Capitolo 1
Era la mattina soleggiata del 4 giugno 2021, ed io stavo uscendo con la mia coinquilina, nonché migliore amica: Elisabeth. Dovevamo andare a fare la spesa, ma appena uscimmo Bet disse di aver dimenticato le chiavi della macchina nel nostro appartamento. Allora rientrò a casa, e ne uscì con un mazzo di chiavi in mano. Entrammo in macchina. La mise in moto, e arrivammo al supermercato.
-Che figata, lo compriamo? – disse la ragazza alludendo ad un pacco di wafers al caramello.
-Ok- dissi io -metti nel carrello, Bi- lei mise i wafer nel carrello e corse verso il reparto di dolci successivo, sembrava una bambina che cercava un nuovo giocattolo. Lei è una golosona, a volte si vizia comprandone tanti, perché "per essere dolce di carattere, lo zucchero serve". Alla fine, avevamo nel carrello tutte le varietà di dolci, che la settimana dopo sarebbero già tutti stati mangiati: oltre ai wafers, avevamo anche biscotti ripieni di crema alla nocciola, due barattoli di Nutella, delle tavolette di cioccolato alla nocciola, e pacchi di Oreo di ogni gusto possibile, ovviamente oltre al resto del cibo. Tanto poi questo tipo di spesa non la avremmo fatta per un mese o giù di lì.
-Ehi, Josh- disse Bet al cassiere, appena arrivammo in cassa.
-Elisabeth. Qualche buono? Vedo che vi trattate bene- rispose lui, guardando fisso il nostro carrello.
-Sì, ho quello del venti percento sulla spesa totale se si superano i 50 euro... di due settimane fa-
-Direi che vi serve-
-Già- constatai io, guardando il nostro carrello pienissimo. Ci mettemmo un po', ma posso confermare che riuscimmo a passare tutti gli alimenti in cassa, pagammo e tornammo in macchina. Caricammo la spesa nel portabagagli (azione che richiese circa dieci minuti) e poi salimmo nell'autovettura grigia. Svoltammo parecchie curve per arrivare da Starbucks per fare colazione. Appena arrivate, ci sedemmo in un tavolino vicino alla grande parete di vetro e ordinammo due Oreo frappuccini, un gusto che non avevamo mai provato.
-Buono- disse Bet, con la cannuccia in bocca.
-Già- concordai, finendo la mia bibita. Appena pagammo, io e la mia amica tornammo a casa. Entrò prima lei, con due buste della spesa in mano, seguita da me, che portavo altre due buste di spesa più un pacco di carta igienica. Bi poggiò le buste a terra, poi prese le chiavi dalla borsetta e aprì la porta. Guardò a terra davanti lei, poi si girò verso di me, con aria allarmata.
-Perché sei lì impalata? Hai visto un fantasma? Voglio dire, tra un po' queste due buste cadono. E ciao ciao Oreo e wafer al caramello- dissi ironicamente. Lei, per tutta risposta, prese in mano un pacchetto che era a terra, me lo fece vedere.
-Per metterlo lì- disse, appoggiandolo sul mobile vicino all'ingresso, insieme alle chiavi -vuol dire che sono entrati a casa nostra-
-Ok, ma entriamo per favore- dissi, implorante. Entrammo e appoggiammo le buste in cucina. Andammo a lavarci le mani.
-È tutto normale, qui- dissi, alludendo al fatto che forse qualcuno era entrato in casa nostra. -Apriamolo, però. Cosa c'è di male? Sono curiosa-
-Forse non è del tutto prudente-disse lei. Dopo qualche minuto di mia testardaggine lei acconsentì. Presi il pacchetto in mano e lo aprii. Al suo interno c'era una specie di collana con una pietra enorme incastonata. Presi la collana, studiandola. PUFF. Un vortice azzurrino e caddi da un'altezza di circa dieci metri in un campo.
Mi guardai intorno; un centinaio di metri più a destra c'era un paesino, e al suo ingresso una casetta, che vista dalla facciata sembrava molto modesta: però poi avrei scoperto che era molto lunga, con un gran giardino sul retro. Aveva quattro piani. Decisi di andarci, per chiedere ai proprietari dove fossi. Appena arrivata, picchiai alla porta (non c'era alcun tipo di campanello).
-Chi è? – chiese una voce femminile.
-Ehm... mi sono persa- le dissi, in imbarazzo.
-Non sarai mica uno di quelli che girano per le case? –
-Cosa? No, sono una ragazza- lei aprì la porta e mi guardò. Era sbiancata, sembrava turbata.
-Entra, veloce! – mi aprì la porta e ci spinse dentro. L'ingresso occupava poco spazio, ma allo stesso tempo mi faceva vedere il gusto e la ricchezza dei padroni di casa. A conquistare la mia vista fu l'ampia scalinata in legno che probabilmente portava al piano superiore. Colei che mi fece entrare era una donna abbastanza bella con capelli castani racchiusi in uno chignon e occhi verdi penetranti e grandi, che indossava un vestito marrone lungo fino ai piedi e di seta, come una sottoveste. Sopra aveva un grembiule bianco ricamato, sembrava avere circa una quarantina di anni. Appena chiuse la porta, mi squadrò, scettica.
-Ma come sei conciata? - disse guardandomi. Mi portò fino a uno specchio. In effetti ero sporca di terra e così erano anche i miei vestiti.
