5. Che l'inferno abbia inizio

CORRETTO

La sveglia sta suonando, di nuovo, come ogni mattina in cui devo andare a scuola. Oggi però mi sono stranamente svegliata prima del solito, così ho deciso di prepararmi la colazione e godermi qualche momento di puro silenzio e immersa nei miei pensieri, prima di lavarmi e vestirmi.

Mentre sono intenta a tracciare una sottile linea di eyeliner, sento il telefono vibrare accanto a me e lo schermo accendersi segnando l'arrivo di un messaggio di Matt.

"Buongiorno dolcezza, scusa se ti disturbo ma giuro che è per una buona causa. Non riesco a passarti a prendere come al solito perché ho una cosa da fare prima di venire a scuola. Quindi mi spiace per te ragazza estremamente pigra, ma dovrai fare la strada da sola. Matt."

Non dovrei essere felice per questa notizia, però d'istinto mi viene da sorridere. Gli rispondo subito e continuo a truccarmi.

Alla fine, guardo soddisfatta la mia immagine riflessa nello specchio tondo tanto da riacquistare un briciolo di autostima. I capelli che profumano di shampoo ricadono morbidi sulle spalle, una ciocca portata accuratamente dietro l'orecchio per evitare di nascondere il mio sguardo perfettamente truccato.

Le occhiaie non sono più evidenti grazie al correttore, la cipria copre il pallore della pelle e le linee di eyeliner coprono lo sguardo spento. Una maschera perfetta da indossare ad inizio giornata e da togliere una volta chiusa la porta della mia stanza.

Sorrido, come se fosse la cosa più naturale possibile ma si vedrebbe lontano chilometri che è solo un sorriso tirato.

Nasconditi per bene dietro questo sorriso, Bianca, devi mostrare agli altri che stia bene.

Mi alzo dalla sedia e velocemente mi precipito giù per le scale, pronta per iniziare una nuova e "bellissima" giornata di scuola.

Prima però mi dirigo in cucina per prendere le cuffiette che ho abbandonato sul tavolo di legno posto al centro della stanza. Seduta sulla solita sedia c'è mia madre ancora vestita dal pigiama che legge indisturbata il giornale e di tanto in tanto porta alle labbra la tazza nera con un cuore al centro per sorseggiare il caffè.

Sorrido al ricordo di una piccola me che dà a sua madre il suo regalo per la festa della mamma. Il pacco regalo stretto tra le mani ancora troppo piccole, il vestitino bianco che mi intralciava il cammino ma un sorriso fiero sulle labbra. Avevo all'incirca sei anni.

Sapere che la usa ancora, mi fa perdere un battito.

Forse tua madre è ancora lì, nascosta da qualche parte dietro a quello sguardo sconfitto, a quelle occhiaie e la linea delle labbra sempre rivolta verso il basso.

«Buongiorno mamma» dico mentre afferro le cuffiette dal tavolo. Velocemente decido di lasciarle un bacio sulla guancia.

«Buongiorno tesoro, non fai colazione?» chiede preoccupata per il mio stato di salute, puntando di nuovo il suo sguardo nocciola nel mio dopo tanto tempo.

«Ho già mangiato mamma. Questa mattina mi sono alzata presto e ne ho approfittato per prendermela con calma»

«Ah davvero? Sei sicura di sentirti bene, Bianca?» alza un sopracciglio divertita prima di scoppiare in una fragorosa risata che mi contagia. Che bella la sua risata, quanto mi era mancata?

