15. "Casa"

Io non mi arrendo. Non permetterò che Dylan si faccia sopraffare, soffocare dai suoi demoni. Gli ho fatto una promessa mesi fa e non la infrangerò solo perché, in questo momento, non è abbastanza forte da continuare a lottare.

Ci sono rimasta male, sì, ma ho capito che è arrivato il mio momento di dimostrargli che io voglio stare accanto a lui nonostante tutto, che se non si sente abbastanza forte può condividere con me il peso che porta sulle spalle, che veda in me qualcuno su cui poter contare e non da proteggere dai suoi problemi.

Non ho paura di un suo rifiuto perché lo conosco e so che i suoi sentimenti lo porteranno a cedere ed affidarsi alle mie braccia. Per quanto lui lo voglia negare, sa di aver bisogno di qualcuno accanto ed io sono pronta per aiutarlo.

Ed è questa la conclusione a cui sono giunta dopo aver passato dei giorni con me stessa e aver riflettuto così tanto da non prestare più molta attenzione alle cose della vita quotidiana. Sia mia madre che Alex erano preoccupati per la mia salute ogni volta che declinavo l'invito per pranzare con loro.

La verità è che io starei pure bene con lo stomaco vuoto, ma non se tu sei lontano da me. Mi rendo conto che mi manca l'aria ogni volta che mi accorgo che tu non sei al mio fianco.

Un filo di vento s'infiltra nella stanza passando per spiffero della finestra, precipitandosi velocemente verso di me e facendo rabbrividire la pelle del braccio lasciato scoperto dalle lenzuola di cotone. Istintivamente incasso la testa nelle spalle mentre con una mano tiro il lenzuolo fin sopra il collo.

<<Non vedo l'ora di vederti domani mattina. Ammetto che ho un po' paura per lui>> dice Matt con tono divertito, prima che una risatina giunga alle mie orecchie dall'altro capo del telefono.

La telefonata di sera con Matt prima di rimanere sola nel mio letto, immersa nell'oscurità e col tentativo di cadere nel mondo dei sogni, è diventata un'abitudine in questi ultimi giorni. Matt non mi ha lasciata sola dal momento in cui sono venuta a casa sua cercando di trattenere le lacrime, mentre una mano non smetteva di stringere la maglia sul punto preciso in cui sarebbe dovuto esserci il mio cuore.

Ma io, il cuore, non ce l'ho più da molto tempo perché l'ho lasciato nelle mani di Dylan. E per essere completa, è vicino a lui che devo stare. E' lui il mio posto.

<<Sta tranquillo, non sarò né violenta né altro, lo farò ragionare solamente>>

<<Come dici tu. Vado adesso, ho un sonno tremendo>> e mentre lo dice uno sbadiglio esce indisturbato dalla sua bocca. Nello stesso momento vengo attraversata da un'invisibile onda di stanchezza che mi porta a spalancare la bocca e sbadigliare con le ultime forze che ho in corpo.

Prima di staccare la chiamata, diciamo all'unisono: <<Notte>>

Poso il telefono sul comodino, poi mi sistemo meglio sotto al lenzuolo e involontariamente finisco con l'abbracciare il cuscino, pensando che questo sia una persona in carne ed ossa.

Se solo potessi essere tu questo cuscino, ti stringerai più forte di così Dyl per evitare il pericolo che tu possa scappare ancora via dalle mie braccia. Mi manca l'aria a stare in questo letto, sapendo che tu sei lì fuori ad affrontare le tue paure tutto da solo.

Ad un certo punto, quando i suoni che mi circondano cominciano a farsi sempre più lontani e la linea dritta delle mie labbra inizia a distendersi in una debole increspatura delle labbra, delle voci giungono alle mie orecchie dal piano inferiore. Sembrano proprio quelle di Diana e Richard. Sussurrano per non svegliare mia madre ed Alex, che stanno già dormendo. Aguzzo l'orecchio.

Mi sembra di riuscire a sentire Diana dire a suo padre:"Io faccio quello che voglio. La mamma mi avrebbe capito", seguito dai suoi passi pesanti sulle scale che la conducono fino alla mia stanza.

Nostra... è la nostra stanza adesso.

Aumento la presa attorno al cuscino a quel pensiero, quando Diana apre rabbiosamente la porta e la richiude alla stessa maniera, non curante del fatto che ci sia già io nella stanza. Sobbalzo leggermente.

