17. Io vivo se vivi tu

Il vento mi sferza i capelli una volta che il mio sguardo si posa fuori dal finestrino lasciato aperto solo per metà. Ho sempre pensato che Los Angeles fosse una bella città, quella da cui non mi sarei mai voluta spostare, ma quando la mia vita ha preso un'altra svolta sono arrivata a pensare che per cambiare pagina avrei dovuto ripartire completamente da zero e iniziare a estirpare dalla radice.

Avrei voluto andarmene ma adesso ho tutti i motivi di questo mondo per restare nella mia città natale, la città che custodisce i ricordi felici e quelli brutti, le mie risate e i miei pianti, gli abbracci e gli addii.

E poi, come potrei fare a meno dei bei tramonti che mi dona ogni giorno e che, nonostante siano sempre gli stessi, vale sempre la pena guardare? Ed è proprio questo quello di cui avevo bisogno adesso: godere del panorama dei grattacieli illuminati diventare un tutt'uno con le sfumature di arancione, rosa e azzurro del cielo sopra le nostre teste.

Respiro a pieni polmoni l'aria fresca della sera e chiudo gli occhi per godere meglio della sensazione di pace che si diffonde in me. A migliorare la situazione è la mano di Dylan che si posa sulla mia gamba per accarezzare la pella chiara e un suo sorriso, anche se un po' tirato.

Se è questa la mia quiete, fa che sia per sempre così. Io e te sopra la tua tua auto per scappare via dall'ordinario con il cielo blu coperto di stelle e la città piena di vita a farci da testimoni.

Sorrido a Dylan, prima che torni a puntare lo sguardo sul parabrezza. Prima di metterci in macchina mi ha detto che mi porterà in un posto molto importante. E a giudicare dalla tensione accumulata nei suoi muscoli, credo proprio che sia anche un posto doloroso.

Ma a te non succederà nulla se io sono con te. Ti difenderò ad ogni costo, amore mio.

Usciamo fuori da una delle arterie principali della città per immetterci nell'autostrada a due corsie che col passare dei metri e dei chilometri diventano tre. Dylan accende la radio e una musichetta rilassante viene presto a farci compagnia.

<<Puoi darmi almeno un indizio di dove mi stai portando? La curiosità mi sta divorando viva>> commento dopo una manciata di secondi, capace di strappare un sorriso da quelle stupende labbra.

<<Manca pochissimo, meno di quanto credi>> mi dona un'altra occhiata contornata da un altro sorriso luminoso, prima di tornare a fissare la strada. Con la mano che non regge il volante, passa un dito sul sopracciglio mentre prende un bel respiro.

<<Ma siamo nel bel mezzo dell'autostrada. Dov'è questo posto?>> mi lamento mentre mi sistemo meglio sul sedile grigio e sposto un po' la cintura che inizia a strangolarmi. Nello stesso momento, Dylan mette la freccia e la velocità diminuisce sempre di più fino a fermarsi in una zona di sosta illuminata solo da un lampione dalla luce calda fioca.

La sua mano si sposta da sopra la mia coscia, lasciando solo un vuoto terribilmente freddo e va a stringere forte il volante insieme all'altra mano.

Capisco all'istante. Il respiro mi si blocca in gola e credo di aver perso la capacità di ingoiare la saliva accumulata tra le pareti molle della bocca. Mi mordo violentemente la guancia per sostituire quella sensazione.

Senza dire una parola, Dylan apre lo sportello ed esce dall'auto, lasciandola accesa e con ancora le frecce lampeggiare. Lo seguo immediatamente e spalla contro spalla ci allontaniamo dall'abitacolo di qualche metro. Poi i muscoli delle gambe si fermano e il silenzio viene spezzato solamente dalla corsa delle altre auto che ci illuminano con i fari a cadenza regolare.

Poi, alza il braccio e con il dito indica un punto indefinito della strada: <<E' quello il punto in cui è successo tutto. Mio padre che tornava da lavoro, quel maledetto camion che perde il controllo e gli va addosso. E' qui che è finita la sua vita ed è iniziata la mia pena>> dice in un flebile sussurro.

Sapevo che sarebbe stato questo l'argomento e sono felice che mi abbia portato in questo posto, significa che sta iniziando a fare i conti col passato e io sono qui per assistere ad ogni suo passo avanti.

Mi faccio più vicina e lascio che la mia mano si infili tra i fianchi dei nostri corpi e finisca con l'intrecciarsi alla sua mano. La stringe forte.

