26. Nell'infinito spazio del vuoto

Le mie dita scorrono lungo la pelle morbida e perfettamente rasata dalla sua guancia, ancora e ancora e continuerò a farlo finché non sarà lui a chiedermi di smettere. Nel mentre, i suoi occhi di ghiaccio coperti da qualche ciocca di capelli castani sono fissi su di me e di tanto in tanto le sue labbra si increspano in un sorriso.

Si sistema meglio il cuscino sotto alla testa prima di usare come ulteriore supporto il suo stesso braccio, coperto da una maglietta a maniche lunghe troppo larga per lui. Infatti, mille pieghe si sono formate nel punto in cui la stoffa diventa troppa per poter raggiungere la pelle soffice del busto. Di riflesso intreccio le nostre gambe, bisognosa di un contatto più intimo con lui. Il materasso del suo letto si modella nuovamente sotto al peso dei nostri corpi abbandonati qui sopra da minuti.

Eccoti Dyl, questo è il Dylan che non mi mente e non mi tiene nascosta la sua vita. Il Dyl che mi guarda con gli occhi che trattengono a sé quella luce di speranza che hai riavuto perché io ho creduto in te. Ed io ci crederò per sempre che il tuo dolore può essere estirpato dalla parte più profonda di te, a costo che sia la sola a crederci. Qualcuno dei due deve pur farlo.

La mano si sposta per sistemare le ciocche dei capelli colorati di altre tonalità per via dei raggi del Sole che filtrano dalla finestra e gli illuminano le spalle. Il gioco di ombre mette in risalto i suoi zigomi più accentuati del solito.

Fingi di essere lo stesso Dylan prima che giorni fa riaprisse la porta del suo passato. Puoi mentire a te stesso, ma non a me.

Il cuore prende a battere più forte al pensiero che lui stia male e non me lo dica. Mi aveva promesso che mi avrebbe reso più partecipe della sua vita, e allora perché continua a raccontarmi bugie su bugie?

Sono giorni che la situazione è così. Da quando Dylan mi ha mostrato cosa ci fosse oltre quella porta è tornato ad essere il Dylan di mesi e mesi fa. Ha la testa tra le nuvole, manca sempre di più a lavoro e scuola, non mi risponde i messaggi per ore. In poche e inquietanti parole, sparisce per ore intere, giorni quando va male, per poi tornare e fare finta che tutto vada bene.

Ho visto nei tuoi occhi che stavi annegando, quel giorno in biblioteca, e io non ti ho salvato. Ho preferito crederti e lasciarti sprofondare tra le onde della paura e la violenza dei ricordi carichi di dolore. Mi maledirò a vita per questo. Ma ti prometto che ti salverò prima o poi, dovesse costarmi la vita. E' una promessa, la mia.

Respira a pieni polmoni prima di sussurrare parole: <<Ho aspettato tutta la giornata questo momento. Ti prometto che questo compleanno sarà migliore di tutti gli altri che hai passato>> le labbra si distendono in un sorriso lasciando che salti fuori la solita pieghetta all'angolo del labbro.

Sorrido: <<Sei stato tu a tenermi lontana da te ultimamente>> sposto lo sguardo sul suo orecchio, dietro al quale porto una ciocca di capelli sfuggita dall'intera massa. Quando cerco il suo sguardo, non lo trovo lì ad aspettarmi. Guarda oltre la mia spalla.

Ti stai perdendo nell'infinito spazio del vuoto, di nuovo.

Il cuore si stringe nel petto e dopo aver ingoiato a fatica riprendo a parlare come se non fosse successo nulla: <<Matt mi ha fatto una sorpresa questa mattina -cambio argomento- Mi ha attirato con l'inganno al mio armadietto e una volta aperto dei coriandoli si sono catapultati sulla mia faccia>> ridacchio al ricordo di questa mattina.

