Il giorno dopo
∂ Angolo autrice ∂
Vorrei ringraziare per i voti e le visualizzazioni alla mia storia! Finalmente ha superato i 100😁
So che per molti sono davvero poche, ma per me che scrivo solo per divertirmi mi sembra moltissimo C:
Spero continui a piacervi!
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◊ Aizawa POV ◊
La mattina seguente la prima cosa che vidi quando aprii gli occhi fu la nuca di Aria, che dormiva appoggiata alla mia spalla, sdraiata su un fianco, completamente nuda, con il braccio poggiato sul suo petto. Sorrisi, pensando a quanto fosse tenere mentre dormiva. Sembrava così innocente, eppure di innocente l'avevo vista fare ben poco.
Non che io fossi da meno pensai. Avevo passato la notte con una studentessa, dopo averle permesso di "dormire" a casa mia, fingendo che non sarebbe successo nulla. Mentivamo entrambi.
Continuai a guardarla respirare piano ancora un po', quando la mia attenzione venne attirata dalla curva del suo corpo, dal fianco generoso, pallido. La luce che entrava dalla serranda socchiusa l'accarezzava, disegnando ombre sul suo fondoschiena.
Cominciai a sentire qualcosa tra le mie gambe risvegliarsi. La mano del braccio su cui Aria dormiva era davvero vicina, bastava pochissimo per toccare quel gluteo morbido, ma mi fermai. "È meglio che le dia il tempo di svegliarsi".
Le diedi un bacio sulla nuca e le accarezzai i capelli, finché non vidi che apriva piano gli occhi.
Non riuscii a non sorridere vedendola sgranare gli occhi e arrossire. «Buongiorno» dissi piano «riuscirai mai a guardarmi senza arrossire?»
◊ Aria POV ◊
Mi svegliai sentendo delle dita sottili carezzarmi piano i capelli. Aprii gli occhi ancora intontita dal sonno e accanto a me c'era un uomo dal fisico scolpito. Spalancai gli occhi realizzando che quell'uomo era Aizawa e arrossii subito, rendendomi conto che entrambi eravamo nudi.
«Buongiorno» disse «riuscirai mai a guardarmi senza arrossire?»
«Buongiorno» risposi, cercando di mettere il broncio, ma con un un sorriso che non riuscii a trattenere.
«È colpa tua» dissi coprendomi con il piumino «sei nudo»
«Anche tu» rispose malizioso, baciandomi e scoprendomi nuovamente, allungandosi poi per baciarmi il collo.
Risi «smettila, mi sono appena svegliata». Lottammo un po', ridendo. Io che cercavo di coprirmi e lui che continuava a spostare la coperta.
Ovviamente ci volle poco affinché trionfasse su di me, bloccandomi le braccia ai lati della testa.
«Ho vinto» annunciò, fissandomi con quello sguardo provocante. «Però sono gentile, visto che ti sei appena svegliata. Hai 5 secondi per scappare» disse gettandosi con la schiena sul letto.
«Ahah molto generoso». Gli diedi un bacio sulla guancia «torno subito» dissi, e andai velocemente in bagno, raccogliendo una maglietta da terra.
Arrivata in bagno mi accorsi che quella non era la mia maglia, ma la infilai lo stesso. Mi lavai, rubando uno spazzolino. Pettinandomi i capelli arruffati non riuscivo a smettere di sorridere; le immagini della notte prima ancora scorrevano nella mia memoria.
Uscita dal bagno vidi Shota intento a preparare la colazione, con i capelli legati ed il pigiama.
«Finalmente hai trovato una maglietta»
«Ammettilo che ti dispiace»
«Non ci contare»
«Non l'hai negato» ripetè
«Non l'ho neanche confermato», sorrisi, anche se mi sentivo un'idiota. Di solito quando vado con qualcuno lo caccio in malo modo, mentre ora preparo la colazione facendo battute. "Strano, ma piacevole".
«Faccio io il caffè» dissi avvicinandomi «sono un'esperta in fondo»
«Guarda che non sono sempre stato un professore. Ci penso io, tu mettiti sul divano» disse chinandosi per darmi un bacio.
«Vaaa bene. Ma dubito che farai di meglio, di sicuro sei arrugginito».
«Crudele»
Mi misi seduta «hai il latte?»
«Si, te lo faccio come l'altra mattina. Me lo ricordo».
Dopo poco mi raggiunse con una tazza di caffellatte e delle fette biscottate con la marmellata «mi dispiace, non c'è molta scelta».
«Grazie! È perfetto» sorrisi. Non sapevo neanche io cosa mi prendeva. Decisi di godermi quel momento, almeno per poco.
Si mise seduto vicino a me e pensai che di lui non sapevo quasi nulla. Per la prima volta volevo scoprire qualcosa.
«Da dove viene il tuo nome? Non sembri molto giapponese..»
«Ti rispondo, però poi voglio sapere qualcosa di te, qualunque cosa. Scegli tu»
«Ok» sorrisi «dimmi»
«Mia madre è giapponese, mio padre era tedesco. Mi hanno chiamato come mio nonno, che è morto quando mia madre era giovane. Poi quando ho avuto 18 anni ho cambiato cognome e preso quello di mia madre. Non volevo legami con quel rifiuto umano..»
