32. "Mamma"
CORRETTO
Spazio autrice
Nuovo capitolo corretto, fatemi sapere cosa ne pensate lasciando un commento e se vi è piaciuto, lasciate una stellina per farmelo capire.
Buona lettura.
Giuly ❤🌺
Non perdo tempo nel correre in bagno, chiudermi in uno di quelli e curiosare sul suo telefono, almeno per vedere se c'è qualche indizio utile che mi faccia capire se sia veramente o no un assassino.
Cerco di accedere al suo interno, ma c'è un pin di accesso per poter entrare e non so minimamente quale possa essere.
Alzo gli occhi al cielo e sospiro pesantemente. Non mi resta che capire quale possa essere e sbloccarlo, oppure potrei ritornarglielo in qualche modo e far finta che non sia mai successo nulla.
Per il momento lo conservo nelle tasche dello zaino, che non lascerò per nulla al mondo oggi, ed esco dal bagno per andare in mensa per la pausa pranzo.
Una volta entrata là dentro, non trovo nessuno dei miei amici, così inizio a cercarli dappertutto, trovandoli finalmente nei campi fuori che parlano animatamente, Dylan parla animatamente.
Mi avvicino facendo finta che non sappia nulla.
<<Che succede?>>
<<Dylan ha perso il telefono, ha paura che qualcuno possa averlo preso e veda quello che c'è dentro>> mi spiega Matt, che osserva tutta la scena con una certa indifferenza.
<<Sta tranquillo Dylan, lo troveremo>> Sofy cerca di tranquillizzare Dylan, ma lui non sembra ascoltare, continuando a camminare nervosamente avanti e indietro.
<<No Sophia, non sto tranquillo, in quel telefono c'è la mia vita, non può vederlo nessuno>> si strattona i capelli con tanta ansia. Poi, vedendomi, si avvicina a me a grandi falcate e mi afferra per le spalle, strattonandomi.
<<Bianca, dimmi che l'hai visto da qualche parte, dimmi che ce l'hai tu>> per quanto la risposta sia positiva, non posso assolutamente dirglielo.
<<No Dylan, io non ne so niente>>
<<Non può essere, forse è caduto quando ci siamo scontrati in corridoio, sei sicura che non hai visto nulla?>>
<<Forse, probabilmente sarà caduto con lo scontro e qualcuno l'ha preso>>
Si allontana da me per sedersi sul prato, con la testa tra le mani e lo sguardo perso nel nulla. Sofy gli si siede accanto e cerca di rassicurarlo ancora, invano.
<<C'è un codice d'accesso? E' qualcosa che si può capire facilmente?>> dice all'improvviso Matt come un neo investigatore in uno dei suoi primi casi da risolvere.
<<Si, ma lo potrebbero capire solo chi mi conosce bene>>
<<Va bene e dal momento che tu sei un tipo abbastanza solitario, sta sicuro che nessuno riuscirà a sbloccarlo>> conclude Matt, sentendosi in dovere, anche se solo dentro di sé, di doverlo rassicurare.
Dylan sembra rifletterci, poi inizia ad annuire come a rendersi conto di aver avuto la sicurezza che nessuno, oltre a lui, sarebbe riuscito a sbloccarlo e di conseguenza il suo segreto è al sicuro.
<<Hai ragione, ma devo trovarlo prima che qualcuno scopra il codice>> si alza velocemente e, con Sofy che lo segue, si dirigono verso scuola per iniziare a cercare.
Poi, io e Matt, rimaniamo fuori per la pausa pranzo facendo discorsi alternati a silenzi lunghi, imbarazzanti, quasi assordanti. Al suono della campana, ci dirigiamo alle nostre classi dell'ora e ci ritroviamo ogni volta che ne finisce una.
Io, nel frattempo, penso a quale possa essere il codice per poter sbloccare il telefono ma non so minimamente cosa possa essere e non mi rimane altro che andare a chiedere a qualcuno che lo conosce davvero: Logan.
Finita la scuola, io, Matt e Sofy ci salutiamo davanti all'entrata della biblioteca e dopo essermi accertata che se ne siano andati, vado a cercare Logan che dovrebbe essere a fare gli allenamenti.
Arrivo al campo e, per fortuna, lo trovo là, da solo, che fa stretching o si allena con la palla. Lo raggiungo in men che non si dica e con la scusa più banale inizio a parlargli.
<<Ciao Logan, Dylan?>> mi rivolge uno sguardo con occhi chiusi in due fessure per via del sole, poi mi sorride.