Immersa totalmente nelle tenebre, se non per qualche raggio di Luna che filtra dalla finestra e supera la barriera della tenda che svolazza leggermente per il vento, si dirige a tentoni verso il suo letto. Qualche volta inciampa sui suoi stessi passi e un'altra và a sbattere contro il mio letto mentre impreca, finché non raggiunge il comodino e accende senza esitazioni la lampada.

Il fascio di luce la illumina all'istante, rivelando la sua figura non troppo asciutta stretta in un abito di almeno due taglie in meno rispetto a lei e che le arriva a metà coscia. Ai piedi, invece, porta degli anfibi borchiati e un po' usurati.

Faccio scorrere il mio sguardo su tutto il suo corpo -adesso seduto al bordo del letto- fino a soffermarsi sul suo volto coperto da un trucco che la rende più grande di quel che non sembra.

Chi cerchi di nascondere Diana? O meglio, da chi cerchi di nasconderti, chi cerchi di tenere così tanto alla larga dalla vera te?

Si china sulle gambe per togliersi le scarpe con movimenti incontrollati e furiosi, mentre qualche ciocca riccioluta dei capelli castani le ricade timidamente sul volto e le sue labbra sussurrano cose incomprensibili.

Non so cosa sia successo, però qualcosa mi suggerisce che lei era pronta ad andare ad una festa ma suo padre le ha vietato di oltrepassare la soglia di casa, impedendole di raggiungere il luogo prestabilito.

Almeno tuo padre lo ascolti, non è così Diana?

Nello stesso momento in cui lo penso, però, Diana si infila sotto le coperte e spegne la luce. Ci metto un po' per capire quale sia la sua intenzione, ma alla fine ogni sua azione conferma i miei dubbi: aspetta il momento perfetto per uscire fuori dal suo fortino di calore, infilarsi di nuovo le scarpe, darsi una sistemata veloce davanti allo specchio mentre la luce fioca della lampada è tornata ad illuminare la stanza e sgattaiolare fuori dalla finestra per raggiungere quella festa.

Non sono affari miei, mi ripeto, non sono affari miei. E lotto con la voglia di alzarmi da questo dannato letto e seguirla per tutto il tempo che impiego per cadere nel mondo dei sogni.

--------

Con lo zaino già in spalla, corro in cucina per rendere al volo una mela così da riempire il vuoto che sento allo stomaco.

Mia madre, vestita dal completo da lavoro e i capelli castani raccolti in una coda morbida, e Richard sono seduti l'uno accanto all'altra al tavolo di legno mentre sorseggiano una grande tazza di caffè e leggono insieme le notizie del giorno sul tablet di lui. Ma c'è qualcosa che non quadra...

<<Alex e Diana dove sono? Siamo in ritardo per la scuola>>

Richard si volta a guardarmi, rivolgendomi immediatamente un sorriso compiaciuto: <<Sono andati a correre stamattina presto. Quando sono tornati qui a casa, Alex mi ha avvisato che avrebbe accompagnato lui Diana>>

<<Ed io? Non poteva accompagnare anche me?>> chiedo con tono leggermente infastidito e che non passa inosservato agli occhi della coppia ormai felice.

Mia madre si affretta a rispondere: <<Stavi ancora dormendo tesoro. Sta tranquilla, ci sarà una prossima volta>> si sforza di sorridermi alla fine, come per rassicurarmi.

Tu l'hai capito mamma, non sei stupida. Sai quanto la gelosia mi stia logorando dentro, ma nonostante questo rimani comunque immobile davanti a questo perché vuoi illuderti di aver creato un'altra famiglia felice.

<<Siamo solo io, tu e tua madre questa mattina>> conclude Richard, alzando sulla testa gli occhiali blu quadrati e rivolgendomi un sorriso a trentadue denti, prima di scambiarsi uno sguardo amorevole con mia madre.

E così finiamo col ritrovarci tutti e tre sulla stessa auto e rimpendo i silenzi con discorsi che affrontano la nostra quotidianità. Ed io, seduta ai sedili posteriori, non faccio altro che osservare la scena da spettatrice e rivivere dei momenti che mi sembrava non avrei mai più vissuto.