Matt ha sempre avuto questa fissazione di farmi una sorpresa la mattina del mio compleanno, ma questa volta si è superato proprio. E mentre io sono rimasta immobile davanti a quella scena e col cuore a mille per via dello spavento, lui se la rideva a crepapelle tanto che è stato costretto a tenersi la pancia dalle troppe risate.

Dietro di noi c'era anche Sofy che rideva sotto ai baffi, complice di quella mente malefica del mio migliore amico. Il cuore aumenta un po' di battito al ricordo della conversazione di questa mattina, la prima vera conversazione che non contenesse come argomento il momento in cui la nostra amicizia si è sgretolata.

"Buon compleanno, Bianca" ha detto con il sorriso.

"Grazie, Sofy. Non pensavo te ne ricordassi"

"Matt non faceva altro che chiedersi che regalo farti, era impossibile anche solo dimenticare che fosse oggi" si è portata una ciocca di capelli biondi dietro l'orecchio in un gesto un po' nervoso e con un sorriso ha continuato: "Mi fa molto piacere vederti felice"

Si riferiva al giorno che ha beccato me e Dylan, i nostri corpi attaccati l'uno all'altro contro lo scaffale della biblioteca. Era lei la voce che conoscevo e che mi ha svegliata dal mio sogno ad occhi aperti. Pensavo che le avesse dato fastidio e invece era felice per me, per noi.

"Non sai quanto io lo sia per te. Ti meriti tanta felicità, Sofy" non ho saputo resistere all'istinto di dirle quanto io lo fossi per lei. Poi mi ha sorriso e in quel modo mi ha fatto capire che c'era ancora speranza per la nostra amicizia.

E io ci credo in noi, Sofy.

Dylan, di fronte a me, inizia a sorridere. Il suo respiro raggiunge le mie labbra, le quali si arricciano di conseguenza.

Stringo maggiormente il nodo creato dalle nostre gambe abbandonate pigramente sul materasso bianco, il tessuto dei suoi pantaloni della tuta grigi si tendono e la parte arrotolata sulle caviglie si solleva di qualche altro centimetro. Subito dopo, lascia scivolare la sua mano lungo il mio fianco fino ad arrivare sulla coscia. Il tuo tocco mi riscalda nell'immediato il lembo di pelle sotto al suo palmo.

<<Cosa ti ha regalato?>> chiede incuriosito, o forse lo fa solo per distrarsi dai suoi pensieri.

Al ricordo di Matt che non smetteva di sorridere mentre scartavo il suo regalo, sorrido: <<Tempo fa scherzavamo sul fatto che perdessi la testa per colpa tua. Gli ho detto che a volte dimenticavo persino come mi chiamassi e allora lui mi ha detto che per il mio compleanno mi avrebbe regalato una targhetta dorata con il mio nome>>

Gli occhi gli si spalancano per la sorpresa mentre un sorriso enorme compare sulle sue labbra: <<E l'ha fatto veramente?>> chiede con la voce che cerca di nascondere incredulità e stupore.

Annuisco in sua risposta, prima che lui getti la testa all'indietro e scoppi a ridere. Il petto viene sconquassato dalle risate mentre la stanza si riempie dell'eco della sua felicità. Non posso che seguirlo a ruota.

<<Fortunatamente non era solo quello. Mi ha regalato una borsa abbastanza piccola che avevo visto e che mi era piaciuta su un sito per cercare il regalo perfetto per Sofy>>

Dylan aggrotta la fronte. Mi spiego meglio: <<Matt, anche se non sembra, è un romanticone sotto copertura e voleva regalare a Sofy qualcosa che le avrebbe ricordato il loro primo appuntamento. Stanno insieme adesso>> dico mentre lo sguardo si perde tra le tende che coprono per metà la porta finestra della stanza. Un sorriso salta fuori senza che sia io a controllarlo.

<<Sono felice per loro. Sono una bella coppia. A proposito, come va con lei?>>

Arriccio un po' le labbra: <<Non bene come vorrei, ma meglio di mesi fa. E' tornata a parlarmi, è un buon segno>> torno a fissare i suoi occhi stracolmi di una calma che non gli appartiene.

