20. Mezze verità

<<Quello era il luogo in cui io e mio padre intrattenivamo la gente con la musica. Non lo vedevo mai sorridere così ampiamente durante il giorno, ma quando venivamo lì tutto il resto spariva e restava solo lui e la sua musica>>

Lo guardo affascinata dal modo in cui Dylan non smette di sorridere mentre racconta di suo padre. Le mie labbra automaticamente si stendono in un sorriso mentre punto il gomito contro il tavolino di plastica a cui siamo seduti e poggio il mento sul palmo della mano.

Continua, mentre le sue dita che stringono una cannuccia a strisce rosse iniziano a girare la Coca-Cola dentro al bicchiere enorme di vetro: <<Per lui la musica era il rifugio perfetto per nascondersi quando il mondo diventava troppo crudele. La paragonava alle braccia di una madre che ti cullano e ti fanno sentire al sicuro quando piangi>>

Un gruppo di ragazzi quasi ubriachi esce dal locale pochi metri più avanti, gridando cose incomprensibili. Gli lancio un'occhiata infastidita prima di poggiare la mia mano sulla sua. I nostri occhi si incontrano: <<Tuo padre era una persona speciale. Mi dispiace di non poterlo conoscere>>

<<Non sai quanto dispiace a me -sospira pesantemente- Ti avrebbe adorata>>

Avvampo mentre ci doniamo un altro sorriso. Beve gli ultimi sorsi di Coca-Cola velocemente e quando poggia il bicchiere sul tavolo, mi dice: <<Ti riporto a casa ragazzina, la mezzanotte si avvicina. Non vorrei che la carrozza si trasformi in zucca>> mi schiaccia un occhiolino.

<<Sei davvero simpatico, sai. Penso di avertelo detto spesso>> dico mentre cerco di trattenere una risata.

Dylan si alza dal suo posto e mi raggiunge, porgendomi la mano per aiutarmi ad alzarmi: <<Sì, ricordo perfettamente>>

Quando afferro la sua mano e ritorno in piedi, mi attira a lui per un fianco e unire le nostre labbra. Dopo aver pagato, ci confondiamo nuovamente nella folla che riempie ancora la piazza mano nella mano. Nella strada del ritorno, ci ritroviamo a passare vicino ad un negozio di musica. Il mio occhio, però, non viene attirato dalle chitarre di marche costose esposte in vetrina e con un faretto puntato addosso, ma da una locandina dai colori rosa e arancione, dove al centro si trova la sagoma nera di un chitarrista intento a suonare.

La curiosità di cosa ci sia scritto mi divora subito lo stomaco.

Non lo fare Bianca, è una pessima idea la tua.

Guardo Dylan al mio fianco, una leggera increspatura di labbra gli illumina il volto. Sorrido a mia volta mentre prendo la mia decisione.

<<Dylan, possiamo entrare in quel negozio di musica?>> lo strattono leggermente per il braccio mentre un dito si leva in aria per indicargli il punto preciso. Segue il mio dito e lo nota subito. Arriccia il naso e si volta verso di me: <<Che devi fare?>>

<<E' da molto tempo che mio fratello vuole comprarsi una chitarra. Vorrei vedere una di quelle>>

Che bugiarda.

<<Mi dispiace distruggere tutti i tuoi sogni ragazzina, ma per entrare in un negozio del genere devi avere un bel conto in banca>> scherza, muovendo un passo in avanti per allontanarsi da lì. Io pianto i piedi nel terreno, le nostre mani ancora intrecciate non ci permettono di separarci.

<<Ho detto che ne voglio vedere qualcuna, non comprarla. Ti prego>> indosso gli occhi da cucciolo e arriccio il labbro inferiore. Non può dirmi di no in questo modo.

Alex mi ha sempre detto che sono terribile con quegli occhioni, tanto che potrei ottenere persino la luna se la chiedessi a qualcuno.

