33. Il buio del dolore
Ero così spaventata quando ho deciso che avrei cucinato qualcosa per lui proprio perché sapevo l'importanza che deteneva quel piatto. Avevo paura che potesse fargli male, che lo rifiutasse a priori o, addirittura, che mi gridasse contro per aver scelto un momento davvero troppo sbagliato per preparargli uno dei suoi piatti preferiti di suo padre.
Ma non ha fatto nulla di tutto ciò che avevo pensato, anzi, mi ha guardato incredulo mentre a fatica mandava giù la saliva che gli si era accumulata tra le pareti della bocca. Nonostante la luce flebile della televisione, sono riuscita ad intravedere i suoi occhi velarsi di uno strato di lacrime. Lacrime non di tristezza, ma di malinconia.
<<Logan mi ha detto che tuo padre lo faceva sempre per te>> gli confesso in un sussurro mentre glielo porgo. Lo prende tra le mani tremanti, tenendo gli occhi posati su di esso.
Mi siedo accanto a lui, a qualche centimetro di distanza, come se non volessi invadere i suoi spazi durante il suo incontro con i suoi ricordi, probabilmente tenuti nascosti per così tanto tempo che era finito per dimenticarsene.
A qualche metro di distanza vedo Logan poggiato contro il muro, fermo immobile ad osservare la scena da lontano. Ci scambiamo uno sguardo, prima che lui incrocia le braccia al petto e si concentra su Dylan. Lo faccio anch'io, trattenendo il respiro per tutti i secondi che passano mentre il rumore dalla televisione è l'unico ad aleggiare per tutto il salotto.
Perché non rispondi, Dyl? Potresti ancora fare le cose che ho pensato, o reagirai in maniera positiva alla mia sorpresa per te? L'attesa mi sta distruggendo.
Si morde il labbro inferiore per evitare di farlo tremare troppo a causa del pianto. Qualche lacrima calda rotola giù per le guance per poi schiantarsi contro il tessuto della maglietta che indossa. A poco a poco il suo intero corpo viene scombussolato da movimenti convulsi e per evitare che il suo pianto possa trascinarsi fuori dalle sue labbra, porta immediatamente una mano davanti alla bocca e stringe leggermente la presa.
Per quanto vorrei fare un passo verso di lui, o semplicemente stringerlo tra le braccia, mi concedo la libertà di posare una mano sul suo ginocchio e accarezzarlo delicatamente, come se gli stessi lasciando lo spazio necessario per potersi perdere nel suo dolore, con la differenza che stavolta non è solo.
Perché ci sono io qui accanto a te, ci sono io qui per prendermi cura di te, ci sono io a camminare in mezzo al buio del dolore insieme a te, stringendoti così forte la mano da non lasciarti la possibilità di dimenticarti della mia presenza neanche per un secondo.
Quando riesce a calmarsi, si asciuga le lacrime con il dorso della mano e, puntando nuovamente lo sguardo sul piatto ancora perfettamente conservato, inizia a sorridere, prima piano, poi sempre più forte. Una risata esce fuori dalle sue labbra.
<<Era da tanto che non lo mangiavo>> dice con la voce alterata dal pianto di prima. Lo scarta con cura e dopo aver posato la tovaglia sul tavolo di legno davanti ai nostri piedi, lo osserva per altri interminabili secondi mentre ancora un sorriso sbuca fuori sul suo volto.
Tiro un sospiro di sollievo.
Logan gli porge delle posate una volta tornato dalla cucina, Dylan le prende tra le dita affusolate e inizia a mangiare. Mette in bocca solo un piccolo boccone, il quale viene buttato giù solo dopo averlo masticato davvero bene mentre io mi torturo le mani, in attesa di un suo commento.
Alla fine si volta verso di me e con un sorriso triste mi dice: <<E' davvero buono, Bianca>>
I tratti del suo volto vengono messi in evidenza dalla luce della televisione, creando uno strano gioco di ombre che non fa altro che accentuare le occhiaie scure e le guance scavate.
