25. Ti stai perdendo
Tutto diventa più chiaro, come il cielo torna a essere azzurro dopo un temporale e le nuvole grigie vengono mosse dal vento per depositare altrove parte dell'acqua trattenuta nella loro morsa ferrea.
"Domani lo diremo a Richard e alla mamma". Le parole di Alex tornano a fare eco nella mia mente.
Poi le parole di Dylan dello stesso giorno: "... Credo che stia insieme a questo ragazzo, solo che ha finito i soldi e si è offerta di procurargli la droga, ecco perché mi ha parlato" .
Ed ecco cosa sta succedendo dentro questa cucina illuminata solo dalla luce calda del lampadario sopra le nostre teste, Richard seduto a capotavola con i gomiti piantati sulla superficie di legno e le dita delle mani che si incrociano, permettendo al suo volto indurito dalla rabbia di nascondercisi dietro.
Mia madre, d'altrocanto, siede accanto a lui col capo chino e un'espressione delusa in volto e qualche volta scuote il capo impercettibilmente non credendo nemmeno lei alla situazione. Lancio in fine un'occhiata a mio fratello, il quale è seduto di fronte a mia madre e con la schiena premuta contro lo schienale della sedia mentre tiene le braccia conserte strette al petto.
Il cuore aumenta di batti quando i miei occhi si posano sulla figura di Diana, accanto a mio fratello, che tiene il capo chino per far sì che i capelli le coprano il viso ed evitare che qualcuno di noi possa vedere ogni sua certezza crollare sotto il peso delle parole accusatorie. Muove la gamba nervosamente mentre le dita giocherellano tra loro nella speranza di non lasciar fruire quella rabbia verso altre vie.
Sento i battiti del cuore aumentare e rimbombare nella gabbia toracica fino a sentirli pulsare forti, prepotenti nelle tempie. La gola si secca e le labbra si schiudono in cerca di ossigeno quando lo sguardo si sposta al centro del tavolo, attirato dalle bustine bianche che giacciono colpevoli sulla superficie lignea: grammi di droga.
No, no, non doveva andare a finire così. Cosa ci fa quella dentro casa nostra?! Sei davvero così furba, Diana, da lasciarla incustodita qui? Era davvero poco prevedibile che scoprissero tutto?
Ingoio a fatica.
<<Ti prego di sederti Bianca, dobbiamo parlare>> la voce profonda e dura di Richard mi riporta alla realtà dai miei pensieri. Il tono è così diverso che stento quasi a riconoscerlo.
Dopo una manciata di secondi, mi muovo lentamente verso la sedia accanto a mia madre e dopo averla spostata con un rumore sordo, mi lascio andare su di essa.
Andrà bene, tutto alla fine va sempre per il meglio, vero?
Finalmente Richard alza lo sguardo, gli occhi ridotti a due fessure, la fronte corrugata dalla rabbia e le labbra sottili distese in una linea dritta. I suoi occhi scuri si posano direttamente sulla figura di sua figlia, la quale non ha neanche un briciolo di coraggio per alzare il capo e affrontare lo sguardo del padre ma se ne resta ferma, immobile, la schiena curva sotto al peso delle colpe che porta.
Le sue labbra danno forma ad altre parole: <<Voglio che mi spiegate tutto, adesso>> dice con fermezza. Poi, il silenzio religioso che viene fronteggiato coraggiosamente dai nostri respiri.
Qualche secondo ancora prima che la bolla della quiete venga scoppiata da Richard, il quale batte un pugno sul tavolo, facendo sobbalzare tutti: <<Ho detto che voglio una spiegazione!>> tuona, gli occhi intrisi di molta rabbia, quella che ti fa perdere il controllo e ti fa dimenticare della persona che sei veramente.
