13. Nessuno di noi è invincibile

CORRETTO

«A che stavi pensando mentre la prof spiegava?» mi chiede Matt mentre usciamo dall'aula dell'ora a cui si riferiscono le sue parole. Deve essersene accorto quando la prof ha richiamato la mia attenzione dopo aver notato che il mio sguardo si era perso oltre il vetro della finestra, senza però guardare un punto ben preciso del panorama verde.

La verità è che stavo pensando al pomeriggio in cui Dylan mi ha detto espressamente di allontanarmi da lui per la mia incolumità. So che probabilmente dovrei dargli ascolto, anche perché non sono poi così felice di entrare in confidenza con lui, ma questo rappresenta una parte fondamentale del mio piano e non posso fare altrimenti.

Ad essere totalmente sincera, la tua storia comincia ad interessarmi un po' più del dovuto. Fa davvero così paura quello che stai vivendo?

«A Dylan» ammetto un po' sovrappensiero. Matt non dice nulla mentre camminiamo tra i ragazzi del liceo che, come noi, si stanno recando verso il proprio armadietto per poter prendere i libri della prossima ora.

Mi fermo davanti al mio mentre Matt si poggia con una spalla contro la fila di armadietti metallici e incrocia le braccia al petto: «Non è che stai pensando un po' troppo a lui in questi giorni?» mi fa notare.

Sono solo un po' preoccupata per lui...

Mi volto verso di lui e decido di mentirgli: «Ho solo paura che il preside possa punire anche me per colpa sua. Questa settimana si è fatto vivo solo due volte alle ripetizioni» per via della quantità di libri tra le braccia, ne passo qualcuno a Matt in segno di reggerli per qualche secondo, il tempo necessario per poter posare quelli della scorsa ora.

«Il preside sa quanto vali come alunna, cercherà in tutti i modi di fartela passare liscia ed espellere quello stronzo di Collins» cerca di rassicurarmi con sguardo accigliato al solo pensiero di Dylan.

Anche se non dovrei, le sue parole mi colpiscono, ma mi costringo a tenere la bocca chiusa e riprendere a camminare accanto a lui una volta chiusa l'anta del mio armadietto.

Abbozzo un sorriso: «Hai ragione. Prego perché quel giorno arrivi al più presto, allora» dico scherzosamente, prima di salutarlo con una mano e andare nella direzione opposta alla sua per recarmi nella classe della mia prossima ora.

Il sorriso mi muore in volto mentre con lo sguardo mi trovo involontariamente a pensare di cercarlo con lo sguardo tra i volti degli altri studenti che ridono, scherzano con gli amici o semplicemente camminano per il corridoio con una faccia impassibile.

Ti sto davvero cercando tra la gente per calmare l'agitazione che mi scombussola l'animo già da questa mattina?

Sospiro. Mi sento ridicola anche solo a pensarlo. Mi tiro uno schiaffo mentale e mi impongo di smettere di pensarlo, o peggio, cercare il suo sguardo freddo in mezzo a tanti altri.

Lui non lo merita, non merita tutta la tua attenzione e preoccupazione. Quello che si merita è la totale indifferenza. Nulla, è questo quello che posso concedermi di provare per lui.

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A mensa, io e Matt parliamo del più e del meno e di tanto in tanto finisco con lo scoppiare in una grassa risata per via delle continue battute di Matt riguardo ai buffi look di alcuni ragazzi all'interno della scuola. Lui continuava a ridere sotto i baffi mentre continuava a mangiare piccoli bocconi di cibo, così da evitare di strozzarsi.

All'improvviso, da lontano, la figura di media statura di Sofy stretta in jeans chiari e arrotolati sulle caviglie si dirige nella nostra direzione con il vassoio pieno e un gran sorriso ad illuminarle le labbra.

«Avete sentito cosa si dice in giro?» domanda, con estrema difficoltà a contenere l'eccitazione nella voce. Si siede di fronte a me e accanto a Matt, il cui volto si illumina una volta aver posato gli occhi su di lei.

Sofy stringe il nodo alla coda che oggi le acconcia i capelli biondi platino e pianta poi i gomiti sul tavolo in legno. Sorrido di fronte alla sua strana felicità: «No, non sappiamo nulla. Di che si tratta?» porto alle labbra la bottiglia per bere un sorso di acqua.