Il dolore ti ha fatto dimenticare di vivere. Il dolore ha portato a galla un mostro talmente grande che ha iniziato a consumarti le viscere per poter sopravvivere dentro di te. Ma adesso stai imparando a guardarlo in faccia, a conviverci, a prenderlo per mano e fargli capire che siete in due ad abitare il vostro corpo. Non stai permettendo al dolore di prosciugare il tuo corpo e io sono così fiera di te per questo.
<<Vi lascio soli, ragazzi. Io vado a riposare>> annuncia Logan, il quale non ha smesso di sorridere debolmente da quando Dylan ha messo in bocca il primo boccone. Poi, prima di sparire completamente dalla nostra vista, si blocca ancora una volta: <<Grazie per essere venuta, Bianca>>
Gli sorrido a mia volta, ancor di più quando mima con le labbra un "Prenditi cura di lui". Annuisco alla sua richiesta, prima che i suoi passi si allontanano da noi, scanditi dai piedi scalzi contro il parquet. A quel punto, Dylan posa il piatto sul tavolo e allarga le braccia, in segno di avvicinarmi a lui e abbracciarlo. Non me lo faccio ripetere due volte e mi getto tra le sue braccia dopo settimane interminabili di distanza tra noi, facendo comunque attenzione a non colpire violentemente i lividi che ha ancora su tutto il torso.
Nascondo il volto nell'incavo del suo collo e mi lascio riempire le narici del suo profumo, come a memorizzarlo per bene così che quando sarà di nuovo lontano da me, potrò usufruire del mio ricordo per averlo accanto. La mia mano non smette di accarezzargli la nuca mentre le sue mani gentili si alternano in una salita e in una discesa per tutta la schiena. Poi, non facendosi bastare quel contatto sussurra al mio orecchio: <<Siediti sulle mie gambe>>
Mi allontano da lui, quanto basta per poter posare i miei occhi sui i suoi. Arriccio il naso: <<Non ti faccio male?>>
Scuote la testa con un sorriso sulle labbra. Allora mi alzo e mi siedo sulle sue gambe con estrema attenzione, poi Dylan posa una mano sotto la mia coscia per costringermi a sollevare i piedi da terra e allungare le gambe sul divano. Continuiamo a guardarci negli occhi mentre le mie dita giocherellano con alcune ciocche dei suoi capelli.
E' lui il primo a modellare parole flebili con le sue labbra carnose: <<E' stata una sorpresa bellissima. Grazie>>
Sorrido d'istinto mentre faccio scivolare un dito lungo la tempia, accarezzando uno zigomo ancora ricoperto da un livido e scendendo fino alle labbra, di cui ne traccio il contorno con meticolosa precisione: <<Pensavo che ti avrebbe aiutato a mangiare più volentieri. E' stato così?>> fisso lo sguardo sulle sue labbra, colta da un'improvvisa voglia di baciarle per tornare a sentire il suo sapore sulle labbra.
Le sue mani mi accarezzano prima i lunghi capelli, poi si adagiano sulla schiena e iniziano a scorrere nuovamente sulla mia pelle coperta da solo uno strato sottile di stoffa: <<Mi hai fatto ricordare le sere in cui mio padre mi preparava quel piatto. Ricordo che lo aspettavo con molta ansia la sera quando si ritirava dal suo ufficio perché il giorno prima mi aveva promesso che avrebbe cucinato lui. Allora tornava prima dal lavoro, indossava una semplice tuta e si metteva ai fornelli con quel ridicolo grembiule a quadretti rossi>> il sorriso si allarga e il mio di conseguenza.
Riprende, facendo scivolare una mano lungo la coscia coperta da jeans leggeri: <<Mi lasciava lavare le verdure e poi tagliarle, con le sue mani a stringere le mie per guidare ogni movimento ed evitare che finissi col tagliarmi. Avevo solo otto anni>> il sorriso si affievolisce sempre di più, tanto da ridurlo in una semplice linea dritta e l'angolo delle labbra leggermente curvato all'insù.
I suoi occhi si perdono nuovamente e per una frazione di secondo ho paura di averlo perso di nuovo in mezzo alle onde del mare in tempesta, ma quando prendo il suo viso tra le mie mani i suoi occhi tornano a puntare nei miei.
