22. Una strana mattinata in municipio
C'è chi pensa che fare il sindaco di una piccola cittadina dell'Alabama sia un lavoro semplice. In fondo, non succede mai niente, e quindi nessun problema.
Ed era anche quello che aveva pensato Norman, sindaco di Josesville, quando si era candidato, anni prima. E si era sbagliato di grosso.
E' vero, non succedeva mai nulla di eclatante e grave a Josesville, ma d'altronde tutti i cittadini - o la maggior parte - andavano da lui a lamentarsi per ogni minima cosa. E pretendevano che fosse il sindaco ad occuparsene.
Perciò ogni giorno era costretto ad ospitare nel suo ufficio decine di cittadini convinti che lui potesse risolvere ogni minimo problema.
Era abituato ad affrontarli, uno alla volta, e sapeva anche gestirli bene, grazie alla sua naturale simpatia e il suo essere sempre alla mano. Metteva a suo agio i suoi concittadini, sapeva sempre come prenderli ed era in grado di conciliare gli animi. Il più delle volte.
Ma non era mai stato letteralmente invaso da un orda di cittadini di Josesville che pretendevano di parlare con lui, contemporaneamente.
Riusciva perfino a sentire da dentro l'ufficio, mentre chiedevano a gran voce, tutti quanti, di voler un udienza con lui. Ed era quasi sul punto di uscire e chiedere cosa stesse succedendo.
Ma non fece in tempo, perché la porta si spalancò all'improvviso e la stanza fu, in poco tempo, piena di gente, compresa Karen, la sua assistente che cercava di parlare sopra a tutti gli altri.
«Ho provato a fermarli e a dirgli di entrare una alla volta, sindaco, ma non mi hanno dato retta», e a riprova di quello che stava dicendo, venne superata con prepotenza da Wess, che la mise da parte.
«Hai sentito?», chiese l'uomo senza neanche salutare, mentre tutti gli altri si facevano sempre più vicini, con irruenza.
Norman allungò il collo giusto per vedere oltre la porta e constatare che i presenti erano così numerosi che non erano neanche riusciti ad entrare tutti nel suo ufficio.
Cercò di chiedere il motivo di quell'invasione così improvvisa ma non riuscì a sovrastare il vociare del pubblico. E non riuscì neanche a comprendere le loro parole, perché parlavano l'uno sopra l'altro.
Riuscì solo a comprendere qualche spezzone di frase qua e là e gli fu solo chiaro che erano arrabbiati ed indignati per qualcosa che aveva a che fare con Backsonville.
Si schiarì la voce, come faceva di solito quando voleva attirare l'attenzione di qualcuno, ma non ottenne alcun risultato. Così si guardò intorno, cercando Karen, forse nella vaga speranza che potesse aiutarlo.
Ma lei era stata sorpassa da almeno quindici persone che l'avevano relegata schiacciata al muro e vicino alla porta, quasi in procinto di essere cacciata fuori dalla folla che insisteva per poter entrare.
Si rese conto che non poteva contare su di lei e così si alzò in piedi, sperando di poter incutere un po' di timore, anche se non era notoriamente un uomo alto.
«Signore e signori, vi prego, parlate uno alla volta», provò a dire con un tono di voce normale, alzando le mani e facendo segno a tutti di darsi una calmata. Ma le sue parole si persero nell'aria, tra l'indignazione e la rabbia dei cittadini.
Prese fiato e riprovò, questa volta urlando con tutto il fiato che aveva in gola: «Silenzio!».
Una sola parola, urlata con autorità, bastò a far tacere tutti i presenti, perfino quelli all'esterno dell'ufficio.
Soddisfatto, mise le mani alla cintura e continuò: «Non siamo ad un fiera qui, ma nel mio ufficio. E si parla uno alla volta...».
Wess e qualche altra persona in prima fila provarono a riprendere la parola, ma lui alzò la mano e li bloccò, squadrandoli: «Decido io chi parla».
Osservò per qualche istante tutti quelli che riusciva a vedere, quasi sfidandoli con lo sguardo a disubbidire, e quando gli fu chiaro che era stato in grado di riportare l'ordine in quell'ufficio, soddisfatto si rimise seduto alla sua scrivania.
Con un sorriso che lasciava intendere di non sapere proprio cosa stesse per succedere, si tolse il cappello da cow-boy, che posò sulla scrivania, e poi indicò una donna proprio davanti a lui: «Mary, cosa sta succedendo?».
