33. La chiamata

Spazio autrice
Ciao ragazzi, per fortuna oggi sono riuscita a ritagliare un po' di tempo per correggere il capitolo e aggiornare. Scusate per l'attesa, spero di farmi perdonare con un capitolo un po' più lungo rispetto al solito. Fatemi sapere se vi è piaciuto con un commento o una stellina.
Spero vi piaccia 😘

CORRETTO

Sobbalzo leggermente mentre sono seduta sul mio letto. Con le braccia trasino il mio intero corpo verso il mio comodino per vedere chi sia e per leggere il messaggio, nel quale c'è scritto: "Ciao, volevo avvisarti che domani tornerò da lavoro, rimarrò a casa per almeno una settimana e probabilmente anche oltre... Ci sarà anche Marcus".

Non so chi sia Marcus e che ruolo abbia nella vita di Dylan, ma dai tre puntini di sospensione prima del suo nome mi fanno intuire che non è qualcuno che gli va molto a genio.

Poi un altro messaggio, accompagnato dal suono di una nota musicale, illumina lo schermo: "Ti prego di rispondermi Dylan, questa sera partiremo e non posso dirgli di punto e in bianco di trovarsi una camera d'hotel dove passare la prossima settimana".

Dopo qualche minuto, ancora uno: "Sai cosa succederebbe se dovesse succedere... è meglio non farlo arrabbiare".

Bene bene bene, a quanto pare è un uomo violento questo tizio di nome Marcus. Provo a rispondere cercando di fingermi Dylan che scrive cose cattive, visto che ha ammesso di provare una sorta di odio nei suoi confronti. Cerco di rispondere ma non riesco a farlo dato che mi chiede il codice d'accesso.

Sbuffo sonoramente per poi concentrarmi di nuovo verso il nuovo messaggio che è arrivato: "So che mi avevi detto di non mandarti più messaggi ma... non faccio altro che pensare a come tu stia".

Povera donna, essere odiata dal proprio figlio che, probabilmente, ha pure ucciso suo marito a sangue freddo. Cosa può aver scatenato così tanto odio nei suoi confronti? E' questa l'unica domanda a cui non so darmi risposta.

Poi succede, il telefono inizia a squillare e si, è proprio sua mamma. Il telefono mi cade dalle mani e mi rannicchio sul mio letto, osservandolo vibrare ed emanare luce. Sono combattuta tra il rispondere e il far perdere la chiamata ma alla fine, spinta da un coraggio che non credevo di avere, ecco che allungo una mano verso di lui e rispondo.

Il silenzio regna per qualche millesimo di secondo, accompagnato poi da un sospiro da parte della donna. Inizia a parlare con voce tremante ed emozionata.

<<Non ci credo... Hai risposto>> riesce solamente a dire, prima di scoppiare in lacrime. A questo punto mi vien da pensare che veramente non sente suo figlio da parecchio tempo.

Continua a ripetere le stesse parole con una voce stupita, alternata ad una felicità nascosta che solo una donna come lei, rifiutata dal proprio figlio, può provare. Credo persino di riuscire a sentire i battiti accelerati del suo cuore.

Poi, come essersi resa conto di star dicendo le stesse parole da qualche secondo, ecco che inizia a dire qualcos'altro.

<<Era da tempo che non mi rispondevi al telefono, precisamente due anni>> ride amaramente e con l'incredulità che quel giorno tanto atteso sia arrivato finalmente.

<<So che può essere banale ma sono così felice che tu abbia risposto... Mi manchi Dylan, mi manchi come l'aria tesoro>> la voce viene spezzata da un pianto forse di felicità o di consapevolezza che ne è passato di tempo dall'ultima volta.

Dai rumori che si sentono, mi sembra che abbia strisciato lungo una parete o una porta di legno.

<<So di aver sbagliato Dyl, so che non mi merito di essere trattata da madre e che tu mi abbia già fatto capire che sono morta per te ma... anch'io sono umana, sbaglio e mi redimo ma dammi una seconda possibilità>> prende una pausa per respirare poi continua <<Ti prego Dylan, sei l'unico ad essermi rimasto, siamo gli unici ad esserci rimasti, metti da parte il passato e iniziamo da capo, iniziamo una nuova vita>> prende un'altra pausa mentre i miei occhi si offuscano per via delle lacrime. Incrocio le gambe e poggio il mento sui palmi delle mani. Guardo attentamente il telefono da cui continua a provenire la sua voce.

