9. Quattro chiacchiere intorno ad una pizza

Come aveva promesso, Agnes si presentò davanti alla porta di casa di Errison con le sue chiavi e della bella pizza fumante.

«Mi fa un certo effetto aprirti la porta di casa tua», aveva detto lei con un sorriso quasi compiaciuto.

Douglas li aveva raggiunti neanche mezz'ora dopo ma Errison non aveva resistito e si era mangiato metà della pizza.

«Finalmente ti conosco», aveva esordito il fratello minore di Errison, posando il borsone con le sue cose davanti alla porta.

«Immagino che sia merito tuo se l'altro giorno ho trovato dei wusterl nel frigorifero di Errison... Pensavo fosse impazzito».

«Ebbene sì, sono io la colpevole di tale misfatto».

Douglas aveva riso, mentre si sedeva accanto al fratello sul piccolo tavolo della cucina, di fronte ad Agnes.

«A te sembrerà una cosa da nulla, ma sei l'unica persona a cui Errison ha permesso d'inserire cibo non vegano nel suo frigorifero».

Agnes si lasciò andare ad un espressione sorpresa, mentre volgeva lo sguardo a fissare Errison.

Lui si limitò ad annuire mentre Douglas aggiungeva: «Chiunque ci provi rischia di fare la fine di Darla quando andò a trovarlo al college».

Già un accenno di sorriso copriva entrambi i volti e solo in quel momento Agnes trovò qualcosa di simile tra i due fratelli.

Per il resto, la cosa che l'aveva colpita di più era proprio la non somiglianza tra i due.

E osservando bene Douglas, si era resa conto che lui assomigliasse molto di più al padre.

Ma il sorriso era identico al fratello e mentre li guardava entrambi, si chiese da chi lo avessero ereditato.

Avevano perfino la stessa fossetta sulla guancia destra.

«Perchè che cosa successe a Darla?», chiese, distraendosi dalla bellezza diversa dei due fratelli Blake.

Douglas ed Errison si lanciarono uno sguardo, come a voler comunicare in silenzio, e alla fine il più grande asserì: «L'ho cacciata dal mio appartamento».

Ma prima ancora che Agnes potesse immaginare una Darla fuori dalla porta di casa con valigie, confezioni di carne in braccio e lacrime agli occhi, Douglas aggiunse: «Ma poi fu costretto a farla tornare quando lei chiamò la mamma».

«Solo perché non volevo sentirla lamentarsi», specificò lui: «E comunque ha dovuto buttare tutta la carne che si era portata dietro».

Agnes non riuscì a non ridere.

«Perciò ritieniti fortunata», aveva concluso Douglas, tornando serio e riprendendo il discorso di prima.

Errison le riservò un'espressione eloquente, prima di dire: «Si possono fare eccezioni alla regola, se ne vale la pena».

Il modo in cui si scambiarono quello sguardo, come se fossero soli in quella piccola stanza, la lasciò senza fiato.

Non poteva negarlo, tra loro era sempre stato tutto molto intenso. Fin dal primo giorno, dal loro primo appuntamento.

All'apparenza sembravano l'uno l'opposto dell'altra, ma ben presto si erano dovuti ricredere.

Erano più simili di quanto potevano immaginare, ma soprattutto erano in perfetta sintonia.

Agnes non aveva mai conosciuto nessuno in grado di capirla come faceva Errison.

Bastava uno sguardo, un tocco, un sorriso, una semplice parola, e tutto diveniva armonia.

La prova che era quello giusto per Agnes arrivò un giorno qualsiasi come un altro.

E non fu certo una dichiarazione d'amore di quelle strappa lacrime, una scritta su un muro e un mazzo di fiori.

No, niente di tutto questo. Agnes capì che Errison era l'uomo della sua vita un pomeriggio di pioggia.

Lo attendeva fuori dal locale che avevano scelto, lontano dalle loro città, per bere un caffè insieme.

Pioveva a dirotto e lei era stata indecisa a lungo se uscire e aspettarlo dentro oppure no.

Era preoccupata di rovinare le sue scarpe preferite, quelle che le erano state regalate dalla madre anni prima, in una giornata di shopping a New York.

E lui era giunto in suo soccorso, bussando al finestrino della sua macchina, con un ombrello nero a coprirlo dalla ditta pioggia.