Mia madre interviene immediatamente, muovendo una mano verso di lui per andarla a posare poi sul suo avambraccio. Il pugno stretto ancora attaccato sulla superficie liscia come se ci fosse della colla: <<Mantieni la calma, caro. Ci sarà sicuramente una spiegazione a tutto questo>>
Il suo sguardo si posa su quello di mia madre. Si osservano per una manciata di secondi poi Richard si alza di scatto, facendo strisciare la sedia contro il pavimento: <<Una spiegazione? Mi sembra ben chiara la situazione. Cosa vuoi che ci facciano delle ragazze con delle bustine di sostaanza in camera loro?!>> un altro pungo contro il tavolo, ma stavolta nessuno sobbalza perché i nostri sensi sono stati risvegliati da ciò che ha detto.
Credi davvero che io possa aver portato quella roba dentro casa?
Mi volto verso mia madre, la quale ha perso ogni traccia di paura e incredulità e si è vestita di rabbia raccolta e trattenuta nella mano stretta in un pugno. Le nocche diventano bianche tanto che per un momento penso che potrebbe spaccarsi come un vetro colpito da un sasso.
E tu mamma, non ci crederai veramente, giusto? Tu mi conosci, sai che non farei mai una cosa del genere. Ti prego mamma, prendi parola.
Il cuore aumenta di nuovo di battiti e a fatica riesco a mandare giù per la gola la saliva accumulata tra le pareti molli della bocca.
<<Puoi pensare e dire ciò che ti pare Richard, ma non accusare mia figlia di far entrare in casa nostra della cocaina>> dice a denti stretti mentre i loro sguardi infuocati cercano di prevaricare sull'altro, invano.
Richard diminuisce lentamente la distanza tra i loro volti, arrivando a una spanna dal suo viso. Poi le sue labbra danno forma a un sussurro fatto di parole: <<Stai insinuando che mia figlia abbia fatto tutto da sola e che Bianca non fosse a conoscenza di questa cosa?>>
<<Sto dicendo che io conosco mia figlia e so che lei non lo farebbe mai>> marca con il tono l'ultima parola, prima di voltarsi verso di me e scongiurarmi con lo sguardo che ciò che ha detto sia vero. Poi, la bocca diventa l'unico canale possibile per esprimere i suoi pensieri: <<Dimmi che è così tesoro. E' vero che tu non c'entri nulla?>> mi chiede con voce tremante.
Tu non dubiti di me, mamma, tu sai chi sono io ma nonostante questo hai sempre la paura di perderti qualcosa di me e ritrovarti all'improvviso con la versione peggiore di me.
Non dico che non è già successo, perché ero diventata un corpo che andava in giro senza anima e tu non te ne sei mai accorta, ma adesso che sono tornata in me, adesso che ho ritrovato me stessa non ho intenzione di perdermi di nuovo per una via buia. E questo non accadrà finché avrò Dylan con me, il mio faro in mezzo alla tempesta.
Prima di rispondere, lancio un'occhiata a Richard che se ne sta in piedi sostenendosi con entrambi la mani chiuse a pugno sul tavolo mentre cerca di mantenere il controllo attraverso grandi respiri: <<Richard ha ragione, mamma>> dico una volta uniti i nostri occhi. I miei grigi sprofondati nei suoi castani. Trattiene il respiro mentre mi sembra di riuscire a udire persino il suo cuore pompare velocemente. Poi riprendo: <<Io sapevo della droga, ma non sono stata io a portarla qui dentro>>
Diana, che fino a questo momento sembrava non voler essere partecipe di questa conversazione, alza di scatto il volto rivelando gli occhi rossi per le lacrime colate e ancora incollate sulle guance e le labbra arrossate per via dei morsi violenti per trattenere tutto dentro di sé. La fronte si corruga e gli occhi chiari si colorano di un'intensità diversa, più scura.
E' arrivato il momento di prendere una decisione e so già quale scegliere. Le lancio un'ultima occhiata prima di prendere la rincorsa e dire: <<E' vero, è stata Diana a prenderla ma non è per lei. Un ragazzo che si trova in una fase di astinenza acuta la sta ricattando, utilizzandola come rifornimento>>
Torno a guardare Diana, la quale mi lancia subito un'occhiata interrogativa. Rimango impassibile davanti a quell'espressione, ma cerco comunque di comunicarle le mie intenzioni solo attraverso lo sguardo. Le coglie al volo e annuisce debolmente.