E per quanto il mio cuore sia stretto in una piccola morsa di nostalgia, non posso non essere felice di rivedere mia madre così lucente, così piena di vita, così innamorata...

Richard per tutto il viaggio non finisce di fare piccole battute solo per vederla abbandonata sul sedile grigio dell'auto mentre si tiene lo stomaco con le braccia. Delle piccole lacrime di gioia le bagnano gli occhi, facendole colare un po' il trucco: <<Sei un idiota. Non si fa colare mai il trucco ad una donna>> lo riprendere lei quando riesce a riprendere l'ossigeno necessario per parlare.

Richard, dal canto suo, soffoca una risatina mentre scuote la testa leggermente quando un pugnetto di mia madre gli colpisce il braccio teso sul volante.

<<Che vuoi farci? Sono un idiota a cui piace vedere la sua donna ridere>>

La sua donna... Allora è vero che tu non sei più solo nostra, vero? Questa frase è la conferma e la concretezza che il tuo cuore appartiene a qualcun'altro adesso. Ed io sono felice che sia tra le mani di Richard, nonostante tutto mamma.

Nello stesso momento in cui l'auto si accosta al marciapiede che costeggia il lungo viale per arrivare nella mia scuola, si scambiano un altro sguardo pieno d'amore. Li saluto entrambi e sono sicura di averli visti baciarsi una volta che i miei piedi hanno toccato terra.

Sospiro pesantemente mentre sistemo meglio sulla spalla lo zaino e mi avvio a piccoli passi verso l'entrata della scuola. Guardo in giro per il cortile verde alla ricerca di Dylan, ma non sembra trovarsi né all'ombra di un albero dalla chioma ondeggiante per via del vento, né seduto in nessuna di quelle panche in legno dove molti passano la pausa pranzo a parlare probabilmente di argomenti adolescenziali.

Dove sei Dyl? Ho davvero bisogno delle tue braccia come rifugio, di un tuo bacio da cui trarre ossigeno e del profumo alla vaniglia del tuo bagnoschiuma per ricordarmi l'odore di "casa".

Ma ogni mia preghiera di trovarlo in giro per la scuola a discutere con Logan o isolato in qualche angolo della scuola per starsene un po' con i suoi pensieri, non viene esaurita, lasciandomi arrendere all'idea che oggi non si trova qui come gli altri giorni.

L'unica che incontro durante la pausa pranzo, in cortile, è Diana. E' vestita stranamente con dei jeans semplici e una felpa così grande da permetterle di sparire al suo interno senza che nessuno se ne accorga. I ricci che ieri sera sembravano essere vivi e lucenti, oggi, sotto ai raggi caldi del sole, sembrano solo una massa informe di capelli arruffati e crespi.

Non so se mi abbia vista dato che i suoi occhi erano coperti da enormi occhiali da sole che le coprivano parte di quelle occhiaie scure sotto agli occhi.

<<Sta tranquilla socia, ti basterà mandarmi un messaggio ed io correrò da te per prendere a calci in culo quel pazzo di Collins>> dice Matt con fare teatrale mentre camminiamo spalla contro spalla verso il parcheggio dove mi aspetta Richard in auto. Sorrido al suo commento mentre lui schiaccia un occhiolino nella mia direzione.

<<Vuoi che faccia un'entrata teatrale tipo quella di Superman?>> continua mimando i suoi gesti: gonfia il petto d'aria e posa entrambe le mani chiuse a pugno suoi fianchi mentre tiene il mento alto e una faccia seria.

A quella scena non riesco a trattenermi e scoppio a ridere: <<No, mi va bene l'entrata normale socio>>

Nel frattempo raggiungiamo l'auto e siamo costretti a salutarci con un abbraccio e un bacio dato dalle labbra di Matt sulla mia fronte.

Una volta a casa, mentre sono distesa sul mio letto per riposare, il telefono vibra nella mia tasca. Lo estraggo velocemente per vedere chi sia e il cuore salta un battito quando leggo il nome di "Dylan", che mi dice di raggiungerlo al suo posto preferito perché ha bisogno di parlarmi.

Rileggo varie volte il messaggio per assicurarmi che non sia frutto della mia immaginazione, ma la realtà di cui torno a fare parte dopo aver realizzato a pieno ciò che mi chiede. Non ci metto molto per uscire di nuovo solo per raggiungerlo mentre le guance iniziano a far male per via del sorriso da ebete stampato sul volto.

