Mi rotolo nel letto, senza riuscire a trovare una posizione perfetta per poter cadere nei mondo dei sogni. Non riesco a smettere di pensare a quella ragazza, i suoi grandi occhi azzurri, le sue labbra rosee tirate in un sorriso smagliante, la felpa di Dylan a fasciarle il corpo. Cosa ci faceva lei lì? Chi è?
Rivivo il momento all'infinito, come se servisse ad analizzare meglio la situazione e trarre qualche conclusione. Ovviamente non ne esce nulla di tutto ciò, solo qualche arricciata di naso, la continua sensazione di un vuoto allo stomaco e al centro del petto.
A distrarmi dalle mie paranoie è un rumore alle mie spalle che mi fa sobbalzare dalla paura e mi fa scattare velocemente verso la finestra. Qualcuno vestito di una felpa con cappuccio che le copre tutto il viso, mascherando i tratti del viso, sta cercando di entrare.
Adesso riesco a percepire di nuovo il mio cuore battere all'impazzata, conferma che è rimasto sempre custodito tra le costole, e senza indugiare molto allungo il braccio verso il mio comodino e mi armo delle mia lampada. Le mani mi tremano dalla paura, sento il cuore in gola e delle gocce di sudore mi imperlano velocemente la fronte.
<<Stai indietro, sono armata>> dico con voce tremante.
La persona in questione, già entrata, si lascia scappare una risata e accende il display del telefono per illuminare il suo volto: è Diana. Tiro un grosso sospiro di sollievo, rimettendo a posto la mia povera lampada che sarei stata pronta a sacrificare se non fosse stata Diana la persona in questione.
<<Sei pazza? Mi hai fatto prendere un colpo>>
<<Io? Sei tu la bambina che ha avuto paura>> commenta per schernirmi, palesemente. La guardo di sottecchi, tirando su le coperte che erano scivolate via.
<<Avere paura non è da bambini, tutti hanno paura>>
<<Io non ho paura, bambinetta>> si siede sul bordo del suo letto, la schiena curva per togliersi le scarpe e dopo aver sfilato il cappuccio della felpa dalla testa, si infila sotto le coperte.
<<Perché eri fuori a quest'ora? Non ricordavi la strada di casa?>> replico, stuzzicandola.
<<La ricordo benissimo purtroppo, grazie per l'interessamento. E cosa ho fatto non sono affari tuoi. Ora torna a dormire, non c'è bisogno di dialogare>> anche se il buio della stanza non me lo permette, riesco a capire dal fruscio delle sue lenzuola e dallo scricchiolio della rete del letto, che si è voltata sull'altro fianco.
Rimango qualche secondo prima di fare lo stesso. Non mi importa nulla di quello che mi dice, anche per me possiamo fare finta di non conoscerci nemmeno. Però posso ringraziarla di una cosa: è riuscita a togliermi dalla testa quei pensieri su quella misteriosa ragazza tanto da farmi tornare in quell'eterna sospensione tra questa realtà e quella dei sogni, finché finalmente riesco a lasciarmi cadere verso la seconda parte.
Credevo che Matt stesse scherzando quando ieri sera mi ha detto che mi avrebbe tenuta d'occhio, ed invece eccolo qui che cammina accanto a me da questa mattina, come se fosse la mia ombra.
<<Hai davvero così poca fiducia in me?>> gli chiedo all'improvviso, una volta arrivati davanti al mio armadietto.
<<No, so solo che ti conosco bene e so che potresti cadere in tentazione>> continua a guardarsi intorno come se stesse cercando qualcuno, prestando invece poca attenzione a me.
<<La vera domanda è: tu chi cerchi? Dylan o Sofy?>> chiudo l'anta dell'armadietto e mi ci appoggio contro, un sorriso furbo a comparire sulle mie labbra.