Richard, che fino a quel momento era stato così gentile da starmi ad ascoltare, si volta di scatto verso sua figlia: <<Dimmi che è la verità, Diana, dimmi che non sei tu quella che fa uso di sostanze>> i suoi occhi diventano improvvisamente più piccoli e velati di uno strato di lacrime la pregano silenziosamente.
Diana esita un po', alternando lo sguardo da me a suo padre. Prima Richard, poi io. Di nuovo Richard e ancora io. Alla terza volta, incastra i suoi occhi chiari in quelli del padre: <<E' tutto vero, papà. Non ho voluto dirtelo per non farti preoccupare>> a disagio, sposta dietro l'orecchio una ciocca di capelli che le impediva di vedere perfettamente.
D'altro canto, suo padre chiude gli occhi e getta la testa all'indietro mentre porta entrambe le mani sulla testa e poi tra i capelli, strattonandoli un po'. Butta fuori tutta l'aria che aveva accumulato dentro ai polmoni e torna a respirare normalmente dopo aver preso qualche respiro profondo.
<<D'accordo, ti credo. Ma questo non toglie il fatto che tu abbia deciso di fare da rifornimento per quel ragazzo>> le punta un dito contro con tono meno severo di prima.
Riprende: <<Capisci quanto è pericoloso quel mondo?! -torna ad alzare il tono di voce, cercando di trattenere la rabbia che lo brucia dentro- Non ci si può fidare di quella gente, nessuno lì è tuo amico. Un solo passo falso e sei morta!>> tuona, tanto che le vene del collo si fanno evidenti e il palmo della mano va a battere contro il tavolo.
Diana sobbalza mentre incassa la testa nelle spalle. Poi torna a distendere i muscoli, ma i suoi occhi non riescono ancora a guardarlo.
Richard sposta velocemente la sedia che gli ostacolava il passaggio e a grandi falcate la raggiunge, per poi inginocchiarsi davanti a lei mentre le mani si posano sulle sue spalle: <<Morta! Mi hai sentito?! -la strattona un po' mentre Diana, col capo chino, si morde violentemente il labbro inferiore per trattenere il pianto- E io non posso lasciarlo accadere sotto ai miei occhi. Non posso perdere anche te, bambina mia>>
La mani che prima la scuotevano come a risvegliarla da un incubo ad occhi aperti, cominciano a tremare mentre lentamente lasciano la presa e si dirigono verso le sue guance. Si posano lì, i due pollici asciugano le lacrime che cadono copiose mentre Richard chiude gli occhi e poggia la fronte contro quella di sua figlia. Gocce di dolore e paura scivolano indisturbate anche sulle sue guance.
Davanti a quella scena si forma un nodo stretto alla gola, mi sento mancare il respiro. Istintivamente cerco la mano di mia madre e quando la trovo mi stringe forte fino a farmi male.
<<Mi dispiace papà, mi dispiace così tanto>> dice lei tra vari singulti. Poi, si lancia tra le sue braccia e lo stringe forte fino a fargli mancare il respiro, mentre Richard barcolla un po' prima di accarezzarle gentilmente i capelli con un sorriso leggero che gli illumina il volto.
Hai avuto paura, paura di essere stato così disattento dal non esserti accorto che tua figlia è entrata in un giro pericoloso. Hai avuto paura, paura nel vedere una Diana che non riconosci come tua figlia. Tu e mia madre, nella stessa sera, avete avuto paura di non riconoscere più i vostri figli, ma adesso che la stringi tra le braccia ti rendi conto che è ancora lei.
Le labbra mi si increspano mentre sia io, mia madre e Alex, che se ne è stato in disparte per tutta la discussione come a non voler essere di troppo, sospiriamo sollevati.
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Non tutto ciò che sembra finisca bene, finisce bene. Così come quando stringi una perla tra le dita, non è detto che questa lo sia veramente. Infatti, con la discussione di ieri sera pensavo che tutto si fosse risolto per il meglio, ma non è stato così.