Eccoti ancora qui, ti vedo e se riesco a farlo significa che stai ancora lottando per restare a galla. Resta a galla, respira l'ossigeno a pieno polmoni, fallo con me, fallo per me.
Vengo presa alla sprovvista da un'irrefrenabile voglia di confessargli che mi è mancato, che i suoi silenzi sono stati simili ad una tortura perché, solo ora, riesco a rendermi conto di quanto mi fosse mancata la sua voce, la voce intrisa di ricordi e modificata da un sorriso sulle labbra.
E così, col fiato corto soffio vicino al suo viso: <<Mi sei mancato, Dyl>>
Mi sei mancato tu, il tuo sorriso, la tua voglia di baciarmi all'improvviso, la tua stretta attorno alla mia mano, le tue labbra sulle mie, il tuo sapore sulla mia bocca, il tuo profumo nelle narici, l'azzurro dei tuoi occhi, il gelo che essi custodiscono e il calore che mi trasmettono quando ci perdiamo l'uno nello sguardo dell'altra. Mi è mancato il tuo buonumore, il tuo senso dell'umorismo, le risate a squarciagola in mezzo alla strada, nel cortile della scuola, durante una tranquilla passeggiata sulla sabbia, ma mi è mancato anche il tuo mare, la tua tempesta, il tuo silenzio, le tue lacrime, le cose che hai il coraggio di infliggere sul tuo prezioso corpo, perché mi fanno rendere conto di quanto assente sono stata, di quanto abbia preferito bendarmi gli occhi per non vedere che ti stavi distruggendo.
Sussurra: <<Mi sei mancata anche tu, ragazzina>>
A quelle parole non resisto ulteriormente e poso le labbra prima sulla sua fronte, poi sulla tempia, soffermandomi più del dovuto sulle palpebre chiuse, scendere poi sullo zigomo finché non arrivo alle labbra. Finalmente le nostre bocche si incontrano di nuovo, si muovono in sincronia e chiedono l'accesso l'una nella bocca dell'altra, in maniera gentile e a tratti bisognosa di qualcosa di più.
Mi stringo a lui mentre le mie mani vagano tra i suoi capelli e le sue si posano sulla mia schiena, spingendomi maggiormente verso di lui. Inclino il capo per permettere un migliore accesso alla sua lingua dentro la mia bocca mentre le farfalle dentro allo stomaco cominciano a svolazzare tra le pareti dell'organo in subbuglio e una fiamma innocente mi scalda il basso ventre.
Una sua mano scende lungo la schiena per posarsi sulla mia coscia, mentre la mia si dirige verso il suo petto fermandosi all'altezza del cuore. Sono sicura persino di riuscire a distinguere il rumore dei battiti accelerati sotto ai miei polpastrelli.
E sento la necessità di sentirti vicino, più vicino di così. Sento un'irrefrenabile voglia di sfiorare la tua pelle con la mia, stringermi a te e sussurrare promesse al tuo orecchio. Voglio baciarti le ferite e curarle delicatamente, con dedizione e pazienza.
A quel pensiero, un gemito esce involontariamente dalle mie labbra e che porta entrambi a staccarsi dall'altro per riprendere fiato. Riapro gli occhi e noto che le sue labbra, ora più rosse e gonfie, si sono allargate in un sorriso. E per dimostrargli l'audacia che in questo momento mi aiuta a compiere questi gesti, mi alzo dalle sue gambe per mettermi a cavalcioni su di lui.
Le sue labbra si schiudono mentre i nostri occhi rimangono a fissarsi, le pupille dilatate dal piacere provocato dal contatto così ravvicinato dei nostri corpi.
Col cuore in gola, mi avvicino di nuovo alle sue labbra e stavolta le bacio delicatamente. E' lui poi ad approfondire il bacio quando, senza accorgermene, i miei fianchi iniziano a muoversi su di lui. Dylan abbandona la testa sulla spalliera del divano mentre posa entrambe le mani sui i miei fianchi per accompagnare i miei movimenti. Stavolta, sono le sue labbra a farsi sfuggire un gemito.
<<Bianca>> mi richiama, ma io non lo ascolto e continuo ad alternare baci a dei morsi sulle sue labbra mentre quella piacevole sensazione che brucia nel basso ventre mi suggerisce di continuare a muovermi sopra di lui.
