38. Ho bisogno di te

CORRETTO 

<<Di cosa volevi parlarmi?>> domanda con tanta indifferenza. Si appoggia al muro esterno della palestra. Questo era l'unico posto per avere un po' di privacy.

Mi guardo intorno per assicurarmi che nessuno voglia ascoltare la nostra conversazione, ma anche per prendere tempo.

La verità è che ho paura di affrontare l'argomento perché mi imbarazza un sacco, ma è necessario mettere in chiaro alcune cose.

<<Sai perfettamente di cosa voglio parlare>> alza gli occhi al cielo mentre un sospiro gli sfugge da quelle labbra carnose, perfette.

MI tiro uno schiaffo mentale per quello che ho pensato senza un minimo di pudore.

<<Senti Bianca, a proposito di questo...>> muove un passo verso di me e questo mi fa sperare per un momento che debba darmi buone notizie <<Volevo chiarire che tra noi non c'è nulla, siamo solo amici... Quel bacio è stato uno sbaglio, avevo un po' bevuto, era nervoso per il litigio con Sofy e in quel momento c'eri tu>>

Probabilmente il resto della frase lo potrei accettare pure, a malincuore e col tempo, ma a colpirmi particolarmente è l'ultima parte: c'ero io.

Sento un colpo farmi male al cuore, colpirlo senza preavviso, come una freccia scoccata da un arco già in tensione.

<<Vuoi dire che... Sono stata solo un ripiego in quel momento?>> mi viene difficile pure dirlo. Abbasso lo sguardo proprio per evitare il suo.

<<No, non mi piace usare quella parola... Semplicemente c'eri tu in quel momento>>

Sento un altro colpo arrivare all'improvviso al mio cuore e più continua, più penso che da qui a poco finirà per rompersi in modo così silenzioso che nessuna delle persone che mi stanno accanto riuscirà ad accorgersene.

<<Mi dispiace se ti ho fatto pensare che...>>

<<No, non ho pensato nulla, ero solo preoccupata che tu potessi provare qualcosa di più di un'amicizia, ma adesso abbiamo chiarito, no?>> lo interrompo perché potrebbe farmi molto male sentirmi dire quelle parole un'altra volta.
Così non mi resta altro che mascherare il mio dolore e fare finta che sia stato lui a provare qualcosa di più forte di una semplice amicizia. Mi sento una stupida ad aver pensato anche solo per un momento che lui avesse provato le mie stesse sensazioni, mi sento presa in giro e... distrutta dentro perché, per quanto voglia negarlo a me stessa e agli altri, questo ragazzo è riuscito ad entrarmi in testa e non riesco a farlo uscire.

Ci ho provato in tutti i modi possibili, facendo l'acida con lui, facendo finta che non me ne importasse nulla di lui, facendo di tutto per farlo stare insieme a Sofy.

E solo adesso mi rendo che in realtà, nella parte più profonda di me, speravo ogni volta che lui non avrebbe superato nessuna di queste prove organizzate da me per lui e sarebbe tornato da me. Ma l'unica cosa che ho ottenuto è stata la sua perdita.

L'ho perso e questo solo perché avevo paura di affrontare i miei sentimenti per lui. Adesso devo solo accettare le conseguenze dei miei errori e delle mie scelte sbagliate.

Gli sorrido, come a rendere più reale la messa in scena che sto mettendo in piedi da sola. Ma la cosa che mi fa perdere completamente la speranza di potere avere un'ultima possibilità con lui, sono i suoi occhi, la sua espressione, i suoi lineamenti che si distendono e danno un senso di sollievo ad aver sentito le mie parole.

<<Si, abbiamo chiarito>> sorride ed io lo imito, poi inizia una gara di sguardi che spero di vincere.

Per la prima volta mi rendo conto di quanto siano profondi i suoi occhi ma allo stesso tempo lascino qualche piccolo spazio per far intravedere il suo passato sicuramente tormentato da qualcosa che lo perseguita tutt'ora.

Mi verrebbe da perdermici dentro per altri secondi, minuti, o addirittura ore perché sento di non averne ancora abbastanza di questo ghiaccio che nasconde fuoco dentro, nella parte più profonda di loro.

Il tempo sembra essersi fermato solo per noi, o meglio, per me che non voglio più staccarmi da lui e volesse darmi il tempo di scoprire qualcosa in più del ragazzo che ho davanti. Ma la magia viene spezzata proprio da lui che sembra in imbarazzo per via del mio sguardo quasi inquisitorio.

<<Bene, torno al mio allenamento>> si allontana da me e mi lascia da sola con mille pensieri per la testa e il dolore in quel punto tra lo stomaco e lo sterno.

Reprimo quel dolore causato da quel peso sopra al cuore e torno dentro anch'io per continuare l'allenamento con mio fratello.

Lo raggiungo a grandi falcate e a testa bassa per nascondere gli occhi un po' umidi. Riprendo a colpire il sacco come se nulla fosse.

<<Avete parlato?>> mi domanda Alex.

<<Si>>

<<Ed... è andata bene?>>

<<Si, benissimo>> dico con rabbia, mentre colpisco forte il sacco per sfogarla.

