13- Un paesino a dir poco folkloristico
Con la coda dell'occhio Agnes non poteva fare a meno di osservare, attraverso l'arco che conduceva al salone, Nate insieme a Rich.
Avevano fatto amicizia in fretta quei due, e il modo in cui si ritrova a parlare, a voce bassa, quasi fosse un segreto, la interessava tanto.
Non aveva mai visto il ragazzo così preso da qualcosa e si chiedeva spesso di cosa parlassero per ore intere, come quel giorno, seduti sul divano.
A volte aveva tentato di origliare, con la scusa di portare loro del tè, ma non era mai riuscita a comprendere la natura delle loro conversazione.
Eppure sembravano così assorti ed eccitanti, che un po' lì invidiava.
«La camera ha una bella vista?», la donna di fronte a lei, dall'aria ricercata- palesemente di città - che si aggrappava con le lunghe unghie al braccio del marito, dall'espressione annoiata, le aveva fatto l'ennesima domanda.
Il check in di quella coppia si stava rivelando più lungo del previsto e per la prima volta quasi rimpianse le parole del nonno sull'idea di aprire un B&B.
«Come avete visto sulle foto... La camera che avete scelto ha un finestra vista "bosco" ideale per chi vuole soggiornare in mezzo alla natura».
«Non è un posto pericoloso, vero?».
«Ma no, tesoro, qui non siamo in città. Non succede mai nulla di orribile in piccoli paesi come Josesville».
Agnes dovette reprimere il desiderio di alzare gli occhi al cielo perché era proprio di fronte ai suoi clienti e non voleva farsi vedere.
Ma desiderava solo consegnare la chiave e lasciarli andare.
La donna, dai lunghi capelli cotonati, annuì più tranquilla al marito per poi rivolgersi di nuovo a lei, suo malgrado.
«Fate anche servizio pranzo e cena?».
«No, signora, siamo un B&B e come suggerisce il nome offriamo solo camera e colazione».
L'espressione della donna, tra lo sconforto e lo schifato, parlava al posto suo.
«E non si può pagare un supplemento in più?».
Agnes annuì, decisa: «Non abbiamo chef nel nostro libro paga».
Le parole avrebbero dovuto fare capire alla cliente le emozioni che stava provando Agnes in quel momento, ma fu così brava a mascherarle con un sorriso che la cliente quasi si rilassò.
E a quel punto Agnes decise che poteva anche darle qualche soddisfazione: «Ma in città ci sono molti ottimi ristoranti che troverete davvero delizioso e "folkloristici"».
Le venne quasi da ridere alla parola "folkloristici", perché era sicura fosse la parola chiave, quella più giusta da utilizzare con quel tipo di visitatori.
E mentre la donna si rassegnava, gli occhi del marito iniziavano a brillare.
«Hai sentito amore? Vedrai che ci divertiremo».
Non fece neanche in tempo ad allungare la mano verso Agnes che lei era già pronta a consegnargli le chiavi della loro stanza.
«Benvenuti a Josesville, signori Walsh, la vostra camera è al secondo piano, seconda porta a destra».
Solo quando svoltarono l'angolo, per prendere le scale, Agnes si lasciò andare ad un sospiro, mentre loro continuavano a parlare e a discutere.
A quanto sembrava, infatti, la moglie era ancora alquanto perplessa sulla mancanza di hotel degni di questo nome nella cittadina di Josesville.
Si chiedeva, con ogni probabilità, che razza di posto non avesse neanche un albergo a cinque stelle ma solo B&B e pensioni.
E prima ancora di aver raggiunto il pianerottolo del secondo piano, si era anche lamentata dell'assenza di un facchino che portasse loro i bagagli.
Il tutto mentre il marito, entusiasta come non pochi, cercava di convincerla che si sarebbero rilassati molto.
«Ci sai proprio fare con i clienti, tu», Tracy sbucò dalla corridoio che portava in cucina, con un'espressione divertita.
Aveva visto e sentito tutto e non si lasciò sfuggire un po' di sarcasmo.
Agnes fece spallucce: «Che ci vuoi fare, è un talento».
Non era stata minimamente preoccupata, durante la chiacchierata con i Walsh, di poter perdere la prenotazione.
E trasudava fiducia in se stessa da tutti i pori.
Forse proprio per questo Tracy le chiese: «Come hai fatto a capirlo? Che sarebbero comunque rimasti?».