Improvvisamente, il ricordo di quella notte in cui mi ha parlato di sua madre mi colpisce in pieno viso: adesso arriva la parte più dolorosa, quella in cui sperimenta l'odio di sua madre distrutta dalla perdita del marito.

<<Che successe dopo?>> nonostante lo sappia, voglio che me ne parli di nuovo.

Inspira profondamente, prende la rincorsa e poi: <<Quando è morto, mia madre non è stata tanto forte da reggere il colpo ed è caduta in depressione. Ha smesso di preoccuparsi di noi, della casa e della sua vita. Nulla contava più ormai>> passa la lingua sopra l'arcata dentale superiore mentre scuote la testa impercettibilmente.

Poi gonfia le guance d'aria e le svuota qualche secondo dopo: <<Anch'io stavo soffrendo come tutti ma non riuscivo a smettere di pensare alla promessa fatta a mio padre: "mi prenderò io cura di loro, te lo prometto". Ci ho provato con tutte le mie forze, ma stavo affrontando una cosa più grande di me e per fare del bene agli altri, sono finito col farmi male da solo>>

Abbasso il capo e punto lo sguardo sulle punte delle mie scarpe: <<Mi dispiace così tanto. Non oso immaginare cosa hai dovuto passare>>

<<Già, peccato che mia madre non pensava lo stesso. Lei non voleva il mio aiuto, non voleva semplicemente la mia presenza perché gli ricordavo troppo lui>> sibila a denti stretti, aumentando la presa sulla mia mano. Poi riprende: <<Mio padre era pieno di debiti con un uomo e adesso siamo noi a doverli risanare. Per questo ho sempre avuto bisogno di soldi, anche se comportava spacciare la droga per tutta la città>>

<<Ma adesso hai smesso, vero?>> chiedo allarmata mentre mi volto verso di lui. Annuisce, mordendosi il labbro inferiore.

Grazie al cielo. Non sai quanto mi faccia sentire sollevata questa notizia.

Sospiro, più tranquilla.

Dopo qualche secondo passato in silenzio, Dylan si volta e torna indietro verso il guard rail di metallo. Lo seguo, restando a qualche passo di distanza prima di tornare al suo fianco mentre i suoi occhi si perdono tra luci della metropoli mischiata al blu della notte e delle stelle luminose. Riprende: <<Quello che adesso è il mio patrigno, ha approfittato di mia madre e l'ha costretta a stare con lui, promettendole che avrebbe lasciato in pace noi ma non è stato così>>

Arriccio il naso un po' confusa dalle sue parole: <<Aspetta, non mi avevi detto che tua madre si era messa insieme al tuo patrigno per colmare la mancanza di tuo padre?>>

<<Già, è così>>

<<E perché mi hai raccontato una bugia?>>

Il cuore inizia a battere forte nel petto per la paura che ci sia altro.

Ti prego, dimmi che non mi nascondi nulla di più serio.

Un altro bel respiro prima di riaprire la bocca mentre con una mano si gratta la nuca a disagio: <<Perché volevo che la odiassi come la odio io, ma non è successo>>

Il cuore mi si ferma nel petto, paralizzato dalla paura. Le labbra si schiudono ma nessuna parola riesce a uscire. Le chiudo, pensando di lasciarlo continuare ma le riapro: <<Credo di non seguirti. Perché volevi che la odiassi?>>

<<Perché lei non è come tutte le altre madri!>> si volta di scatto verso di me, facendomi sobbalzare per la sorpresa. Istintivamente porto una mano vicino al petto mentre i nostri occhi continuano a fissarsi. Poi, mi lancia un'ultima occhiata e mi volta le spalle.

Io non capisco... Ti ha davvero ferito così tanto da arrivare a odiarla in questo modo? La situazione è più grave e complicata di quanto pensassi.

Avanzo di qualche passo verso di lui per posare poi una mano sulla sua spalla: <<Cosa ti ha fatto Dyl? E dimmi la verità stavolta>> soffio.

Le sue grandi spalle, coperte da un giubbotto di jeans, si alzano e si abbassano prima di voltarsi verso di me e far incastrare i nostri occhi: <<Marckus, il mio patrigno, si è sempre approfittato di noi e usava sempre la scusa del debito per controllarci. Io ho provato a convincere mia madre a denunciarlo ma lei non ne ha mai voluto sapere niente. Allora ho iniziato a trasgredire alle regole di Marckus finché, un giorno ha deciso di darmi una punizione>> si blocca all'istante, irrigidendo tutti i muscoli.

