19. Tutto grazie ad un serpente clandestino
«Che ci facciamo qui?», Douglas si sporse dal finestrino dell'auto del fratello per osservare bene l'antico edificio sede della scuola elementare di Backsonville.
«Non dovevamo tornare a casa?».
«Ho delle cose da risolvere», Errison era sceso dalla macchina con fare alquanto misterioso.
«Non sei un po' troppo grande per andare a scuola?».
Non rispose alla provocazione del fratello e si avviò verso l'entrata dell'edificio lasciandolo un po' interdetto.
Mille domande frullava nella testa del giovane Douglas ma alla fine sapeva che se avrebbe voluto avere una risposta dove seguire il fratello maggiore.
Anche per questo scese dalla macchina e lo raggiunse quasi correndo, prima che Errison entrasse.
La scuola era proprio come se la ricordavano. Il lungo corridoio era stata per la loro infanzia il luogo più amato ed odiato allo stesso tempo.
«C'era un bullo che mi tormentava alle elementare... Quel maledetto Terrence è ancora nei miei incubi», aveva sussurrato Douglas, guardandosi intorno quasi si aspettasse di vederlo comparire all'improvviso.
Nonostante sapesse che si era trasferito dopo il college.
Per loro fortuna i corridoi della scuola era vuoti perché tutti i ragazzi erano a lezione.
Da fuori le porte si potevano sentire gli insegnanti intenti a spiegare o a sgridare qualche alunne più irrequieto.
«Mi vuoi dire che ci facciamo qui?», chiese ancora Douglas, quando iniziarono a salire le scale verso il piano superiore.
La sua voce rimbombava tra le pareti del vecchio edificio, risuonando in modo inquietante.
«Ieri ho passato un'ora al telefono con Agnes che piangeva... Non mi piace sentire che sta male».
«E questo cosa c'entra con noi due che andiamo a...», in quel momento Errison e Douglas si fermarono davanti ad una grande porta in legno con un'etichetta dorata al centro.
«...parlare con il preside Gilliam?», concluse ancora più confuso, un'istante prima che il fratello si mettesse a bussare alla porta.
Per qualche attimo Douglas pensò che non aveva proprio voglia di entrare nell'ufficio del suo ex preside, ma d'altra parte della porta una voce familiare li aveva già invitati a farsi avanti.
Prima di entrare però, Errison lo guardò e disse soltanto: «Quest'uomo mi deve un grosso favore», e ancor prima che il fratello potesse chiedere altre spiegazioni era troppo tardi perché aveva aperto la porta ed era entrato.
A Douglas non rimase che seguirlo, anche se non moriva dalla voglia di fare un tour tra i ricordi.
Conosceva molto bene quell'ufficio perché ci era stato svariate volte, tutte in situazioni spiacevoli.
E aveva imparato a memoria ogni targa e ogni certificato appeso al muro dietro alla grande scrivania in legno scuro sul quale sedeva io preside Gilliam.
Ad onor del vero, l'uomo non appariva come una presenza da temere, almeno nell'aspetto.
Anzi, il preside Gilliam era una persona che all'apparenza sembrava gioviale, perfino amichevole.
Ma era pur sempre l'autorità all'interno di quell'edificio e per quanto fosse sempre stato amato da tutte le madri e da tutti i padri di Backsonville, con altrettanta convinzione era odiato da gran parte dei loro figli.
Douglas ricordava come se fosse ieri una delle sue lunghe paternali sulla disciplina e l'ubbidienza.
Il modo in cui ti fissava, con il severo rimprovero di chi vuole farti credere che si aspetta da te di meglio, lo aveva sempre messo a disagio.
Ma ormai Douglas non era più un ragazzino, era un adulto. E l'uomo che aveva davanti a sé non poteva avere influenza su di lui, non più.
Inoltre il preside Gilliam era invecchiato, i segni del tempo lo avevano reso un po' l'ombra di se stesso e quando sorrise ai suoi ospiti quasi non gli sembrò l'uomo che lo aveva terrorizzato quando era solo un bambino.
«I fratelli Blake... Che piacere rivedervi», l'uomo si alzò dalla sua scrivania e andò incontro prima ad Errison e poi a Douglas, stringendo le mani di entrambi.
«Ogni tanto incontro vostra madre in chiesa e lei mi parla spesso di voi».
Douglas poteva solo immaginare cosa sua madre aveva detto di lui, ovvero solo bugie.
Perché Marina Blake raccontava i fatti privati della sua famiglia solo se c'era da vantarsene. Per il resto evitava, o peggio, inventava.