«Anche io vorrei farlo, ma non è facile. E sinceramente non voglio neanche il cognome di mia madre..»
«Tocca a te dirmi qualcosa»
«Questo caffè è buonissimo comunque» dissi, cercando di fare la vaga.
«Te l'avevo detto, ma è inutile che provi a cambiare discorso»
«E va bene, allora..» ci pensai un attimo «la casa in cui vivo era di mia nonna. Ho invitato mia madre a farmi vivere lì senza pagare l'affitto, ma non ti dirò come. Non è il massimo vivere sotto terra, ma almeno sto da sola, e la zona mi piace».
◊ Aizawa POV ◊
Parlammo serenamente ancora un po'. Scoprii che le piacciono gli MMORPG, che entrambi siamo nati in autunno e che d'estate non andava al mare, proprio come me.
Le raccontai di quanto mi piacessero i gatti e quanto trovassi adorabile il suo.
«Ha aperto un bar al centro con dei gatti» mi disse «come quelli in Giappone».
Le sorrisi «magari possiamo andarci la prossima volta».
In un attimo cambiò espressione e si alzò «devo andare» disse, senza riuscire a guardarmi negli occhi. Andò verso la camera e iniziò a cercare i vestiti, indossandoli velocemente.
Mi alzai e la raggiunsi, poggiandomi sulla porta «Aria che succede?» chiesi con il mio solito tono.
«Devo andare».
«Questo l'ho capito cazzo. Ma perché?» ero nervoso, ma non alzai la voce. Quell'idillio era finito e non sarei riuscito a impedirlo.
Mi passò accanto senza rispondere, senza degnarmi di uno sguardo. Le afferrai il polso «mi vuoi parlare?». Quando alzò lo sguardo lessi rabbia, tristezza e paura nei suoi occhi; non saprei dire cosa prevalesse.
«Questo non è reale Shota! Noi.. non c'è nessun noi, non ci sarà mai. È stato stupido» allentai la presa e lei si divincolò, uscendo di casa senza voltarsi indietro.
«Cazzo..» imprecai. Non avrebbe avuto senso andarle incontro, cercare di parlarne. Aveva ragione infondo e non potevo negarlo.
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◊ Aria POV ◊
Corsi fino alla fermata del tram. Volevo mettere più distanza possibile tra me e lui. Temevo di cedere se mi fossi fermata a pensare.
Poi mi resi conto che non avevo le chiavi di casa, così chiamai Den, sperando fosse sveglio. Rispose con voce assonnata, probabilmente l'avevo svegliato io.
(ndr: Den sarebbe Denki Kaminari, ma non posso farli tutti giapponesi, la storia è ambientata a Roma d'altronde ahah)
Arrivata da lui sperai che mi desse le chiavi senza chiedermi nulla "magari è abbastanza assonato da fregarsene". Invece mi fece entrare e subito mi chiese «dove hai passato la notte?»
«Non ne voglio parlare. Posso avere le chiavi e basta?»
Mi squadrò con aria interrogativa, ma sapeva quando era meglio lasciar perdere, così non disse nulla. Annuì ed andò a prenderle.
Quando tornò aveva un'espressione seria «Aria so che non ne vuoi parlare, ma.. so anche che c'entra quel professore. Se vuoi che gliene dica quattro mi basta una parola, non devi neanche raccontarmi nulla». Sorrise e feci lo stesso.
«Grazie Den, ma non serve. Ci vediamo»
«Non hai fame? Posso offrirti qualcosa, per scusarmi di averti dato buca ieri»
«Non importa ho già fatto colazione. Ciao!»
Me ne andai di fretta. Sapeva benissimo quanto fosse strano che mi fermassi da qualcuno per la colazione e non volevo che mi dicesse qualcosa.
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Arrivai a casa distrutta e quando aprii la porta Artù, il mio gatto, si buttò davanti a me per farsi accarezzare. Mi sedetti a terra, pensando ancora a quello che era successo, a quando brusca fossi stata a scappare in quel modo.
Ma che altro avrei potuto fare? Fingere che ci sarebbe stata davvero 'la prossima volta'? Che davvero saremmo potuti andare in un bar assieme per fare colazione?
"Sono solo stronzate.. non so neanche perché sto piangendo..".
Non mi ero resa conto che avevo iniziato a piangere, e per cosa poi? "Se fossi rimasta sarebbe stato peggio, se lui mi conoscesse meglio non vorrebbe avere niente a che fare con me".
Inizialmente piansi piano, poi iniziai a singhiozzare. Non ricordavo neanche quanto tempo fosse che non mi sfogavo così. Mi strinsi le ginocchia al petto, cercando di regolarizzare il respiro e smettere. Odiavo sentirmi così.
Dopo qualche minuto mi calmai e decisi di farmi una doccia. Avrei cancellato il suo odore dalla mia pelle, e il suo ricordo dalla memoria. O almeno è quello che continuavo a ripetermi.
∂ Autrice ∂
Non so, potrebbe essere un po' OOT🤔 Fatemi sapere che ne pensate C:
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