-Ma da dove vieni? – disse, ironicamente, per poi condurmi nel salotto, che era a destra dell'ingresso. Il salotto era senza dubbio la stanza più bella: c'era un'alta "bay window" che inondava la stanza di luce, un lampadario con un medaglione elaborato, un caminetto in cemento, un parquet di color nocciola e una carta da parati gialla e rossa. La stanza era rettangolare e c'erano due divanetti intorno ad un tavolino da tè e tre poltrone intorno al camino.
-Cambiati. Le arrestano, quelle come te-
-Ma perché? Io non so dove mi trovo e non ho altro da indossare-
-Avrai due taglie in meno di me. Vado a prenderti un vestito. Tu resta qui- mi disse, e scomparve al piano di sopra. Quando riscese aveva in mano un vestito semplice e di un colore rosso con decorazioni floreali sulla gonna. Lo indossai.
-Ora va bene- disse lei, soddisfatta -Tè? –
-Ok... ma poi devo farti qualche domanda-
-Certo. Metto il tè sul bollitore e vengo- disse, andando in cucina. Qualche minuto dopo, era di ritorno con due tazze di tè e un vassoio con dei biscotti nelle mani.
-Dove siamo? – chiesi, mentre mangiavo un biscotto. Sapeva di avena ed era molto buono. Ne presi subito un altro, mentre la signora beveva il suo tè.
-In un paesino nei pressi di Boston, che domande- rispose lei, molto tranquillamente.
-COSA? – urlai e per poco non mi cadde il biscotto di mano. -Io non sono di qui! Io vivo vicino Londra! Ti avverto. Se è uno scherzo...-
-Come sospettavo, ci risiamo... ci sono altri ragazzi, ma sempre alla mia porta picchiate? Una ragazza e due ragazzi. Sono arrivati qui... tutti l'anno scorso. Dopo il terzo pensavo che aveste finito, comunque... il primo a marzo dell'anno scorso...- iniziò elencando, appoggiò la tazza e alzò il pollice -...la seconda ad aprile...- e alzò anche l'indice -...il terzo a maggio...- alzò anche il medio -...e tu, a giugno con un anno di distanza. Piuttosto, siete voi a scherzare? Me lo chiedo da quando arrivò il primo. Se è qualche specie di scherzo, davvero molto divertente. Ma adesso basta-
-Se posso... sai dove sono? –
-Certo, lo sanno tutti. Vivono in quella casa rossa, in fondo- disse.
-Grazie. Tolgo il disturbo adesso-
-Tieni pure il vestito. Vieni da me se hai bisogno... di qualcosa-
-Grazie mille- dissi, mentre finivo la mia tazzina di tè. -ti serve una mano a riordinare? –
-Ma no! Adesso vai- disse lei, accompagnandomi alla porta -e ricorda che io vivo qui, nella casa rossa ai margini del paese- Uscii dalla casa e mi incamminai verso quella rossa che mi aveva indicato la signora. Mentre camminavo, mi guardavo intorno e pensavo. La stradina era stretta (ci passava a malapena un'auto) ed era fatta di pietre. Affacciate sul sentiero c'erano diverse case.
"Quindi sono in un paese vicino Boston" pensai "ciò vuol dire che sono davvero parecchio lontana da Londra. E qui pare che le persone siano un po' più all'antica. Tutte queste case sono come quelle dell'età vittoriana. Come faccio ad essere qui? Perché?" le risposte a queste domande le trovai in seguito. Appena arrivai di fronte a quella casa picchiai con le nocche sulla porta di legno. Mi aprì un ragazzo, che poteva avere circa 20 anni. Aveva una carnagione chiara, capelli castano chiaro, quasi biondi e occhi dello stesso colore, molto grandi. Il naso era a punta e le labbra sottili. Era abbastanza alto e sembrava muscoloso. Indossava una camicia bianca e un pantalone con le bretelle marrone. Probabilmente lo stavo fissando, perché sulla sua faccia era dipinta un'espressione divertita.
-Cosa posso fare per questa bella signorina? – chiese.
-Posso entrare? È importante-
-Certo- e mi fece entrare. La casa era identica a quella gialla, solo che tutti gli arredi e le pareti erano rosse. Era un po' più grande, però. Il ragazzo mi portò nel salotto, che anche in questo caso si trovava alla destra dell'ingresso. Mi fece accomodare sul divanetto. Vidi un ragazzo e una ragazza seduti sulle poltrone vicino al caminetto che si tenevano la mano.
-Chi è lei adesso, la tua nuova ragazza? – chiese il ragazzo. Era alto ma meno muscoloso del primo. I suoi capelli erano neri e gli occhi verdi e penetranti, il naso a patata e le labbra fine. La carnagione era olivastra, e dimostrava anche lui la stessa età, forse un anno in meno. Era vestito come quello che mi aveva aperto la porta, solo che aveva i pantaloni con le bretelle neri, abbinati con i suoi capelli.
-Piantala, Charles- disse il ragazzo-che-non-era-Charles.
-Scherzava- disse la ragazza. Aveva una carnagione chiara, occhi verdi e lunghi capelli castani racchiusi in uno chignon. Aveva una spruzzatina di lentiggini sul naso e sulle guance, labbra carnose e naso a punta. Era molto simile al ragazzo-che-non-era-Charles. Forse erano fratelli. Era di media altezza e magra. Aveva un vestito simile al mio, solo che era più stretto.
-Io sono James. Lei è mia sorella Sarah, e poi c'è il suo fidanzato, nonché mio migliore amico Charles- disse il castano.
-Piacere. Io sono Alice, e vengo da un paesino vicino Londra. Non sono venuta qui. Mi sono teletrasportata, in qualche strano modo-
Angolo me:
Cosa ne dite del primo capitolo? Vi assicuro che poi diventa più avvincente! xxx
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