<<Ovviamente Dylan>>
Alzo un sopracciglio, chiedendogli implicitamente se sia davvero la risposta corretta. Comprende al volo il mio sguardo per questo alza gli occhi al cielo mentre sbuffa.
<<Sto aspettando Sofy. Oggi le chiedo di uscire, vorrei dirle ciò che provo>> ammette, tornando ad essere quel Matt romanticone e impacciato che mi piace tanto.
<<Ma rimani con me perché hai una paura matta che quel momento arrivi prima che tu te ne renda conto>>
Con le guancie piene d'aria e lo sguardo che lascia trasparire ansia, annuisce freneticamente.
Rido alla sua espressione preoccupata. E' così carino quando entra in confusione per via delle sue emozioni. Il mio sguardo sorvola la sua figura per incontrare quella di Sofy che cammina in mezzo al corridoio, tutta sola, mentre ascolta della musica con le cuffiette.
<<Stai tranquillo, è lei a venire da te>>
<<Cosa?>> butta fuori l'aria che fino a quel momento aveva trattenuto e si volta di scatto. Io ne approfitto per sgattaiolare via da lì, sia per togliermelo di piedi sia per lasciarli alla loro privacy, ma una volta arrivata all'angolo vado a sbattere contro qualcuno. Barcollo un po' e quando alzo lo sguardo ecco che i miei occhi si scontrano quelli nocciola di Andrew.
<<Scusami tanto Bianca, non vedevo dove andavo>> sorride imbarazzato.
<<Tranquillo>> faccio per andarmene, ma la sua mano va a stringere il mio polso, bloccando la mia corsa. I nostri corpi si fanno inevitabilmente più vicini, i nostri occhi sono tornati a collidere e questo contatto deve fare un certo effetto su Andrew visto che sembra essersi imbambolato. All'improvviso si ricorda del vero motivo per cui mi vuole parlare e scuotendo leggermente il capo, le sue labbra riescono a dar forma ai suoi pensieri.
<<Perché non sei venuta con me alla festa?>>
<<Sono andata con Matt>>
<<Ma sei rimasta per tutta la serata con Dylan. Non mi hai nemmeno avvisato>>
Nei suoi occhi intravedo una nota di delusione che tenta di tenere nascosta a tutti costi, ma non sembra essere tanto abituato a nascondere ciò che prova.
<<Andrew, non devo dirti per forza tutto ciò che faccio e comunque con Dylan la situazione sta migliorando>> devo ammetterlo: questo suo comportamento mi infastidisce un po'. D'altronde non siamo nè fidanzati nè migliori amici che si confidano tutto.
<<Quindi ci state riprovando?>> adesso è la sua voce a tradirlo.
<<Si>> dico secca, sentendomi un po' in colpa <<Scusami, ma adesso devo andare a lezione. Ci vediamo in giro Andrew>>
Mi saluta anche lui con un mezzo sorriso e un'alzata di mano. Non ci vediamo più per il resto della giornata, se non per qualche sguardo furtivo durante l'ora di pranzo.
Nonostante il modo in cui ci siamo lasciati, non ho saputo non sorridergli una volta che il mio sguardo andava a cadere accidentalmente nel suo, mentre cercavo quello di Dylan. E soprattutto non ho potuto dire di "no" quando mi ha chiesto di portarmi a mangiare qualcosa fuori, prima di accompagnarmi a casa.
Ma quando ci dirigiamo spalla contro spalla verso il parcheggio, parlando e scherzando come se non fosse successo nulla, ecco che un Dylan molto incazzato ci aspetta appoggiato contro la sua auto, le gambe distese e incrociate sulle caviglie mentre una mano porta avvicina sistematicamente alle labbra quella sigaretta quasi consumata, stretta in due dita.
Non posso fare a meno di rallentare il passo e perdermi nei lineamenti di Dylan: il profilo perfetto, le labbra carnose e più rosse del solito, le guance che si incavano ogni volta che aspira dal mozzicone, il tremolio della mano che viene camuffato dal movimento meccanico del braccio e la fronte corrucciata. E' agitato e non saprei dare una spiegazione plausibile, visto che dovrei essere io quella arrabbiata con lui.
