Lucamy: "remake "𝗜 𝘄𝗮𝗻𝘁 𝘁𝗼 𝗲𝗮𝘁 𝘆𝗼𝘂𝗿 𝗽𝗮𝗻𝗰𝗿𝗲𝗮𝘀".
𝘐𝘭 𝘥𝘪𝘢𝘳𝘪𝘰 𝘴𝘦𝘨𝘳𝘦𝘵𝘰 -
1.
Non so se abbiate avuto la possibilità di vedere questo cortometraggio:
"Voglio mangiare il tuo pancreas."
Ebbene, se non avete letto il manga o visto il film... questo è un Remake, che prende spunto proprio da quella storia.
Questa è più o meno la premessa:
Un ragazzo introverso e sempre sulle sue - senza alcun legame affettivi - un giorno s'imbatte in un quaderno dimenticato nella sala d'attesa di un ospedale appartenente a una ragazza, solare e molto energica, praticamente il suo polo opposto. La ragazza s'incuriosisce per l'atteggiamento distaccato che egli dimostra con i compagni e decide su due piedi di condividere con lui un segreto importante, che finora nessuno conosce...
¶...
«Il funerale di una mia compagna di classe, Amy Wright... si svolse in un giorno piovoso, completamente in contrasto con il suo carattere così vivace. Era come un raggio splendente, qualcosa che tuttora mi è impossibile spiegare... Immagino che un gran numero di persone abbia partecipato alla cerimonia... e le loro lacrime dimostrano che la sua vita ha significato qualcosa. Sia al funerale che alla veglia, mi sono astenuto dall'essere presente. Sono rimasto chiuso in casa, fingendo che il mondo fuori dalla mia finestra non ci fosse più. Mi sono alzato e avvicinato al comodino, dove avevo lasciato il cellulare. Ho aperto WhatsApp e riletto l'ultimo messaggio che stavo per inoltrare. Solo un'unica frase. Non so se riuscita a vederlo...»
Qualche mese prima...
"Scusami, mi dispiace. Ho fatto tardi per le lezioni extra." m'informò con il fiatone per la gran corsa che aveva fatto, prima di prendere i libri e sistemarli negli scaffali.
"Siamo in biblioteca. Non fare tanto chiasso."
"Ai suoi ordini, Cooper!"
Emisi un sospiro. Quella ragazza non mi prendeva mai sul serio, ne tantomeno l'avrei costretta a farlo, sinceramente. L'osservai alzarsi sulle punte e posare l'ennesimo libro.
"Che cosa fai?"
"Metto a posto i libri."
"Ma questa è la sezione dei romanzi storici, quello in basso è per i libri storici. Non si devono confondere le due cose, Wright."
"È la stessa cosa!" protestò. Spinsi il carrello più in là, ma mi venne dietro sorpassandomi e appoggiando le mani per fermarlo. "Insegnamelo e lo farò bene!"
"Devi solo ricordare i codici delle categorie."
Sbuffò e tirò indietro la testa. "Ma ne sono così tanti! Come farò?, Mi verrà un esaurimento nervoso... Si sa che le ragazze carine hanno la memoria di un pesce palla!
"Pesce rosso..." la corressi. Passai accanto a lei e sistemai altri libri.
Saltò in piedi come una molla.
"Oh, sì! Ti ho detto cos'ho visto in televisione ieri?"
"Abbassa la voce. Non fare casini."
"In passato, se qualcosa non andava al tuo fegato, mangiavi un fegato, e se invece era lo stomaco, mangiavi un po' di stomaco." Disse scivolando più in là. "A quanto pare, questo avrebbe dovuto curare la malattia." Faceva strani discorsi. Incomprensibili e confusi, a dir la verità. "Ma sono abbastanza sicura che nessuno mi lascerebbe divorare un pezzo del proprio organo, se non sotto torture cinesi."
"Che vuoi dire Wright? Ti sei improvvisamente convertita al cannibalismo?"
Strinse la copertina del libro fra le mani e sussurrò. "Quello che voglio dire è che... tu sei l'unico a cui potrei chiederlo."
"Chiedermi cosa?"
"Oh, andiamo... Lo sai molto bene."
Feci scorrere gli occhi sulla schiera di volumi e mi voltai, vedendo la sua espressione mutare di colpo in una sadica.
"Eh? Tu non vorrai che io-"
Non mi lasciò finire e mi spinse all'indietro con le sue mani. Colpii gli infissi della finestra con una spalla e mi strappò un rantolo. Ignorando il dolore dovuto al colpo, vidi il suo volto oscuro rialzarsi lentamente e poi il sorriso le si allargò sulle labbra.
"Mangerò il tuo pancreas!"
Il "sei totalmente fuori di testa" sgusciò fuori dalle mie labbra il secondo dopo. Ma ovviamente non scherzava.
Era seria, come se mi avesse chiesto "che mangi a pranzo"?
