mentre la mia confusione andava aumentando.
<<Se tu scoprissi che la persona a cui hai donato il cuore ti ha tradito, tra perdonare e dimenticare, dove lo nasconderesti il cadavere? Freezer o giardino?>>.
<<Non abbiamo un giardino, Nate. Stai cercando di dirmi che c'è un corpo accanto al mio gelato?>>.
Lui sogghignò e bevve un altro sorso di whiskey.
<<L'alcool non ti aiuterà a risolvere i tuoi problemi>> gli feci notare.
<<Neanche li peggiorerà.>> si strinse nelle spalle lui.
Cercai di togliergli di mano la bottiglia, ma lui la alzò fuori dalla mia portata.
<<Bere non è una soluzione!>>.
<<Teoricamente, l'alcool è una soluzione! Non va bene la chimica, eh?>> ridacchiò Nate.
<< Smettila non intendevo questo! Oh, numi, sei una di quelle persone che fa pessime battute da ubriaco!>>.
<<Le mie battute sono sempre eccellenti, sei tu che non le capisci.>>.
Alzai gl'occhi al soffitto, ritornando a sedermi. Se voleva ubriacarsi fino a star male, chi ero io per impedirglielo?
<<Cerco di andare avanti, di fidarmi ancora, di trovare un sincero pretesto... >> continuò, alternando brevi singhiozzi alle parole<< ...dare un senso a questo vuoto, ma è tutto inutile. Rimango bloccato dai miei ricordi e dalle mie esperienze passate. Non riesco ad andare avanti. Non posso... non ce la faccio...forse dovrei arrendermi. Ritirarmi su una fottuta isola privata e fottere con chiunque da mattina a sera, bevendo latte di cocco e bourbon. È questo il mio destino, no? Non troverò mai nessuno...anzi...non esiste nessuno per me! Fottuti sentimenti! Non voglio sentire tutto questo!>>.
Lasciò cadere a terra la bottiglia ormai vuota.
<<Mi manca qualcosa, ragazzino.>>.
<<Ti manca qualche rotella.>>.
<<No, è finito il wiskey.>>.
Si alzò, forse per prenderne altro dalla dispensa.
<<Basta!>> esclamai, placcandolo sul divano ed obbligandolo a tornare seduto.
Le lacrime splendenti come cristallo iniziarono a solcare le sue guance. Il suo volto rimase inespressivo, mentre le lasciava scivolare sul mento e cadere a gocce sul collo. Nate piangeva in silenzio, con gli occhi appannati. Sentì un profondo calore che mi dilaniava il corpo. Non potevo sopportare la sua sofferenza, perché la sentivo farsi strada dentro di me, come fosse mia. Non avevo mai provato nulla di simile.
<< Tu sei insopportabile e pieno di te!>> esordì, tirando fuori di tasca un fazzoletto ed iniziando ad asciugargli le guance << Sarai pure un ricco rompiballe di prima categoria, ma sei anche gentile, a volte, e hai un bell'aspetto...e ora hai anche un lato sensibile e la tua cucina è... straordinaria. La persona giusta esiste e non è sul fondo di una bottiglia, ma là fuori.>>.
<<Certo, insieme ai fantasmi, ai vampiri, agli zombie, a Bigfoot e agli alieni.>>.
<<Non scherzare sugli alieni, per favore.>> sorrisi.
La cosa più strana del ritrovarmi in un salotto pieno di bottiglie vuote e con un uomo bellissimo che piangeva silenziosamente, era che anche sul mio volto si erano fatte strada le lacrime. Perché... perché non riesco a smettere di piangere? Cosa me ne frega del dolore di quest'uomo?!
<< Perché piangi?>> mi chiese, passandomi una mano su una guancia ed obbligandomi a guardarlo.
Ero ancora chinato su di lui e gli tenevo una mano posata tra i capelli. Erano soffici, caldi, morbidi. I suoi occhi scrutavano nei miei. Chissà cosa vi leggeva dentro.
<<Per te, idiota!>> dissi, ritraendomi e allontanandomi un po', mentre mi passavo una mano sugl'occhi, inutilmente.
