27. Ci sarà sempre un posto per te in me
<<Cosa stai aspettando? Aprilo, è il tuo primo regalo>> mi incoraggia Dylan che mi fa luce con la torcia che regge in mano. Mi sorride e con un gesto della mano mi invita a seguire le sue parole.
Mi siedo sui talloni e afferro la scatola incartata con della carta su cui sono disegnati tanti piccoli palloncini di diverso colore.
Sorrido sentendomi nuovamente una bambina in preda all'ansia di scartare un regalo per lei. Non vorrei distruggere interamente la carta regalo, così tasto gli angoli della scatola per cercare il pezzo di scotch e strapparlo per mantenerla intatta. Quasi le mani mi tremano mentre comincio a staccare i primi pezzi di scotch e il cuore aumenta notevolmente di battiti quando una normalissima scatola di cartone comincia ad intravedersi da sotto il rivestimento a sfondo bianco.
Lancio un'occhiata veloce a Dylan mentre le sue guance si gonfiano per via di un sorriso, poi si siede anche lui sui talloni e con un gesto del capo mi incita a continuare.
So che vorresti nasconderlo, ma sei emozionato quanto me all'idea di me che scarto un tuo regalo. So che hai paura di aver fatto quello sbagliato, ma se sei stato tu a farlo allora sarà sicuramente perfetto.
Tiro fuori la scatola e ci metto ben poco per aprirla definitivamente. Dentro ad essa si trova un barattolo di vetro dal tappo arancione. Arriccio il naso. Solo dopo averla presa in mano capisco cosa sia. Sulla superficie vitrea è attaccato un foglio di carta su cui è stato scritto con un pennarello nero indelebile "100 cose che amo di te e oltre".
Mi volto di scatto verso di lui: <<Dyl...? Ma che...?>> non riesco a completare le frasi per quanto il mio cuore stia battendo così forte. Le mani che reggono il barattolo come se fosse la cosa più fragile di questo mondo non smettono di tremare dall'emozione.
"100 cose che amo di te e oltre". Il tuo modo carino di dirmi che non smetterai mai di aggiungere nuove cose alla lista di cose che ami di me perché tu mi amerai finché non le avrei scoperte tutte.
Troppo curiosa di aspettare per tornare a casa e leggere da domani un bigliettino al giorno o forse uno alla settimana, svito il tappo e osservo il contenuto mentre mi siedo a terra e incrocio le gambe.
Dylan fa lo stesso.
Con mano tremante, ne afferro uno dal barattolo e lo apro con cura, poi inizio a leggere la calligrafia inconfondibile di Dylan: << "Ti amo perché sei stata capace di accogliere in te un po' di me">> sussurro mentre il cuore acquisisce un nuovo battito.
Sempre uno in più da quando ti amo.
Incastro i nostri sguardi. Ci parliamo senza muovere le labbra e finiamo per lasciarci una promessa d'amore con uno sfioro di labbra.
<<E' bellissimo, Dyl. Li leggerò tutti prima o poi>>
<<Hanno un metodo particolare per essere letti>> mi avvisa. E dopo aver sorriso alla mia faccia confusa, aggiunge: <<Questi vanno letti nei momenti in cui io non ci sarò per dirteli tutti. Quando sentirai la mia mancanza o quando avremo litigato e vorrai ricordati del perché ci amiamo. Questi- mi sfila dalle mani il bigliettino che ho appena letto e lo fissa con un sorriso dolce sulle labbra- vanno letti quando avrai smarrito la via di casa e sentirai la necessità di rifugiarti in un posto sicuro>>
La torcia che regge nell'altra mano continua a fare luce dal basso, in modo tale da creare un gioco di ombre davvero inquietante e che non mi permette di vedere alla perfezione la luce che custodisce dentro agli occhi, ma sono sicura che sia proprio lì ad illuminare il buio che porta dentro.
Mi avvicino nuovamente per unire le nostre labbra in un bacio che sa di riconoscenza e di amore.
Non saprei che altro aggiungere e preferisco non farlo perché tutte le parole in questo momento sarebbero superflue. Preferisco gustarmi il suono del nostro amore gridato nel silenzio di questa biblioteca che, ancora una volta, ci custodisce tra le sue mura.