La donna, che abitava proprio di fronte al sindaco, non se lo fece ripetere due volte e prese la parola, parlando a nome di tutti gli altri.
«Siamo venuti a sapere che qualcuno vuole comprare il terreno della zona franca tra noi e Backsonville. Qualcuno di noi pensa che siano solo voci, mentre altri sono preoccupati», si guardò attorno, come a cercare conforto e molti, compreso Wess, annuirono.
«Siamo qui per saperne di più. Tu sei il sindaco e ci devi dare spiegazioni».
Norman sapeva che prima o poi sarebbe giunto quel giorno, anche se sperava di poterlo rimandare ancora per un po'. Ma, in fondo, doveva aspettarselo, visto che in quella città i pettegolezzi correvano più veloci della luce.
Tirò un lungo sospiro, esasperato e annuì: «Quello che si dice in giro è vero...», e ancor prima che potesse dare ulteriori spiegazioni, tutti iniziarono a mormorare tra di loro.
Prima era solo un leggero vociare di sottofondo, ma in pochi secondi di divenne un ronzio fastidioso nelle orecchie di Norman che gli impedirono di nuovo di sovrastare le voci con la sua.
«Per favore, silenzio», gridò ancora con il tono che sembrava funzionare in una situazione del genere. E solo quando tutti si voltarono a fissarlo di nuovo, spiegò.
«Qualcuno si è messo in contatto con la contea e hanno iniziato le pratiche di compra vendita del terreno».
«Chi?», lo interruppe Wess, con irruenza, anche se non aveva avuto il permesso di parlare.
«Questo non lo so, le pratiche sono protette dalla riservatezza...».
«Deve essere uno di Backsonville», affermò qualcuno tra la folla che il sindaco non poté vedere e le sue parole scaturirono un'ennesima ondata di mormori e brusii sempre più indignati.
C'era chi dava ragione a quell'ipotesi ed era già pronta a fare irruzione nell'ufficio della sindaca di Backsonville, pretendendo spiegazioni.
Se c'era una cosa in cui i cittadini da quelle parti erano particolarmente abili era odiarli a vicenda e scaricare la colpa l'un l'altro. Non c'era nemico peggiore, per loro, di coloro che abitava dall'altra parte della zona franca.
Per la terza volta in meno di dieci minuti Norman si ritrovò a cercare di calmare più di venti persone, ancora più inferocite di quando erano entrate, e pensare allo stesso tempo che forse non lo pagavano abbastanza per quello che doveva subire.
«Silenzio, basta», gridò ancora, più e più volte, ma ormai la rabbia era tanta che difficilmente un tono autoritario sarebbe bastato a farli zittire.
Così portò le dita alla bocca e fischiò, proprio come si faceva con gli animali.
E mentre il silenzio tornava in quell'ufficio, si chiese per quanto tempo sarebbe durata, visto che bastavano davvero poche parole per riaccendere gli animi.
«Ho già parlato con la sindaca Adeline Miller e anche lei non sa chi sia il misterioso acquirente e non potremmo saperlo fino a quando le pratiche non saranno concluse».
Sperava di poter chiudere la faccenda lì, perché aveva già provato a fare pressioni direttamente al governatore per sapere quel misterioso nome - sapendo già che i suoi cittadini avrebbero voluto delle risposte - ma sapeva bene che alla sua gente non sarebbe bastato.
E infatti Mary chiese: «E non puoi scoprirlo?».
Quando lui scosse la testa, deciso, senza entrare nei dettagli, Wess aggiunse: «Non c'è niente che tu possa fare? Sei il sindaco».
Norman alzò gli occhi al cielo, esasperato nel sentir pronunciare per l'ennesima volta quelle parole.
«Il terreno è stato donato anni fa alla contea, non è di proprietà di Josesville, né di Backsonville, e quindi non abbiamo giurisdizione. Non c'è nulla che possiamo fare, se non aspettare che le pratiche si concludano per scoprire chi è l'acquirente».
«E perché sei così calmo?», lo incalzò Mary, scaricando tutta la sua indignazione - che prima era rivolta verso i nemici - su di lui.
Norman fece spallucce: «Lo avete detto voi, sono il sindaco... ciò comporta mille problemi da risolvere e un intera cittadina da tenere d'occhio. Non posso preoccuparmi anche di ciò che non posso controllare».
Quando aveva parlato con Adeline al telefono, qualche giorno prima, entrambi erano preoccupati ma non tanto per la notizia, quanto per la reazione dei loro concittadini. Li conoscevano così bene che avrebbe dovuto aspettarsi una scena simile.