Si volta di scatto ed i nostri occhi si scontrano troppo violentemente, troppo velocemente tanto che il cuore prende a battere forte come le ali di un colibrì e il respiro mi muore in gola. Lui, invece, assottiglia maggiormente gli occhi nel vedermi con Andrew mentre con un gesto del braccio butta via la sigaretta e non perde neanche un altro secondo per avvicinarsi a grandi falcate a noi.
E in poco tempo, stretto nel suo giubbotto di pelle, i jeans neri attillati che gli fasciano le gambe perfettamente e ai piedi le Nike bianche e nere.
Una volta davanti a me, un'ondata di tabacco mi invade totalmente le narici. Deve averne fumate molte dato che non ho mai sentito un odore del genere su di lui.
<<Possiamo parlare?>> dice con tono fermo, gelido.
<<Sono in compagnia, non vedi?>> incrocio le braccia al petto, anch'io arrabbiata. Dylan lancia un'occhiata truce al ragazzo accanto a me, che non è da meno. La tensione è alle stelle.
<<Dove andate?>> si raddrizza e mi copia la posizione. Sposta di nuovo l'attenzione su Andrew, facendo finta di essere incuriosito di sapere dove deve portarmi. A tradirlo, però, sono i suoi lineamenti induriti dalla rabbia.
<<A mangiare qualcosa, dobbiamo prima chiedere a te il permesso?>> controbatte Andrew, avvicinandosi ad una spanna dal viso di Dylan, il quale contrae subito la mandibola.
<<Certo che no>> un sorriso falso compare sul suo volto <<Ma mi avete fatto venire fame, quindi credo che verrò con voi>>
<<Trovati qualcos'altro da fare Collins, vogliamo essere lasciati in pace, lontano dai problemi>>
<<Problemi? Se hai qualcosa da dirmi, dimmelo in faccia senza nasconderti dietro alle tue allusioni del cazzo>> ribatte Dylan, sciogliendo il nodo di braccia e posando entrambi i palmi delle mani aperti sul petto di Andrew, spingendolo con un po' troppa forza.
A quella scena non posso continuare a starmene ferma e così decido di intromettermi, anche perché ho paura che potrebbe finire come a quella festa. Le immagini di Matt grondante di sangue mi tornano subito in mente, ma con una scossa veloce del capo cerco di mandarle via e concentrarmi sui due ragazzi che ho davanti.
<<Ragazzi, smettetela immediatamente>> mi affretto ad interpormi tra loro, aumentando le distanze, ma questo non gli impedisce di lanciarsi occhiate di fuoco. Poi mi rivolgo verso Dylan, cercando di contenere la rabbia.
<<Andrew non voleva alludere a nulla. Se proprio vuoi, puoi unirti a noi solo se prometti di startene calmo>>
I suoi occhi ghiaccio tornano ad osservare me e mai come in questo momento li avevo sentiti così distaccati da quando abbiamo deciso di riprovarci, per me, per lui, per noi. Un brivido freddo mi attraversa tutto il corpo nonostante il calore dei raggi del sole si infrangono sulla mia pelle.
<<Ci proverò ma non posso prometterti nulla, ragazzina>>
E così finiamo davvero col ritrovarci tutti e tre seduti ad un tavolo di una caffetteria qui vicino, dai sedili color cammello e i tavoli bianchi, accostati accanto a grandi finestre da cui si diramano fasci di luce. Parliamo poco, Dylan ed Andrew continuano a scambiarsi occhiatacce, a cui io rispondo con lo sguardo fisso sul mio frappé.
