20. Il Karma è proprio un bastardo

In pochi giorni, solo Dio poteva sapere come, il preside era riuscito ad organizzare la gita alla fattoria di Agnes.

I cittadini di Josesville, e quelli di Backsonville, non avevano preso bene la notizia e, soprattutto i secondi, non facevano altro che chiedere all'uomo, ovunque si trovasse, il motivo di quella "scellerata" decisione.

Non potendo dire la verità sul serpente colombiano, il preside era stato costretto - suo malgrado - a prendere le difese della coppia e dichiarare assurda la faida.

Un po' ad Errison dispiaceva per lui, ma allo stesso tempo era contento che l'attenzione si fosse spostata, almeno per qualche giorno, dalla loro relazione.

E ciò che contava di più, per lui, era l'espressione felice e appagata di Agnes mentre portava la scolaresca in giro per le stalle e per i campi.

E anche i bambini sembrarono contenti di allontanarsi per una mattinata intera dalle aule di classe e assaporare l'aria di campagna.

Era bello poterli vedere scorazzare e giocare con le galline, mentre un altro gruppetto faceva merenda all'ombra di un albero.

E anche se le due insegnanti che accompagnavano la scolaresca sembravano tutto fuorché felici di ritrovarsi lì, alla fine della mattinata ringraziarono per l'occasione avuta e furono costrette ad ammettere che era stata davvero una bella giornata.

Era giunta la fine della gita e Agnes stava regalando a tutti i suoi piccoli ospiti dei biscotti fatti in casa da Tracy, mentre ringraziava a sua volta le insegnanti.

Errison osservava in disparte, lontano, la scena, con le braccia incrociate e un'espressione soddisfatta, quando una voce profonda lo fece sussultare.

«Hai giocato bene le tue carte», si voltò a guardare il nonno di Agnes, che nonostante il bastone si era avvicinata a lui con estremo silenzio.

«Non so come tu abbia fatto, ma resta sempre il fatto che tu sia di Backsonville e questo non puoi cambiare».

Errison tornò a fissare la scena accanto a sé. Nonno Quinn lo metteva un po' a disagio, forse perché era l'unica vera famiglia di Agnes e avrebbe voluto fare colpo su di lui.

Solo che non era una cosa semplice. Perché oltre alle difficoltà dovute dalla faida, Quinn era un vecchio scorbutico e pronto a criticare tutto.

«Non può semplicemente congratularsi ed essere felice per sua nipote?».

Non ottenne una risposta alla sua domanda, Quinn lo affiancò, guardando anche lui Agnes e i bambini.

«Per quel che vale la mia opinione, non credo che durerà... Ma visto che Agnes ci tiene, proverò a fare uno sforzo».

A quel punto Errison si voltò a fissare il vecchio con un'espressione di sorpresa e anche un po' titubante.

Stava forse per assistere ad un miracolo? Non ebbe neanche il tempo di chiedere ulteriori spiegazioni, o di gioire per la possibile notizia.

Quinn si voltò a fissarlo altrettanto e sorrise in modo quasi minaccioso: «Ed è per questo che questo pomeriggio verrai a caccia con me e i miei amici».

«Come?».

«La caccia è uno dei miei passatempi preferiti e ad Agnes farà piacere sapere che passiamo un po' di tempo insieme per conoscerci».

Con la mano libera il nonno diede una pacca d'incoraggiamento ad Errison e prima ancora che lui potesse obiettare se ne era già tornato in caso.

Ad Errison non rimase che pensare di essere stato fregato per bene.

«Non sei costretto ad andarci», gli stava dicendo per l'ennesima volta Agnes, quando ormai erano al limitare del bosco di proprietà della sua famiglia.

«Così poi tu nonno potrà rinfacciarmi di non essere stato cortese? Non ci penso proprio», lanciò un'occhiata alla combriccola a cui si stava, malvolentieri, per aggiungere.

«Ma non sono tutti un po' troppo vecchi per questo tipo di hobby?».

Se il nonno di Agnes appariva molto avanti con l'età, i suoi amici non erano da meno.

Due di loro li riconobbe. Li aveva incontrati qualche tempo prima nel bar di Josesville. E non era stato un incontro molto amichevole.

Agnes fece spallucce, osservando gli amici del nonno: «Andranno in giro per i boschi fino all'ultimo giorno della loro vita».