«Questo sabato ci sarà una festa a casa di un ragazzo dell'ultimo anno»

Matt la interrompe: «E allora? Noi non siamo tipi da feste»

Sofy gli lancia un'occhiata, probabilmente per via della sua interruzione, prima di continuare: «Ci sarà anche il gruppo di Dylan»

Sobbalzo leggermente nel sentir pronunciare quel nome, finendo quasi per strozzarmi con l'acqua. Inizio a tossire e così mi guadagno un'occhiata stranita da parte di Matt, il quale però non ci da molto peso e torna a rivolgersi a Sofy: «Te l'ho già spiegato, io e Bianca non siamo quei tipi di ragazzi che vanno alle feste, soprattutto degli sconosciuti» dice quasi divertito dall'immagine di noi due che ci dimeniamo nel salotto di una casa usato a mo' di pista ballo.

Sofy imbroncia le labbra e corruga la fronte, indispettita: «Quanto sei noioso Matt, siamo ragazzi, abbiamo bisogno di divertimento»

Matt scuote la testa e ride: «Non è il tipo di divertimento a cui ambisco»

Sofy si rivolge a me stavolta: «Bianca, dimmi che almeno tu mi capisci -congiunge le mani in segno di preghiera- Ci sarà Dylan alla festa»

A suo nome tremo ancora, senza capirne il motivo, ma non ci presto attenzione e mi concentro sugli occhi smeraldo di Sofy, il cui colore viene risaltato dal fascio di luce che filtra dalla finestra al nostro fianco e ci investe: «Sono totalmente d'accordo con Matt. E poi perché ti ostini così tanto a conoscerlo? Io ti ho già detto che non ne vale la pena» noncurante delle parole che dico, continuo a parlare.

«E io ti ho già detto che non mi fermo alle prime apparenze o alle impressioni degli altri»

Alle sue parole, i ricordi iniziano a susseguirsi in una sequenza di momenti in cui pensavo che sarebbe cambiato, che in fondo era un ragazzo normale come ogni altro, seppur con i suoi problemi. Ma ha sprecato tutte le sue occasioni al vento.

E io non sono disposta a cambiare ancora una volta opinione su di lui. Sono consapevole abbastanza del dolore che mi ha arrecato e non sono così stupida da permettergli di continuare a farlo.

Adesso sono io quella a progettare una vendetta per causargli almeno un minimo di quello che mi ha fatto.

«Ho tentato varie volte di dargli una seconda possibilità, ma ha sempre confermato quello che già pensavo. L'unica cosa che mi sento di dirti è buona fortuna» le sorrido incoraggiante.

«Forse non riesce a fidarsi delle persone»

«Forse. Oppure è uno stronzo e basta, ma da amica ti consiglio di non perderci molto tempo»

«Bene, visto che mi consideri un'amica, non mi dirai di no se ti supplico di venire con me, vero?» torna a congiungere le mani e si avvicina maggiormente al mio viso. Le sue labbra tinte di un lucidalabbra rosa modellano altre parole: «Ti prego, Bianca» mi supplica con voce più stridula del solito.

Se non per lui, lo faccio per te Sofy, per te che ti meriti di essere felice dopo quanto hai passato, per te che meriti di mantenere viva la luce che hai ancora dentro agli occhi nonostante il passato, comportandoti come una normale ragazza della nostra età, per te che meriti una dimostrazione dal mondo che ci saranno sempre dei momenti di luce anche dopo i più bui della tua vita.

Faccio finta di rifletterci un po', grattandomi il mento con l'indice e gettando gli occhi al soffitto. Poi, un sorriso mi tradisce e a quel punto inizio ad annuire: «E va bene, ma solo perché sei tu»

Un gridolino di eccitazione fa vibrare le sue corde vocali mentre sul volto le si dipinge il sorriso più bello che le abbia visto in queste settimane di conoscenza.

E sono sicura che continuerai a sorridere per molto altro tempo, perché tu te lo meriti.

Matt alza le mani in segno di resa e mentre scuote la testa ci dice: «Buona fortuna, ragazze»

La mia fronte si corruga all'istante: «Non se ne parla proprio, Matt, tu verrai con noi»

«Non potete costringermi a venire» si sistema il ciuffo di capelli, segno che non sa che scusa plausibile inventare per poterci dire di no.