Mi osserva attentamente, prima di iniziare a scuotere la testa mentre il suo petto vibra a causa di una risata: <<Sei pessima, te lo giuro>>

<<E' un sì?>>

<<Andiamo, prima che cambi idea>> un gridolino di gioia esce dalle mie labbra mentre ci avviamo verso il negozio dall'altra parte della strada, illuminato da una grande insegna a led.

La melodia dei campanelli che si scontrano tra loro indicano il nostro ingresso. Tanta gente si trova in mezzo ai corridoi ad altezza uomo, sfogliando album di cantanti o semplicemente dei manuali di istruzione per suonare uno di questi strumenti.

Alla fine del negozio, un'intera parete di colore bordeaux è ricoperta da strumenti: chitarre, clarinetti, flauti, persino dei microfoni esclusivi. Mi perdo per qualche secondo ad ammirare quella parete, prima che mi ricordi quale sia il mio vero scopo: leggere la locandina. Mi guardo intorno per vedere dove si trovano e con grande stupore noto un porta giornali proprio sotto quella parete. Trovate. Sorrido trionfante.

<<Io vado a controllare le chitarre che stanno da quella parte>> lo avviso.

<<Non ti basta vedere queste?>>

<<Voglio vederle tutte, tu intanto guarda queste>>

<<Se vuoi>> sospira ancora una volta prima di concentrare l'attenzione sui reggi chitarra multipli, sfiorando con le dita la superficie laccata di alcune chitarre.

A grandi falcate raggiungo il mio obbiettivo e prendo in mano la versione in miniatura della locandina appesa alla vetrina del negozio.

Leggo attentamente:

"Sai suonare uno strumento, che sia la chitarra, la batteria o tanto altro? Il tuo sogno è quello di salire su un palco e far provare emozioni con la sola voce? Allora questo è lo spettacolo che fa per te: grande serata al Light moon per le nuove star emergenti della musica e del canto

Giorno 26 giugno. Iscrivetevi in numerosi e ricordate: se dovete sognare, sognate in grande"

Stringo forte quel pezzo di carta tra le mani mentre prendo dei respiri profondi. Il mio sguardo si posa oltre gli scaffali, dove riconosco il volto di Dylan intento ad osservare gli strumenti. Vorrei tanto iscriverlo, ma ho paura che si possa arrabbiare. Non tocca una chitarra da quando suo padre non c'è più. Devo rifletterci per bene e capire cosa fare.

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Rotolo tra le coperte, consapevole del fatto che sto per svegliarmi completamente, ma la voglia di restare ancora tra le braccia calde delle coperte è così alta che non calcolo bene lo spazio del mio letto e finisco col cadere giù con un tonfo.

E se prima avevi una possibilità di restare a letto per altro tempo, adesso si sono annullate tutte. Fantastico.

Mi lamento del dolore mentre mi massaggio il punto dolorante. Diana si muove sotto le coperte, probabilmente dopo essere stata svegliata da me.

<<Ma è possibile che non riesci nemmeno a dormire?>> biascica, con la voce ancora impastata dal sonno. Preferisco non rispondere, dal momento che la giornata è appena iniziata e non ho voglia di cominciare con una litigata con la mia sorellastra.

Mi alzo da terra e dopo aver gettato sul letto le coperte che erano cadute con me, scendo al piano di sotto per fare colazione. Mia madre e Richard sono già seduti al tavolo a fare colazione.

<<Buongiorno>> diciamo all'unisono. Mi preparo una tazza di latte e caffè e lascio un dolce bacio sulla guancia di mia madre prima che mi sieda accanto a lei.

<<Allora Bianca, avete finito il compito che vi ho assegnato?>> chiede Richard con quel solito sorriso mattutino, il braccio piegato verso la sua bocca mentre in mano regge una grande tazza di latte. Mi chiedo sempre dove la trovi quella forza di sorridere già di prima mattina.