Smetto di respirare per qualche secondo, pendendo completamente dalle sue labbra finché non riprende a parlare: <<Mi ha picchiato a sangue davanti ai suoi occhi -la voce gli si incrina, ma continua- E lei non ha fatto nulla per fermarlo. Dovevi vedere il suo sguardo: mi guardava con freddezza, nessuna emozione traspariva dai suoi occhi scavati nonostante continuassi a implorarla di farlo smettere>>

A quelle parole piene di dolore, di ricordi orrendi, mi sento mancare l'aria e sono costretta a coprirmi la bocca che si è spalancata per lo stupore. La vista mi si annebbia, la mano inizia a tremare e il cuore non la smette di rimbombare nel petto come un tamburo.

Come ha potuto farti questo? Chissà quanto dolore hai sentito, quante urla avessi dentro di te ma che trattenetevi in gola e quanta paura hai dovuto provare, pregando che quell'incubo finisse il prima possibile.

Inizia a giocherellare con le dita e di tanto in tanto si strattona i capelli. Si guarda in giro alla ricerca delle parole da dire ma non riesce a trovare nulla, solo un continuo boccheggiare alla ricerca di ossigeno per respirare.

<<Quegli occhi mi hanno fatto male più di qualunque altra cosa, più di quei pugni tirati con violenza e soddisfazione nel volto. Lì ho capito che non riusciva più a volermi bene, che il suo cuore era così distrutto da non riuscire più a provare nulla. In quel momento ho deciso di lasciarmi andare, di arrendermi al destino che mi aspettava, fatto di dolore, sottomissione e apatia>>

<<Mi dispiace così tanto, Dyl>> soffio senza riuscire a pronunciare nient'altro.

<<Dispiace anche a me Bianca, mi dispiace anche di aver desiderato che mi ammazzasse su quel pavimento piuttosto che vivere col dolore dentro, ma i miei fratelli sono arrivati in tempo e sono riusciti a fermarlo. Non ricordo più nulla perché ho perso i sensi>>

Non aggiungo nulla e mi getto al suo collo stringendolo forte a me fino a fargli male. Si piega un po' per circondare la mia vita con le sue grandi braccia per poi premere il suo naso contro i miei capelli lisci e che profumano di lui.

Ti prometto che ti stringerò così forte da far combaciare i pezzi rotti del tuo cuore per permetterti di tornare a vivere. Perché io vivo se vivi tu e giuro di starmi sentendo morire in questo momento.

<<Dimmi come posso aiutarti per far smettere questo dolore>> sussurro. Il suo corpo viene scosso da una risatina triste: <<Non credo sia possibile, ma promettimi di donarmi la tua presenza ogni giorno perché io non ho passato l'Inferno, lo sto ancora attraversando ma se ci sei tu al mio fianco la mia pena diventa più dolce>>

Sorrido, prima di sciogliere l'abbraccio a andare a posare un dolce bacio sulle sue labbra, sperando di toccargli l'anima e curarla da ogni male. Le sue labbra si schiudono al permesso che gli chiedo di poter infrangere ogni barriera con la mia lingua e così finiamo per assaggiarci, pensando di poter strappare da lui un po' del dolore che lo logora dentro.

Ci separiamo a corto di fiato e le nostre fronti si sfiorano: <<Te lo prometto Dyl>>

Sorride, poi: <<Bianca?>>

<<Umh?>>

<<Quello che ti ho raccontato è terribile, la mia vita è terribile e so che ti ho chiesto di starmi accanto, ma sappi che se un giorno dovesse venirti la voglia di scappare non ti biasimerò>>

<<Dyl -gli poso le mani sulle guance e con i pollici gliele accarezzo dolcemente mentre incastro i nostri occhi- ti ho promesso che non me ne andrò per nessuna ragione. Tu mi ami?>> gli chiedo infine.

<<Certo che ti amo, perché me lo chiedi?>>

<<Perché in amore non vince chi lascia andare, ma chi riesce a trattenere la persona che ama. E non ti dirò che quei momenti non arriveranno, ma quando succederà, quando ti verrà voglia di scappare, di volerti allontanare dai problemi io non ti lascerò andare perché ti verrò a riprendere ogni volta>>

Le sue braccia si stringono ulteriormente attorno al mio busto, portandomi gelosamente più vicina a lui. Mi stringo al suo petto, poggiando l'orecchio tra i pettorali dove posso udire perfettamente il suo cuore battere come un tamburo. Sorrido mentre poggio una mano sul suo petto.