«Attenta, c'è una grossa pozzanghera davanti all'entrata del bar... Non vorrei che ti rovinasse le tue scarpe preferite».

E in quel momento Agnes aveva compreso che lui ricordava.

Ricordava il giorno in cui gli aveva raccontato di quando aveva comprato quelle scarpe.

Ricordava che gli aveva detto quanto significassero per lei, se pur in realtà un semplice paio di scarpe.

E proprio per questo che mentre osservava Errison, seduto di fronte a lei in quella piccola cucina, si rese conto che ancora una volta erano sulla stessa lunghezza d'onda.

Che sì, ne vale la pena per entrambi.

Sorrise, tornando per qualche istante una bambina al suo primo amore.

Ma il momento fu interrotto da Douglas che, allungandosi per prendere l'ultimo pezzo di pizza aggiunse: «Insomma, è stato facile imparare a convivere con le differenti diete?».

Sembrava veramente curioso, come se stesse valutando il loro rapporto, o forse si era accorto del momento troppo intimo e, in imbarazzo, voleva solo cambiare discorso.

Agnes comunque si riprese dai suoi ricordi e scrollò le spalle: «Ognuno mangia quello che vuole, senza imporsi sull'altro».

La faceva sembrare una cosa semplice, ma la verità era che tutto si era svolto in modo naturale.

Nessuno dei due aveva mai cercato di convincere l'altro, e tutti e due si era abituato subito all'alimentazione diversa dell'altro.

Rispetto. Questa era la parola che veniva in mente a Agnes per descrivere il loro rapporto.

«E poi devo dire che mi diverte andare a fare la spesa con lui in quel negozio vegano che c'è in città», aveva ripreso Agnes.

Poi si era sporta in avanti per avvicinarsi a Douglas e aveva aggiunto in sussurro: «Inoltre ho assaggiato delle polpette di ceci che sono la fine del mondo. Ma questo è meglio che mio nonno non lo sappia».

Quando si rimise composta a sedere, sorrise a Douglas che ricambiò.

«Non è facile essere vegani da queste parti», si era voltato a guardare suo fratello che in risposta aveva alzato gli occhi al cielo.

«Ho sempre pensato che Errison sia stato molto coraggioso», stava dicendo Agnes, ma non riusciva a nascondere un sorriso.

«Oppure stupito», aveva aggiunto Douglas, prima che entrambi scoppiassero a ridere, sotto lo sguardo offeso di Errison.

«Ma bene, prendetevi pure gioco di me», aveva risposto stizzito, ma nessuno in quella casa gli avrebbe creduto.

Infatti sapevano tutti, e lui non poteva nasconderlo, che era più che felice di vedere suo fratello e la sua ragazza andare d'accordo.

Anche se ciò significava complottare contro di lui o mettersi d'accordo per prenderlo in giro.

Gli piaceva sentire le loro risate e constatare, con somma gioia, che ci era voluto meno di un'ora per farli legare.

Almeno qualcuno della sua famiglia apprezzava Agnes.

«Parlami di Errison bambino», aveva detto Agnes qualche istante dopo, appoggiando una mano sulla guancia e fissando Douglas in attesa.

«Mi piacerebbe sapere com'era».

Errison poteva comprendere la sua curiosità, perché anche lui avrebbe voluto tanto interrogare i parenti di lei.

Ma di delusa dalla risposta quasi dispiaciuta di Douglas: «Purtroppo non ho molti aneddoti per te. Io e Erri abbiamo dieci anni di differenza e quindi diciamo che non abbiamo passato l'infanzia insieme».

«In breve lui era un moccioso invadente e io un adolescente che cercava ogni modo per tenerlo a distanza».

Douglas lanciò un'occhiata di traverso al fratello, ma continuando a sorridere.

«Non si rendeva conto che io lo veneravo», disse in un brusio, quando vergognandosene.

La rivelazione attirò l'attenzione di Errison che si raddrizzò sulla sedia.

«Vedevo Errison come una sorta di super eroe. Coraggioso, bello, carismatico, di successo a scuola... Quello che voleva lo otteneva perché si impegnava per possederlo. E non si faceva mai mettere i piedi in testa da nessuno».

Per tutto il tempo Douglas non guardò mai suo fratello, ma continuava a fissare Agnes, sempre più interessate.

Sicuramente, però, percepiva lo sguardo penetrante di Errison su di sé.