<<Ti prego, è una pugnalata al petto ogni volta che mi ignori in quel modo quando torno a casa... Smettiamola di distruggerci a vicenda>> scoppia di nuovo a piangere ed io insieme a lei, sono costretta persino ad asciugare col dorso della mano quelle lacrime colate silenziosamente.

La situazione è peggiore di quella che mi aspettavo, questi due non solo si odiano ma quell'odio li sta consumando dentro e fuori, uno contro l'altro.

<<Parlami Dylan, ti prego, ne ho bisogno... Parlami come quando eri piccolo e ti intrufolavi nella camera da letto perché avevi fatto un incubo>> ride nostalgicamente tra sé e sé. Il silenzio da parte mia comincia a diventare così assordante per questa povera donna che, all'improvviso, mi sembra di sentire il rumore della sua speranza abbandonare il centro del suo petto.

Tira su col naso e aspetta con ansia, ma capisco che è meglio finirla qua. Sarebbe ciò che farebbe il vero Dylan, anche se sono sicura che le vuole ancora bene ma l'orgoglio e qualcosa che l'ha ferito nel profondo non gli permettono di perdonarla così facilmente.

Chiudo la chiamata e osservo il telefono ancora un po', prima di metterlo di parte e andare a cenare da sola o con Alex, se decide di sacrificare un'uscita con gli amici per restare con la sua sorellina.

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Il giorno dopo non posso non continuare a pensare al monologo della madre di Dylan. Ma le storie di Dylan, seppur commoventi ed intriganti, non possono prendere troppo piede nella mia vita, anche perché so perfettamente che non dovrebbe interessarmi più del dovuto.

Il mio periodo "no" devo farlo passare o almeno far finta che per qualche istante non esista e preoccuparmi dell'amicizia che lega me e Matt.

Ho paura di star rovinando tutto, facendola sfiorire sempre di più ed io non voglio che muoia. Per farlo, devo cogliere il consiglio di Dylan e riprendermi il mio migliore amico, l'unico che potrebbe aiutarmi in questo periodo anche se è un'azione del tutto egoista.

La mattina mi apposto sotto casa sua, a pochi chilometri di distanza dalla mia, e aspetto con pazienza. Mi faccio trovare pronta quando finalmente esce di casa salutando sua madre. Quando mi vede, alla fine del vialetto che lo stavo aspettando, sulla sua faccia si può benissimamente leggere stupore, che si trasforma quasi in imbarazzo.

Io sorrido, è l'unica cosa che posso fare. Poi avanzo e, arrivata a pochi passi da lui, prendo coraggio e gli parlo.

<<Sembra passata un'eternità da quando andavamo a scuola insieme>> lui, prima distaccato, si muove a disagio sui suoi stessi piedi e poi ricambia il sorriso.

<<Sei tu ad avermi ignorato in questo periodo>>

<<Lo so, hai ragione ma è una lunga storia>> stritolo le mie mani a disagio.

<<Menomale che la strada è lunga, non trovi?>> dice dopo alcuni minuti di silenzio. Lo guardo speranzosa. Lui mi supera e con un sorrisetto mi fa capire che gli va bene la mia proposta implicita.

Lo raggiungo con una corsetta e lo prendo a braccetto ridendo come un ebete, seguita da lui. Continuiamo così per tutta la strada, parlando poi di ciò che mi ha resa un po' distratta in questo periodo e, per fortuna, non ha fatto domande su chi fosse la persona in questione.

Ad un certo punto della strada, poi, si è fermato, mi ha preso entrambe le mani e, guardandomi negli occhi, mi ha detto che apprezzava il fatto che lo volessi proteggere dal segreto che porto dentro ma se mai avessi voluto, avrei potuto dirgli tutto.

"Se questo significa aiutarti a portare un macigno, sarò contento di sapere di cosa si tratta". Così mi ha detto e non nego che mi stavo emozionando in quel momento ma devo ancora decidere se dirglielo o no.