<< Mi dispiace che tu soffra così tanto! Sono una persona sensibile, cavolo! Credimi, io ti capisco! Però devi andare avanti! È l'alcool a parlare, ora smettila, ti prego! So molto bene cosa si prova quando ci si accorge di essere soli, in fondo. Si possono avere milioni di conoscenti o persone reputate amiche, ma alla fine tutti se ne vanno trovano la loro strada e tu rimani indietro. Aspetti qualcosa che forse non arriverà mai. Ti convinci che anche tu troverai la persona giusta, quella con la quale passare il tempo, che non ti...anzi, che ti dedicherà se stesso e affronterà con te ogni giorno. Ti convinci che forse è solo in ritardo o ha sbagliato continente. E aspetti, aspetti, cercando in ogni modo di estinguere la sensazione di abbandono che ti pervade il corpo.>> mormorai, iniziando a tranquillizzarmi.
<<Le persone hanno la strana e perversa abitudine di far del male a chi le ama...>> sentenziò lui, avvicinandosi a me, nuovamente.
<< Smettila di dire queste cose! Chi se ne frega, dannazione!>> m'irritai.
Improvvisamente, Nate mi circondò con le braccia e mi trasse a se. Inizialmente mi divincolai nella sua presa blanda, ma poi lasciai perdere. Ero troppo stanco, troppo provato, troppo assonnato.
<<Ascolta, Luca. Lascia che ti dica ciò che ho imparato dalle mie delusioni. Non lasciare che qualcuno ti tratti come una sigaretta. Ti usi e poi ti getti via, calpestandoti. Sii invece come la droga. Devi farli morire per te.>>.
<<Non dovresti anche tu fare lo stesso?>> domandai, chiudendo gl'occhi.
<<Sono più bravo a parole, che a fatti. Vivo di libri, del resto.>>.
Percepì il suo sorriso tra i miei capelli. Forse mi diede un bacio, o forse lo immaginai soltanto. Il contatto col suo corpo era molto appagante. Come essere avvolto in un caldo piumone in una notte gelida e tempestosa. Mi dava sicurezza. La stessa sensazione che provavo quando abbracciavo Ted, no, c'era qualcosa di diverso.
<< Dai, andiamo a letto.>> mormorai dopo un po', iniziando a sentirmi a disagio.
<<Si, si.>>.
Ci alzammo. Nate barcollò pericolosamente. Gli circondai la vita con un braccio e lui si appoggiò alle mie spalle. Inciampando e con Nate che rideva per la nostra goffaggine, riuscimmo ad arrivare alle stanze di sopra. Mi avviai in camera sua, ma Nate puntò i piedi, fermandoci.
<<No! Non voglio andarci. Andiamo da te.>> mormorò.
<<Ma ho un solo letto!>> provai ad obiettare.
Lui si limitò a ridacchiare. Cercai di costringerlo ad avvicinarsi alla porta della sua stanza, ma lui si girò e mi posò le mani sulle spalle, come un bambino che si nascondesse dietro la sottana della madre. Posò la fronte bollente sull'incavo del mio collo.
<<Non voglio.>>.
<<Non sei grande per queste sceneggiate?>>-
<<No.>>.
Inutile discutere con un ubriaco. Con un sospiro, lo condussi in camera mia e lo feci distendere sul letto.
<<Ecco, ora dormi.>> gli dissi, slacciandogli la cravatta.
La posai sul comodino e spensi la luce della lampada. Cercai di allontanarmi, ma lui mi prese per un polso.
<<Non voglio stare da solo.>> sussurrò, fissandomi negl'occhi mentre giaceva supino.
Rimasi incantato per un attimo, sbattendo le palpebre, poi il senso delle sue parole penetrò nel mio cervello.
<<Cosa? Ma siamo due uomini!>> dissi, arrossendo e cercando di liberarmi.
<<E qual è il problema?>>.
<<Non si fa e basta.>>.
<<E chi lo dice?>>.
<<Oh... uhm... la società?>>.
<<La società non è qui a spiarci.>> mi sorrise lui.
<<Nate, non voglio io.>> m'impuntai.
Lui mi lasciò andare il polso.
<<Non ti farei nulla. Voglio solo dormire in compagnia. Sentire di non essere solo. Cosa c'è di sbagliato?>>.
<<Uhm...>> tentennai.
Mi guardava con occhi sgranati e volto triste. Le labbra piene sembravano tremolare un po'. Non avrei sopportato di vederlo piangere ancora.
<<Uff, va bene, ma spostati e niente contatto!>>.
Mi tolsi le scarpe e mi sedetti sul letto. Stavo per stendermi, ma lui mi diede uno strattone alla spalla, facendomi cadere addosso a lui. Poi si girò, bloccandomi i polsi con le sue grandi mani e adagiando la testa sul mio petto. Era piuttosto forte per essere ubriaco. Il super potere dell'alcool!
