40. Io resto
CORRETTO
<<Sei sicura di riuscire a farlo? Ti assicuro che non sarà una passeggiata>>
<<So a cosa sto andando in contro, io non ho paura di affrontarlo... Ti ho promesso che ci sarei stata in caso di bisogno ed eccomi qui>>
I suoi occhi tornano a guardare la mia mano che è ancora sospesa a mezz'aria e che aspetta di essere afferrata.
<<Senti Bianca, so perfettamente che dire qualcosa è più facile che farla ed io voglio avvisarti che quello che probabilmente scoprirai non sarà facile affrontare e poi... Tu ne rimanga spaventata>>
<<Dylan, io non ti ho chiesto di raccontarmi quello che più ti ha ferito e che tutt'ora lo fa, ma ti ho chiesto di lasciarti aiutare a riacquistare la speranza>>
<<Ma prima poi sarò costretto a raccontarti del perché>>
<<A me non interessa il perché Dylan, a me interessa che tu stia bene>> il suo sguardo sofferente colpisce dritto al petto e per una frazione di secondo non so cosa aggiungere.
Poi poso l'altra mano sulla sua e la accarezzo con gentilezza. Il suo sguardo segue ogni mio movimento e quando si accerta che non ho cattive intenzioni, torna a guardarmi. I secondi passano ma non mi risponde, poi inizia a ridere con una certa malinconia stampata sul volto.
<<La prima volta che ho deciso di andare dalla signora Jones, mi ha salutato e la prima cosa che mi ha detto è stata: "Allora, parlami di qualsiasi cosa ti turbi". Io non sapevo cosa risponderle, non volevo raccontarle la mia vita privata e ho cominciato a pensare che avevo sbagliato ad andare lì. Ma lei aveva già capito quali fossero i miei pensieri e così mi disse: "Il primo passo per affrontare un dolore è chiedere aiuto e accettare che questo non sia sbagliato">>
<<Con questo cosa vorresti dirmi?>> domando confusa.
<<Che non ho più voglia di convivere con questo peso sul petto e che accetterò tutto l'aiuto possibile se questo mi offre la possibilità di liberarmene>>
Io inizio a sorridere, davvero tanto felice che abbia accettato il mio aiuto.
<<Ti assicuro che riuscirai a liberartene>>
<<Devi solo promettermi una cosa: che non scapperai una volta che ti avrò raccontato il mio passato>>
<<Dylan...>> cerco di fermarlo ma è lui a interrompere me.
<<No Bianca, se vuoi davvero aiutarmi dovrai sapere il mio passato>>
<<Va bene, ma prenditi tutto il tempo che ti serve>> sapere che lui stesso voglia raccontarmi quella parte che tiene nascosta a tutti mi fa sentire, da una parte, onorata di avere questo privilegio e questo significa che mi ritiene una persona importante per lui, dall'altra non credo di essere pronta a rivivere tutti quei ricordi dolorosi che mi fanno rivivere quello che è un po' anche il mio passato.
Ma se questo significa aiutare lui, cercherò di farmi forza il più possibile per non crollare davanti ai suoi occhi. Sono una sua roccia adesso, non posso permettermi di farlo.
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L'indomani mattina, mi reco a scuola accompagnata da Matt che non smette di raccontare come lui e Sofy abbiano passato un bel pomeriggio insieme quando stava male per un litigio con Dylan.
Che sia chiaro, sono felice di questa sua energia positiva ma sono sicura darebbe fastidio anche a voi alle otto di mattina, mentre camminate sulla via di scuola.
<<...Così intenso>> completo io la sua frase, una di quelle che fanno parte sempre della stessa storia raccontata milioni e milioni di volte <<Ho capito Matt>>
Lui corruccia le sopracciglia e fa il finto offeso. Si sistema meglio lo zaino sopra le spalle e torna a camminare.
<<Qualcuno ha dormito male questa notte? Perché mi sembra abbastanza acida già di mattina>>
<<Non ho dormito male Matt, solo mi hai raccontato almeno una ventina di volte questa storia da quando è successo: due giorni fa>> gli faccio notare con un tono brusco.
Entriamo a scuola.