Dylan, seduto accanto a me, continua a portare una mano sulla mia coscia e stringerla possessivamente tra le dita. Cerco in tutti i modi di toglierla da lì, ma non da nessun segno di resa e questa cosa mi manda in bestia perché, nonostante le continue scosse elettriche che mi manda quel tocco, non posso fare a meno di andare contro ciò che sento e allontanarlo il più possibile da me a causa della scena che continua a martellarmi i pensieri da ieri.
<<Allora, siete tornati ad essere amici?>> domanda Andrew, spezzando quel silenzio insopportabile. Non doveva andare così.
<<In verità siamo più che amici. Sai, ci siamo baciati una paio di volte>> ribatte con un sorriso furbo stampato sulle labbra. Perché tutto questo mi sembra fatto solo per far ingelosire Andrew e marcare il territorio su di me, come fossi un oggetto? Il petto si infiamma all'improvviso e le mani si stringono in due pugni stretti.
<<Allora perché ti ha evitato per tutto il giorno?>> ribatte Andrew con un sorrisetto furbo, che costringe Dylan a serrare di nuovo la mascella e battere un pugno sul tavolo in legno, causando il tintinnio delle tazze contro i cucchiaini al loro interno.
<<Non. Sono. Affari. Tuoi. Andrew>> risponde a denti stretti.
<<Mi avete scocciato, tutti e due>> sbotto, alzandomi di scatto e battendo le mani sul tavolo. Entrambi sobbalzano, sorpresi dalla mia reazione ma almeno hanno smesso di prestare attenzione a loro due e le loro continue scenate di gelosia.
<<Ti ho evitato perché sono arrabbiata con te>> indico Dylan, poi mi rivolgo ad Andrew <<E tu, smettila di interessarti così tanto a noi, per favore>> e dopo aver gridato la verità in faccia ad entrambi e aver attirato qualche sguardo indiscreto su di noi, raccolgo le mie cose dal sedile e mi precipito fuori dal locale per prendere una bella boccata d'aria fresca.
Poco dopo sento dietro di me la porta del locale venir aperta e chiusa nuovamente e, per la seconda volta in una giornata, una mano mi imprigiona il polso nella sua stretta impossibile da confondere con altre: Dylan. Déjà-vu. I nostri respiri caldi si mischiano data la troppa vicinanza, i nostri sguardi sprofondano di nuovo l'uno dentro l'altro, ma stavolta con dolcezza.
<<Non puoi andartene via così e non pensare neanche che ti lasci scappare senza spiegazioni. Perché sei arrabbiata?>> quelle parole, fanno tornare in mente tutte le emozioni che ho provato ieri sera davanti a quella ragazza. Sento improvvisamente lo stomaco vuoto, il cuore martellare nel petto e le mani sudare.
<<Davvero non lo sai?>> rispondo acida mentre cerco di liberarmi dalla sua presa, ma sembra non avere alcuna intenzione di lasciarmi andare.
<<No, non lo so. Dimmelo tu perché non ci sto capendo più un cazzo>>
<<Ah davvero? Non ti dice niente la ragazza di ieri sera, a casa tua?>> sento gli occhi pungermi e velarsi di un leggero strato di lacrime, mentre un nodo alla gola decide di bloccarmi il respiro. A questo punto la sua presa si allenta fino a lasciare di nuovo libero il mio polso. Spalanca gli occhi dalla sorpresa.
<<Intendi mia sorella?>>
Per un attimo penso che il cuore si sia fermato. Suo sorella? Dice davvero? Rimango senza parole davanti a quelle parole, tutta la rabbia che avrei voluto sputargli addosso sembra esseresi dissolta nel nulla. Boccheggio, cercando le parole adatte da dire ma ognuna mi muore in gola prima che possa uscire dalle mie labbra leggermente screpolate.
<<Studia al college, non ci vediamo da molto tempo. Mi ha fatto una sorpresa ma io non ero in casa quando è arrivata>>
Ora tutto diventa più chiaro, tranne le mie guance che col passare dei secondi diventano sempre più rosse. Abbasso lo sguardo per evitare il suo e per l'estremo imbarazzo. Come ho potuto pensare anche solo un secondo che potesse avermi dimenticata con un'altra?