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Tornata a casa, mi faccio una doccia che mi serve anche per riflettere. Amo stare da sola con i miei pensieri, ogni tanto mi serve per ritrovare me stessa quando mi lascio prendere troppo dalla vita di ogni giorno.

Lo chiamo il "momento riflessione" ed avviene almeno una volta alla settimana ma prevedo che in questa non sarà solo una volta.

Quando ho finito e mi sdraio sul letto, il primo pensiero va al telefono di Dylan di cui abbiamo scoperto, principalmente grazie a Matt, la password.

La curiosità assale ogni cellula del mio corpo, quella che viene difficile da frenare o controllare. Apro il cassetto del mio comodino e lo estraggo da lì.

Lo giro e rigiro tra le mani, decidendo se sia la cosa giusta da fare senza Matt che è curioso quanto me di scoprire cosa nasconde questo telefono.

Ma non resisto alla tentazione e decido di sbloccarlo. La prima cosa che noto è lo sfondo: c'è Dylan insieme ad una ragazza che non conosco ma che sembra somigliargli. Sembrano felici e pensarlo fa sorridere anche me.

La prima meta è proprio la galleria, sono curiosa di vedere un mini dylan sorridere davanti all'obiettivo della telecamera. E di fatti ne trovo un sacco di foto del passato, ma stranamente poche del presente.

Sembra che non ci fosse nulla che valeva la pena di essere immortalato, come se non fosse importante ricordare i tratti leggeri che solo un ragazzino può avere.

Scorro sempre di più con la galleria e trovo delle foto davvero vecchie, la maggior parte ritraevano un uomo con una chitarra in mano e seduto sul marciapiede, pronto a suonare qualcosa. Poi un sacco di foto con un uomo dallo stesso colore di occhi di Dylan. Sarà suo padre, penso. Altre con altri ragazzi quasi coetanei a lui ma nessuno di questi volti mi sembra familiare.

Scorro verso in basso col dito per tornare all'inizio della galleria, ma vengo attratta da un video, uno dei pochi. Lo apro.

Il video parte e mostra Dylan a petto nudo, a coprire la parte inferiore del corpo dei jeans, seduto sul davanzale d'una finestra che fuma una di quelle sigarette estratte da quel pacchetto che porta sempre con se.

Ha lo sguardo perso nelle prime luci dell'alba, immerso in chissà quali pensieri e dalla sua spontaneità direi che non sa di essere ripreso. Il video continua così per altri secondi, poi una voce femminile richiama la sua attenzione.

<<Non che mi lamenti della visione, ma che ne diresti di tornare a letto Dylan?>> la voce mi sembra familiare ma non la collego a nessuna ragazza che conosco, per ora.

Lui si volta e sorride con la sigaretta tra le labbra.

<<Perché mi riprendi?>> si alza da là a comincia a camminare verso la ragazza con cui sicuramente ha passato la notte. Sento una stretta al cuore che mi fa trattenere per un attimo il respiro, ma cerco di non farci tanto caso. Dopotutto lui non è il mio ragazzo e non posso mica dirgli come passare il tempo libero, quello che aveva prima di stare con Sofy.

<<Perché devi vederti quando ti perdi nei tuoi pensieri, cavaliere del cuore oscuro>> scherza la ragazza e da lì la riconosco: è Madison.

Il cuore perde un altro battito e percepisco un'altra emozione che mi divora lo stomaco e mi fa indurire i lineamenti del viso. Forse hanno avuto una storia segreta, se no non riesco a spiegarmi del perché non abbia sentito delle voci di corridoio sulla loro relazione.

<<Posa quel telefono e torniamo a letto>> il video finisce e, ad essere onesta, avrei voluto che continuasse un altro po' quel video per vedere fino a quanto si sarebbero spinti.

Me ne faccio una ragione e vado ad esplorare altrove, tipo la rubrica del telefono. La maggior parte dei contatti non li conosco, ma non m'importa più di tanto perché me ne interessa solo uno in questo preciso momento: papà.

Voglio fare chiarezza su questa storia e come se non provare a chiamarlo? Vediamo se risponde. No, è una pessima idea, non ho il coraggio di chiamarlo.

Ritiro il dito che era sull'icona del telefono per evitare che possa far partire la chiamata per sbaglio.

Poi i ricordi mi consigliano cosa fare: andare a controllare i messaggi lasciati in segreteria.

Vado nella sezione che mi interessa, metto le cuffiette per avere più privacy e, col cuore che sento uscire dal petto, faccio partire il primo che risale a tre anni fa. La stessa data in cui il padre di Dylan li ha abbandonati.

Inizia il silenzio, dei singhiozzi si sentono in sottofondo poi una voce che ancora non è maturata.

<<Perché papà?... Perché l'hai fatto?... Perché ci hai abbandonato?>> le domande si alternano con i singhiozzi di un pianto iniziato da poco. Un brivido scorre lungo l'intera schiena fino ad arrivare alle dita dei piedi.

Il messaggio continua con altri singhiozzi, sospiri, varie tirate su col naso.