Dylan riapre bocca e con voce roca mi richiama di nuovo, bloccando con le mani i miei movimenti. Tale gesto, mi riporta alla realtà e mi fa immediatamente vergognare di quello che stavo facendo.
Ma come ti è saltata in mente una cosa del genere?
Spalanco gli occhi e mi allontano dal suo volto provato dallo stesso piacere che stavo provando io. Avvampo all'istante.
<<Scusami davvero tanto, Dyl. I-io non so che mi è preso>> cerco di alzarmi da lui, ma le sue mani stringono la presa sui miei fianchi, costringendomi a restare seduta su di lui.
Il suo sorriso, quel dannato sorriso, si allarga nuovamente e, contornato dai capelli castani scompigliati, lo rendono più attraente del normale. Parla con voce più rassicurante e meno profonda di prima: <<Non ti devi scusare di nulla, Bianca. Non intendere male le mie parole, ti prego>>
Di fronte alla mia confusione, si spiega meglio: <<Non volevo che ti fermassi perché non voglio farlo, assolutamente. Ma guarda dove siamo>> con il capo indica la stanza in cui ci troviamo, poi torna a guardarmi, <<Per te avevo in mente qualcosa di più importante, di speciale>> mi confessa, la voce di nuovo roca, bassa e profonda tanto da provocare una scarica elettrica per tutta la schiena, fino alle punte dei capelli.
Con le nocche della mano mi accarezza lo zigomo per poi scendere verso il collo e sfiorare la pelle sensibile con un solo dito, mentre con la punta della lingua si inumidisce il labbro inferiore. Altre scosse, altri battiti accelerati e ancora una volta quella voglia di stringermi forte a lui si impossessa dello stomaco e lo ribalta completamente.
Devi darti una calmata Bianca. E tu, cuore, smettila di martellare così forte contro la gabbia toracica perché rischi di scoppiare di nuovo, non adesso che Dylan è riuscito a rimettere a posto i cocci e donarmi di nuovo vita.
Ma come posso anche solo pensare di rallentare i battiti accelerati dopo le sue parole?
Ingoio a fatica la saliva che si è accumulata tra le pareti molli della bocca e che ancora sa di lui, prima di parlare col fiato corto: <<E quando succederà, Dyl? So che ti sembrerà una cosa strana da dire ma, i-io...>> lascio la frase in sospeso per via dell'agitazione che mi provoca pensare alle parole che sto per dirgli.
Intimidita dai suoi occhi fissi su di me, abbasso lo sguardo sul suo petto che si alza e abbassa velocemente: <<I-io voglio davvero farlo. Io mi sento pronta, voglio che sia tu il primo>> sussurro, trattenendo dentro la bocca altre parole. Poi, decido di confessargliele e per farlo fisso il mio sguardo nel suo, incredulo: <<Voglio che diventiamo un solo corpo, perché voglio sapere cosa significa condividere un corpo. Fammi entrare nel tuo corpo e mostrami con i tuoi occhi quello che porti dentro di te, e io ti farò entrare dentro di me per farti vedere quanto sia diventato bello da quando sei entrato nella mia vita>>
Boccheggia, alla ricerca di parole da dire, ma alla fine non dice nulla e sorride dolcemente, come fosse intenerito dalle parole che ho avuto il coraggio di dire. Non aggiunge nulla e si fionda di nuovo sulle mie labbra, portando poi una mano dietro alla mia nuca e l'altra sulla mia schiena, con l'unico scopo di farmi aderire completamente a lui, i nostri petti stretti l'uno all'altro.
Dopo essersi allontanato per lasciare che riprendessimo entrambi fiato, poggia la fronte contro la mia e sussurra: <<Ti prometto che avverrà prima di quanto ti aspetti>>
Annuisco solamente, prima che torniamo ad abbracciarci. Poggio una guancia contro il suo petto, i battiti del suo cuore sono udibili al mio orecchio adesso, in questa posizione. E mi cullano, così come le sue carezze che mi conducono piano piano in uno stato di rilassamento totale, tanto che le palpebre iniziano a chiudersi da sole e un piccolo sorriso mi dipinge le labbra quando sento il suo respiro stuzzicarmi la fronte.