Agnes le sorrise: «Perché lui era troppo contento e inoltre che altra scelta avevano? Ha ragione quando dice che non c'è un solo hotel nelle vicinanza e l'alternativa a noi sarebbe la pensione di miss Tabitha».
Solo a pronunciare quel luogo Tracy si lasciò andare ad un'espressione inorridita.
«Non è colpa mia se la concorrenza da queste parti è praticamente assente».
«Non dirlo a tuo nonno, però», continuò Tracy con voce più affabile: «Che gli affari con il B&B ti vanno bene... Lo sai com'è, no?».
«Antipatico, burbero, testardo come un mulo...».
«E orgoglioso».
Le due donne si guardarono per qualche istante in silenzio.
Tracy conosceva Quinn da molto più tempo di Agnes, da quando era solo un adolescente che amava infrangere le regole insieme alla sua migliore amica, la madre di Agnes.
Lui era stato un po' una figura paterna per la Tracy più giovane. Ed era sempre stato così.
Eppure, nei suoi modi bruschi e nelle sue idee un po' arretrate, era sempre un certezza.
Nonno Quinn c'era. E nessuno poteva mai immaginare le vita senza di lui.
Tracy sorrise, ripensando a quando lei e Julie, la madre di Agnes, si erano intrufolate nel cimitero della città per un po' di brivido e horror.
Ancora nella testa aveva impresso l'espressione di Quinn quando aveva scoperto la loro bravata.
Ma, conoscendo il rapporto turbolento che Tracy aveva con il padre biologico, aveva deciso di non raccontargli nulla.
«Lui vuole solo il meglio per te... E tiene molto a questa fattoria, perché era un grande desiderio di tua nonna prima e di tua madre poi», concluse con la mente ancora assente.
Agnes annuì, più seria: «Ne sono consapevole... Ma alla fattoria le cose vanno bene, non è cambiato nulla da quando ho aperto il B&B, anche grazie a te e a Tobhias. Abbiamo solo più entrate, e questo dovrebbe renderlo felice... Inoltre, più soldi abbiamo più posto investire nel progetto di mamma».
«Lo so...».
«Quello che vorrei che nonno capisse, è che anche io tengo a questa fattoria... Solo che ho bisogno di fare le cose a modo mio».
Tracy annuì: «Lo capirà, vedrai».
Non riusciva mai ad avere cattivi giudizi su nonno Quinn grazie ai loro trascorsi, ma da quando Agnes era tornata si trovava un più in mezzo a due fuochi.
Voleva dar ragione alla ragazza, e vedeva con i suoi occhi che le sue idee erano valide.
Ma allo stesso tempo comprendeva la difficoltà di un uomo anziano come Quinn, poco avvezzo ai cambiamenti.
«A proposito di mio marito», aggiunse, tornando serena: «Vado a dargli una mano alla stalla...Tu, invece, sistema i conti».
Le lanciò uno sguardo eloquente, anche fin troppo serio per il carattere di Tracy, ma poi finì per sorriderle mentre se ne andava.
Agnes rimase sola davanti all'entrata della loro grande casa, che ormai era diventata la reception del suo B&B.
Sbirciando ancora nel salone, vide che Nate e Rich erano ancora lì e fu quasi tentata di portar loro dell'altro tè.
Forse quella volta sarebbe stata più fortunata e avrebbe potuto origliare meglio.
Ma prima ancora di prendere la decisione, il telefono del B&B, sul bancone, squillò.
«B&B La Fattoria, sono Agnes, come posso esservi utile?».
Dall'altra parte una voce che già conosceva, dal tono tirato, disse: «Agnes, sono Darla, la sorella di Errison».
Si mise subito sull'attenti, preoccupata: «Lui sta bene?».
Non poteva immaginare il motivo di quella chiamata, se non che ad Errison fosse successo qualcosa di brutto.
«Sì, certo», la voce della donna parve confusa per qualche secondo. Probabilmente si era già pentita di aver chiamato.
E visto che Errison stava bene, Agnes si preoccupò ancora di più.
«L'altro giorno parlavo proprio con lui e mi ha detto che domani festeggerete quattro mesi insieme e che avete intenzione di fare qualcosa di speciale».
Il tono non sembrava troppo entusiasta così anche Agnes fu tentata di minimizzare la cosa.