<<Scusami se sono troppo felice di quello che è successo>>
Sospiro. E questa sarà la ventesima volta in cui gli dico che sono felice della sua felicità, ma come tutte le altre diciannove volte, non presta attenzione a questa parte del discorso. Alzo gli occhi al cielo.
In lontananza vedo Sofy parlare con delle ragazze. Mi irrigidisco immediatamente.
<<E' successo qualcosa tra voi due?>> la voce di Matt al mio orecchio mi fa sobbalzare.
<<No, nulla... Perché?>> faccio finta di nulla e mi avvio verso il mio armadietto. Lui mi viene dietro.
<<Perché non le hai parlato da quando Dylan è venuto a casa tua, dopo che aveva litigato con lei>>
Aumento il passo per evitare l'argomento, ma lui inizia quasi a correre per evitare di rimanere indietro.
<<Solo ho avuto altro da fare, tutto qui>> rispondo velocemente. Ripetermi milioni di volte queste frasi davanti allo specchio è servito a qualcosa allora. Sono fiera di me.
<<Tutto qui?>> mi afferra per un braccio e ferma la mia corsa.
<<Si, tutto qui>> mi divincolo dalla sua presa ed apro il mio armadietto.
<<Ragazzi, siete pronti per una bella gita in campeggio?>> parli del diavolo...
La voce di Sofy arriva alle nostre spalle, contenta come sempre ma che maschera un po' la sua tristezza per i fatti successi in questi ultimi giorni con Dylan.
<<Gita in campeggio?>>
<<Si, gita in campeggio... Come rappresentante d'istituto, il preside mi ha incaricato di trovare la gita perfetta ed io ho scelto questa, che ne pensate?>> ci spiega allegramente.
<<Sembra interessante, che ne pensi Bianca?>> mi chiede Matt, risvegliandomi dai miei pensieri.
<<Ah... Emh, sì, sembra bello>>
<<Già, potreste dirlo voi a Dylan?>>
<<Perché noi? Non vi parlate ancora?>> chiede curioso Matt. Lo guardo e noto subito quella strana scintilla brillare dentro ai suoi occhi.
Sofy scuote la testa con rammarico.
<<Mi sta evitando, sembra che non voglia risolvere con me>> finge che non le importi nulla e decide comunque di fare la forte <<Ma va bene così, è lui che ci sta perdendo dei due, io riesco a fare anche a meno di lui>> stringe al petto quei fogli che tiene in mano e sembra stringerli con un po' troppa forza.
Queste sono le parole di una ragazza che soffre ed io, in quanto sua amica, devo darle un buon consiglio.
<<Si, ma siete anche una coppia, non potrete continuare così... Dovete mettere da parte l'orgoglio e trovare un punto d'incontro>>
<<Ci ho provato Bianca, in tutti i modi possibili: sono andata a casa sua ma non c'era mai, ho cercato di invitarlo a casa mia ma non è venuto, ho provato ad invitarlo a cena per parlarne ma mi ha lasciato da sola al tavolo ad aspettare che arrivasse, come una stupida>> serra la mandibola e delusione le dipinge il volto in un'unica volta.
<<Non capisco che gli succede, quando l'ho conosciuto sembrava un bravo ragazzo in fondo, era sempre gentile, premuroso e sembrava davvero preso da me, ma adesso non sono più molto sicura di questo>>
<<Per quanto tu ne sappia, sai se sta passando un periodo particolare?>> domando.
Lei inizia a pensarci, assumendo la tipica faccia concentrata di Sofy: labbra arricciate, gli occhi rivolti al cielo e il dito indice che sprofonda nella guancia.
Dopo un'attenta riflessione, scuote la testa.
<<So solo che sua madre è tornata in città, ma nient'altro>>
Le sue parole mi fanno ricordare della chiamata ricevuta da sua madre nel telefono di Dylan e che io ho ascoltato attentamente.
Probabilmente, sapendo il contenuto dei messaggi di Dylan lasciati nella segreteria di suo padre dove diceva di iniziarla ad odiare, sarà sicuramente per quello.
<<Beh, probabilmente sarà per questo... Io so che non ha buoni rapporti con lei>> la rassicuro e dentro ai suoi occhi vedo quella speranza che manca dentro a quelli di Dylan.