Mi sembra strano credere a questa situazione: è da tanto che io e mia madre non passiamo un momento come questo.

~~~~

Andare a scuola da sola non mi dispiace. Amo passeggiare fianco a fianco con Matt, mi tranquillizza, ma quando lui non passa a prendermi posso usare il tragitto per pensare e godermi il silenzio della passeggiata. E proprio mentre sono persa nella mia mente, le note leggere della musica a stuzzicarmi le orecchie, vedo con la coda dell'occhio una figura alta e muscolosa venirmi in contro.

Mi volto spaventata, tiro dal filo le cuffiette per ascoltare attentamente il mondo che mi circonda e mi ritrovo Dylan Collins accanto che, dopo aver adeguato il suo passo al mio, mi rivolge uno strano sorriso divertito.

«Buongiorno tutor. Allora, cosa ne pensa la tua mammina del fatto che per due mesi dovrai rimanere a scuola il pomeriggio per aiutare un povero studente con voti scadenti?» cerca di infastidirmi e quel sorrisetto mischiato al tono allegro della sua voce, ci riescono perfettamente.

In tutta risposta alzo gli occhi al cielo e, dopo aver sbuffato pesantemente, aumento il passo con l'intento di mettere un po' di spazio tra noi. Le sue gambe però, fasciate da jeans stretti e scuri, sono più lunghe delle mie.

«Giusto, una brava ragazza come te sicuramente non avrà detto una cosa del genere alla sua mammina. Non potrebbe reggere il pensiero che la figlia prodigio sia in punizione» continua, portando una mano alla tempia in modo teatrale.

Mi blocco di scatto intenta a rispondere a tono alle sue provocazioni, ma nel momento in cui mi volto vado a sbattere contro il suo petto, provocando in lui una risata. Una stupenda risata.

Il suo profumo, uguale a quello di ieri, si schianta violentemente contro le mie narici senza esitazione. E per quanto questo odore mi possa piacere, continuo a stringere in un pugno le malcapitate cuffiette per trattenere il fastidio che mi dà.

«Ti viene così difficile tenere il becco chiuso? Oggi è il primo giorno della prima punizione della mia vita e vorrei che mi lasciassi in pace almeno per questa mattina» dico rabbiosa mentre torno a camminare per la mia strada a passo spedito. Evidentemente la distanza tra noi è ancora troppo poca perché la sua risata arriva dritta alle mie orecchie.

«Ma non voglio darti fastidio, sono solo curioso» in pochi secondi è di nuovo al mio fianco. Ma quanto cammina veloce?

«Invece lo stai facendo e mi stai facendo alterare» affermo.

«Ehi, ehi, che acidità - alza le mani in segno di resa- Dov'è il tuo principe azzurro?» chiede malizioso, sistemandosi meglio lo zaino sulla spalla destra e cambiando discorso.

Per quanto hai intenzione di continuare Collins? La mia pazienza ha un limite...

«Aveva un impegno. Fatti gli affari tuoi»

«Di prima mattina? Attivo il ragazzo, sicura che non si sia trovato un'altra?» continua dando aria alla bocca. Questo è davvero troppo.

«Non so quello che fa Matt la mattina e non mi importa neanche, non è il mio ragazzo. Adesso puoi chiudere quella bocca, per favore?» alzo la voce, ma ottengo l'effetto contrario.

Dylan non esita un attimo ad increspare le labbra in un sorrisetto malizioso che mette in bella mostra i denti così bianchi da potercisi specchiare contro. Stranamente accoglie la mia richiesta e non aggiunge nessun'altra parola. Tuttavia rimane al mio fianco, in silenzio, fino a quando insieme raggiungiamo il cancello d'ingresso della scuola.

Perché ti ostini a seguirmi Collins? Mi controlli per caso?

~~~~

Le lezioni passano inesorabili e ogni ora di spiegazione mi sembra infinita. I professori sono impegnati più a riprendere chi gioca con il telefono o a chi scarabocchia i quaderni piuttosto che andare avanti con la propria materia.

Io invece, che come gli altri faccio fatica a seguire, sono intenta a fissare una ragazza dai capelli biondo platino e occhi verdi smeraldo che guarda il cielo fuori dalla finestra. Non so chi sia, non la conosco, forse si tratta di una ragazza nuova il che spiegherebbe il perché io non l'abbia mai vista a scuola. Ha il naso piccolo, le labbra piene e un'aura di eleganza che l'avvolge. Mi chiedo a cosa stia pensando.

Il suono fastidioso della campanella mi riporta al presente mentre gli altri ragazzi si alzano dalla sedia, mettono lo zaino in spalla e filano via dalla classe velocemente. All'interno della stanza restiamo solo io e lei, la quale non sembra essersi accorta di nulla.

Raccolgo i libri dal tavolo e mi avvicino.

«Non trovi anche tu che oggi sia una bella giornata?» dico risvegliandola dai suoi pensieri. Sobbalza leggermente per la sorpresa, prima di rivolgermi uno sguardo totalmente spaesato.

«Scusa? La lezione è finita?» mi chiede, mentre con una mano tira per il filo le cuffiette incastrate nelle orecchie.

Ecco perché non ha sentito la campana: aveva la musica tanto alta da non farle sentire altro che le note di una canzone, magari la sua preferita o magari quella che le ricorda qualcosa.

«Sì, già da qualche minuto» rispondo e un sorriso mi si forma sulle labbra.

«Oddio, non me ne sono accorta. Scusami ma devo correre alla lezione successiva» si alza di scatto e frettolosamente raccoglie il caos davanti a lei in modo impacciato. Cerco di aiutarla, ma sembra rifiutare la mia cortesia perché si piega a terra per afferrare velocemente i fogli caduti.

«Devo sbrigarmi, scusa» mi strappa dalle mani l'unico foglio che ero riuscita a prendere. «Ti ringrazio per avermi aiutata, io sono Sophia comunque» goffamente, sposta i quaderni da un braccio all'altro per porgermi la mano. Con un sorriso timido attende pazientemente che io la stringa.