<<Ancora no, Diana non è stata disponibile in questi giorni. E' strana ultimamente>> dico prima di mettere in bocca il biscotto che ho appena inzuppato nel latte.

Alle mie parole, Richard sembra agitarsi sulla sedia. Si schiarisce la gola mentre con due dita si allarga il colletto della camicia, come se non riuscisse a respirare bene.

Forse è arrivato il tuo momento di sapere la verità, Bianca. Cogli questa occasione al volo prima che possa sfuggirti di mano.

<<Cosa le succede?>> chiedo io, mangiando un altro biscotto.

<<Bianca>> mi interrompe mia madre, posando una mano sul mio braccio. Ci scambiamo uno sguardo e dai suoi occhi riesco percepire che non sarà una cosa facile da rivelare. Alzo le spalle, confusa.

<<No, tesoro, siamo una famiglia adesso, credo sia giusto che lei sappia>> la voce gli trema.

<<Rich>> lo ferma lei con volto dispiaciuto, ma lui scuote la testa fermamente. Poi sorride mentre posa una mano su quella di mia madre: <<Sta tranquilla tesoro, è stato tempo fa, l'ho superato>>

Queste parole sono un brutto segno. Non so cosa sia successo di preciso, ma mi sembra di aver già capito in linea di massima.

Prende un bel respiro. Poi prende la rincorsa e le sue labbra iniziano a muoversi: <<Giorni fa era un giorno particolare per Diana, ma anche per me ovviamente perché era l'anniversario di morte di sua madre. Ecco perché si è comportata in modo strano>>

Rimango pietrificata a quelle parole, ogni muscolo sembra aver perso la capacità di muoversi tanto che il biscotto che reggevo tra le dita è scivolato dalle mie mani per finire dentro alla tazza di latte. Qualche schizzo mi bagna la mano.

Avevo capito che le fosse successo qualcosa di brutto, ma queste parole fanno sempre un certo effetto.

I battiti del cuore aumentano e il respiro si blocca in gola, ma sento il bisogno di dover dire qualcosa. Provo a muovere le labbra. Nessun suono. Non ci riesco. Trovo una scusa per perdere tempo: afferrare velocemente il cucchiaio accanto alla mia mano e utilizzarlo per pescare il biscotto e mangiarlo. Ma quando lo butto giù, non ho più nessuna scusa per non parlare.

<<Mi dispiace>> sono queste le uniche parole che sono in grado di rotolare giù per la lingua.

<<E' successo anni fa, ma ci aspettavamo che non ce l'avrebbe fatta già da prima>>

<<Era malata?>> chiedo incuriosita.

<<Cancro. Ha lottato finché il suo corpo ci è riuscito, finché non è diventata malata terminale>> le sue parole sono solo un sussurro incrinato e capisco perfettamente il perché. Vedere spegnersi sempre di più la persona che ami non deve essere facile, né da affrontare né da superare.

E adesso ripenso a tutto ciò che ha fatto Diana, al fatto che indossasse una maschera per non mostrare la parte fragile di sé. Ripenso ai suoi pianti, ai suoi sguardi persi, alle sigarette consumate. Ora che ci penso, si somigliano tanto lei e Dylan e pensare a questo comincia a farmi paura.

E se Dylan dovesse accorgersene? E se capisse che lei è come lui e che per questo motivo potrebbe capirlo come nessun'altro sarebbe capace di fare?

Il cuore comincia a battere forte, lo stomaco si ribalta a tal punto che ho l'urgenza di scappare in bagno. Chiudo la porta con un tonfo e mi poggio contro la superficie lignea mentre il petto si alza e si abbassa velocemente.

Respira Bianca, controlla i respiri e vedi che andrà tutto bene. Non per forza tutto ciò che pensi si avvera veramente.

Porto una mano al cuore mentre prendo profondi respiri finché il battito si stabilizza e l'aria torna ad infrangere le barriere delle narici. L'ossigeno di cui ho bisogno è di nuovo nei polmoni.