Riprendo: <<E se dici di amarmi, quando verrà a me quella voglia scappare, ti prego di rincorrermi, di venirmi a riprendere per mano e farmi vedere con occhi nuovi il tuo mondo fatto di difetti e pregi, di pianti e sorrisi, di sogni e paure, di gioie e dolori>>

Un battito in più, un battito donato da te per far vivere me. E come potrei mai abbandonare la persona che mi fa sentire di nuovo viva?

Il suo solito profumo di vaniglia si mischia col fresco della sera fino a infrangere le barriere delle mie narici. Aspiro a fondo per rilassare ogni muscolo del mio corpo mentre tutto si dissolve in una nuvola di fumo. Chiudo gli occhi.

Perché tu, amore mio, sei la mia calma in questa vita piena di caos.

Dylan depone un bacio dolce tra i capelli forse un po' arruffati per via del venticello, poi stringe ancor di più fino a farmi mancare l'aria.

Ma sono sicura che non soffocherò perché sei tu a donarmi ossigeno.

<<Cosa ho fatto per meritarmi te? Sei troppo buona, troppo pura per uno come me>>

<<Non sono così pura come dici, mio malgrado ho tradito il ragazzo che amavo e la mia migliore amica. Non credo di essere nella lista delle persone migliori dell'anno>> sospiro.

<<Ma stai facendo di tutto per farti perdonare. Non so come vada con Sofy, ma con me ci stai riuscendo alla grande>>

Di contro voglia, sciolgo leggermente il nostro abbraccio per incastrare i nostri occhi: il blu dei suoi immersi nel grigio dei miei. Alza una mano per sistemare una ciocca di capelli finita davanti al viso e la porta dietro l'orecchio. E quando torna a guardarmi, le sue labbra carnose si increspano in un sorriso mozzafiato.

I capelli mossi dal vento, gli occhi colorati di un colore più scuro, intenso, e il naso leggermente arrossato per il freddo mi donano un altro battito, poi un altro e un altro ancora.

<<Grazie>> dice lui in un sussurro, risvegliandomi dal mio stato di trance. Arriccio il naso: <<Per cosa?>>

<<Per rispettare sempre i miei tempi e restare nonostante provi ad allontanarti>>

<<Non smetterò mai di farlo, ricordatelo>> unisco di nuovo le nostre labbra prima che Dylan mi prenda per mano e insieme ci avviamo verso l'auto. Mette in moto e ci immettiamo di nuovo nel traffico.

E mentre la macchina viaggia ad alta velocità e la sua mano non molla neanche per un secondo la mia, si volta verso di me per una frazione di secondo e con voce impaziente mi chiede: <<Ti va di fare una pazzia?>>

La sua domanda mi lascia sbigottita, tanto che spalanco gli occhi e le labbra si increspano in un sorriso: <<Che domande fai? Certo che voglio fare una pazzia. Ti seguirò sempre, ovunque tu vada>>

<<Sa un po' da stalker questa frase, non trovi?>> domanda divertito mentre il suo petto viene scosso da una risata. Lo seguo a ruota prima di lasciarmi andare completamente sul sedile, gli occhi illuminati da una scintilla diversa.

<<Sì forse giusto un po'>> rispondo, alzando per aria la mano e mimando il gesto con la mano, avvicinando tra loro l'indice e il pollice. Le note leggere della musica che si diffondono nell'abitacolo dalla radio, si mischia alla melodia delle nostre risate che insieme formano la sinfonia che vorrei per sempre nella mia vita.

Dopo un lungo viaggio per tornare prima tra le luci della metropoli, così accese da non permettere di capire dove finisce la città e inizia il cielo, l'auto imbocca una strada costeggiata da lampioni e le palme di media grandezza che conosco alla perfezione. Capisco all'istante.

La macchina rallenta fino a fermarsi in uno dei parcheggi. Mi volto a guardarlo con un sorriso sulle labbra mentre sento il cuore scoppiare dalla felicità.

Apro lo sportello e corro in direzione della spiaggia e prima che i miei piedi possano toccare la sabbia, decido di togliermi le scarpe. E' strano il primo contatto della pelle nuda contro i granelli di sabbia che si infilano tra le dita, ma continuo la mia camminata mentre la luce della luna illumina il mio cammino, rispecchiandosi sul pelo dell'acqua e la risata di Dylan si diffonde quasi per tutta la spiaggia.

Se c'è una cosa che mi rende felice, è sapere che lui lo è.

L'odore di salsedine di infiltra tra le narici e sprofondare nei polmoni mentre i capelli vengono sferzati dal vento e le onde del mare continuano il loro avanzare e tornare indietro, lasciando dietro di sé solo della schiuma.