«Sedetevi pure», il preside indicò le due sedie proprio di fronte alla sua scrivania che Douglas guardò con un po' di timore.
Era lì che si sedeva quando veniva convocato. Comunque però seguì il fratello e prese posto accanto a lui.
«Sono rimasto sorpreso di sentirti, Errison».
«Prima di tutto volevo ringraziarla per aver accettato d'incontrarmi. So che è molto impegnato qui a scuola...», esordì Errison, con tono fin troppo educato.
Douglas si voltò a guardarlo per cercare di capire che cosa stava escogitando.
L'uomo sorrise affabile: «C'è sempre qualcosa da fare, anche se vorrei andare in pensione fra qualche anno».
Per qualche istante rimasero in silenzio, mentre Douglas cercava di guardarli entrambi.
«Bè, allora cercherò di non rubarle troppo tempo. Sono qui per parlarle di un progetto...».
Il preside si raddrizzò sulla sedia, attento a ciò che stava per sentire. Nessuno avrebbe potuto dire se sembrava curioso o sospettoso.
«So che lei è sempre molto aperto a nuove iniziative che incentivano i ragazzi a diventare curiosi, ad appassionarsi al mondo... Ancora ricordo tutte le gite fuori porta che si organizzavano, vero Doug?».
Errison si voltò a guardarlo e gli sorrise, con il tacito desiderio di ottenere supporto da lui.
Dal canto suo Douglas avrebbe potuto anche dire la verità, ovvero che non ricordava alcun tipo di gita fuori porta per incentivare i ragazzi ad appassionarsi al mondo. Ma per amore del fratello, annuì convinto.
Errison tornò a parlare con il preside: «Avrei l'iniziativa adatta e credo che anche la scuola beneficerà di questa opportunità. D'altronde so che la scuola è in lista per dei fondi molto ambiti, e penso che dimostrarsi una struttura piena di voglia di insegnare ai giovani cose nuove sia un punto a vostro favore».
Ormai il preside sembrava sempre più curioso e si era perfino avvicinato a loro, quasi potesse sentire meglio.
Douglas non aveva dubbi che suo fratello stava tentando di ottenere qualcosa con le belle parole. Ed era sempre stato bravo a farlo, perciò sapeva già - ancor prima di capire cosa volesse - che avrebbe ottenuto ciò che desiderava.
«Così ho pensato all'iniziativa che organizza la mia compagna. Di solito lei coinvolge la scuola di Jacksonville ma quest'anno vorrebbe invitare voi nella sua fattoria, attiva da decenni, per far conoscere ai bambini la vita di campagna con gli animali e...».
A quel punto il preside non lo lasciò finire di spiegare tutto il progetto, che conosceva ormai a memoria grazie ad Agnes, e lo fermò con in cenno della mano.
«Scusa, Errison, se ti interrompo, ma sai bene che non è proprio il caso di coinvolgere una cittadina di Josesville», era visibilmente a disagio dalle sue stesse parole.
«Non crederà anche lei a tutta questa fesseria della maledizione?».
Il preside scosse la testa, con un sorriso quasi divertito ma allo stesso tempo anche un po' solenne, mentre appoggiava i gomiti alla scrivania e si avvicinava ulteriormente.
«Ascoltami, Errison, non importa se credo o no. Nonostante io sia il preside, non posso muovere neanche un dito senza l'approvazione del mio corpo docenti e dei genitori dei nostri ragazzi... e fidati, loro non apprezzerebbero una cosa del genere».
Poi tornò a posare la schiena sulla sedia e aggiunse: «Però l'idea la trovo molto interessante, magari con qualcuno di Backsonville...».
«Andiamo, preside Gilliam», lo interruppe Errison cercando di usare un tono da affabulatore: «Non mi dica che non è in grado di convincere i suoi insegnanti o i genitori? Lei mi è sempre sembrata una persona dal forte carisma».
A Douglas non sfuggì per niente il tono, e neanche il sorriso calcolatore del fratello. La sua espressione era identica a quando cercava di convincere sua madre a farlo uscire la sera con i suoi amici.
Gli fu difficile trattenere una risata divertita mentre osservava la maestria di Errison nell'irretire il preside che, come la grande maggioranza degli uomini che ricoprivano cariche in quelle zone, aveva un ego più grande di lui.
Il preside infatti prese molto volentieri le lusinghe di Errison, sorridendo e fingendosi perfino modesto, quando in verità apprezzava molto i complimenti. E per qualche istante si lasciò perfino convincere.