«Non è nulla di così importante... Solo una cena fatta in casa a lume di candela».
Ma mentre ne parlava l'ansia iniziava a salire, senza alcun motivo.
«Bè, so che Errison ne è molto felice e non vede l'ora di vedere cosa preparerai... Perché sarai tu a cucinare, giusto?».
«Questi sono i piani...», affermò a mezza bocca, quasi pentendosene: «L'ultima volta ha preparato tutto lui, e quindi adesso volevo ricambiare».
«Mi sembra una bella cosa... E devi sapere che Errison ti ha comprato un bel regalo costoso. Ma non posso dire altro».
Per la prima volta da quando l'aveva conosciuta, sentì Darla ridere. Eppure non le sembrò una risatina sincera.
Quando poi si riprese da questa finta ilarità, tornò seria e poco convinta: «Hai mai preparato una cena vegana in vita tua?».
Da come lo disse sembrava sapesse già la risposta e quindi non fu troppo sorpresa quando Agnes parlò.
«Non proprio... Di solito è Errison quello che cucina vegano, ma non penso sia un grosso problema. Ci sono molte ricette si Google e mi basterà seguire passo passo quello...».
«Oh cielo, cara, non dirai sul serio vero?», dal tono sembrava veramente sconcertata.
«Quanto può essere difficile?».
A quel punto Darla scoppiò a ridere. Ma questa volta per davvero.
E la sua risata fu così lunga e sincera che, più il tempo passava, è più Agnes si sentiva in imbarazzo.
Forse avrebbe potuto attaccarle in faccia il telefono e dire in seguito che era caduta la linea.
E invece rimase ad attendere, più innervosita che mai.
Solo quando Darla ebbe concluse, si riprese e aggiunse, con tono di chi la sa lunga: «Facciamo così, mia cara. Domani ti vengo a prendere e andiamo insieme a fare la spesa in città. Poi ti aiuto a cucinare, a casa di Errison, giusto?».
Agnes annuì, con la consapevolezza che lei non poteva vederla.
Ma non ce ne fu bisogno perché Darla stava continuando a parlare, come se fosse sola.
«Ho una certa esperienza di cibo vegano, essendo stata costretta a cucinarlo più volte per mio fratello. Non è semplice, soprattutto se si vuole fare una certa figura. Con il mio aiuto sicuramente riuscirai a prendere mio fratello per la gola».
A quel punto Agnes non aveva molta scelta.
Per quanto non morisse dalla voglia di passare un intero pomeriggio con la regina dei ghiaccio, si sentiva costretta ad accettare.
Prima perché non aveva avuto l'impressione che quella di Darla fosse una vera proposta, piuttosto un'imposizione.
E secondo perché quella poteva essere davvero una buona occasione per conoscere un altro membro della famiglia di Errison.
Con Douglas era andata bene, ma aveva l'impressione che Darla era tutta un'altra storia.
E poi c'era una strana sensazione. Come una vocina interiore, che la metteva in guardia su quella strana proposta.
Non si fidava di Darla, perché sapeva che non provava simpatia per lei.
E anche se una parte di Agnes avrebbe voluto davvero gioire per quella novità, c'era sempre una Agnes molto più sospettosa che la teneva con i piedi saldi a terra.
Alla fine non ci fu neanche bisogno di confermare la disponibilità.
Darla aveva deciso tutto. E a lei non restò che continuare ad annuire, ancora più consapevole che alla sua interlocutrice non importava la sua risposta.
Quando finì quella strana chiamata, rimase per più di qualche secondo con la mano sulla cornetta, a fissarla come se fosse un oggetto proviene da Marte.
E poi fece la cosa più ovvia. Digitò il numero e chiamò Errison, per aver la conferma che sua sorella non fosse pazza. O peggio, non stesse tramando qualcosa.
Spazio autrice:
Buonasera a tutti! Come state?
Credete davvero che Darla vuole solo dare una mano ad Agnes o ha solo in mente qualcosa? E soprattutto, cosa pensate che possa escogitare?
Chi pensa che nei prossimi capitoli succederà qualcosa di movimentato?
Alla prossima settimana, di nuovo di lunedì
Chiara 😘
P.S.: questa settimana ero troppo pigra per creare un divisore capitoli nuovo e quindi vi beccate quello del capitolo precedente, che è anche uno dei miei preferiti😉
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