Penso alla discussione dell'altra sera e a quella freddezza insidiata dentro a quegli occhi, ma è lo stesso ghiaccio che ha cominciato a sciogliersi pian piano davanti a me.
<<Spero che sia così Bianca, mi manca>> sorride tristemente, poi ci saluta e va ad avvisare di questa gita ad altri studenti fermandoli in mezzo al corridoio.
La guardo in lontananza, quel sorriso che maschera perfettamente il suo dolore mentre io mi domando se riuscirò mai a confessarle ciò che è successo tra me e Dylan.
<<Bianca, hai qualcosa che non va>> mi fa notare Matt ma con una strana pacatezza.
<<Si, hai ragione Matt, non sono del tutto io in questo momento>>
<<Ne vuoi parlare?>>
<<No, è meglio di no>>
<<Se vuoi questo pomeriggio vengo a casa tua e passiamo una delle nostre serate>>
Non sono molto in vena di festeggiare qualcosa o di divertirmi, ma mi tornano in mente le parole di Dylan: "Il primo passo per affrontare un dolore è chiedere aiuto". Ed è questo quello di cui ho bisogno: un bel pomeriggio col mio migliore amico.
<<Va benissimo Matt, ne ho davvero bisogno>>
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Il pomeriggio, dopo tutte le lezioni, aspetto fuori dalla classe dell'ultima lezione di Dylan per poterlo accompagnare al suo esame di recupero.
Dall'ansia inizio a mordicchiare le unghia e quasi non faccio caso a Dylan quando esce finalmente dalla sua classe, dopo aver parlato con Logan.
Mi sistemo i capelli e la maglietta quando il mio sguardo incrocia il suo. Oggi sembra più bello del solito: un sorriso diverso stampato in volto, i capelli più ordinati del solito e vestito con semplici jeans chiari e una maglietta bianca a maniche corte con una giacca a vento nera. Si avvicina a me.
<<Sei pronto per il tuo esame?>>
<<Diciamo di... no? Ho paura che mi dimentichi tutto quello che hai cercato di insegnarmi>>
<<Questo è quello che direbbe un ragazzo senza speranza>> gli faccio notare, lui ricambia con un sorriso mentre camminiamo per il corridoio ancora pieno di ragazzi che vanno verso l'uscita.
<<Supererò l'esame perché sono sicuro di aver studiato con l'insegnante migliore del mondo>>
<< "Insegnante migliore del mondo"? Chi sei tu e cosa ne hai fatto del vero Dylan?>> ridiamo insieme mentre i nostri piedi ci portano finalmente alla classe in cui si svolgeranno gli esami.
Ci sono altri ragazzi dentro la classe, seduti ai banchi e con una penna in mano, pronti per svolgere l'esame.
Io e Dylan ci scambiamo uno sguardo, lui un po' preoccupato, io il più incoraggiante che posso.
<<Vedrai che ce la farai, sono sicura delle tue capacità>>
<<Spero sia così>>
<<Io ti aspetterò qui fuori>>
<<Ma non devi incontrarti con Matt?>>
<<Capirà se farò un po' di ritardo... Io resto>> gli sorrido per concludere la mia frase.
I suoi occhi non abbandonano i miei, rimane aggrappato finché non dovrà entrare dentro quella classe.
Penso di riuscire a vedere, per la prima volta, la certezza che qualcuno resterà accanto a lui in un momento importante. Mi dimostra tutta la sua gratitudine senza nemmeno aprire bocca e le opzioni sono due: o sto impazzendo o, semplicemente, sono diventata brava a capire i pensieri delle persone guardando attraverso i loro occhi, lo specchio dell'anima.
<<Va bene, mi aspetto di trovarti ancora qui tra due ore>> mi avvisa, prima di entrare dentro la classe ed iniziare il suo esame di recupero.
Io aspetto con molta pazienza fuori dalla classe, un po' mi giro i pollici, un po' guardo il telefono e un po' mi perdo nei miei pensieri guardando fuori dalla finestra.
<<Questa è la sua ultima occasione, Anderson, se questa volta non ce la fa sarò costretto a cacciarlo da scuola>> una voce familiare arriva dietro le mie spalle. Mi volto con calma per guardare in faccia il preside.