«Socio, lo so che ti fa ribrezzo pensare di passare un'intera serata nello stesso luogo in cui si trova Dylan, ma fallo per noi» adesso sono io che lo prego. Senza di lui non saprei nemmeno come divertirmi alla festa, dal momento che Sofy cercherà di approcciare con Dylan.

Matt alterna lo sguardo tra me e Sofy, poi di nuovo da lei a me, finché sospira pesantemente e getta gli occhi al cielo: «E va bene, ma sappiate che mi dovete un favore»

Le mie labbra si allargano in un sorriso e tiro un sospiro di sollievo sapendo che non sarò sola, mentre Sofy esulta ancora con voce stridula, un sorriso a trentadue denti e gli occhi strizzati per via dell'immensa gioia. Si getta ad abbracciarlo senza chiedergli il permesso e la presa è così forte che Matt rischia di soffocare, ma soffre in silenzio e inizia a sorridere e a ricambiare l'abbraccio, chiudendo gli occhi per godersi di più il calore prodotto dai loro corpi stretti l'uno all'altro.

C'è qualcosa che devi dirmi Matt?

Una volta essersi ricomposta, inizia a mangiare, poi riprende a parlare prima di mangiare un altro boccone: «A proposito, hai fatto quella cosa che ti avevo chiesto?» si rivolge a me.

«In verità non l'ho visto molto in questi giorni, ma ci sto lavorando»

Matt si intromette, di nuovo: «Di che state parlando?»

«Sofy mi ha chiesto di informarmi con Dylan riguardo la sua situazione sentimentale» il sorriso che prima Matt aveva sulla labbra muore lentamente «Vuole sapere se è impegnato» concludo mentre il suo pomo di adamo gli si abbassa più volte.

Si volta di scatto verso Sofy: «Allora non stavi scherzando riguardo a Dylan»

«No, Matt, sono seriamente interessata a conoscerlo» alza gli occhi al cielo, come se non ce la facesse più di continuare a ripetere che le sue intenzioni sono serie, a differenza delle mie. Lei inizia a mangiare mentre Matt alza entrambe le sopracciglia, come se non riuscisse a capire come possa una ragazza come Sofy essere interessata ad uno come Dylan.

Mi alzo dal tavolo per andare a buttare nel cestino i piatti di plastica usa e getta, insieme alle posate e la bottiglia d'acqua ormai svuotata del suo contenuto. Ed è proprio grazie a questa angolazione della mensa, vicino al bancone in cui servono i vari piatti e i cassonetti dell'indifferenziata, che riesco a vedere dalla grande finestra che affaccia sul cortile esterno la figura di Dylan seduto all'ombra del solito albero e Logan ancora una volta seduto tra i rami di quest'ultimo.

Lancio un'occhiata a Matt e Sofy, i quali sono tornati a parlare e a ridere insieme seduti ad uno dei tavoli nel fondo della mensa. Mi assicuro che non mi stiano guardando ed esco dalla grande sala per dirigermi a passo svelto verso Dylan e il suo migliore amico.

Una folata di vento mi coglie alla sprovvista una volta all'aria aperta, ma a riscaldarmi la pelle ci pensano immediatamente i raggi del sole. Mi cingo i fianchi con le braccia e mi avvicino a loro mentre mi ripeto in mente quello che devo chiedergli.

Inevitabilmente finisco col sentire la loro conversazione: «Sarebbe troppo scontato se ti dicessi che è sbagliato?» dice Logan, rigirandosi tra le dita un fiore che probabilmente ha strappato dal prato. Mi blocco, per ascoltare meglio.

«Io non credo sia così. Insomma, risolverei un sacco di problemi agli altri, persino a me stesso» seppur mi trovi ancora troppo lontano da distinguere perfettamente i tratti del loro volto, riesco a vedere nascere un sorriso sulle labbra di Dylan.

Logan si sporge un po' per puntare i suoi occhi cristallini sulla figura di Dylan, la quale adesso è intenta ad osservare incantata il tutore che porta ancora al braccio: «Sono davvero infelici queste tue uscite»

«Dico solo la verità, Lo»

«No, Dylan, son cazzate quelle che dici» torna a rilassare le spalle contro il tronco ruvido dell'albero mentre Dylan scoppia a ridere e gli tira un sassolino, che lo colpisce dritto su una guancia.