Poi però insistette: «Davvero, Errison, mi metti in una situazione difficile e non credo ne valga la pena».
A Douglas sembrava che la conversazione avesse raggiunto un punto morto, e per qualche minuto pensò perfino che si era sbagliato e che suo fratello non sarebbe riuscito ad ottenere quello che voleva.
Il preside sembrava davvero sicuro di non volersi mettere in mezzo nella questione della faida, anche se non ci credeva molto. E in fondo Douglas non poteva biasimarlo troppo, considerato quanti folli vivevano in quelle zone.
Ma il suo dubbio durò solo per poco, perché alla fine Errison si fece avanti, avvicinandosi di più alla scrivania, e, senza perdersi d'animo, tirò fuori il suo asso.
«Preside, non volevo proprio arrivare a questo, però mi preme ricordarle che lei è in debito con me. Se lo ricorda?».
Il preside tornò serio e la sua espressione lasciò subito intendere che se lo ricordava proprio bene, eppure non aprì bocca e permise ad Errison di continuare.
«Tre mesi fa è venuto da me preoccupato perché aveva comprato un serpente e non era sicuro che fosse una trattativa legale. E visto che era fuggito, lei era preoccupato di finire nei guai... se lo ricorda?».
Il preside si limitò solo ad annuire, diventato bianco come un cencio.
«Bè, può solo immaginare cosa sarebbe successo se qualcuno avesse incontrato per sbaglio l'animale... potevano esserci feriti e con il tempo avrebbero collegato il serpente a lei. Ma io l'ho trovato in tempo e non l'ho denunciata. E ricorda che cosa ha detto dopo l'accaduto?».
Errison finse di ricordarsi improvvisamente le parole esatte che l'uomo aveva pronunciato tre mesi prima, anche se era palese che fosse tutta una recita.
«Lei disse, testuali parole, "sono in debito con te, Errison. Mi hai salvato la vita"», a quel punto Errison appoggiò di nuovo la schiena alla sedia e tornò a parlare con più tranquillità.
«Ecco, non vorrei scendere a tanto, ma sono qui per riscuotere il debito che ha con me», lo disse senza esitazione, sotto lo sguardo sempre più orgoglioso del fratello.
«In fondo non le sto chiedendo molto... solo di aderire ad un progetto che potrebbe perfino aiutare la sua scuola. Ovviamente dovrà scegliere la fattoria di Agnes, e convincere in qualche modo sia insegnati che genitori».
«E come farò?», sembrava davvero confuso e certo che fosse un'impresa impossibile. Una persona normale avrebbe risposto qualcosa del tipo "non sono fatti miei".
E invece Errison decise di continuare a lusingare il preside: «Sono convinto che troverà un modo... lei è un uomo in gamba».
Per quanto Errison non credesse molto in quell'uomo, era anche sicuro che avrebbe fatto di tutto per rispettare la promessa fatta.
Proprio per questo si alzò e allungò la mano per stringerla a quella del preside, in un tacito accordo. L'uomo non sembrava per niente contento, ma aveva anche l'espressione di chi è consapevole di non avere scelta e di dover fare una cosa sgradita.
Lo lasciarono così, intento già ad escogitare uno stratagemma per far digerire ai genitori di Backsonville una notizia simile.
Solo quando furono all'esterno della scuola, Douglas sorrise e diede una pacca sulla spalla al fratello: «Complimenti, ho proprio tanto da imparare da te».
Errison rise a sua volta: «Avrei dovuto iniziare subito con la storia del serpente... avremmo risparmiato minuti interi di una conversazione noiosa».
E prima di entrare in macchina Douglas chiese curioso: «A proposito del serpente... dov'è ora?».
Si fidava del fratello quando si trattava di animali, ma voleva comunque essere sicuro al cento per cento di non ritrovarsi un grosso serpente davanti casa una mattina.
Lui lo fissò come se fosse scontato, o se si sentisse offeso da quella domanda, ma rispose comunque: «Ovviamente l'ho rimandato in Colombia, luogo da cui proviene».
E riprese a ridere quando vide suo fratello tirare un sospiro di sollievo, rassicurato dalle sue parole.
Spazio autrice:
Buonasera a tutti! Come va?
Bel gesto quello di Errison, no? La scuola di Josesville ha tolto il progetto ad Agnes e lui ha trovato un'alternativa... sperando che magari questo possa iniziare ad avvicinare i due paesi.
A lunedì prossimo,
Chiara 😘
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