Errison si era sempre chiesto cosa ci fosse di così entusiasmante nel sparare agli animali, ma era anche consapevole che da quelle parti era un passatempo molto in voga. Non solo dalle vecchie generazioni.

Anche lui lanciò un'occhiata ai quattro uomini e scosse la testa.

«Ma tuo nonno lo sa, vero, che sono vegano?».

Lei annuì convinta: «Lo sta facendo di proposito».

Il desiderio d'imprecare - cosa che non faceva mai - per Errison fu così grande che fu costretto a mordersi la lingua.

«Bene, non sa con chi ha che fare», asserì lui, con sguardo deciso.

«Che cosa hai in mente?», il tono misto tra il divertito e il preoccupato di Agnes lo fece sorridere.

La salutò con un bacio leggero - erano pur sempre in presenza del nonno - e si avvicinò al gruppo.

Robert, uno degli amici di Quinn, gli porse il fucile ed Errison lo afferrò quasi fosse un oggetto disgustoso, mettendoselo in spalla con poca convinzione.

Si voltò a lanciare un ultimo sguardo ad Agnes prima di seguire i quattro vecchietti all'interno del bosco.

Poteva immaginare che cosa stava pensando Agnes dalla sua espressione preoccupata.

E mentre fino a quel momento era sicuro di fargliela pagare al nonno Quinn per averlo messo in una situazione tanto difficile, non appena rimasero solo tutta la sicurezza sparì.

Era a disagio, molto a disagio, in un contesto simile, e i suoi nuovi compagni di avventura lo notarono subito.

Mentre si inoltravano nel fitto bosco, Errison cercava solo di mettere i piedi nel punto giusto senza inciampare.

Gli uomini, invece, conoscevano molto bene quella zona e, nonostante le andature incerte a causa dell'età, avanzavano con molto più sicurezza, lasciandolo indietro a più riprese.

«Non battere la fiacca, dottore, o faremo notte», lo stuzzicò Howard, uno dei due uomini che aveva conosciuto la prima volta al bar.

«Andiamo, dottore, quelli della tua generazioni sono tutti dei scansafatiche?», gli fece eco Wess, l'altro amico, mentre tutti e quattro lo deridevano.

Errison ignorò ogni loro parola, nonostante avrebbe voluto rispondere per le rime.

In cuore suo neanche voleva essere lì, e loro lo sapevano. Ed era evidente che cercavano di fargli perdere la pazienza.

E se era quello che volevano, allora doveva sforzarsi con tutto se stesso per non accontentarli.

Quei quattro vecchietti ancora non sapevano quando il dottor Errison Blake fosse un uomo ostinato. Lo avrebbero scoperto a loro spese.

Perciò per tutto il tragitto lungo il piccolo sentiero scosceso, restò in silenzio mentre la sua mente lavorava con grande impegno.

Non si accorse neanche del tempo che passò, sapeva solo che camminavano da un tempo infinito e che quel maledetto fucile gli dava fastidio.

Quando si fermarono su una piccola altura i quattro uomini parvero scrutarsi intorno, come a decidere qualche fosse il luogo migliore, mentre Errison si piegava per appoggiare le mani sulle ginocchia e riprendere fiato.

Non avrebbe voluto dargliela vinta, facendo vedere che era affaticato, ma non gli fu possibile mascherare la stanchezza.

A causa della sua "debolezza" si beccò qualche occhiata di scherno mentre di chiedeva come fosse possibile che quattro uomini quasi centenari - uno dei quali portava perfino un bastone - fossero così freschi e riposati.

«Tutto bene, Errison?», gli chiese Quinn, sorridendo sotto i baffi, con un tono finto preoccupato.

Lui si limitò ad annuire mentre si rimetteva in piedi. Quando vide che Robert stava decidendo insieme a Wess quale fosse il luogo migliore e Howard puliva il suo fucile, una smorfia di disgusto gli attraverso il volto.

«Che c'è che non va?», lo incalzò Quinn, sapendo bene cosa stava pensando in quel momento il ragazzo.

«Tuo padre non ti ha mai portato a caccia quando eri giovane?».

Era un'usanza comune, da quelle parti - e non c'era differenza in questo tra Josesville e Backsonville - portare i propri figli fin da piccoli nel bosco per insegnargli a sparare alle cose.

Il solo sentirlo nominare, fece venire i brividi ad Errison, perché aveva dei ricordi davvero brutti di quel periodo.