<<Dai, non è divertente. Spostati, ubriacone. Ho caldo!>> esclamai, cercando di sfuggire alla sua presa.
<<Allora spogliati!>> disse lui, sollevandosi su di me e guardandomi fisso, la voce ridotta a un roco sussurro.
Arrossì violentemente. Scherza, vero?!
<<Resta con me, stanotte.>> ripeté, affondando la testa sul mio stomaco.
Il suo volto era caldo e rasato alla perfezione. Avrei potuto spingerlo via ed andare a dormire sul divano o nell'altra stanza. Eppure non riuscì a farlo. La sua voce, la sua pelle bollente, il modo in cui mi stringeva delicatamente la vita, le lacrime che sentivo ancora scorrere sulla mia pancia, m'incatenavano a quell'uomo e mi costringevano ad accarezzargli i fini capelli dorati, mormorando stupidaggini come <<andrà tutto bene. Ti riprenderai. Ci sono miliardi di ragazze nel mondo. I migliori inizi capitano dopo i peggiori finali. C'è chi conosce la persona giusta nel momento sbagliato e chi quella sbagliata nel momento giusto.>>.
<<Poi ci sono io, che incontro solo bastardi.>> ridacchiò Nate.
Gli diedi uno schiaffetto sulla testa, ma non trattenni una breve risata. Non ricordo se ci dicemmo qualcos'altro o se semplicemente ci addormentammo, cullati dai battiti dei nostri cuori.
Sbattei le palpebre nella luce del mattino che filtrava dalla finestra. Non avevo impostato la sveglia, dato che dovevo lavorare solo il pomeriggio. Sentì qualcosa di caldo e duro contro la mia schiena. Sul mio fianco c'era un braccio nudo. Non è femminile! Sussultai, rotolando dall'altra parte del letto. Sollevandomi carponi, infastidito da un bordo del jeans arrotolato fino al ginocchio, mi ritrovai a fissare due pallidi occhi celesti dalle ciglia lunghe.
<<Buongiorno.>> sussurrò, alzando la testa e sedendosi.
<<Buongiorno.>> balbettai io, con voce roca e impastata dal sonno.
Durante la notte Nate doveva essersi tolto la maglietta e ciò spiegava perché mi ritrovavo a fissargli il petto nudo.
<<Fai palestra?>> mi sfuggì la domanda dalle labbra, notando pettorali ampi e addominali delineati.
<<Ogni volta che posso.>>.
<<Ti depili meticolosamente.>> commentai.
<<Già. Anche tu.>>.
Oh, merda! Anch'io non avevo più la camicia! Eppure non ricordavo di essermela tolta.
<<Ah... uhm...Indosso spesso camicie aperte davanti.>> spiegai, cercando di mostrarmi incurante.
Eccoci, due uomini su un letto matrimoniale vestiti solo dei pantaloni che discutono sulla depilazione. Una tranquillo risveglio da coinquilini, nulla di strano. Vero? Nate iniziò a stiracchiarsi, portando una mano alla spalla opposta e stendendo il braccio dall'altra parte. Mi accorsi che ero rimasto a guardarlo, affascinato da una muscolatura così ben scolpita. Arrossì violentemente e saltai giù dal letto.
<<Vado in bagno. Doccia.>> annunciai a testa china, calciando via le scarpe.
Chiusi la porta dietro di me e sperai con tutto il cuore che se ne andasse. Mi concedetti una lunga doccia fredda e mi avvolsi un asciugamano intorno alla vita. Prima di uscire dalla porta del bagno, appoggiai l'orecchio allo stipite. Non sentì alcun rumore. Sospirai ed aprì la porta, convinto che se ne fosse andato. Invece Nate era ancora sul mio letto, sotto le lenzuola e fissava il soffitto. Mi avvicinai a piedi scalzi e lo guardai dall'alto in basso.
<<Stai bene?>> mormorai.
<<Certo.>> replicò, senza guardarmi.
<<Allora che ne diresti di uscire dal mio letto?>>.
Lui si girò e mise la testa sotto le lenzuola.
<<Non voglio.>>.
<<Come? Perché?>>.
<<Se vado in camera mia finirò per mettermi a lavoro.>>.
<<Non devi lavorare?>>.
<<Non voglio lavorare.>> mi corresse lui.
<<Già ieri non hai fatto niente!>> lo stuzzicai.