E sapeva anche che la maggior parte di loro non si sarebbe dati pace fino a quando non avrebbe scoperto quel nome. Per poi andare a tormentare il povero malcapitato.
Ecco perché lui e la sindaca di Backsonville erano giunti alla conclusione che l'acquirente non fosse nel luogo. Uno del posto non si sarebbe mai messo in una situazione simile, sapendo di avere contro ben due cittadine piene di gente pronta a tutto.
E mentre la folla iniziava di nuovo a parlottare, sempre indignata e per niente contenta delle risposte ottenute, Norman si ritrovò a pensare ad un modo per distrarli da quella notizia.
Non poteva dare loro ciò che volevano e sapeva che stavano per attenderlo settimane intere di agguati da parte dei suoi cittadini, che lo avrebbero fermato in ogni luogo chiedendogli notizie. E indignandosi ancora di più.
E proprio mentre pregava nella provvidenza divina o in qualche aiuto particolare, il telefono del suo ufficio iniziò a squillare. Il che era molto strano, visto che di solito chiunque voleva mettersi in contatto con il municipio chiamava al telefono della sua segretaria.
Erano davvero poche le persone che possedevano il contatto con la linea diretta al numero del sindaco. E a meno che non fosse sua moglie, che gli comunicava cosa avrebbe preparato per cena, chiunque fosse dall'altro capo del telefono poteva portare un buon espediente per calmare gli animi.
Così alzò una mano in direzione della folla, intimando loro di far silenzio con solo lo sguardo, e anche se ci misero svariati secondo, riuscì a metterli in riga.
Fece appena in tempo a ringraziare chiunque gli stesse offrendo un'opportunità per togliersi dai problemi, senza ancora sapere chi fosse, che alzò la cornetta e si annunciò.
La gioia però duro pochi istanti, e fu anche abbastanza visibile dall'esterno quando la sua espressione si fece di ghiaccio.
«Come hai detto? E' uno scherzo?».
Se qualcuno, prima di quell'istante, avrebbe potuto pensare che il sindaco stesse fingendo, pur di trovare una scusa per andarsene, iniziarono tutti a preoccuparsi non appena lo videro sbiancare.
Norman Buch era un tipo tutto d'un pezzo, che non si faceva scalfire da nessuna preoccupazione o problema, che prendeva la vita sempre con ottimismo e filosofia.
Era stato un marines, aveva provato la dura esistenza da militare e aveva rischiato più volte la sua vita. Perciò non era un uomo che si faceva prendere dal panico.
Eppure quella mattina, nel suo ufficio e alla presenza di tutte quelle persone, dei testimoni avrebbero potuto dire che Norman Buch sembrava spaventato e preoccupato mentre riattaccava con il suo interlocutore e si alza si scatto.
Con la mano destra prese il suo cappello e se lo rimise in fronte, mentre i più vicini alla sua scrivania riuscirono perfino a vedere due gocce di sudore sul suo viso.
Nessuno chiese cosa fosse successo fino a quando Norman affermò, con il solo intento di farsi spazio per uscire: «Ne riparliamo un altro giorno, signori, ora devo andare...».
Non sembrava voler dare alcuna spiegazione ma non appena girò intorno alla scrivania, venne subito bloccato dalla massa di gente che iniziò a fargli domande.
«Che sta succedendo?».
«Ci devi delle spiegazioni».
«Non puoi andartene così».
«Dobbiamo finire di parlare...».
Ma lui scosse ancora la testa, abbassandola quasi arreso, e alzò le mani, continuando a mettere un passo davanti all'altro lentamente, facendosi strada. Pian piano, forse, sarebbe riuscito a raggiungere la porta.
«Non possiamo parlare adesso, si tratta di un emergenza».
«Quale emergenza?», urlò qualcuno e la folla si fece ancora più agitata, ostruendogli il passaggio.
A quel punto gli fu chiaro che non sarebbe riuscito ad uscire, senza dargli almeno una minima spiegazione. E allora alzò lo sguardo e lo puntò sulla persona più vicina a lui.
«Si tratta dell'acqua del fiume. E' diventata rosso sangue».
Spazio autrice:
Buonasera a tutti! Come va?
Notizia bomba in questo capitolo. Cosa sarà successo? Come la prenderanno i cittadini di Josesville? Sarà l'ennesima scusa per prendersela con quelli di Backsonville? Ma soprattutto, chi sarà stato?
A lunedì,
Chiara😘
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