<<Mi manchi così tanto, io non credo di farcela senza di te al mio fianco, non sei riuscito ad insegnarmi abbastanza... Mi dispiace tanto, mi dispiace>> la voce si spezza di nuovo dal pianto e così finisce il primo messaggio. Ma sono troppo curiosa per non continuare e così clicco su quello successivo.

<<Ciao papà, oggi sono tre settimane da quando non ci sei più e mi manchi sempre di più. Mamma non la vedo dallo stesso momento in cui... In cui>> cerca di trattenere le lacrime e allo stesso tempo di riuscire a dire ciò che gli fa più male <<Hai capito... Non esce dalla vostra camera da allora e non so come sta, né a me né agli altri ci permette di domandarglielo, anche se so che è lei quella a soffrire di più. La casa si trova in condizioni pessime, tanto che è diventato un disagio quando i nostri amici ci chiedono di venire qui da noi. Non mi va nemmeno di elencarti il resto, fa davvero schifo anche a me>> prende una pausa, poi continua.

<<Le gemelle litigano in continuazione, Liam non fa altro che starmi vicino e chiedermi di continuo come sto, ma la verità è che odio quando lo fa perché... non lo so nemmeno io il perché, ma so che è diventato iperprotettivo nei miei confronti mentre vorrei essere lasciato in pace. Mi manchi papà e darei tutto per riaverti qui tra noi>> anche questo finisce e subito clicco sull'altro per capire meglio cosa è successo.

<<Ciao papà, oggi è precisamente un mese che non ci sei più. Perché tengo il conto? Perché questo mi permette di non perdere il controllo. La situazione a casa peggiora di giorno in giorno e, anche se la mamma è caduta in una profonda depressione, almeno siamo riusciti a tirarla fuori da quella stanza. Non ha voglia di fare nulla, salta il lavoro ed esce solo per comprarsi dell'alcol, il tuo preferito. Oppure, quando non ne ha voglia manda me o i miei fratelli>> ridacchia a disagio, persino schifato da quello che deve dirgli.

Quindi la madre era alcolizzata dopo... La morte di suo marito? Devo fare ancora chiarezza.

<<Ma sta tranquillo, Liam se ne sta prendendo cura e vorrei farlo anch'io, ma lei non me lo permette, sembra odiarmi a morte per non so quale motivo... Mi sento così solo papà, credo di impazzire>> sussurra in modo inquietante le ultime parole, quasi come fosse un segreto tra lui e suo padre.

Ne prendo un altro a caso.

<<Ciao papà, oggi sono tre mesi che non ci sei più e ho perso il controllo. Credo di star sprofondando in un baratro troppo buio e profondo per uscirne indenne. Ho paura, papà, non vorrei passare ciò che sto passando ma non riesco a farne a meno, quello è l'unico modo per contrastare il dolore che sento dentro. Tu sei il primo a saperlo ma adesso ho paura che tu non sarai più fiero di me come quando eri qui>> continua a sussurrare come se avesse paura che qualcuno lo possa sentire.

Stando a queste parole e a quei segni che ho visto sul braccio di Dylan mi vien da pensare un'unica cosa.

Porto una mano alla bocca istintivamente. Comincio a credere che non sarà così tanto piacevole scoprire questa parte del suo passato. Già penso di sentire quel peso sul petto di cui parla e quasi non mi permette di respirare.

<<Vivere qui a casa è diventato insopportabile, tanto che preferisco dormire a casa di Logan e quando non è disponibile, dormo nel tuo posto preferito... Mi fa sentire più vicino a te per qualche assurdo motivo e più vivo del solito. Liam pensa che abbia bisogno d'aiuto ma io la verità è che ho bisogno di te>>

Prendo un altro messaggio a caso.

<<Ciao papà, oggi sono cinque mesi che non ci sei più e a me sembra di staccarmi sempre di più da questo mondo. Credo di star diventando come la mamma, non mi va di fare nulla e comincio a pensare che questa vita non mi appartiene più. Logan ed io litighiamo sempre più spesso per questo e comincio ad odiarlo perché riesce sempre a dire la cosa giusta>>

A questo punto posso solo dire che è fortunato ad avere quel ragazzo accanto.

<<Invece, a proposito della mamma, inizio ad odiare anche lei. L'altro giorno ha messo da parte tutte le tue cose, gridava e piangeva come una pazza, e poi ha lavato tutte le ultime magliette che hai indossato. Pensavo avesse dimenticato quella che tenevo dentro l'armadio, ma ha lavato anche quella>> la sua voce comincia a farsi piena d'odio, la voce trema un po' e, nonostante non riesca a vedere il suo volto, penso che gli occhi lascino trasparire tutta la rabbia che sono riuscita ad intravedere quando abbiamo combattuto sopra al ring.

<<Era l'unica cosa cha aveva ancora il tuo odore e lei me l'ha tolta. La odio, come non avevo mai fatto>> trattiene le urla di odio nei confronti della madre tra i denti.

Forse è per questo per cui non sono in buoni rapporti, ma sono sicura ci sia qualcos'altro sotto per odiarla così tanto. Me lo sento. 

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