<<E' tardi ragazzina, dovresti tornare a casa>> il suo petto vibra in seguito alle sue parole sussurrate e mi riportano indietro dal mio stato di dormiveglia. Brontolo, in disaccordo e mi stringo maggiormente al suo petto.
<<Ancora un altro po', per favore>> stringo la presa attorno al suo fianco, dimenticandomi delle condizioni fisiche di Dylan. Il mio gesto, infatti, lo fa gemere di dolore. Allento immediatamente la presa e mi alzo da lui, portando una mano alla bocca: <<Scusami tanto, Dyl, me ne ero scordata>>
Porta una mano sul punto dolorante mentre cerca di tranquillizzarmi con un sorriso tirato.
<<Ti ho fatto tanto male? Posso fare qualcosa in particolare?>> gli chiedo senza fare alcuna pausa tra una domanda e l'altra e muovendomi agitata, ma lui mi blocca per un polso e con un dito sotto al mento mi costringe a posare il mio sguardo nel suo: <<Non mi hai fatto tanto male e no, non c'è bisogno che tu faccia qualcosa. Sto bene, davvero>>
Lo dici sempre, ma poche volte è vero. E l'esempio sono proprio le condizioni in cui ti trovi.
Ma questo non lo dico, non vorrei litigare con lui, non dopo aver passato questi minuti tranquilli con lui. Ma ai suoi occhi attenti non gli sfugge che il mio sguardo si sia incupito al solo pensiero di quello che avrei voluto aggiungere perché sospira e il debole sorriso che prima aveva sulle labbra, adesso è morto e ha lasciato solo il ricordo di un attimo spensierato.
<<Torna a casa Bianca. Torna dalla tua famiglia, sarà sicuramente preoccupate per te>>
Sei anche tu la mia famiglia.
Lo fisso: <<Starai bene?>>
<<Starò bene, te lo prometto>>
<<Se starai male, mi prometti che ti farai aiutare da Logan?>>
Annuisce alla mia richiesta e con una mano sul cuore, asserisce: <<Te lo prometto, ragazzina. Starò davvero bene, sta tranquilla>> prende il mio viso tra le mani e mi avvicina alle sue labbra. Mi lascio andare ancora una volta a quel tocco così intimo, prima di alzarmi da lui, prendere le mie cose e dirigermi verso l'uscita.
Mi blocco, lo guardo da sopra la spalla, i suoi grandi occhi puntati su di me e un dolce sorriso sulle labbra mi gridano di tornare da lui per un ultimo bacio. E così faccio, corro verso di lui e lo bacio come se dovesse essere l'ultima volta. Riesco definitivamente ad allontanarmi da lui quando mio fratello mi risponde al messaggio che gli avevo mandato prima, dicendomi che mi aspetta fuori.
Salgo in auto mordendomi ancora il labbro inferiore e respirando a pieni polmoni per sentire ancora il suo profumo addosso.
<<Quindi è qui che abita>> la voce di Alex mi riporta con i piedi per terra. Lo trovo intento ad osservare attentamente l'abitazione di Logan.
<<No, questa è la casa del suo migliore amico. Sta da lui in questo periodo>> per la prima volta, riesco a trovare il coraggio di parlarne a mio fratello.
<<Perché non sta a casa sua?>> chiede mentre iniziamo a muoverci per le strade poco affollate.
Allaccio la cintura per prendere tempo: <<Suo padre è morto e sua madre lavora fuori. Torna a Los Angeles solo qualche volta, insieme al suo nuovo compagno>> ammetto, guardando fuori dal finestrino e vedere lo sfondo scorrere sotto al mio sguardo, come se questo potesse aiutarmi nel raccontare del mio ragazzo.
Alex rimane in silenzio, poi riprende a parlare: <<Sei stata male per lui, non è così?>> sento che i suoi occhi smeraldi si sono posati su di me, ma faccio finta di nulla. Annuisco solamente in risposta, poi mi lascio andare ad un lungo sospiro liberatorio mentre i ricordi di questa settimana riaffiorano nella mia mente.