<<Non crede sarebbe un pessimo regalo di Natale?>>
<<Oh signorina mi creda se le dico che è abituato a molto peggio... Per lui sarebbe solo una liberazione non venire più a scuola>> si muove verso di me e guarda anche lui il campo da football su cui si affaccia la finestra.
<<Ma non hai mai provato a capire il perché del suo comportamento?>>questa volta non me ne starò zitta, oggi prenderò le sue difese e non permetterò che lo denigri un secondo di più.
<<Io so il perché, ma questo non deve intaccare con nessuna delle cose che circondano la sua vita>>
E con queste parole, dette severamente, si allontana da me con la stessa velocità con cui è arrivato.
<<Spero per lui che si riprenderà prima o poi... Gli auguri buona fortuna da parte mia signorina Anderson>> mi saluta con un gesto della mano mentre continua a camminare lungo il corridoio: le mani nelle tasche, le spalle diritte e la testa alta.
Subito dopo la porta si apre e i ragazzi cominciano ad uscire dall'aula. Mi alzo sulle punte dei piedi per cercare di non sparire in mezzo a tutte quelle montagne di ragazzi. Quando mi vede mi sorride prima, poi mi raggiunge.
<<Come è andata?>>
<<Bene...>> distende le labbra in un sorriso orgoglioso, poi si spegne <<...Credo>> iniziamo a camminare per avviarci all'uscita.
<<Tu, invece, ti sei annoiata tutta sola?>>
<<Diciamo di sì finché non è venuto a parlarmi il preside, ti voleva augurare buona fortuna per gli esami>>
<<Augurarmi buona fortuna? Perché mai se non vede di nuovo l'ora di cacciarmi da questa scuola?>>
<<Non lo so, forse in fondo spera di farti rendere conto che non sei una causa persa a scuola>>
<<E' l'unica spiegazione... Ti accompagno a casa>>
Usicamo finalmente da scuola e iniziamo a camminare per le strade poco affollate del nostro quartiere. Ad un certo punto ricordo della raccomandazione di Sofy.
<<Hai saputo della gita in campeggio che si farà dopo le vacanze di Natale?>>
<<Si, ne ho sentito parlare in giro per i corridoi... Sarebbe dovuta essere Sofy a dirmelo, vero?>>
<<In realtà si, ma dice che non hai voglia di parlarle, che la eviti... Non hai voglia di fare pace con lei per poterla riabbracciare?>>
<<Diciamo che non ho voglia di fare pace con lei, ma non per Sofy ma perché mi sto prendendo una pausa per riflettere>>
<<Riflettere su cosa?>>
Dylan esita un po' prima di rispondere. Avevo dimenticato, per un secondo, che non si apre così facilmente.
<<Scusa, non sono affari miei... Ma mi viene naturale pensare che se ami una persona non vedi l'ora di risolvere una questione in sospeso, soprattutto per un motivo come quello vostro>>
<<E' solo che Sofy è troppo invadente, vuole sapere tutto di me quando ancora io non mi sento pronto a fare quel passo... E' questo il motivo per cui non voglio una ragazza, comporta troppe responsabilità che non vorrei avere>>
<<Ma con Madison non era così, o sbaglio?>> dico con uno strano tono di voce, simile a chi sa di star sganciando una bomba ma è comunque curioso di che esplosione è capace di fare.
<<Che ne sai tu di Madison?>>
<<Voci di corridoio, eravate sulla bocca di tutti... C'entra qualcosa col fatto che la odi?>>
<<La odio perché mi ricorda un periodo brutto della mia vita, una ragazza che non meritava di ricevere nulla da me>>
Nel frattempo siamo arrivati a casa mia. Ci blocchiamo davanti al cancello che separa il vialetto dalla strada.
<<Grazie ancora per oggi>>
<<L'ho fatto con piacere>> gli sorrido, come una bambina che non sa più come continuare una conversazione. Non vorrei, ma lui riesce a farlo comunque. Se ne va salutandomi con la mano che svolazza in aria.
Entro in casa per prendere una cosa che mi serve, prima di andare da Matt. Mi dirigo verso la mia stanza e mentre passo per il corridoio, sento mio fratello parlare al telefono con qualcuno.
Faccio retromarcia per ascoltare ciò che ha da dire ad un estraneo, a quanto pare.
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