"𝘚𝘶𝘤𝘤𝘦𝘴𝘴𝘦 𝘢𝘥 𝘢𝘱𝘳𝘪𝘳𝘭𝘦, - 𝘲𝘶𝘦𝘭 𝘱𝘦𝘳𝘪𝘰𝘥𝘰 𝘤𝘩𝘦 𝘱𝘳𝘦𝘤𝘦𝘥𝘦va 𝘭'𝘦𝘴𝘵𝘢𝘵𝘦 -. 𝘌𝘳𝘰 𝘢𝘴𝘴𝘦𝘯𝘵𝘦 𝘥𝘢 𝘴𝘤𝘶𝘰𝘭𝘢 𝘱𝘦𝘳𝘤𝘩é 𝘥𝘰𝘷𝘦𝘷𝘰 𝘵𝘰𝘨𝘭𝘪𝘦𝘳𝘦 𝘪 𝘱𝘶𝘯𝘵𝘪 𝘥𝘦𝘭𝘭'𝘢𝘱𝘱𝘦𝘯𝘥𝘪𝘤𝘦𝘤𝘵𝘰𝘮𝘪𝘢...
L'altoparlante risuonò per tutta la sala d'attesa e guardai il ticket, ero il numero 54.
Si sentiva il brusio delle persona intorno, che si vociferava della nascita di un bambino avvenuto da poco e i bambini continuavano a rincorrersi, avendo quel luogo per un parco giochi.
Il tonfo sordo di un oggetto catturò la mia attenzione. Si trattava di un quaderno, ma non né ero sicuro...
Lo raccolsi e scrutai incuriosito la copertina. Non c'era il nome. Lo aprii e lessi la prima pagina. "Vivere con la morte". Passai in rassegna tutte le altre. "Un diario?" Ed ebbi un sussulto, quando mi balzò alla vista un dettaglio.
«Ho solo pochi anni da vivere. È come se dovessimo timbrare un biglietto in base alle giornate, ma non so quanto ancora potrò farlo... Avendo fatto i conti con questo, sto scrivendo ciò per rendere più dolce la convivenza con il mio male. Prima di tutto, la malattia al pancreas di cui sono affetta da quando ero piccola è...».
"Pancreas." pensai fra me e me scorrendo gli occhi fino alla fine. "Morte?"
"E' il mio." Dichiarò una voce femminile e quando mi girai, la riconobbi: era una mia compagna di classe con cui avevo scambiato si o no un "ciao", forse neanche quello a pensarci bene. La sua aria seria fu improvvisamente spazzata via.
"Sei sorpreso, ma non quanto lo ero io!" esclamò saltellando nella mia direzione. "Credevo di averlo perso e ho girato mezzo ospedale per trovarlo, per poi rendermi conto che l'avevi tu in mano!"
"Oh, stai dicendo sul serio?" L'altoparlante aveva chiamato il mio numero e quindi era arrivato il mio turno. "Devo andare." Le dissi restituendolo alla legittima proprietaria e la sorpassai.
"L'hai letto, vero?" domandò, ma non ne sembrava seccata, che avessi ficcanasato nel suo racconto privato, scoprendo accidentalmente della sua malattia terminale. Presi la borsa a tracolla sulla sedia e continuò. "L'ho chiamato 'vivere con la morte', non ti sembra un titolo entusiasmante e anche particolare? Da quando ho scoperto della mia malattia al pancreas, ho voluto tenere un diario, come ricordo di quest'esperienza..." Poi si riscosse mentre indossavo la mia giacca. "Non penserai che il mio sia uno scherzo per prenderti in giro!? Il mio senso dell'umorismo non è così cupo e la mia capacità di immaginazione non arriverebbe a un livello simile!" Si rabbuiò. "Il mio pancreas ha smesso di funzionare... e molto presto..." fece una pausa. "... io morirò."
Mi misi la borsa in spalla, totalmente indifferente. "Ma davvero?".
"Cosa!? Questo è tutto ... Che razza di risposta è il tuo: 'ma davvero?!" urlò talmente forte che alcune persone si girarono a fissarci. "Hai aperto bene le orecchie!?"
"Sì, come due paraboliche."
"Allora mostra un po' di pena per questa moribonda che sta per andare all'altro mondo. Dovresti essere più sensibile, rispondere in modo poetico "i fiori belli svaniscono subito" cose di questo genere, per esempio, per tirarmi su di morale. Non hai nient'altro da dire?"
Inarcai un sopracciglio. "No."
Mi fissò con la bocca spalancata per lo stupore e scoppiò a ridere. "Sei serio?" chiese piegandosi in due. Le vennero le lacrime agli occhi e se le asciugò con il dito. "Scusa, scusa."
"Comunque, devo andare al bancone."
Le passai accanto e poco dopo uscii dall'ospedale. Stavo camminando in tranquillità e frenai il passo quando vidi davanti a me la ragazza di prima.