<<Si, ma non avevo finito! Quindi farò niente anche oggi.>>
<<Non essere infantile, su!>> lo esortai, scuotendolo <<diamine, un vecchio come te che fa simili scenate...>>.
Lui si girò e mi afferrò per la vita con un braccio. Mi spinse sul letto accanto a lui e mi strinse. Mi scappò un piccolo urlo di sorpresa, tenendomi l'asciugamano ben stretto. Nate era caldo.
<<Lasciami! Cos'è, un vizio?!>> gridai, divincolandomi.
Nate premette il petto sulla mia schiena. Con una mano mi blocca i polsi, con l'altra mi stringe i fianchi. Affondò la testa nel mio collo, aderendo a me. Anche il suo respiro era bollente.
<< Taci, io posso fare ciò che voglio.>> mormorò.
<<Bentornato, presuntuoso di sempre. Come ti pare, ma ora lasciami andare!>>.
<<No, resta.>>.
<<No, devo prepararmi, cucinare. Ho bisogno di caffè! Dai, basta così!>>.
<<Pranziamo insieme e cucino io.>> dichiarò lui.
<<Ok, ma prima il caffè.>> annuì.
Lui mi lasciò andare. Mi affrettai a scendere dal letto.
<<Non sei allergico a nulla, giusto?>> disse lui, alzandosi.
<<Solo ai bastardi pieni di se>> replicai, facendo finta di starnutire.
<<Bene, allora ti porto un caffè e poi ti chiamerò per cena. Resta qui..>> annunciò ed usci dalla stanza, indossando (per fortuna) ancora il pantalone.
Mi sedetti sul letto, premendomi una mano sul petto. Nonostante l'acqua fredda della doccia, tutta la mia pelle aveva assorbito il calore del corpo di Nate e il mio cuore non aveva smesso di battere all'impazzata per tutto il tempo. E se l'avesse sentito? Forse ha frainteso. Mica ha pensato che battesse così velocemente per lui? È solo il risveglio e la doccia e sono agitato, ma non a causa sua! È per...ecco... Allungai una mano e presi un cuscino. Me lo premetti sulla faccia. Ha l'odore della pelle di Nate pensai, inspirando.
<<Ah!>> urlai, quando mi resi conto di cosa stavo facendo.
Buttai il cuscino lontano, attraverso la stanza. Nate scelse proprio quel momento per entrare in camera mia senza bussare.
<< Vetro o tazza per il caffè?>>.
<<Oh, laccio emostatico e flebo.>> replicai, con voce acuta per lo scombussolamento di prima.
Nate si limitò a ridere, prima di andarsene e tornare poco dopo con una tazzina di caffè zuccherato.
Provai a studiare un po', ma era tutto inutile. Era la prima volta che avevo dormito con un "amico". Nello stesso letto, intendo. Non l'avevo mai fatto neanche con Ted! Mi sentivo strano, agitato, a disagio. Anzi, lui era il disagiato. Gli atteggiamenti di Nate Ferraro erano strani. Prima è una persona matura e gentile, poi tira fuori a tratti un carattere infantile o sentimentale per poi diventare nuovamente arrogante e prepotente. Potevo anche sopportare il Nate disperato e vulnerabile a causa dell'alcool, ma il fatto che mi abbia stretto a se da sobrio... dannazione, forse ci sto solo pensando troppo.
<<Luca? Scendi!>> mi urlò dopo un po' Nate dal fondo delle scale.
Sussultai tanto violentemente che quasi rovesciai la sedia. Ero talmente preso dai miei pensieri da non accorgermi dello scorrere del tempo. Guardai l'orologio sul cellulare. Era appena mezzogiorno, però non avevo fatto colazione, quindi avevo una fame nera. Inoltre dovevo andare a lavoro per le due circa. M'infilai una maglia a mezzemaniche rossa e un pantaloncino della tuta grigio e corsi in cucina. Nate aveva dato nuovamente prova delle sue abilità. Sul tavolo erano disposti due piatti di rigatoni al pomodoro e basilico.
<<Buon appetito.>> mormorai, sedendomi.
<<Anche a te.>> disse lui, in tono tranquillo.
Ero teso come una molla. Nate si era cambiato. Ora indossava una camicia a fantasia azzurra e un pantalone bianco, oltre a scarpe marroni.
<<Esci?>> domandai.
<<Purtroppo si.>>.
<<Bene, hai deciso di lavorare.>> commentai.
<<Per colpa tua. Potevamo starcene a letto tutta la giornata...>> sbuffò.