Corrugo la fronte dopo aver riflettuto un secondo: <<O almeno credo che sia così. Secondo te è così?>> alla mia espressione confusa, inizia a sorridere sornione. La mia insicurezza risulta adorabile ai suoi occhi.

Sono sicura che stai pensando a quello. Ormai ti conosco quasi alla perfezione.

Sorrido anch'io mentre una ciocca di capelli scivola sulla mia guancia e Dylan allunga una mano per stringerla dolcemente tra l'indice e il pollice per sistemarla con cura dietro l'orecchio.

<<Io credo che stai andando alla grande>> dice. Quella pieghetta all'angolo delle labbra salta fuori nuovamente per via del suo sorriso che torna ad allargarsi. Si avvicina e deposita un bacio veloce e leggero sulle labbra. Anche se solo per un secondo, mi godo il momento con gli occhi chiusi e aspirando a pieni polmoni il solito odore di vaniglia mischiato all'odore di lui che impregna il tessuto della maglietta.

Poi si alza, sciogliendo il nodo di gambe creato poco fa da me, e fa toccare terra i piedi nudi. Le braccia rimangono tese e le mani strette al bordo del letto mentre la testa è china e la schiena è curva. Mi isso su un gomito. Cosa sta facendo?

Anche la tua schiena non riesce più a reggere il peso dei tuoi problemi. Hai cambiato postura in questi ultimi giorni e tu vuoi ancora negare a te stesso che non stai bene.

Il cuore comincia ad aumentare di battiti un'altra volta. Le stesse domande di prima tornano a ronzarmi per la testa. La gola si secca. Che faccio adesso? So che me ne pentirò in un futuro molto prossimo, ma decido di osare: <<Dyl, c'è qualche problema? Sai che puoi parlar->>

Mi interrompe bruscamente, voltando appena il volto verso di me: <<Sto bene Bianca, non c'è bisogno che ti preoccupi costantemente per me>> aumenta il tono di voce.

Poi, si volta completamente verso di me, permettendo ai nostri sguardi di incontrarsi. La potenza che trattengono i suoi mi investe brutalmente, tanto che mi sento mancare per un secondo il respiro.

Riprende con tono più amorevole: <<Va tutto bene, te lo giuro>> mi sorride, ma non in modo vero.

Quel sorriso è spento, quel sorriso non nasconde dietro di sé la felicità, ma rappresenta la facciata perfetta da mostrare agli altri quando dentro muori lentamente, da solo, silenziosamente. Quel sorriso è il tuo biglietto da visita per la morte dell'anima.

Mi si gela il sangue nelle vene. Il viso scavato, le occhiaie evidenti, le labbra leggermente screpolate prive del loro colore naturale roseo, sostituito da un pallido rosa carne sono i segnali che il suo corpo sta inviando per farsi salvare, ma come faccio a salvare qualcuno che non vuole essere salvato?

No, questo non succederà perché io ti salverò sempre in tempo, amore mio, a costo di farmi male, a costo di perdere tutto, a costo della mia stessa vita.

Mi resta solo una cosa da fare: credergli o seguire il mio istinto. Se dovessi scegliere la prima so che finiremo per litigare e adesso è l'ultima cosa che voglio. Se scegliessi la seconda sarebbe come se assistessi alla sua autodistruzione da spettatrice passiva.

Mi mordicchio le labbra.

Nonostante penso che la seconda sia la migliore tra le due, preferisco scegliere la strada della fiducia. Non scelgo il litigio o la sua morte, ma scelgo di fidarmi di lui.

Sento come se un macigno si sia adagiato sul mio petto e ho la sensazione che ci resterà per un po', ma noi due siamo insieme, ci amiamo e l'amore ci basta. Noi bastiamo, come sempre.