Suo padre, amante della caccia forse anche di più di nonno Quinn, portava sia lui che sua sorella Darla a caccia.

Ma mentre la gemella adoravano quelle escursioni e a soli otto anni non si faceva problemi a tirare pallottole ai poveri conigli, Errison odiava quelle giornate.

Più volte aveva fatto finta di avere la febbre, di state poco bene o di avere altri impegni con i suoi amici.

Dire a suo padre la verità, ovvero che odiava cacciare, era fuori discussione, e così le sue scuse divennero sempre più fantasiose con il passare del tempo.

E quelle poche volte che non era riuscito a defilarsi, ricorsa le battute di caccia come una vera e propria tortura.

Non aveva mai sparato, lasciando fare tutto a suo padre e a sua sorella, eppure ogni volta che sentiva il rumore degli spari non poteva non dispiacersi per la povera vita appena persa.

Trovava quell'hobby insensato e anche ingiusto, soprattutto perché la maggior parte delle persone da quelle parti cacciavano solo per il gusto di farlo.

Perciò si limitò a rispondere, secco: «Sì, mi ha portato a caccia qualche volta, quando ero troppo piccolo per oppormi».

Robert e gli altri due lo fissarono scettici e il primo chiese: «Non dirmi che sei contro la caccia?».

Gli fece quasi ridere il tono incredulo della sua voce, come se fosse lui quello strano e non loro.

«Sono un veterinario, signori... Io gli animali li salvo, non li uccido».

Gli sembrava così sensato il suo ragionamento che non poté non rimanere sconvolto dalla loro risata genuina.

Ridevano di lui, delle sue parole e delle sue idea. Ancora una volta, come se fosse lui quello strano.

Quando ebbero finito di prenderlo in giro, Howard asserì: «Il nostro vecchio veterinario, che Dio lo abbia in gloria, veniva sempre a caccia con noi».

«E si divertiva anche tanto, soprattutto quando andavamo a caccia di anatre», aggiungere Wess, sorridente.

Un po' schifato dal loro divertimento, riuscì comunque a chiedere:«E ditemi, che fine ha fatto il vecchio veterinario?», ovviamente lui sapeva già la risposta - da quelle parti i pettegolezzi giravano in fretta - ma voleva sentirlo dalle loro bocche.

«È stato investito da una mandria di mucche», fu la secca risposta di Robert, che non comprese subito dove voleva andare a parare Errison.

Lui sorrise, soddisfatto, mentre con atteggiamento trionfale aggiungeva: «E questo si chiama karma, signori... E sembra che sia un gran bastardo».

«Il cosa?», chiesero all'unisono i tre uomini, per niente sorpresi dalla sua risposta.

«Il karma, il destino, il fato, l'ironia della sorte... Chiamatelo come vi pare ma è evidente che la natura si sia ribellata contro il vostro amico».

Per qualche istante rimasero a guardarlo, forse riflettendo sulle sue parole.

E per una frazione di secondo sperò che era riuscito a fare breccia nei loro cuori.

S'illudeva, ovviamente, di riuscire a convincere quattro vecchi e a scardinare decenni e decenni di mentalità retrograda.

Ed infatti il momento di riflessione durò poco, preceduto immediatamente da altre grosse risate di derisione nei suoi confronti.

E fu costretto ad ammettere a se stesso che non c'era niente che avrebbe potuto dire per convincerli a tornare a casa.

«Che idiozia», disse uno di loro, mentre gli altri gli davano ragione.

«Però, Quinn, devi ammettere che almeno il ragazzo è simpatico», concluse Howard, mentre tornavano ad ignorarlo e si preparavano a riprendere il viaggio.

Ad Errison non restò che seguirli, scuotendo la testa sconcertato e sconfitto.

O meglio, aveva perso la battaglia ideologica, ma avrebbe vinto quella sul campo.

Aveva un piano ed era convinto che avrebbe funzionato. D'altronde loro erano solo quattro vecchietti zoppicanti e lui aveva imparato negli anni come sabotare una battuta di caccia.

Spazio autrice:

Buonasera a tutti! Come va?

Avete mai sentito di un veterinario vegano che partecipa ad una battuta di caccia? Credo di no... e proprio per questo c'è da chiedersi che cosa farà Errison. 

Spero che il capitolo vi sia piaciuto,

a lunedì prossimo,

Chiara 😘

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