A scuola, ci separiamo per andare ognuno verso la strada che gli serviva e così mi sono trovata ad affrontare da sola un Dylan arrabbiato.

La campana è già suonata ma lui si trova ancora in corridoio a cercare di aprire il suo armadietto. E credo proprio che non ci riuscirà se continua a farlo così violentemente.

<<Serve una mano?>> dico una volta vicina a lui. Si volta di scatto e solo adesso noto il suo zigomo sinistro tumefatto.

Mi blocco per qualche secondo poi, come a rendermi conto della necessità di dover dire qualcosa e non rimanere imbambolata a fissare quel livido, decido di aiutarlo ad aprire l'armadietto.

<<Lascia fare a me, sono diventata un'esperta di armadietti bloccati>> si fa da parte e mi lascia smanettare con il lucchetto mentre penso a cosa poter dire.

<<Non ho bisogno d'aiuto>>

<<Intanto mi stai lasciando fare>>

<<Si, solo perché la campana è suonata e siamo in ritardo>> dice scontroso, più del solito. Mi domando se sia perché ha incontrato sua madre.

<<Cosa ti è successo allo zigomo?>>

<<Una stupida rissa, nulla di che>> troppo veloce per essere la verità. Faccio finta di crederci. L'armadietto si apre ed io sorrido vittoriosa.

<<Grazie, puoi andare adesso>>

<<Cos'hai oggi?>>

<<Nulla, sono quello di sempre>>

<<Si ed io non sono in ritardo per la lezione>> incrocio le braccia e aspetto una risposta. Lui sembra riflettere su ciò che ho detto mentre continua a prendere vari libri che gli servono. Poi chiude l'armadietto e continua a fissare davanti a se.

<<Mia madre è tornata a casa senza avvisarmi o meglio, l'ha fatto, ma io non ho il mio telefono e la persona che ce l'ha, ha ascoltato cose abbastanza private mentre lei parlava convinta che fossi io>>

<<E sei preoccupato?>>

<<A dire la verità, sì, non so chi abbia il telefono e questo mi fa uscire fuori di testa>> comincia a camminare nervosamente per il corridoio. Io lo seguo continuando a rassicurarlo ma non sembra fargli nessun effetto. Poi ci separiamo all'angolo di un corridoio per dirigerci nelle nostre classi.

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A mensa mi estraneo completamente dal resto del gruppo formato da: Matt che mi fissa da qualche minuto sperando di capire cosa mi passi per la testa, Sofy che è in uno stato di ansia e viene rassicurata dal suo ragazzo, Dylan, e Logan che continua a mangiare e guardare il telefono in attesa di qualche messaggio probabilmente.

<<Non capisco perché così tanta preoccupazione Sofy, è di Madison Martin che stiamo parlando... Non può vincere lei>> continua Dylan mentre quegli smeraldi lanciano saette invisibili contro la megera che, nonostante le elezioni siano oggi, cerca ancora persone da poter attirare nella sua trappola. Spero che non ci riesca.

<<Lo so, lo so... prometto che adesso passerà quest'ansia>> scuote le mani come a schizzare delle piccole goccioline d'acqua, gonfia le guance più e più volte prima di buttar via tutta l'aria. E' divertente quando fa così.

<<A proposito, qualche novità riguardo al tuo telefono scomparso?>> dice Sofy per distrarsi dall'imminente elezione.

Dylan arriccia il naso e alza entrambe le spalle, mentre io drizzo le orecchie per recepire qualsiasi indizio che possa ricondurmi alla soluzione della password.

<<Nulla, assolutamente un bel niente>> Sofy gli accarezza la nuca mentre cerca di confortarlo. Ad essere onesti, odio quando si scambiano effusioni d'amore davanti ai miei occhi. Infatti, alzo gli occhi al cielo e faccio finta di non vedere nulla di tutto ciò che stanno facendo. Sento Matt ridere.

Finita la pausa pranzo, esco dalla mensa da sola e diretta verso il mio armadietto ma prima di poterci arrivare qualcosa attira la mia attenzione: Dylan e Logan che sussurrano quasi all'orecchio dell'uno e dell'altro come a confidarsi dei segreti. Dylan sta prendendo i suoi libri dall'armadietto e continua a guardarsi intorno come ad assicurarsi che nessuno possa origliare ai loro discorsi.