Sorrido di fronte a quella scena così innocente, che mi mostra quanto Dylan non sia poi così diverso dagli altri, ma il sorriso muore immediatamente sulle mie labbra quando le peggiori immagini di lui riaffiorano nella mia mente.

No, Bianca, lui non è un ragazzo normale. E non sarebbe poi così strano da pensare, visto che anche il preside ha tenuto a ricordartelo.

Qualche secondo dopo sono già da loro che non hanno ancora smesso di ridere e che continuano a tirarsi cose addosso. Li saluto, e mentre Logan mi sorride gentile una volta puntato lo sguardo su di me, Dylan mi lancia prima un'occhiata prima di gettare gli occhi al cielo e sbuffare sonoramente.

Faccio comunque finta di non averlo sentito mentre stringo la presa sui lembi di stoffa che mi coprono i fianchi.

Le labbra carnose di Dylan iniziano a muoversi per modellare parole annoiate: «Sta tranquilla ragazzina, oggi sarò presente dalle ripetizioni. Non perderemo più un altro giorno» mi sorride e schiaccia un occhiolino.

Mi trattengo ancora una volta: «Non ero venuta per questo»

«E per cosa?»

Solo alla sue parole mi rendo conto di essere venuta qui senza una reale scusa. Perché i miei occhi si sono posati sulla sua figura mentre ero in mensa? Perché i miei passi mi hanno condotta qui?

Sono domande a cui non so dare una risposta, ma devo sbrigarmi a trovarne una plausibile per poter rispondere a Dylan, prima che inizi a pensare quanto sia stata ridicola a venire qui. Dico la prima cosa che mi viene in mente, balbettando: «V-voi andate alla festa?»

«Sì, l'ha organizzata un nostro amico. Perché ti interessa saperlo?» distende le gambe sul prato e le incrocia sulle caviglie. Quel sorrisetto strafottente compare ancora una volta sulle sue labbra.

Sposto il peso da una gamba all'altra: «Speravo che non ti avrei incontrato, ma da quanto mi hai detto non sarà così» ribatto. Alzo le spalle, come ad essere rassegnata all'idea che ci dovremmo vedere anche lì.

«Almeno ci andrai insieme alla tua ragazza, vero? Te lo chiedo per essere più sicura di non vederti alla festa»

I suoi occhi color ghiaccio mi squadrano dalla testa ai piedi. Le sue iridi vengono attraversate da una strana luce, come se stesse riflettendo a come controbattere alle mie provocazioni.

Avanti, Collins, rispondi alla mia domanda. Ti piace essere punzecchiato di continuo con battutine sottili? Ti piace ricevere commenti del genere che vanno a sminuire la tua persona? Dimmi, Collins, trovi davvero piacevole ricevere delle critiche volte solo a distruggere la tua dignità di persona?

Finalmente riprende a parlare dopo secondi interminabili di silenzio e varie occhiate da parte di Logan: «E chi ti ha detto che ho una ragazza?»

La risposta mi si presenta davanti agli occhi senza che ci rifletta più da tanto. Un sorriso furbo mi si forma sulle labbra, consapevole che questa volta sarò io ad avere l'ultima parola. Una risatina mi fa vibrare le labbra: «Sarebbe strano il contrario» mi siedo sui talloni, puntando gli occhi nei suoi «Così popolare a scuola, l'aria cupa che ti porti dietro, la faccia da stronzo. Sono tutti i requisiti che ad oggi vanno molto di moda tra le ragazze» faccio scorrere lo sguardo per tutto il suo corpo, prima di incastrarlo nuovamente ai suoi occhi, i quali sembrano aver perso ogni sicurezza adesso mentre una risatina proveniente dalle labbra di Logan raggiunge le mie orecchie.

Lo vedo, Collins, vedo tutte le tue sicurezza cadere in frantumi, mostrandomi il vero te, spoglio di qualsiasi corazza che ti porti dietro per sembrare invincibile.

Beh, ti svelo un segreto Collins, nessuno di noi è invincibile ed io lo sto dimostrando proprio adesso.

Il suo pomo d'adamo si abbassa varie volte prima che un altro sorriso gli gonfia le guance: «Hai perfettamente ragione» dice con voce più roca delle altre volte, mentre inizia a fissarmi intensamente le labbra «Mi stai chiedendo se puoi aggiungerti alla lunga fila di ragazze e che io scarterò puntualmente?»