«Bianca» la afferro e la saluto, prima che lei scompaia dal mio campo visivo lasciandosi l'aula alle spalle. Ho appena avuto un déjà vu.

~~~

È l'ora di pranzo e finalmente posso vedere Matt che, come ogni giorno, mi attende al nostro tavolo con già il suo vassoio davanti.

«Grazie per avermi aspettato» dichiaro ironica mentre lui alza gli occhi e uno sguardo colpevole compare sul suo volto.

«Ti prego scusami, ma avevo troppa fame» mi risponde con la bocca piena.

«Oddio Matt, abbi la decenza di non parlare con la bocca piena» faccio una smorfia mentre gli passo un tovagliolo per pulirsi dagli avanzi di cibo attorno alla bocca.

Se c'è qualcosa che non sopporto di Matt è la sua ingordigia. Sono relativamente pochi gli attimi in cui non lo vedo sgranocchiare qualcosa. Ma è comunque il mio migliore amico e questo non mi porta a volergli meno bene.

«Ricordi che giorno è oggi? Inizia la punizione» mi ricorda subito dopo. Ho passato tutto il giorno cercando di non pensare alle prossime ore di tortura e ora arriva Matt a rovinare ogni mio piano. Alzo gli occhi al cielo e arriccio il naso, infastidita.

«Non ricordarmelo, ti prego. La cosa più bella è che mia madre non lo sa ancora, magari il preside si è dimenticato di chiamarla. Meglio così» faccio spallucce rincuorata dal fatto che a casa nessuno sappia ancora nulla.

«Fammi capire, quale scusa hai usato per rimanere qui dopo la scuola per ben due mesi?» chiede, veramente incuriosito.

«Lavoro di gruppo» rispondo seccata mentre tiro fuori dallo zaino il pranzo e inizio a mangiare anche io. Non appena alzo gli occhi dal mio piatto vedo in lontananza Sophia un po' spaesata.

«Aspettami qui, arrivo subito» mi alzo per raggiungerla.

«Ciao, aspetti qualcuno?» chiedo alle sue spalle, Sophia si volta e con un dolce sorriso mi fa cenno negativo con la testa.

«Ti andrebbe di unirti a me e al mio amico Matt?» continuo indicando il tavolo dietro di noi, lei lo fissa e poi rivolge nuovamente il suo sguardo su di me.

«Posso?» dice timida. Senza dire nulla le sorrido, annuendo freneticamente. Poi ci avviamo al tavolo spalla contro spalla.

«Sophia ti presento Matt, il mio migliore amico» esordisco una volta essere arrivate e sedute.

Alle mie parole, Matt spalanca gli occhi e sono quasi sicura di aver visto le pupille dilatarsi come non avevano mai fatto. Velocemente allunga una mano verso il tovagliolo che gli ho dato prima e si pulisce ancora una volta la bocca dagli scarti di cibo.

I suoi occhi eterocromatici non abbandonano neanche per un secondo quelli della ragazza al mio fianco, le guance si sono fatte improvvisamente più colorate e le labbra schiuse sembrano aver perso il dono della parola. Ha bisogno di un mio colpetto di tosse per riportarlo su questo pianeta.

Finalmente torna a muoversi e non perde altri secondi per allungare una mano verso la sua per presentarsi.

«Piacere Sophia, come mai hai deciso di venire in questo luogo meraviglioso?» domanda Matt ironico, cacciando fuori il sorriso migliore. Le loro mani si sciolgono solo qualche secondo dopo.

«Mi sono iscritta qui perchè me ne hanno parlato bene, stai forse insinuando che non è così?» lei sembra stare al gioco, inarcando il sopracciglio e mantenendo fisso lo sguardo in quello del mio migliore amico.

«Se con "me ne hanno parlato bene" intendi che è una scuola piena di bulli che ti prendono di mira, allora sono certo che ti piacerà molto stare qui» risponde con amarezza, sistemandosi il grande ciuffo di capelli.

«Bulli?» chiede quasi sorpresa. All'improvviso si blocca e il suo sguardo si perde nell'osservare qualcosa oltre le spalle di Matt, o meglio, qualcuno.

«Sono felice di rivedervi di nuovo insieme, la mia coppia preferita non si è ancora sciolta» le mani di Dylan vanno a posarsi sulle spalle di Matt, il quale comincia a mordersi la guancia per mantenere la calma, e il sorriso splendente di questa mattina torna fuori.

Il suo sguardo da perfetto predatore si inchioda al mio e non ha alcuna intenzione di lasciarmi andare. Perché mi sento così vulnerabile in questo momento?

Se ho così tanta voglia di scappare da lui, perché lo sto ancora fissando?

Sto per prendere parola, quando con un gesto della mano mi obbliga a fermarmi: «Sta tranquilla ragazzina, vengo in pace. Volevo solo avvisarti di essere puntuale oggi perché non ho voglia di aspettarti»