Arrivo davanti al passaggio segreto ricoperto da rampicanti con ancora il fiatone per via della corsetta che ho fatto una volta scesa dalla metro. Lo osservo per un momento, il cuore a mille mentre il petto si alza e si abbassa velocemente e qualche goccia di sudore mi imperla la fronte.

Ti prego Dyl, dimmi che hai bisogno di urlarmi in faccia che mi ami e che lasciarmi andare è stata la cosa più stupida che tu abbia mai fatto.

Attraversare il passaggio segreto era proprio come ricordavo: pensare di soffrire di claustrofobia per via del corridoio di pietra troppo stretto, il vento che si infrange gentilmente sul volto e che lascia svolazzare qualche ragnatela preparata accuratamente dai ragni che popolano questo passaggio.

Un tempo ci avrei fatto caso a tutto questo e avrei urlato al solo sentir nominare "ragnatele", ma adesso non c'è nulla di più importante di Dylan e delle sue parole che spezzano questo silenzio durato per fin troppi giorni.

Aspettami Dyl, sto arrivando.

Sposto l'ultima tenda di rampicanti ed ecco che i raggi del sole si infrangono sulla mia pelle e mi offuscano la vista per qualche secondo. Esco definitivamente da quel posto e non ci metto molto ad individuare la figura eretta di Dylan in lontananza, all'ombra dell'albero centrale che governa questo posto insieme alla capanna in legno nascoste in mezzo agli altri alberi più bassi e ai fiori di mille colori che abitano tra i rami dei cespugli incolti.

Si volta di scatto, sentendo sicuramente i miei passi.

I miei piedi si piantano nel terreno, i muscoli si immobilizzano di conseguenza e morirei anche qui se solo il mio cuore non battesse così velocemente alla sola sua vista. Indossa dei semplici jeans, una maglietta bianca leggera che lascia intravedere le forme dei muscoli e sopra una giacca verde militare, per evitare di sentire freddo.

Ha lo sguardo più sereno rispetto a molti giorni fa, quegli occhi mi ricordano subito l'ultima volta in cui ci siamo visti, o meglio, lasciati. Mi sembra più bello di quanto ricordavo: gli occhi di ghiaccio ma calorosi come i raggi del sole, contornati dai quei capelli lasciati ribelli come a rispecchiare, ancora una volta, la confusione che tiene stretto dentro di sé.

E quando i nostri sguardi finalmente si ritrovano dopo giorni di pura astinenza, il cuore prende a correre veloce come un treno, lo stomaco si contorce all'istante e le gambe iniziano a tremare come foglie.

Dentro ai suoi occhi vedo riaccendersi quella scintilla che aveva perso giorni fa, le labbra piene si schiudono lasciando fuoriuscire un sospiro pesante mentre il petto si alza e si abbassa a ritmo sostenuto. Tutto il resto, tutto ciò che ci circonda sembra dissolversi nell'aria: ci siamo solo io e lui adesso, solo noi e la nostra voglia di dirci mille cose senza l'utilizzo di alcuna parola.

Si muove verso di me, o forse sono io a farlo, perché la sua figura si fa sempre più vicina e adesso che i metri diventano centimetri, e i centimetri, millimetri, tutto ciò che mi ero prefissata di dirgli sembra essere svanito insieme al mondo che ci circonda.

Respiro, respiro di nuovo Dyl e questo grazie a te.

<<Ciao>> mi saluta lui per primo. Io rispondo lo stesso con un filo di voce.

Improvvisamente, sprofondare in quel mare di insicurezze, paure, demoni, felicità nascoste e dolori incontrollabili, ecco che la parole sembrano riaffiorare nella mia mente.

<<Prima che tu dica qualcosa, ho bisogno di dirti una cosa molto importante>> asserisco.

Prendo un bel respiro prima di far rotolare giù per la lingua tutte quelle parole che ho tenuto dentro da abbastanza: <<Ho riflettuto tanto in questi giorni e sono arrivata ad una conclusione: io non voglio perderti, Dyl>>

Le sue labbra si increspano in un sorriso.