Avvampo per via del suo tono sempre più basso, per via delle sue iridi leggermente dilatate. Il cuore prende a battere più forte, ma non gli presto minimamente attenzione.

Adesso, un sorriso vincente mi fronteggia mentre si allontana degli stessi centimetri di cui si era avvicinato, senza che me ne rendessi conto e se da un lato mi provoca una scarica elettrica lungo la schiena, dall'altro lato si alimenta sempre di più la voglia di prenderlo a schiaffi.

«Uno ad uno, ragazzina» commenta alla fine, poggiando le spalle contro il tronco e portando il braccio sano dietro alla nuca per proteggersi dalla corteccia rugosa.

Mi rialzo in piedi mantenendo lo sguardo fisso nel suo e cercando in tutti i modi di trattenere dentro la bocca la valanga di parole che vorrei gridargli in questo momento. La risposta che stava cercando Sofy la tengo in pungo adesso, non vale la pena continuare a ribattere in questa continua lotta dalla quale vogliamo uscire entrambi vincitori. Scelgo la strada del silenzio, la migliore risposta ad una provocazione e mi allontano solo dopo avergli lanciato un'occhiata torva.

Mi allontano da loro a grandi falcate mentre la sua risata melodiosa accompagna i miei passi, diretti verso la mensa per tornare dai miei amici. Ed è proprio quando rientro in mensa e cammino tra i ragazzi ancora alzati che il telefono vibra. Lo estraggo dalla tasca dei pantaloni e quando noto di nuovo il numero sconosciuto dell'altra volta, il cuore perde un battito mentre ingoio a fatica la saliva che si è accumulata tra le pareti molli della bocca.

Apro il messaggio col dito tremante: "Non tutte le anime sono destinate a stare insieme". Di che anime parla? E cosa vuol dire una frase del genere?

Avevo persino dimenticato di aver ricevuto qualche altro messaggio da questo numero, ma adesso inizia a spaventarmi davvero. Deve essere qualcuno sicuramente che segue ogni mia mossa e questo mi mette in totale agitazione.

Stringo il telefono al petto mentre mi guardo in giro, pensando di trovare qualcuno che possa corrispondere al profilo inesistente di questo numero. Poi, il mio sguardo si posa sui miei amici seduti ancora allo stesso tavolo, piegati in due dalle risate e il cuore riesce a rallentare grazie a quella visione.

La loro felicità mi aiuta a dimenticare solo per un breve attimo la paura che si era appigliata alle pareti deboli del cuore e per quanto magico sembra il momento che stanno passando, decido di interromperlo per condividere con loro le mie paure.

Torno a sedermi di fronte a loro, i quali si asciugano entrambi una lacrima all'angolo dell'occhio con l'indice.

«Ah Bianca, sei tornata. Dov'eri?» mi domanda Matt, cercando ancora di riprendersi dalle risate di prima. Sofy fa lo stesso, ma mi offre comunque tutta la sua attenzione. Il sorriso di Matt si spegne lentamente quando inizia a rendersi conto del mio volto preoccupato.

Racconto loro l'intera storia, la quale viene seguita da entrambi con spiccato interesse, ma nessuno dei due riesce a formulare una teoria.

«Cosa dovrei fare?»

«Potrebbe essere un manico. Io propongo di andare dalla polizia» propone Matt, ma solo al pensiero di recarmi in un commissariato mi pento di averglielo detto.

«Non credo sia necessario, in fin dei conti non sono minacciosi. Potremmo scrivergli e vedere che risponde» dice invece Sofy, arricciando una ciocca di capelli attorno al dito.

«E cosa dovrei scrivere?»

Sofy allunga un braccio verso di me: «Fammi fare a me» le lascio il telefono nelle mani, le cui dita iniziano a muoversi velocemente sulla tastiera mentre Matt si sporge verso di lei per leggere. Mi restituisce il telefono una volta finito.

"Chi ti ha dato il mio numero e perché mi scrivi questi messaggi? Per caso ci conosciamo?".

«Credo vada bene» asserisco, prima di poggiare il telefono sulla superficie lignea del tavolo, col cuore in gola mentre aspetto che risponda. 

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