Mentre tutti eravamo seduti attorno al tavolo in cucina e cercavamo di lottare contro il sonno per mangiare ciò che si trovava nei nostri piatti, Richard prende parola: <<Diana -la richiama e lei alza alza il capo nella sua direzione- ho riflettuto molto questa notte e ho deciso che le tue azioni non possono restare impunite>>
Diana si blocca all'istante con la mano sospesa in aria mentre regge il cucchiaio pieno di latte, dentro al quale galleggiano cereali al mais. Ingoia la saliva a fatica: <<E io che pensavo di averla scampata>> sussurra scherzosamente per distendere un po' la tensione che si è aggrappata alle pareti di questa stanza. Un sorriso le increspa le labbra ma si spegne una volta incontrato lo sguardo serio del padre.
<<Non andrai al campeggio di prossima settimana e dovrai lavorare duramente insieme a Bianca per consegnare finalmente quel progetto che vi avevo assegnato>> sospira, prima di insaccare una manciata di cereali nel cucchiaio. Ci lancia un'occhiata: <<E' passato fino troppo tempo, non credete?>> lo porta alla bocca e inizia a masticare.
<<Aspetta, questo significa che devo restare qui anch'io?>> chiedo incredula, rivolgendomi verso mia madre, la quale mi osserva con uno sguardo dispiaciuto. Il sorriso che avevo muore all'istante.
<<Avresti potuto dircelo prima, ma non l'hai fatto e questo ti rende in un certo senso sua complice>> dice Richard fermamente dopo aver ingoiato.
Sto per ribattere ma la voce di Diana mi precede: <<Papà, lei non c'entra nulla. E' colpa mia se quelle bustine erano in camera nostra. Non punire pure lei>> finisce la frase sussurrando, come se non volesse farmelo sentire.
Tu mi hai difesa... Perché? E' questa la vera Diana, allora? Quella corazza che ti raffigurava come la stronza invidiosa, l'hai indossata per tenere lontano tutte quelli che ipoteticamente avrebbero potuto farti soffrire. E adesso ti sei spogliata di quell'armatura e non hai paura di mostrarti per la vera te, una ragazza fragile e distrutta dentro per la morte improvvisa della madre.
Le parole di Richard mi riportano con i piedi per terra dopo aver osservato Diana per non so quanto tempo: <<Ma così dovrai svolgere il lavoro tutto da sola>> le fa notare.
<<Non fa nulla. Bianca ha già fatto la sua parte, ora tocca a me completarlo>>
Rimango sempre più stupita dalle sue parole. Poi, una strana sensazione si smuove dentro di me, tanto forte da impedirmi di pensare troppo a lungo che è già arrivata alle mie labbra: <<Non ci vado>>
<<Cosa?>> dicono tutti all'unisono, increduli. Faccio scorrere lo sguardo su tutti loro prima di posarli su quelli di Diana. Ripeto: <<Non vado al campeggio, resto qui ad aiutarti>>
<<Bianca no, non ce ne bisogno, posso farlo da sola, grazie>> dice con tono acido.
Ecco la Diana che conosco, quella stronza ma dolce dentro.
<<Voglio restare qui a darti una mano. Non puoi accettare questa gentilezza e basta?>>
<<Non voglio che tu ti senta costretta a restare qui mentre potresti benissimo divertirti con i tuoi amici>>
<<Non mi sento costretta, voglio solo aiutarti. E non mi importa se non ti va bene, io resto>> asserisco. Diana mi fissa con la fronte corrugata, poi sospira: <<Va bene, fà come vuoi, sei tu quella che ci perde>> e torna a prestare attenzione alla sua tazza ancora piena di latte e cereali galleggianti.
Una volta in camera, sedute entrambe sul bordo del letto per infilare le scarpe ai piedi, non riesco a trattenere la curiosità che mi sta divorando lo stomaco: <<Perché mi hai difesa a colazione?>>
Diana, di fronte a me, si blocca all'istante e rimane con la schiena curva mentre i capelli ricci non mi permettono di vederle il viso. Dopo qualche secondo si alza in piedi, dirigendosi verso la specchiera. Sposta la sedia e dopo poco è già seduta con l'eyeliner tra le dita e sporta verso lo specchio per evitare di sbagliare.