<<Quando ti ho conosciuto sapevo non sarebbe stato facile, sapevo che c'era qualcosa di più grande di me che non ti teneva incatenato in quella dimensione di dolore e buio. Ma quando mi sono innamorata di te, ho deciso di voler prendere te: le tue paure, le tue ansie, i tuoi demoni, i tuoi sorrisi e i tuoi pianti, le tue risate e i tuoi silenzi>> avanzo ancora di un passo, le foglie secche si rompono sotto al mio peso.

Stai trattenendo il respiro Bianca, rilassati. E' qui adesso, davanti a te, il peggio deve per forza essere passato.

Continuo: <<Io voglio te e sono sicura di volerlo. Quindi non preoccuparti se sarà difficile, se ti spaventerai di farmi del male perché io sarò lì a rassicurarti, dicendoti che a me basta essere con te per essere felice. Io ti amo ed è per questo che sono pronta a prendere i tuoi problemi e farli miei>>

Un altro sorriso gli illumina il viso e che si riflette sul mio.

Così mi distruggi amore mio... Dovrebbero fare una legge che ti impedisca di smettere di sorridere.

Con un sorriso debole riprendo: <<E continuerò a ripeterti le stesse cose finché non avrai capito pienamente e ti verrò dietro finché non avrai accettato di essere amato>>

Non dice una parola, mi attira solamente tra le sue braccia e prima che me ne renda conto, ecco che le sue labbra si trovano già sulle mie. All'inizio rimango stupita del gesto, ma mi lascio andare subito in quel luogo che io chiamo "casa" portando entrambe le mani sulla sua nuca e sprofondando le dita tra le ciocche castane dei capelli. In questo modo posso spingerlo sempre più verso di me mentre la sua lingua chiede timidamente accesso alla mia bocca la quale glielo concede senza esitazione. Ci sfioriamo delicatamente come ad aver paura di farci ancora male.

E tienimi stretta a te Dyl mentre rubiamo l'ultimo soffio d'ossigeno dall'altro, tieni perché sei l'unico a saper fare combaciare quelle parti di me che sono ormai andate rotte.

Il suo profumo si mischia con mio, i nostri sapori diventano uno solo e mi chiedo se il suo cuore stia battendo così forte come quello mio. Le sue braccia mi cingono i fianchi e ogni secondo che passa sembrano stringere sempre di più la presa, come se non volesse più lasciarmi andare. Ci stacchiamo l'uno dall'altra solo nel momento in cui il fiato ci viene a mancare. Respiriamo affannosamente fronte contro fronte.

<<E tu cosa volevi dirmi?>> dico a corto di fiato.

<<Proprio questo, che ho capito che senza di te non ci voglio stare, che sei tu il motivo per cui mi sveglio col sorriso e che non voglio perdere una delle persone più importanti>>

Alle sue parole, sento il calore esplodere al centro dello stomaco ed espandersi per tutto il corpo fino alle guance, diventate sicuramente rosse.

Il gorgoglio dell'acqua di quelle fontane ancora aperte, il vento che soffia e rimbomba nelle orecchie e i nostri respiri che si mischiano agli altri suoni, ci cullano in quel silenzio comprensibile solo a noi.

<<Ti amo, Bianca>> dice all'improvviso con voce roca ma piena di felicità, la stessa che sotto forma di lacrime io cerco di trattenere.

Non credevo me l'avrebbe detto mai, ed ora che è successo, riesco a sentire solo quelle due parole ripetersi all'infinito nella mia mente.

<<C'è un'altra cosa che voglio chiederti>> si allontana da me solo per guardarmi negli occhi e sorridermi. Io lo osservo confusa. Sembra prendere la rincorsa prima di dire: <<Vuoi essere tu quella ragazza che mi stringe per mano quando camminiamo per strada e che mi bacia davanti a tutti senza fregarsene degli occhi indiscreti?>>

Scoppio a ridere: <<E' un modo poetico per dirmi di essere la tua ragazza?>> annuisce alla mia domanda. Mi ci vuole qualche secondo prima di realizzare che me l'ha chiesto veramente.

Aspetta solo una risposta Bianca, rispondigli e smettila di concentrarti sul tuo cuore che pompa solo grazie a lui!

Non dico nulla ma con le mani posate sulle sue guance lo tiro verso di me per posare le sue labbra di nuovo sulle mie e sentire il nostro sapore che sa di amore, di felicità e di speranza.

Finalmente mi sento di nuovo a casa, al sicuro, protetta come solo riesce a fare, e soprattutto amata. 

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top