Mi avvicino allo specchio e con la mani mi poggio al lavandino. Fisso il mio riflesso, il viso ancora scosso dalla confessione di Richard e dai miei pensieri. Poi, le gambe diventano improvvisamente molli e così cado in ginocchio. Le mani, però, restano aggrappate al bordo del lavandino, come se servisse a farmi restare ancorata a questo mondo.

La porta si apre improvvisamente e il riflesso dello specchio mi suggerisce che è Alex, il quale dopo un primo smarrimento nel volto, si inginocchia accanto a me per chiedermi se va tutto bene. Lo abbraccio forte senza aggiungere una parola, le mie mani sulla sua schiena non smettono di stringere il tessuto della maglietta mentre quella paura che non avevo mai provato mi divora lo stomaco.

<<Che succede?>> mi chiede con voce gentile, mentre una sua mano mi accarezza i capelli.

Sento la gola secca, ma sento comunque un disperato bisogno di parlare con lui. Le labbra si muovono, ma la voce mi trema: <<Ho paura di perderlo Alex>>

<<Chi?>>

<<Dylan, ho paura di perderlo. E se non dovessi essere abbastanza per lui? Se un giorno si rendesse conto che non sono io la ragazza che vuole?>> comincio a parlare a raffica, tanto che Alex fatica un po' per starmi dietro.

Alla fine, però, lo sento sorridere e le sue braccia mi stringono più forte a sé: <<Capisco che lo ami e che hai paura di perderlo, ma non devi mai essere abbastanza per qualcuno>> scioglie il nostro abbraccio per prendere il mio viso tra le mani e rassicurarmi con quel sorriso luminoso e pieno d'amore.

Cosa vuoi dire fratellone? Rispondimi ti prego perché sento mancarmi il respiro ad ogni secondo che passa.

Pensavo di essere riuscita a riconquistare la calma, ma mi sbagliavo.

Continua: <<Devi essere abbastanza per te stessa e se non capisce il valore che hai, allora passa avanti. Farà male, certo: ti sentirai delusa, tradita, penserai che non potrai più fidarti di qualcuno che ti dice "Ti amo", ma alla fine vedrai che capirai quanto sia stato bello essere egoisti per una volta, ammettere a te stessa che sei la cosa più importante della tua vita e che nessuno può permettere di dirti il contrario>>

Cerco di trattenere una lacrima, invano. Le labbra seppur tremanti, si increspano in un sorriso.

Grazie Alex, avevo proprio bisogno di queste parole.

Mi getto di nuovo fra le sue braccia: <<Come fai a sapere sempre quali parole dire? Ti voglio bene fratellone>>

<<Sei la mia sorellina, so cosa hai bisogno di sentirti dire. Ti voglio un bene dell'anima e ricorda che ci sono per qualsiasi cosa, anche se ti viene voglia di rifugiarti con me nel mio letto e mangiare schifezze di nascosto>> scoppio a ridere, lui mi segue a ruota.

Questa era una cosa che facevamo da piccoli: mamma non ci permetteva di riempirci lo stomaco con schifezze e allora noi due lo facevamo di nascosto, anche se dopo avevamo sempre un mal di pancia micidiale. Ma noi eravamo felici così, seppur con un'indigestione.

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<<Ci vediamo dopo ragazze>> dice Richard prima di stampare un bacio in fronte a Diana e donare un sorriso tirato a me. Stringo la presa sulla manico della borsa tracolla.

Dopodiché Richard si allontana da noi per dirigersi verso la sala insegnanti e Diana fa lo stesso, ma verso la direzione opposta e con in mano il telefono mentre le dita si muovono veloci per scrivere un messaggio.

Resto da sola in mezzo al corridoio. Stamattina siamo venuti più in anticipo perché Richard aveva una riunione con gli altri prof. Fantastico, non poteva esserci giorno migliore per passare un'ora da sola in questa scuola con lui e Diana.