All'improvviso mi blocco nel bel mezzo della spiaggia, facendo qualche giro su me stessa con le braccia spalancate mentre il petto viene sconquassato da una risata. Era da tanto che non ci venivo, sentivo mancare un pezzo di me.

Quando spalanco gli occhi, vedo Dylan avanzare verso di me tenendo le sue scarpe appese a due dita e con un sorriso lucente, capace di illuminare l'intera spiaggia.

<<Sapevo che ti sarebbe piaciuto venire qui!>> dice a gran voce per sovrastare il vento marino che spinge violento contro le nostre pelli. Porto le ciocche di capelli svolazzanti dietro entrambe le orecchie solo per lasciare campo libero al mio sguardo per scorrere lungo il suo corpo tonico, modellato perfettamente sotto la maglietta bianca, il giubbotto di jeans e pantaloni neri raccolti sulle caviglie, lasciandole scoperte.

<<Solo piaciuto?>> grido di rimando con voce eccitata. Lui mi raggiunge e sono costretta a piegare il capo all'indietro per mantenere viva la connessione di sguardi.

Lascia cadere le scarpe sulla sabbia e si avvicina ulteriormente, arpionando i miei fianchi con entrambe le mani. Diminuisce ogni distanza tra i nostri corpi. Questo gesto mi coglie alla sprovvista tanto che sento le gambe abbandonare le forze e sono costretta ad aggrapparmi a lui.

<<E' perfetto. Tu sei perfetta>> sussurra sulle mie labbra con voce calda, profonda. Continua a fissarmi le labbra prima di catturarle in un bacio che di casto non ha proprio nulla.

Comincio a tremare per il piacere: <<Dyl>> soffio, priva di fiato.

<<Ti tengo io, piccola. Reggiti a me>> e così faccio, mi lascio andare completamente tra le sue braccia protettive, aggrappandomi alle sue spalle mentre torniamo a baciarci. Le sue mani scendono lentamente verso il mio fondoschiena e con sorpresa inizia a stringere la presa. Mi spezza il respiro mentre uno strano calore si diffonde per tutto il corpo, fino a colorarmi le guance di rosso.

Poi un gesto. Si abbassa leggermente, facendomi quasi perdere l'equilibrio, per sollevarmi da terra e far circondare il suo bacino con le mie gambe. Un gridolino di sorpresa fugge dalle mie labbra prima che questo diventi una risata.

<<Sei uno stronzo!>> grido mentre mi stringo di più a lui e le sue gambe iniziano a muoversi in avanti.

<<Non l'ho mai negato>> dice tra le risate mischiate allo sforzo. E comincia ad aumentare il passo, portandomi in giro per un pezzo di spiaggia mentre le nostre risate si disperdono nell'infinito spazio sopra le nostre teste.

Mi lascia toccare terra solo dopo qualche minuto, quando le sue braccia non reggevano più e le sue gambe hanno iniziato a sprofondare di più tra i granelli di sabbia, impedendogli di continuare per altro tempo.

Camminiamo mano nella mano per tutta la spiaggia, in riva al mare dove i piedi vengono immersi sistematicamente dalle onde violente. Poco dopo sono così gelidi che finiamo per ridere anche di quello.

E poi arriva il mio momento preferito: sederci sulla sabbia fredda e osservare il riflesso della luna, che rimbalza sul pelo dell'acqua e rilette la sua luce. La mia schiena contro il petto di Dylan, le sue braccia protettive mi circondano i fianchi e il suo respiro che mi solletica il collo.

Se in questo momento mi dovessero chiedere cos'è per me la felicità, gli risponderei che non esiste, che esistono solo degli attimi, dei brevi momenti di felicità da acchiappare e stringere forte prima che questi si dissolvano nell'aria.

Perché sono quegli attimi lì che ci spingono a superare i momenti brutti, i momenti no, i momenti difficili, quelli in cui si preferirebbe far finta di nulla e sparire in silenzio, solo per poter riprovare quella sensazione capace di scaldarci il cuore.

E cercatela sempre la felicità: attorno a voi, dentro di voi, nelle persone che vi circondano, perché è presente nella vita di tutti, siamo noi che a volte ce la facciamo sfuggire da sotto gli occhi.

Quindi sì, adesso sto vivendo un momento di felicità: nel mio posto preferito, tra le braccia del mio lui, i battiti accelerati dei nostri cuori che battono all'unisono e le onde del mare che mi cullano in questo nido di felicità e d'amore. 

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