<<Ciao Bianca, Dylan dovrebbe essere nello spogliatoio a cambiarsi>>
<<Ah, ok... Si è calmato dopo quella faccenda?>>
<<Diciamo, non mente quando dice che in quel telefono c'è la sua vita>> tira la palla verso il canestro e... dentro. Corre per recuperare la palla.
<<Ma, come dice Matt, è al sicuro, vero?>>
<<A meno che si sappia qual è la persona più importante per lui, credo che sia così>> tira di nuovo la palle e segna un altro canestro.
Bingo! Logan si è lasciato sfuggire un'informazione utile. Adesso non mi resta che scoprire chi sia questa persona.
Esulto dentro di me, sentendo aumentare l'adrenalina di essere a pochi passi dalla verità che lo circonda.
<<Ho capito, almeno sono sicura con cosa dovrò combattere oggi... Grazie Logan, buon allenamento>> ci salutiamo e torno da dove sono venuta ma con qualche informazione in più.
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Prima di andare in biblioteca, passo per lo spogliatoio dei ragazzi e lo trovo di spalle, a torso nudo, che prende una maglietta dall'armadietto.
Ha le spalle larghe, quasi tutti i lineamenti dei muscoli riescono a vedersi e si muovono in contemporaneo con i suoi movimenti. Sento le guance prendere colore, così mi appoggio contro il muro, di spalle, per riprendere fiato.
Metto una mano sul cuore come se servisse a far calmare le emozioni strane e diverse dalle altre volte che lo attraversano senza chiedere permesso.
Riprendo fiato e mi azzardo ad entrare lì dentro con passo felpato, probabilmente per ammirarlo senza disturbarlo nella sua infinita quiete, che mai capirò.
<<Come va?>> dico all'improvviso, mentre lo vedo muoversi di riflesso per prendere il telefono. Si volta di scatto e sospira una volta constatato che sono io.
Si lascia andare sulla panca davanti a lui. Io lo raggiungo.
<<Male, come sempre, ma peggio degli altri giorni... Non faccio altro che pensare a quel telefono>>
<<Non avete trovato nulla?>>
<<No, abbiamo pure chiesto in giro ma nessuno sembra aver visto qualcosa... Sono rovinato>> si copre gli occhi con i palmi delle mani e sospira pesantemente.
<<No, sei solo in pericolo esposizione>> mi appoggio al muro dietro di me ed inizio a ridere, ma lui non mi segue. Mi piange il cuore a vederlo così, vorrei quasi restituirgli il telefono inventando la scusa che l'ho trovato casualmente tra gli oggetti persi che il bidello raccoglie da tutte le parti della scuola.
<<Hai voglia di studiare oggi?>>
<<Secondo te?>> finalmente spunta un sorriso su quelle labbra carnose di cui non avevo mai notato quel colore roseo naturale che le caratterizza. Ha un bel sorriso.
Il cuore comincia a correre nuovamente e distolgo lo sguardo per cercare di calmarlo. Ma che mi succede?
<<Bene, facciamo finta che la prossima settimana non hai nessun esame di recupero e passiamo queste tre ore insieme in modo alternativo>>
<<Tipo?>>
<<Tipo...Andare al supermarket più vicino, comprare cibo spazzatura, tornare qui e leggermi la tragica storia di Romeo e Giulietta>> mi appoggio sulla sua spalla, iniziando a ridere come un'ebete.
Dylan, probabilmente pensando la stessa cosa, inizia a ridere sicuramente di me. Ma si lascia convincere facilmente ed annuisce senza protesta.
Ci sbrighiamo ad andare a comprare il cibo spazzatura di cui abbiamo bisogno per affogare i nostri problemi. Io, come una bambina e con lo scopo di continuare a farlo ridere, ho preteso di entrare dentro al carrello e lui, per dispetto ma scherzosamente, ha cominciato a girare per tutto il parcheggio.
Ho riso un sacco, senza riuscire a smettere e lui dopo di me. Era una strana sensazione, della leggerezza mischiata a tanta voglia di rivivere uno di questi momenti così spensierati, rari da trovare stampati sulle sue labbra o dipinti nei suoi occhi.
Mi son sentita bene con me stessa per avergli migliorato la giornata che io stessa ho rovinato. Alla fine abbiamo comprato patatine di vario tipo, delle lattine di energizzante e leccornie varie. L'ultima volta che mi sono lasciata andare ad un pomeriggio così è stato tempo fa, quando ancora il mio mondo era formato da me, mia madre, Alex e Matt con cui passavo tutto il tempo della mia giornata, ci raccontavamo le cose più stupide che ci fossero successe e ridevamo insieme a crepa pelle.