<<Credo che adesso dovremmo andare, ragazzina. Ci sono altre due tappe da raggiungere>> annuncia mentre si alza in piedi. Poi, mi tende la mano per aiutarmi a fare lo stesso.
Raccolgo il mio regalo e ci dirigiamo verso l'uscita della biblioteca con le mani intrecciate.
L'aria tiepida per via del cambio tra una stagione all'altra ci accarezza gentilmente le pelli e i capelli, i quali si muovono in una danza scandita dal passo veloce. Un altro paio di metri e siamo arrivati alla macchina.
Dopo aver allacciato le cinture, Dylan si volta verso di me e le labbra gli si increspano in un sorriso: <<Sei pronta per la prossima domanda?>>
Sorrido a mia volta mentre sistemo meglio la cintura che rischiava di soffocarmi: <<Ovviamente sì>>
<<Bene, perché questa è più complicata>> con una mossa veloce si sistema le ciocche di capelli che gli erano cadute davanti al viso. Poi, tira le maniche lunghe della maglietta che indossa, prima l'una e poi l'altra, prima di sfregare le mani tra loro come se dovesse riscaldarle.
E' da tutto il pomeriggio che mi chiedo perché indossi le maniche lunghe. L'aria primaverile inizia a farsi sentire sempre di più, ma tu sembri congelare in questo momento, dentro quest'auto.
La sua voce mi riporta alla realtà: <<Qual è quel posto in cui ci siamo raccontati senza dire una parola?>>
Caspita, ammetto che questa è più difficile. Ci rifletto su mentre lo sguardo si perde nell'oscurità che circonda questo parcheggio, ad eccezione della luce quasi fioca dei lampioni ad una distanza poco ravvicinata, e l'indice inizia a picchiettare sul mento.
Il silenzio ci è sempre stato testimone, ma qual è quel posto che ha fatto la differenza? La lampadina si illumina sopra la mia testa. Un'idea.
Mi volto di scatto verso di lui, sicura che anche questa sia giusta: <<Il giardino abbandonato. Il tuo posto preferito>>
Il suo ennesimo sorriso mi annuncia che anche questa volta l'ho azzeccata. Dylan non aggiunge una parola e mette in moto l'auto prima di immettersi nella strada che ci condurrà al parco e poi al posto segreto di Dylan.
Il vento che oltrepassa il finestrino abbassato soltanto di due dita mi sferza i capelli. E mi godo la musica a basso volume della radio in un silenzio che non ha nulla di imbarazzante, anzi. Dopo vari minuti, la velocità dell'auto diminuisce e il vento smette di infrangersi sulle nostre pelli fino a quando l'auto non si ferma del tutto.
Dylan spegne il motore, ma rimane fermo con le braccia distese e le mani aggrappate al volante. Sospira pesantemente: <<E' da tanto tempo che non vengo qui. Sarà un po' come tornare a casa dopo un lungo viaggio>> si volta verso di me e sorride.
Io ricambio, prima che entrambi scendiamo dall'auto e, con ancora le mani intrecciate, ci avviamo verso il passaggio segreto. Un paio di passi in più e saremo lì davanti.
Dylan si avvicina alla tenda di rampicanti ornati di piccoli boccioli pronti a fiorire e la sposta di lato, lasciando che il passaggio buio e probabilmente pieno di insetti e ragnatele si presenti sotto ai nostri occhi grazie alla luce proveniente dal lampione poco più lontano da noi.
Mentre sto per varcare la soglia, Dylan parla: <<Ricordati la regola principale, ragazzina. Qui dentro è ammesso solo un silenzio religioso>> lascia andare i rampicanti che tornano a coprire il passaggio mentre le nostre risa si espandono per il corridoio stretto e buio.
Per permetterci di vedere estraggo il telefono dalla tasca e accendo la torcia: <<D'accordo, ragazzo silenzioso. Ma quando dovrò dirti quanto mi piace il tuo regalo, come farò a fartelo sapere?>> con un gesto del braccio sposto una ragnatela ancora completamente intatta. Una smorfia di disgusto mi arriccia le labbra.
<<Lo ammetto, hai vinto tu>> il rumore delle foglie secche attutito dal fango smette di risuonare dietro di me. Mi blocco di conseguenza e mi volto verso di lui, cercando di mantenere la luce della torcia puntata sulle sue gambe in modo da non accecarlo.