Spinta dalla curiosità, mi avvicino.

<<Non posso oggi Logan, ho l'appuntamento non ricordi?>>

<<Hai ragione... Allora ci vediamo dopo o direttamente domani?>>

Dylan non risponde, prendendo tempo mentre chiude l'armadietto. Poi si volta verso di lui, mettendo in spalla lo zaino.

<<Non so, non sono in vena di fare nulla in questi giorni... Mia madre è tornata ieri e con lei anche il suo compagno>>

<<Va bene, se hai bisogno di un posto dove stare sai dove venire>>

<<Grazie Logan>> gli da una pacca sulla spalla, poi iniziano a camminare.

Di che appuntamento parlava? Probabilmente con Sofy, è inutile farmi mille film mentali su chi possa incontrare questo pomeriggio.

E poi, dovrei scoprire la password del suo telefono per vedere cosa nasconde. Alzo gli occhi al cielo a vado via da lì per dirigermi all'aula magna della scuola per votare i nostri rappresentanti d'istituto.

Trovo lì già Sofy che cerca di alleviare la tensione ripetendo il suo discorso su un palco improvvisato. Le lancio un sorriso rassicurante e alzo entrambi i pollici per dirle in modo silenzioso che sta andando bene. Poi raggiungo Matt che guarda incantato Sofy, si scambiano addirittura degli sguardi rassicuranti.

<<Sono sicuro che vincerà lei>>

<<Ha tutte le qualità per poterlo fare, anch'io sono sicura che vincerà>> mi volto verso di lui e non sembra trovarsi su questa terra. Ha uno sguardo perso e per un momento penso che non stia parlando con me ma con se stesso.

<<Posso confessarti un segreto, Bianca?>>

<<Certo, dimmi tutto>> gli offro la mia più totale attenzione. Sospira prima, poi inizia a torturarsi le mani e nel frattempo fissarle.

<<Credo che mi piaccia Sofy>>

<<Credi?>>

<<Si, perché mi sto sforzando di non provare nulla per lei finché è fidanzata>> a questa affermazione mi sento colpevole del suo dolore. Se Sofy e Dylan stanno insieme adesso è a causa mia, sono io ad averli aiutati.

Una stretta allo stomaco mi fa distogliere lo sguardo da lui, ma come a volerlo negare a me stessa, mi ricordo che è stata Sofy ad aver chiesto di lui, lei aveva una cotta per lui ed io volevo solo renderla felice... facendo del male al mio migliore amico però.

<<So a cosa stai pensando e si, sono arrabbiato con te per averli aiutati e insinuavo sul fatto che ti piacesse Dylan solo perché avevo paura che non potessi avere nessuna speranza con Sofy>> arriccio il naso e lo guardo confusa.

<<Ma non è colpa tua se Sofy prova quel che prova verso Dylan... Al cuor non si comanda e questo significa che mi rimani solo tu>> ride per la sua battuta di cattivo gusto ed io non mi trattengo dal tirargli un pugno sulla spalla.

<<Non sapresti cosa fare senza di me>>

<<Si, si, sei davvero essenziale>> dice in modo quasi annoiato solo per darmi fastidio. Gli tiro un altro pugno mentre ridiamo di gusto. Poi il preside richiama l'attenzione di tutti gli alunni parlando al microfono e spiegando alcune cose che per lui sono essenziali.

Io, invece, sento un forte bisogno di confidarmi con lui e confessargli che ho rubato io il telefono e aiutarmi a scoprire la password. La voglia cresce sempre di più, iniziando a divorarmi lo stomaco, così prendo un bel respiro e decido di parlare.

<<Anch'io devo confessarti una cosa>>

<<Cosa?>> dice tranquillo mentre il mio cuore accelera come se fossi colpevole di un crimine e forse lo è... Non lo so.

<<Ho preso io il telefono>> Matt si volta a guardarmi con una faccia perplessa.

<<Che telefono?>>

<<Quello di Dylan>>   

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