Per poco non soffocai con l'acqua. Tossì, con la mano davanti alla bocca. Queste non sono cose da dire! Quella domanda premeva per uscire dalle mie labbra, ma la tenni a freno con tutte le mie forze. Non volevo sapere.
<<Tutti hanno bisogno di lavorare.>>.
<< Già. Tu cosa fai oggi?>>.
<<Ho il turno pomeridiano, penso di tornare a casa per le nove.>>.
<< Capisco. Anch'io tornerò per quell'ora. Cucina tu.>>.
<<Oh, ok.>> annuì, sebbene mi sembrasse troppo un ordine.
<<Voglio della carne rossa.>>.
<<Hamburger?>>.
<< Con contorno di melenzane e pomodori.>> continuò.
<<Non so neanche se ci sono!>> obiettai.
<<Ci sono.>>.
<< Guarda che questo non è il tuo ristorante personale?>>.
<<Vuoi dire che non cucinerai per me?>> domandò lui, con aria afflitta.
Distolsi lo sguardo.
<<Si, ok, lo farò->> sospirai.
Lui ridacchiò. Calò il silenzio. Nonostante tutto pare che stia bene...
<<Nate? Se vuoi parlare, puoi farlo... con me. Posso ascoltarti...se vuoi...cioè.>> sussurrai, imbarazzato.
È ciò che direi ad un qualunque amico che fosse stato mollato. Sentì la mano di Nate tra i capelli. Alzai lo sguardo. Lui mi picchiettò un indice sulla fronte.
<< Che carino.>> disse, sorridendo.
Arrossì e gli colpì violentemente la mano con un gesto repentino, scostandomi.
<<Non prendermi in giro! Ed io che volevo essere gentile!>>.
<<Non lo faccio. Penso davvero che tu sia carino.>> commentò lui, sempre sorridendo e fissandomi negl'occhi.
<<Non è un complimento per un uomo dirgli che è carino.>>.
<<Preferiresti adorabile?>> continuò lui.
<<Smettila. Sai, a volte non ti capisco proprio. Grazie per il pasto!>> dissi, alzandomi ed andando al lavello a depositare il mio piatto.
Sentì le mani di Nate cingermi la vita da dietro.
<<Ehi, non toccarmi così!>> mi divincolai.
Lui m'ignorò e posò la testa sulla mia.
<<Grazie per essere rimasto con me, ieri.>> mormorò e mi baciò una guancia.
Sussultai.
<<Prego.>>.
<< È stata la prima volta per me.>>.
<<Cosa?>>.
<< Non ho mai avuto nessuno accanto a consolarmi.>> sussurrò lui, stringendomi.
Lo lasciai fare, incapace di oppormi. Cos'è questa sensazione? Cosa sto provando?
<< Mi dispiace per questo.>>.
In fondo, io sono stato fortunato. Ho quasi sempre avuto accanto Ted e la sua famiglia e i ricordi dei miei genitori. Cosa si prova ad affrontare tutte le avversità da soli? Quando non si ha niente a cui aggrapparsi a notte fonda, quando la mente vaga in pensieri oscuri?
<< La tua famiglia?>> domandai, esitante.
Ieri ne aveva parlato, ma non ero riuscito a dare un senso alle sue parole.
<<Abbiamo un rapporto complicato.>> disse lui.
<< Questo non posso capirlo.>>.
<< Lo so, lascia stare. Sii grato per ciò che hai. È Inutile rimpiangere ciò che è perduto.>>.
<<Non si può perdere ciò che non si possiede. Io ricordo veramente poco di mio padre, e mia madre. Quindi è come se non li avessi mai avuti.>>.
<<Credi di non ricordarli.>>.
<<Diamine, basta così. Non voglio parlare di filosofia ora. Devo sbrigarmi, lavoro!>> esclamai, riscuotendomi ed allontanandomi da lui.
Nate mi lasciò andare, sentì i suoi passi sulle scale. Siamo decisamente depressi entrambi. Le mie gambe sembravano fatte di gelatina mentre sparecchiavo la tavola e lavavo i piatti. Il punto dove aveva posato le sue labbra faceva male. Ciò che è peggio è che mi ha fatto piacere veder tornare il sorriso sul suo volto mentre mi prendeva in giro. E mi ha fatto stare bene parlare brevemente della mia famiglia con lui. Le parole che aveva usato mi sembrano familiari: "Sii grato per ciò che hai. È Inutile rimpiangere ciò che è perduto.". Dove le ho già sentite?
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