Con un occhio chiuso e le labbra leggermente arricciate per la concentrazione, mi risponde: <<Tu mi hai aiutata ieri sera. Hai mentito per me, ho semplicemente ricambiato il favore>>
Annuisco debolmente prima di battere entrambe le mani sulle ginocchia e alzarmi due secondi dopo. Afferro la mia borsa a tracolla da sopra il mio letto e in silenzio mi dirigo verso l'uscita della stanza ma a bloccarmi è la voce di Diana: <<Bianca?>>
Faccio un passo indietro e fisso lo sguardo su di lei: <<Mhm?>>
Le labbra si muovono lentamente ma nessun suono riesce ad uscire dalla bocca. Prende un bel respiro e con molta difficoltà prende la rincorsa: <<Grazie per ieri sera>>
Non credo alle mie orecchie. Diana mi ha davvero ringraziata. Inizio a sorridere debolmente ma per colpa delle sue parole si spegne all'istante: <<Segnatele bene in mente queste parole perché questa è l'ultima volta in cui le dirò e ora sparisci, devo finire di truccarmi in santa pace>>
Torna a guardarsi allo specchio e a ignorarmi.
Avrei dovuto aspettarmi che avresti rovinato tutto, come sempre, ma sono contenta che io e te siamo riuscite a fare un passo avanti.
Alzo gli occhi al cielo prima di allontanarmi dalla stanza. E mentre cammino per il corridoio non riesco a smettere di sorridere.
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Mordicchio nervosamente il tappo blu della penna mentre i miei occhi restano fissi sul quaderno in cui è scritta una bozza del progetto da consegnare a Richard. La gamba destra continua a muoversi nervosamente e l'unghia dell'indice batte incessantemente sulla superficie lignea di uno dei tanti tavoli della biblioteca della scuola.
All'improvviso sento il bisogno di darmi tregua, così la gamba si blocca e mi lascio andare sullo schienale della sedia mentre un sonoro sbuffo oltrepassa il confine delle labbra. Alzo lo sguardo e i miei occhi si fermano sulla figura di Dylan seduto di fronte a me.
Con aria quasi rilassata, regge in mano un libro preso dalla biblioteca mentre l'altra mano chiusa a pugno sprofonda nella sua guancia. Il ciuffo ancora lungo dei capelli gli copre parte del viso ma sono quasi sicura che oggi abbia un'aria un po' assente.
Mi sporgo verso di lui per poi arpionare con l'indice il libro e farlo poggiare sul tavolo. I suoi occhi si staccano dalle pagine sporche d'inchiostro per posarsi su di me.
Avevo ragione, la tempesta che porti dentro ti sta investendo di nuovo con le sue onde impetuose. Ti stai perdendo e me lo stai tenendo nascosto.
<<Che succede? Sei strano da tutta la mattinata>> gli faccio notare, ma l'unica risposta che ricevo è un arricciamento di labbra e: <<Non succede nulla. Sto bene>> scrolla le spalle e torna a posare lo sguardo sulle pagine piene di parole.
<<Lo vedo che stai affondando Dyl. Dimmi che succede>>
I nostri occhi si incontrano di nuovo, i suoi adesso più consapevoli di non potermi nascondere nulla. Poso la mano sulla sua per fargli capire che io sono qui, pronta ad ascoltarlo.
<<Nulla di importante, in realtà. Aprire quella porta è stato più complicato del previsto ma lo supererò, sta tranquilla>> sorride in modo tirato prima di stringere forte la mia mano.
Vorrei potergli credere ma i suoi occhi non riescono a mentire. Indugio un po', poi riapro bocca: <<Sei sicuro? Sai che puoi dirmi tutto>>
<<Sono sicuro Bianca. Sto bene, starò bene>> mi sorride di nuovo.