Cerco di articolare qualche parola, ma mi anticipa cambiando totalmente discorso: <<Non sei curiosa di vedere la tua sorpresa?>>

Il nodo al petto si allenta leggermente al pensiero di sapere che mi ha preparato una sorpresa. Strabuzzo gli occhi: <<Mi hai preparato una sorpresa?>>

Si alza in piedi dandosi una spinta con le mani ancora poggiate al materasso, barcolla un po', come se avesse difficoltà a reggersi in piedi. Decido di fare finta di nulla. Si volta a guardarmi e allunga una mano verso di me: <<Che pessimo fidanzato sarei se non preparassi nemmeno una sorpresa alla mia ragazza per il suo compleanno?>>

Scivolo velocemente via dal materasso e lo raggiungo, afferrando saldamente la sua mano. La sua presa è leggera.

<<Davvero pessimo, hai ragione>> ci sorridiamo entrambi, prima che mi sollevi in punta di piedi per depositare un bacio dolce sulle sue labbra. Rimango a un soffio dalle sue labbra con gli occhi chiusi per respirare ancora un po' di lui.

Le sue parole interrompono il silenzio: <<Tu aspettami di sotto, ci metto un secondo a cambiarmi>>

Faccio come mi dice e una volta in salotto, gironzolo per un po' per la stanza come se andassi alla ricerca di qualche prova che questa casa sia effettivamente sua. Delle foto, delle decorazioni fatte insieme alla sua famiglia, dei souvenir portati a casa da viaggi fatti insieme. Nulla di tutto questo è conservato tra le mura di questa stanza.

Sopra al caminetto si trova solo un leggero strato di polvere, ai suoi piedi della fuliggine ancora adagiata sul parquet chiaro. Sopra al tavolino in vetro, davanti al grande divano in pelle grigio, delle bottiglie vuote di birra e qualche fazzoletto sporco. I cuscini sopra al divano sono disordinati e le poltrone un po' spostate dalle altre volte.

Non hai ancora pulito le tracce della tua permanenza solitaria qui.

Mi allontano da lì per esplorare qualche altra stanza di questa casa. Il rumore dei miei passi infrange il religioso silenzio mentre i miei occhi scorrono lungo le pareti chiare della casa. All'improvviso la mano stringe la presa sul manico della borsa senza che io sappia il vero motivo, ma quando lo sguardo si stacca da un quadro appeso in cucina, capisco al volo il perché del mio gesto.

Mi trovo di fronte al lungo corridoio buio, in fondo al quale si trova la porta che custodisce tutte le varianti esistenti del tempo: il passato, il presente e il futuro. Prima che me ne possa rendere effettivamente conto, sto già camminando verso di lei, addentrandomi sempre di più nell'oscurità fino ad arrivare ad un soffio da lei.

Ho il cuore in gola e per aiutarmi a respirare schiudo le labbra.

Ricordo perfettamente la voce di Dylan mentre mi parlava di suo padre, sembrava che stesse lottando con tutto se stesso per non farsi tremare la voce. Aveva i muscoli irrigiditi dalla paura e il respiro corto di chi non riesce a respirare bene in un'aria satura di ricordi, sia dolorosi che belli.

Sto per sfiorare la superficie legnosa quando la voce di Dylan arriva attutita alle mie orecchie dalla distanza: <<Sono pronto, possiamo andare>>

La sua voce mi riporta con i piedi per terra e gli rispondo solo dopo aver ingoiato la saliva che si era accumulata tra le pareti molli delle guance: <<Arrivo>> la guardo un'ultima volta prima di correre velocemente da lui.

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<<Bene, la prima domanda è: dove è iniziata la nostra storia?>> domanda Dylan mentre siamo seduti sui sedili della sua macchina.

Mi ha detto che ha organizzato una specie di caccia al tesoro per la città. Lui mi farà delle domande e io devo indovinare il luogo in cui si trovano dei piccoli regali pensati da lui. Pensare che si sia impegnato così tanto per me mi fa esplodere il cuore di gioia.