A ripensarci, adesso è da un po' che non lo facciamo, anzi, quasi non ci parliamo più. Ed ora che la mia mente sembra accorgersene, ecco che un senso di malinconia mi assale da dentro, impedendomi di ridere mentre siamo sulla strada del ritorno a scuola.
Andiamo in biblioteca, ci sediamo a terra e, mentre io afferro pugni di patatine dal pacchetto, Dylan mi legge l'intricata storia d'amore tra due ragazzi che, provenendo da famiglie nemiche, non possono dimostrare il loro amore. Le loro storie sono già scritte ma sono loro a cambiare il finale.
Chiudo gli occhi mentre ho la testa poggiata sulla sua spalla, come ad immedesimarmi di più nella vita dei personaggi e ci riesco, dando vita ciò che è scritto su carta.
Il momento peggiore è quando si ferma dal leggere per poter sgranocchiare delle patatine. Gli do un colpetto scherzoso sul braccio e lo incito a continuare, intricata dal susseguirsi di eventi.
Lui ride dietro di me e, apposta, continua a mangiare prendendosi gioco di me che mi arrabbio ancor di più. In verità non lo sono, anzi, è come se soddisfassi il suo desiderio di vedermi arrabbiata per qualche suo strano motivo e al tempo stesso mi diverto a farlo.
<<Tu sei strana>>
<<Perché?>>
<<Perché fino a stamattina sembravi preoccupata per qualcosa, avevi lo sguardo un po' perso... come succede da giorni>> accarezza delicatamente le pagine del libro come fosse la cosa più preziosa che stringa tra le mani.
Evita il mio sguardo, forse imbarazzato dal farmi notare che, in realtà, lui è stato attento al mio comportamento.
<<Sembravi avercela con me, in verità>>
<<Perché mai ce l'avrei dovuta avere con te?>>
<<E che ne so io, sei tu quella che mi guardava in modo strano>> fa spallucce, continuando a fissare il libro che accuratamente chiude e ne accarezza la copertina.
<<Hai ragione, avevo pensieri per la testa ma non ce l'ho affatto con te>> poso la mano sul suo avambraccio e, finalmente, lui mi guarda negli occhi. Ed è come rassicurato dalle mie parole, peccato che è solo un'altra menzogna che aggiungo alla lunga lista che gli ho detto.
<<E che pensieri avevi?>>
<<Il solito... Mio padre, mia madre... Un po' di tutto>> annuisce, dandomi il segno che ha capito a cosa mi riferisco.
<<E con Matt? Quasi non vi parlate più>> mi fa notare, di nuovo. Sospiro prima di rispondere.
<<Diciamo che io e Matt siamo stati sempre e solo noi due, cresciuti insieme, ci consideriamo quasi fratelli a cui puoi dire tutto ma... Ultimamente non gli parlo di me perché non voglio mettergli un grosso peso sulle spalle>>
<<Che peso?>>
<<Beh, ho scoperto una cosa davvero personale e importante di un'altra persona ed io non voglio raccontargliela perché significherebbe fargli portare un macigno dentro di cui non vuole avere il peso>> mi sembra strano parlare di lui proprio con lui e dentro di me spero solo che non se ne accorga.
<<Secondo me dovresti parlargliene ma senza entrare nei particolari, spiegandogli che non puoi confessare il segreto di un'altra persona>>
<<Dici che funziona?>>
<<Credo di si>>
<<Ok, allora proverò a parlargli>> appoggio la testa di nuovo sulla sua spalla e stringo forte a me il suo braccio. Lui, dolcemente, inizia ad accarezzarmi la mano che stringe il suo braccio e quel tocco, dolce, delicato come se avesse paura di farmi male, mi fa tranquillizzare del tutto.
Passiamo il resto del tempo così, a mangiare patatine e ridere insieme. Mi è piaciuto ogni istante di quel poco di tempo che ci restava, da quando mi faceva ridere di proposito, da quando si fermava all'improvviso per perdersi nei suoi pensieri e riprendere fiato dalle risate di prima.
Poi, ognuno torna nella propria casa ed è solo allora che ricordo di avere con me il suo telefono. Lo guardo attentamente e sospiro. Pensare che sono io a causare quei pensieri in più mi fa avvertire una fitta allo stomaco continua e che tace solo nel momento in cui faccio finta che non ci sia più.
Poi una notifica illumina il display del telefono, accompagnato da uno suono secco di una nota musicale. Lo guardo e il mittente è salvato col nome "mamma".
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