Forse mi sto sbagliando, forse è vero che sta bene. Decido di credergli. Annuisco lentamente prima di sciogliere il nostro intreccio di dita e tornare a concentrarmi sul mio quaderno, ma sento l'aria muoversi accanto a me e subito dopo Dylan è dietro la mie spalle, il viso vicino al mio orecchio.
<<Che ne dici di distrarci un po'?>> soffia mentre il suo fiato caldo mi stuzzica la pelle sensibile a lui.
Sorrido mentre le sue labbra carnose iniziano a depositare piccoli baci dietro le orecchie. Avvampo immediatamente mentre chiudo gli occhi di colpo e mi lascio ammaliare dal suo tocco. Mi rilasso contro lo schienale della sedia, oltre al quale trovo il suo addome ad accogliermi protettivo come sempre.
Scende lentamente verso il collo, lasciando dietro di sé una scia di baci lascivi. Il calore che mi brucia dal centro dello stomaco comincia a diffondersi per tutto il corpo fino ad arrivare alle guance. Sono sicura di essere diventata paonazza.
Tum.Tum.Tum.Tum. Questi i sono tutti i battiti in più che tu riesci a donarmi amore mio.
La magia e la tensione viene spezzata da Dylan che mi afferra la mano e mi costringe ad alzarmi per condurmi nella parte più profonda della biblioteca e nasconderci tra gli scaffali che hanno visto generazioni e generazioni scambiarsi effusioni lontani da occhi indiscreti.
Finisco spalle contro al legno mentre Dylan mi sovrasta con la sua altezza e le sue ampie spalle, possenti, forti modellate dal tessuto leggero della maglietta nera che indossa. Mi aggrappo al suo sguardo per non lasciarmi cadere a causa delle gambe molli.
E tu reggimi, tienimi stretta e promettimi che non mi lascerai mai cadere. Io e te, l'uno sempre pronto a sorreggere l'altra.
I suoi occhi si assottigliano per poi diventare più scuri, tinti di una tonalità che non ho mai visto ma che trovo davvero attraente. Le sue mani si aggrappano ai miei fianchi mentre si fa sempre più vicino fino a far aderire completamente i nostri corpi.
Il cuore corre all'impazzata dentro al petto e sono sicura di riuscire a sentire anche il suo fare eco nella gabbia toracica. Poi, unisce avidamente le nostre labbra per togliermi anche l'ultima boccata di ossigeno che mi restava nei polmoni.
Ma se ci sei tu a stringermi, a baciarmi, io continuerò a respirare comunque perché sei tu il mio ossigeno.
Il suo ginocchio si insinua tra le mie cosce e a quel punto non riesco a trattenermi oltre, un gemito si aggrappa alle pareti dello stomaco per risalire fino alla mia gola. Le mie dita insinuate tra le ciocche dei suoi capelli sulla nuca, stringono la presa e tirano leggermente mentre con l'altra mano mi aggrappo ulteriormente alle sue possenti spalle.
Dylan sorride sulle mie labbra, consapevole di quello che riesce a provocarmi col suo tocco.
Che stronzo!
<<E se c'è qualcuno?>> dico a corto di fiato mentre chiudo gli occhi per godermi ancora una volta i suoi dolci baci lasciati sul collo.
Le sue mani scivolano lentamente dai miei fianchi fino al mio fondoschiena. Sobbalzo un po' per la sorpresa ma lo lascio fare, rassicurata dalle sue parole: <<Sta tranquilla, non c'è nessuno a quest'ora qui dentro>>
Getto la testa all'indietro per consentirgli maggiore accesso e perché voglio che non si fermi più per i prossimi minuti. Ormai totalmente assuefatta dalla potenza con la quale è capace di rendermi così vulnerabile, non riesco a sentire il rumore di passi che si sta avvicinando a noi.
<<Bianca?>> la magia viene spezzata da quella voce che ci richiama nel mondo reale. Entrambi ci voltiamo verso la direzione da cui proviene. Il cuore continua a correre verso una meta ignota e le guance prendono ancora più colore.
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