<<E credevi fosse un'altra, non è così?>>
Non rispondo, torturandomi le mani. Lo vedo incrociare le braccia al petto, scuotere la testa e mordersi violentemente il labbro inferiore forse cercando di nascondere un sorriso di delusione.
<<Io sto provando a fidarmi di te ogni fottuto istante di queste giornate tutte uguali. Lotto ogni giorno contro la paura di rimanere di nuovo deluso da una delle tue bugie, e tu cosa fai? Ti arrabbi con me perché pensi che me la stia spassando con un'altra e mi eviti perché sei troppo codarda per affrontare una discussione seria!>>
Tutto l'autocontrollo che aveva deciso di mantenere, se ne è andato a farsi benedire e adesso mi guarda con occhi rabbiosi, il suo tono di voce accusatore mi penetra le orecchie con così tanta violenza che finisco col sobbalzare un po'.
La rabbia gli ha colorato il volto di un leggero rossore e le vene del collo si sono fatte evidenti, rendendolo dannatamente attraente.
Non puoi pensare questo adesso, rimani concentrata!
Mi ripeto, prima di rispondere con audacia.
<<Mi sembra di essermi già scusata per ciò che ho fatto. E continuo a maledirmi giorno dopo giorno per quello che ti ho fatto, ma non ti permetto di usarlo come scusa contro di me!>> gli punto il dito contro il petto e lo spingo leggermente, volendo fargli appositamente un po' male anche se il suo volto non sembra contorcersi dal dolore.
<<Non è una scusa, è la verità!>>
<<Non è la verità perché anch'io ho il diritto di avere paura di perderti!>> a quelle parole, gli occhi tornano a pungermi e la sua figura si distorce per via dello strato di lacrime che velano i miei occhi grigi. Poi il silenzio si adagia delicatamente su di noi, interrotto solo da un mio singhiozzo.
Aspetto che lui venga da me, che mi abbracci e che mi sussurri che va tutto bene. Nell'attesa, mi cingo da sola i fianchi, come se servisse a proteggermi da quelle invisibili lame che mi attraversano lo stomaco.
Abbracciami, Dylan, ti prego. Ho bisogno di sapere che va tutto bene perché non potrei sopportare la tua assenza e freddezza per un secondo di più.
Poi un passo, un altro, finchè due braccia calde e che sanno di casa mi circondano totalmente, inglobandomi in quella bolla in cui non c'è bisogno di parlare perché bastano degli sguardi per capirsi. Finalmente il calore mi avvolge, il calore delle sue braccia.
<<Tu non mi perderai ragazzina, te lo prometto>> semplici parole dette con voce più calma, la voce del mio Dylan, ma che bastano per far fare tante capriole al mio cuore.
Affondo il naso sul suo petto beandomi del suo odore mischiato a quello del fumo, mentre le mie braccia si sciolgono dal mio ventre e si appigliano alla sua schiena, come se fosse questo il mio appiglio per restare a galla.
Rimaniamo così per sempre, amore mio, non litighiamo più perché odio alzare la voce con te, che meriti tutto il buono di questo mondo.
<<Ti va di conoscere mia sorella?>> domanda all'improvviso. Questo mi costringe ad alzare il volto ed immergere di nuovo i miei occhi nei suoi.
Quanto sono belli i tuoi occhi, ci passerei le ore ad osservarli.
<<Dici sul serio?>> dico con la voce ridotta ad un sussurro per via dell'emozione.
<<Dico sul serio>> ripete dopo di me. Finalmente le sue labbra si distendono in un sorriso dolce, sincero.
Eccoti Dyl, ora si che ti riconosco. Ecco il Dylan che mi ha fatto perdere la testa.
<<Che aspettiamo allora, andiamo>>
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