Era appoggiata a un palo della luce.
Si staccò e sventolò il braccio a mo' di saluto. "Ehi, che coincidenza! Anche tu fai questa strada?"
"Scusa, ma non credo nelle coincidenze." Le risposi con tono freddo e cambiai immediatamente direzione. Puntualmente lei, non demordendo nella sua stupida intenzione, mi seguì giù per la scarpata.
"Ehi, abbiamo mai parlato prima di adesso? Sei sempre in disparte con il naso sui libri." Mi fece notare, poi rallentò e affiancarmi mentre a stento le rivolgevo uno sguardo. "Perché sei venuto in ospedale? Hai il raffreddore... o non so, sei un malato terminale anche tu? Dove ce l'hai la malattia? Posso indovinare. La malattia del topo di biblioteca, credo si chiami così."
Spostai la manica e fissai l'orologio al polso. "Farò tardi per prendere il treno. Ci si vede in giro."
Camminai per seminarla, quel suo "straparlare" mi aveva atrofizzato i neuroni.
Non aveva preso fiato neppure un minuto, altro che pancreas marcio...
"Ok, ho capito! Aspetta solo un secondo. Posso chiederti un favore prima che tu vada via? Vorrei che tu mantenessi il segreto sulla mia malattia. Non lo sa nessuno. Sarà il nostro piccolo segreto."
"Non lo dirò a nessuno. In realtà, non ho nessuno a cui dirlo."
"Non hai nessun amico?" domandò stupita, piazzandosi di fronte a me. "Se vuoi, posso passare il resto dei miei giorni con te."
"Non è necessario. Dovresti vivere questi giorni come ti pare... e con chi preferisci."
Sorrise. "Ricevuto!" Prima di andarsene si fermò sul marciapiede e mi salutò da lontano, con un gesto frettoloso della mano. "Grazie!"
"𝘓𝘢 𝘷𝘪𝘥𝘪 𝘤𝘰𝘳𝘳𝘦𝘳𝘦 𝘦 𝘮𝘪 𝘳𝘪𝘴𝘶𝘭𝘵ò 𝘤𝘰𝘮𝘱𝘭𝘪𝘤𝘢𝘵𝘰 𝘪𝘮𝘮𝘢𝘨𝘪𝘯𝘢𝘳𝘭𝘢 𝘪𝘯 𝘰𝘴𝘱𝘦𝘥𝘢𝘭𝘦, 𝘤𝘰𝘯 𝘭𝘦 𝘨𝘶𝘢𝘯𝘤𝘦 𝘱𝘢𝘭𝘭𝘪𝘥𝘦 𝘦 𝘭𝘦 𝘣𝘳𝘢𝘤𝘤𝘪𝘢 𝘪𝘯𝘧𝘪𝘭𝘻𝘢𝘵𝘦 𝘥𝘢𝘨𝘭𝘪 𝘢𝘨𝘩𝘪.
P𝘦𝘯𝘴𝘢𝘷𝘰 𝘤𝘩𝘦 𝘥𝘢 𝘲𝘶𝘦𝘭 𝘨𝘪𝘰𝘳𝘯𝘰 𝘴𝘢𝘳𝘦𝘣𝘣𝘦 𝘴𝘷𝘢𝘯𝘪𝘵𝘢 𝘦 𝘤𝘩𝘦 𝘯𝘰𝘯 𝘢𝘷𝘳𝘦𝘮𝘮𝘰 𝘱𝘪ù 𝘢𝘷𝘶𝘵𝘰 𝘢 𝘤𝘩𝘦 𝘧𝘢𝘳𝘦 𝘭'𝘶𝘯𝘰 𝘤𝘰𝘯 𝘭'𝘢𝘭𝘵𝘳𝘢.
𝘔𝘢 𝘭𝘢 𝘴𝘦𝘵𝘵𝘪𝘮𝘢𝘯𝘢 𝘴𝘦𝘨𝘶𝘦𝘯𝘵𝘦 𝘴𝘪 𝘰𝘧𝘧𝘳ì 𝘷𝘰𝘭𝘰𝘯𝘵𝘢𝘳𝘪𝘢 𝘱𝘦𝘳 𝘪𝘭 𝘱𝘰𝘴𝘵𝘰 𝘷𝘢𝘤𝘢𝘯𝘵𝘦 𝘥𝘪 𝘢𝘴𝘴𝘪𝘴𝘵𝘦𝘯𝘵𝘦, 𝘱𝘦𝘳 𝘶𝘯 𝘮𝘰𝘵𝘪𝘷𝘰 𝘢 𝘮𝘦 𝘥𝘦𝘭 𝘵𝘶𝘵𝘵𝘰... 𝘴𝘤𝘰𝘯𝘰𝘴𝘤𝘪𝘶𝘵𝘰...
Continued...
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