Rifletto per bene prima di rispondere alla sua domanda mentre mi mordicchio l'unghio dell'indice. Alzo il dito al cielo in un scatto veloce che fa sobbalzare leggermente dalla sorpresa Dylan e sorridere subito dopo. Mi volto verso di lui che trovo a fissarmi con uno sguardo stanco, ma felice: <<A scuola, in biblioteca ad essere più precisi>>

<<Questa era facile. Spero che saprai la risposta anche alle altre se no, mi dispiace per te, niente regali>> mette in moto l'auto mentre mi prende in giro. Io mi limito a regalargli una smorfia, prima di accomodarmi sul sedile e attaccare la cintura.

Per tutto il viaggio continuo a raccontargli di come con gli anni abbia perso l'entusiasmo di festeggiare il mio compleanno e di come Matt sia riuscito a farmelo piacere un po' di più. Devo tanto a quel ragazzo, se ho resistito per tutto quel tempo è grazie anche a lui.

Una volta arrivati a scuola e aver parcheggiato, Dylan mi rivela che il regalo si trova proprio in biblioteca.

Mi blocco in mezzo al parcheggio, poco più lontano da un lampione che illumina quelle due macchine sotto al suo fascio di luce. Dylan, che mi tiene per mano, arresta la sua corsa di conseguenza.

<<Ma sei pazzo? Entrare a scuola di sera?>>

Sorride maliziosamente: <<Dov'è finita la Bianca che ha riempito la scuola di carta igienica con me?>>

Cerco di replicare, ma non trovo nessuna parola adatta da dire, così mi mordo la lingua e inizio a sorridere cercando di non farlo notare molto. Continuiamo a camminare verso l'entrata della scuola. Dylan, dopo essersi guardato in giro, apre la porta e mi guida dentro. Estrae il telefono dalla tasca per accendere la torcia del telefono per permetterci di vedere tra i corridoi bui della scuola.

Senza indugiare oltre, ci avviamo verso la biblioteca e una volta oltrepassata la soglia di quest'ultima, Dylan si ferma ancora una volta. Si volta a guardarmi, il volto per metà illuminato dalla luce fredda della torcia rende il suo viso più inquietante di quel che è veramente. Un brivido mi percorre interamente, dalla punta dei piedi per consumarsi alla radice dei capelli. Mi stringo di più a lui per sentirmi più protetta durante questa escursione notturna nella scuola.

<<Perché ci siamo fermati?>> sussurro, per evitare che ci possa sentire il guardiano della scuola che viene qui solo di notte. Nessuno l'ha mai visto veramente, ma alcuni dicono sia un vecchio dalla barba lunga e bianca, capelli lunghi e arruffati del medesimo colore e con alcuni denti mancanti, una gobba poco pronunciata e un'andatura da assassino dei film horror. Un altro brivido attraversa la spina dorsale.

<<Perché devi rispondere ad un'altra domanda>> sussurra di rimando. Il viso scavato viene messo in evidenza dal gioco di ombre.

Riprende dopo aver puntato la torcia sugli scaffali e aver fatto scorrere il fascio di luce da destra verso sinistra: <<Questa è pure facile, ma devi avere una buona memoria. Quale scaffale ha ospitato la nostra lettura?>>

Dalla mia bocca esce una risatina nasale: <<Troppo facile, Collins. Seguimi>> dico sicura di me e, con ancora le dita intrecciate, lo guido tra gli alti scaffali stracolmi di libri, raggiungendo a passi veloci il nostro ritrovo per leggere Romeo e Giulietta.

Proprio nello stesso punto, si trova una lanterna accesa e ai suoi piedi una scatola incartata con della carta regalo. Ci avviciniamo piano e una volta ai suoi piedi il mio viso si accartoccia in un'espressione curiosa mentre con la coda dell'occhio vedo Dylan iniziare a sorridere sornione. 

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