<<Perché ti sei fermato? Siamo arrivati>>
Sposta il peso da una gamba all'altra, poi mi sorride: <<Questo regalo sarà più piccolo di quello di prima e se devo rispettare la regola del silenzio sono costretto a darti un indizio del luogo in cui l'ho nascosto>>
<<L'hai nascosto?>>
<<Sì, e ti dico subito che si trova tra la vita nuova e la morte. La rinascita e la fine di un ciclo vitale>> alle sue parole inizio a rifletterci su mentre lui avanza di qualche passo, tanto che il suo profumo si schianta contro le mie narici <<Dimmi, Bianca, dove si trova il tuo regalo?>>
Inizio a mordere l'angolo delle labbra mentre l'indice è tornato a picchiettare sul mento. Poi, un'idea. E torno a incatenare i nostri sguardi: il ghiaccio dei suoi immerso nel grigio dei miei.
Tento: <<E' un giardino il luogo in cui stiamo andando. E gli alberi, così come i cespugli, danno vita a boccioli, i quali finiranno poi per morire nella stagione più fredda>> avanzo di un passo anch'io, restando a una spanna dal suo viso. Il suo respiro si mischia col mio mentre le sue labbra carnose e pallide si increspano in un sorriso <<Dimmi Dyl, saranno mai i cespugli il luogo in cui hai nascosto il regalo?>>
Mi avvicino ulteriormente a lui fino a quando le nostre labbra finiscono con lo sfiorarsi delicatamente, così tanto che comincio a chiedermi se si stiano toccando veramente o se è tutto frutto della mia immaginazione troppo fervida quando mi trovo accanto a lui. Ma a confermalo è lui, che le unisce in un bacio passionale mentre mi arpiona il fianco con una mano con lo scopo di unire i nostri corpi.
La mia mano si leva in aria immediatamente per andarsi a schiantare sulla sua nuca e stringere forte tra le dita le ciocche di capelli. Mi ruba un ultimo bacio prima di allontanarsi da me e dire: <<Probabile. Che ne dici di andare a controllare?>> sussurra, come se volesse avanzare in punta di piedi nell'assordante silenzio che ci circonda per evitare di disturbare questo angolo di Paradiso nascosto dal mondo.
Non ci penso oltre e faccio quel che mi consiglia, sapendo che una volta oltrepassata la soglia del corridoio entrambi suggelleremo un patto col silenzio che regna qui sovrano. Senza indugiare oltre, mi dirigo verso i grandi cespugli incolti che costeggiano la casetta in legno. Li illumino con la torcia, mettendo subito in evidenza i fiori appena sbocciati che fino a pochi mesi fa erano solo dei piccoli boccioli.
Sorrido istintivamente mentre inizio a cercare tra i rami dei cespugli, facendo la massima attenzione a non spezzarne neanche uno. Dylan, accanto a me, non fa altro che sorridere e puntare la torcia del suo telefono nello stesso punto in cui sto cercando.
Dopo vari tentativi a vuoto, finalmente intravedo qualcosa tra i rami del cespuglio più vicino alla porta d'entrata della casetta in legno. Sorrido vittoriosa mentre mi allungo verso il luccichio causato dalla luce della torcia che si schianta contro l'oggetto in metallo. Lo sfioro con le dita. E' freddo. Sobbalzo un po' per la sorpresa, ma ritento e stavolta lo lascio scivolare attorno al dito. Solo allora mi accorgo che sono due, gli oggettini. Li tiro fuori e li porto davanti al viso, impaziente di sapere cosa sia.
Cosa ti è venuto in mente di fare, Dyl? Conoscendoti, anche questo regalo avrà un significato che solo noi potremo capire.
Il tintinnio prodotto dallo scontro tra i due ciondoli è l'unico suono che si mischia alla melodia dei cinguettii degli uccellini che ritornano al loro nido per sfamare i piccoli. Mi alzo lentamente mentre osservo con curiosità il portachiavi a forma di casetta e con al centro un cuore e un piccolo ciondolo a forma di piuma incisa con meticolosa cura, linea per linea, come se dovesse prendere vita da un momento all'altro. La curiosità mi divora dall'interno, tanto che non riesco a tenere a freno la lingua infrangendo il patto poco prima suggellato con Dylan.