<<E' lo stesso ragazzo che ti ha ridotta nelle stesse condizioni di mesi fa?>> chiede con tono gelido, distaccato. Mi volto di scatto verso di lui, ricordandomi di quel giorno in cui pensavo che Dylan avesse ripreso a spacciare e di come quei pensieri mi avessero ridotta ad uno stato pietoso.
E tu eri venuto a salvarmi, come hai sempre fatto. Tu con la tua quiete per accogliere in te la mia tempesta.
Alex serra la mascella mentre tiene il braccio rigido sul volante e le dita dell'altra mano si infilano tra le ciocche di capelli in un gesto nervoso. Abbasso lo sguardo per via dell'imbarazzo, ma annuisco e questo provoca in lui la nascita di un nuovo sospiro frustrato: <<Ti rifaccio la stessa domanda di quella volta, allora. Sei sicura che sia amore, sorellina?>>
<<Perché dici questo?>> soffio, realmente spaventata da quello che potrebbe aggiungere e dalle insinuazioni che sta facendo.
Sospira, come se si trovasse costretto a confessare qualcosa che sa perfettamente che mi avrebbe fatto male: <<Perché ho paura che tu abbia affidato il tuo cuore nelle mani di chi non è capace di prendersene cura>> la voce si carica di preoccupazione mista a tristezza mentre stringe sempre di più la presa sul volante.
Le sue parole mi colpiscono nel profondo, fanno male come lame appuntite che infliggono il mio cuore, lentamente, così che ogni fibra del mio corpo possa rendersi conto del dolore che causano. Porto una mano sul punto in cui sento dolore e inizio a stringere il tessuto della maglietta a maniche corte in un pungo stretto: <<Ti sbagli, lui è capace di prendersi cura del mio cuore. Lui ha raccolto i suoi cocci e li ha messi insieme>> rispondo con lo sguardo velato di lacrime. Riprendo dopo aver inumidito le labbra con la punta della lingua: << Lui sa come trattarlo, sa che lo deve maneggiare con cura e lo fa, perché mi ama>>
L'auto rallenta la sua corsa fino a fermarsi del tutto. Spegne l'auto e finalmente i nostri occhi si incatenano. I raggi della Luna e quelli del lampione a pochi metri di distanza da noi, illuminano per metà il suo volto e non ho bisogno di una grande illuminazione per notare nel suo sguardo della preoccupazione.
Cos'è che è successo, Alex? Cosa hai paura di dirmi e che mi sconvolgerà? Perché mi stai dicendo proprio queste parole ora? Sei per caso preoccupato che Dylan non riuscirà a prendersi cura del mio cuore che, per l'ennesima volta, andrà in frantumi da qui a pochi istanti?
Il battito cardiaco aumenta per via della paura.
Si morde il labbro inferiore quasi con violenza mentre punta lo sguardo fuori dal parabrezza. Appoggia il gomito sinistro sullo sportello e con la mano si sistema i capelli nervosamente, prima di parlare ancora: <<Mi assicuri allora che ci sarà quando starai male?>>
La fatidica domanda che stavo aspettando mi viene posta. Rispondo con fermezza: <<Certo che ci sarà. Questo periodo è un momento delicato per lui, ma sono sicura che ci sarà comunque. Perché me lo chiedi, Alex?>> la voce mi trema un po'.
Non mi risponde, continua a muovere nervosamente la gamba e i suoi occhi verde smeraldo, che mi hanno sempre ospitato per rinchiudermi in un mondo del tutto tranquillo, adesso fanno di tutto per non guardarmi.
Sbotto: <<Rispondimi, Alex! Dimmi cosa distruggerà ancora una volta il mio cuore!>> gli grido con voce tremante, disperata. Perché è quello che sono: disperata di sapere cosa la vita ha avuto in serbo per me per distruggermi ancora.
Strizza gli occhi, probabilmente perché non si aspettava che gridassi. Li tiene chiusi e solo dopo essersi voltato completamente verso di me, li riapre.
Dimmi che riuscirò a salvarmi, ti prego Alex, dimmi che riuscirò a rialzarmi anche questa volta.
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