«Sta tranquillo pure tu, Collins, sarò puntuale» affermo acida, mentre il ragazzo davanti a me toglie le mani da sopra le spalle di Matt e si allontana camminando all'indietro. E prima che si volti definitivamente e torni dai suoi amici, aggiunge un'ultima cosa: «Ci vediamo in biblioteca, ragazzina»

Matt sibila qualche commento riguardante l'accaduto, ma che io non sono in grado di ascoltare perché troppo concentrata sulla figura di quel ragazzo che è tornato a ridere e scherzare col suo gruppetto.

L'udire il mio nome mi riporta su questo pianeta e sposto la mia attenzione su Matt: «Bianca è ora di andare o farai tardi, ti accompagno in biblioteca- si alza dal tavolo- Sophia se vuoi potresti venire con noi» dice sorridendo.

La ragazza si aggiunge a noi volentieri e dopo una breve camminata tra i corridoi siamo già arrivati davanti alla porta vetro sopra la quale aleggia la scritta "biblioteca".

«Stai attenta con quel ragazzo, se succede qualcosa chiamami. Intesi?» mormora Matt nella mia direzione.

«Non preoccuparti, a domani» li saluto entrambi prima di voltarmi e varcare la soglia della gabbia in cui sono costretta a trascorrere due ore della mia vita con la persona che odio di più.

Inizio a ispezionare la stanza che mi si presenta davanti per capire se il mio compagno di punizione sia già arrivato. A prima vista non mi sembra sia presente così scelgo un tavolo a caso e mi siedo su una delle sedie, ascoltando un po' di musica dal telefono per placare l'impazienza.

Alzo lo sguardo per guardare l'ora e l'occhio mi ricade su una sagoma in terra, poggiata contro lo scaffale, le gambe distese e incrociate sulle caviglie che è impegnata a leggere un libro di cui non riesco a leggere il titolo. Credo sia la corsia dei fantasy e delle storie per bambini.

I capelli gli ricadono sul volto ma lasciano scoperto il necessario per notare un sorriso innocente illuminargli il viso, ma non riesco a capire se sia Dylan o meno.

Guardo con insistenza la figura fino a quando alza il naso dal libro che regge fra le mani e i nostri sguardi si scontrano violentemente. Non riesco a crederci: la figura è Dylan, che con un balzo si alza da terra, posa il libro e, dopo aver raccolto lo zaino e averlo messo in spalla, viene verso di me. Le gote sono leggermente arrossate, totalmente in contrasto con la fronte corrucciata e le labbra distese in una linea dritta. Vorrebbe sembrare un duro, ma quell'aria scontrosa lo rende solo un tenero cucciolo.

Aspetta che?

«Che hai da guardare? Vuoi per caso una foto da appendere in camera, Anderson?» dice con un tono aggressivo una volta arrivato al tavolo ed essersi buttato sulla sedia con prepotenza. Continua: «So a cosa stai pensando e posso solo dirti che non è quello che credi. Non farti strane idee»

«Sta tranquillo, con me il tuo segreto è al sicuro» con audacia mi sporgo in avanti faccio e sussurro quelle parole ad una spanna dal suo viso. La sua mandibola di contrae di nuovo, diminuendo ancor di più la distanza, tanto che riesco a sentire il fiato caldo sulle mie labbra.

«Sta attenta a giocare col fuoco ragazzina, rischi di bruciarti» dice a denti stretti e con una strana calma stampata in viso. Continuiamo a guardarci negli occhi per qualche secondo, finché quella sensazione di bruciore comincia ad attaccare la mia pelle e mi costringe a tirarmi su. Lui fa lo stesso.

Sei una codarda Bianca, ti sei tirata indietro in una guerra di sguardi che avresti dovuto vincere per fargli capire con chi ha a che fare.

«Cominciamo?» mi schiarisco la voce.

«Assolutamente no, il mio programma è di far finta di studiare. Stiamo in silenzio per due ore e cerchiamo di non pensare al fatto che siamo stati costretti a sopportarci»

«In un'altra vita forse sarei d'accordo con te, ma in questa il preside ci controlla» indico con un gesto del capo gli occhi scrutatori del direttore della scuola che ci sta controllando da dietro la porta della biblioteca.

Dylan si volta incredulo verso l'ingresso e quando lo nota alza gli occhi al cielo, imprecando sottovoce. Penso di averlo fatto anche io quando dopo qualche secondo il preside entra e ci raggiunge. 

Spazio autrice 

Ringrazio per i consigli la preziosa othersense17 per i suoi consigli ❤️

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top