Mi volto di scatto verso di lui e con un soffio gli chiedo: <<Che significa?>>
Dylan inizia a sorridere, probabilmente per via della mia espressione confusa. Una volta è letteralmente scoppiato a ridere mentre io cercavo di capire chi fosse stato il colpevole di un assassionio del film che stavamo guardando insieme. Dice che la fronte si aggrotta così tanto che la pelle si riempie di grandi solchi profondi e le labbra si schiudono appena quando tutto diventa più chiaro nella mia mente.
E adesso ho la sensazione che stia provando le stesse emozioni di quelle volte là, ma, a differenza di come mi aspettassi, allunga una mano verso al mio viso per portare una ciocca dietro al mio orecchio mentre i suoi occhi seguono ogni suo movimento.
<<Tu sei entrata nella mia vita nello stesso momento in cui io sprofondavo nel baratro più profondo. Annegavo nel dolore e non riuscivo più a vedere ciò che mi stava intorno, ma tu mi hai salvato dalla tempesta che ho dentro ed è per questo che ti considero il mio angelo>> soffia mentre con le dita sfiora il metallo freddo del ciondolo.
Le sue parole mi lasciano di sasso.
Probabilmente non ti rendi conto che tu hai fatto la stessa cosa con me. Mi hai salvato quando pensavo di dover passare la mia intera esistenza cercando di provare di nuovo qualcosa. E tu mi hai fatto provare quel qualcosa, quella sensazione che si aggrappa al petto e ti fa sentire viva.
Continua, passando questa volta le dita sul portachiavi a forma di casa: <<E quando credevo che io avessi perso la mia casa, il mio posto sicuro in cui rifugiarmi tu mi hai offerto di nuovo un posto in cui poter stare. Con te mi sento a casa, tu sei diventata la mia casa>>
I nostri sguardi finalmente collidono e dentro di me sento come un'esplosione perché il cuore acquista sempre più battiti e il petto viene riempito da un'emozione che fino a quel momento non avevo mai provato. Dentro lo stomaco, poi, quegli insetti fastidiosi iniziano a svolazzare per tutto lo spazio e le guance prendono immediatamente colore.
Ci fissiamo come se entrambi aspettassimo una reazione dell'altro, passando lo sguardo dalle nostre mani, ai nostri occhi per poi scivolare sulle labbra distese in sorrisi appena accennati. Decido allora di prendere in mano la situazione e di fiondarmi sulle sue labbra piene, ma screpolate.
Adesso è il rumore dei nostri baci a risuonare per tutto l'angolo di Paradiso nascosto dal resto della metropoli, interrompendo il silenzio religioso che prima, sia io che lui, abbiamo infranto.
<<Sappi che io sarò il tuo rifugio in qualsiasi momento, anche quando avremmo litigato per cose stupide o se per caso le nostre strade dovessero separarsi prima o poi. Ci sarà sempre posto per te in me>> gli dico senza smettere di accarezzargli le guance e di alternare lo sguardo dalle sue labbra adesso più gonfie ai i suoi occhi ora illuminati dalla luce che possiede dentro.
Eccola di nuovo la loro luce, eccola che torna a galla per dimostrarmi che tu riesci sempre a tornare in superficie per me.
E dopo vari baci scambiati sotto al chiaro di luna, tra la brezza della sera e i boccioli pronti a germogliare, decidiamo che è tempo di tornare verso la macchina per raggiungere la tappa finale di questa piccola caccia al tesoro nella metropoli.
<<Hai intenzione di tenermi nascosta anche l'ultima tappa della caccia al tesoro?>>
Ci immettiamo di nuovo nel traffico e Dylan sembra fare finta di non avermi sentito. Una risatina gli fa vibrare la labbra e alla fine cede: <<Posso solo dirti che l'ultima tappa ti piacerà, di questo sono più che certo>>
<<Va bene, cercherò di non pensarci così da non rovinarmi del tutto la sorpresa>> ridiamo insieme e durante il tragitto non facciamo altro che scambiare semplici battute per poi restare di nuovo in silenzio. Lo osservo con la coda dell'occhio e la mente non riesce a non ripensare a questo pomeriggio, ai suoi occhi stanchi, alle sue movenze lente e fiacche, alle occhiaie troppo scure. La paura torna ad impossessarsi dei miei organi e comincio a domandarmi se credere alla sua verità sia stata la scelta migliore che potessi fare.