Sospiro mentre incastro le cuffiette nelle orecchie e con la musica di sottofondo mi dirigo verso il mio armadietto rosso per prendere i libri che mi servono.

Sto camminando nel corridoio con i libri stretti al petto mentre canticchio la canzone che risuona nelle orecchie, quando vedo in lontananza Diana con le spalle attaccate al muro e Dylan a una spanna dal suo viso e un braccio al lato del capo della mia sorellastra.

Il cuore perde un battito e quella paura che avevo provato questa mattina, torna a bussare alla mia porta. Mi nascondo dietro un armadio dove sono esposti tutti i premi vinti dagli alunni di anni fa così da poter vedere tutta la scena. Sfilo le cuffie per sentire meglio.

<<Non puoi chiedermi queste cose quando siamo a scuola>> sussurra Dylan, la cui voce raggiunge le mie orecchie perché rimbalza da un muro all'altro. Ringrazio che la scuola sia vuota.

<<Incontriamoci questo pomeriggio e ne parleremo meglio, ma questa sarà la prima e ultima volta che lo faccio>> Dylan azzera quasi completamente la distanza tra i loro volti con tono minaccioso, ma Diana non smette di sorridere in modo malizioso.

La rabbia ribolle dentro le vene tanto che per contenerla mi accontento di stringere forte un pugno fino a conficcare le unghia nella carne. Quel dolore è capace di sostituire quella voglia irrefrenabile di andare lì e dirgliene quattro a quella ragazza malefica. Niente compassione per una come lei: stronza c'è sempre stata, non lo è diventata.

<<Grazie Dyl, sapevo di poter contare su di te. Sei prezioso, lo sai?>> fa scorrere una delle sue luride mani lungo il suo braccio, gli occhi da cerbiatta e un ghigno malizioso stampato sul volto.

Dylan segue con lo sguardo la sua mano che scende dalla spalla e, arrivata al polso, si sposta sul suo ventre. Lui le afferra velocemente il polso e lo attacca al muro, poi si fa di nuovo vicino, come a volerle fare una raccomandazione mentre Diana inarca la schiena e quasi sembra bloccarle il respiro in gola.

Che stronza.

Quel fastidio che provavo prima nei suoi confronti, adesso sta tramutando in qualcosa di più complesso: odio.

<<Sarò prezioso solo per questa volta, ricordatelo. Cercati qualcun' altro>> sibila, prima che molli la presa sul suo polso e si allontani da lei senza staccarle gli occhi di dosso. Sparisce dietro l'angolo. Diana, non la smette di sorridere mentre continua a fissare il punto in cui prima si trovava il mio ragazzo prima e con due dita si tocca delicatamente le labbra.

Non ci posso credere, non è possibile. Quel gesto significa una cosa sola. Ti prego, Dyl, dimmi che non è successo nulla di tutto quello che sto pensando.

La rabbia mischiata a paura, fa battere velocemente il mio cuore e mille domande cominciano a frullare per la testa: di cosa stavano parlando? Cosa deve fare Dylan solo per questa volta?

Se avesse qualcosa da nascondere, non mi mentirebbe vero? Con le mani tremanti, sfilo il telefono dalla tasca e scrivo un messaggio a Dyl: 

"Eii Dyl, sono a scuola da sola (oltre la malefica sorellastra Diana) e mi sto annoiando a morte. Quando vieni? Ho voglia di vederti"

 Seguito da cuoricini rossi. Aspetto qualche minuto prima che lui mi risponda con un semplice: 

 "Mi manchi anche tu... Sono ancora sotto alle coperte. Dimmi dove sei che ti raggiungo appena arrivo lì".

Non credo ai miei occhi. Mi ha mentito. Questo significa che mi nasconde veramente qualcosa e la cosa che più mi fa rabbia è che c'entra pure quella vipera di Diana. 

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