«Era l'unico che riusciva a vincere un conflitto con Darla. L'unico tra di noi in grado di eludere nostra madre e soprattutto, l'unico che nostro padre non è mai riuscito a comandare a bacchetta».

Errison si mosse sulla sedia, un po' nervoso, ma rimase in silenzio. Non voleva disturbare il flusso di pensieri che Douglas stava tirando fuori, per la prima volta.

«Io osservavo quello che faceva Errison e pensavo "devo prenderlo da esempio", "devo essere come lui", e altre cose simili. E ho anche provato a farlo, con scarsi risultati però».

Solo in quel momento Errison sentì la necessità di posare la mano sulla spalla del fratello, anche solo per fargli sentire che era lì.

«Non è solo colpa tua, Doug. Non è facile vivere a casa Blake, e sai che posso capirlo meglio di chiunque altro».

La complicità che Agnes sentiva con Errison era la stessa che percepiva tra lui e il fratello in quel momento.

E fu il turno di Agnes di sentirsi un po' fuori posto. Il terzo incomodo.

«So che puoi capirlo», aggiunse Douglas, sorridendo. Anche se il suo sorriso non arrivò agli occhi, che rimasero un po' cupi.

«Mi dispiace di essere stato assente negli ultimi dieci anni», Errison ricambiò il sorriso, mentre stringeva con più vigore sulla sua spalla.

«Non importa, sei qui adesso».

Agnes sapeva dei problemi che avevano avuto in famiglia, o almeno li conosceva a grandi linee.

E forse un'altra delle cose in grado di unirla ancora di più a Errison era proprio il loro passato.

Entrambi avevano avuto dei problemi. Famiglie convenzionali ma non troppi, e tanti sacrifici da fare in nome di quella famiglia.

Agnes osservò i due fratelli che si stavano scambiando un'espressione di piena complicità, e non riuscì a non sorridere.

Trovava tutta quella scena bella, bella sua semplicità e nella sua malinconia.

Quando Douglas tornò a guardarla, la sua espressione sofferente era sparita.

«Comunque», tirò un lungo sospiro e si rilassò, tornando scherzoso: «Se vuoi conoscere qualcosa di più su Errison bambino, forse dovresti chiedere a Darla. Lei ha sicuramente più aneddoti da raccontare».

«Sempre che desideri farlo», asserì Agnes, prima seria per poi assumere anche lei un'espressione più rilassata.

«Credo di non piacerle».

Non c'era un tono dispiaciuto nella sua constatazione, come se le importasse poco.

Non era del tutto vero, ovviamente, ma d'altronde aveva imparato molto tempo prima che non si poteva piacere a tutti.

Douglas fece spallucce: «Non prenderla sul personale. A Darla non piace nessuno a parte se stessa».

E nonostante Agnes non la conosceva bene per poterlo dire, trovò stranamente il riassunto di Douglas molto calzante.

Errison rise, annuendo convinto, mentre la parte meno sicura di lei tirava un sospiro di sollievo.

«Bene ragazzi», annunciò ad alta voce, con un filo di dispiacere: «Ora vi devo lasciare, ho un appuntamento con alcune amiche e sono già in ritardo».

Si alzò proprio mentre Errison faceva lo stesso e le si avvicinava.

«Divertiti, ma non troppp», le sussurrò all'orecchio prima di stringerla in un affettuoso abbraccio e baciarla.

Lento, passionale, per niente in imbarazzo di fronte al fratello.

Come se in realtà fossero soli.

E solo quando Douglas si schiarì la voce, ricordando a loro due di non essere soli, Agnes s'impose di mettere distanza tra di loro.

Le fu difficile, allontanarsi da quelle labbra carnose, ma si costrinse a farlo.

«Anche voi non divertitevi troppo senza di me, ragazzi», disse, dando una leggera pacca sul petto duro di Errison e andandosene prima che il suo debole cuore decidesse di dar buca alle sue amiche.

Spazio autrice:

Buonasera a tutti!

Come state? Tutto bene?

In questo capitolo scopriamo ancora qualcosa in più del rapporto tra Douglas ed Errison e anche un po' come è caratterizzata tutta la famiglia Blake. Ovviamente iniziamo a comprendere anche di più il rapporto tra Agnes ed Errison.

Spero che il capitolo vi sia piaciuto, che la storia vi stia piacendo e che siate curiosi di sapere come procede.

A lunedì prossimo,

Chiara😘

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