E se finisse col crollare sotto al peso dei suoi perché io non ho insistito più di tanto?
Il cuore accelera dentro alla gabbia toracica e così smetto subito di pensarci.
Tu hai detto che va tutto bene ed io mi fido di te. Devo farlo.
Persa nei miei pensieri, non avevo neanche notato che la macchina si era fermata e che la nostra destinazione fosse stata raggiunta già da qualche secondo. Mi volto di scatto verso Dylan, il quale mi fissa con aria preoccupata: <<Che succede? Non ti piace?>>
Solo allora osservo fuori dal parabrezza e noto il luogo in cui ci troviamo: la spiaggia di Santa Monica.
<<E' meravigliosa>> soffio. Nonostante la veda da tutta la mia breve vita, la spiaggia di Santa Monica non finisce mai di togliermi il fiato. Ogni volta sembra sempre la prima volta.
Ci avviamo in direzione della spiaggia, mano nella mano mentre la luce della Luna illumina il nostro cammino e il vento ci scompiglia i capelli. In lontananza, una piccola luce arancione illumina un parte di spiaggia ma non riesco a distinguerla per bene, ma una volta vicini tutto si fa più chiaro.
<<Questa è la nostra ultima tappa e il tuo ultimo regalo: una cena a lume di candela>> esordisce Dylan, avanzando a braccia aperte verso la tovaglia rossa distesa sul mantello di sabbia. Al centro si trova una cestino da pic nic e accanto ad esso la lanterna che ci farà luce.
Rimango pietrificata di fronte al mio ultimo regalo della serata, tanto che il sorriso Dylan, dopo essersi seduto, si spegne. Allora decido di dare forma ai miei pensieri: <<Nessuno aveva mai pensato di fare una cosa del genere per me>> sussurro.
Dylan sorride mentre io torno ad osservare ciò che ha realizzato. Con molta fatica cerco di trattenere le lacrime mentre finisco inevitabilmente a ripensare a tutti i compleanni passati con mio padre e tutti quelli che ho passato senza di lui. Il dolore al centro del petto torna a farsi sentire e trattenere le lacrime diventa sempre più difficile.
Una valanga di ricordo felici, ma che adesso altro non sono che la causa del mio dolore, mi investono con tale prepotenza che per qualche secondo perdo il contatto con la realtà. Poi, una mano gentile mi sfiora la mia ormai chiusa in un pugno e il vortice di pensieri che mi stava risucchiando svanisce con fumo.
Mi volto di scatto e trovo lo sguardo di Dylan a sorreggermi, a darmi forza e quando le sue labbra mi sorridono tristemente, non riesco più a trattenermi: mi getto tra le sue braccia e lo stringo forte, fino a farmi male, a fargli male, a toglierci il respiro. Mi circonda con la sue braccia protettive e mentre il mio corpo viene scosso da singulti la sua mano non smette di accarezzarmi i capelli: <<Non sarai più costretta a passare un compleanno come quelli precendenti. Adesso ci sono io a prendermi cura di te>>
Alzo lo sguardo per incontrare i suoi occhi: <<Me lo prometti?>> tiro su col naso.
<<Te lo prometto>> e a quelle parole lascio che il mio naso affondi nuovamente nel suo petto e che le sue braccia tornino a stringermi forte.
<<Non mi lasciare anche tu, Dyl, promettimi che non lo farai. Non credo di riuscire a sopportarlo>> aggiungo con voce tremante e spaventata. Il cuore, sotto al mio orecchio, aumenta di battito e solo dopo aver preso un grande respiro, risponde: <<Non lo farò, ragazzina, per nulla al mondo>>
E promettimi che manterrai la promessa, Dyl, promettimi che le tue promesse verranno mantenute anche quando non ce ne sarà più il pretesto, anche quando non saremo più noi, anche quando il nostro dolore ci avrà divorati. Promettimelo ed io crederò che c'è ancora una speranza per me di vivere felice.
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