Cap. 27

Continuava a piovere a dirotto. Lara non riusciva davvero a capire in che stagione fossero. Non sapeva neanche se le stagioni esistessero in quel luogo assurdo. Un giorno c'era un sole caldo estivo, quello dopo iniziava a nevicare. Ormai aveva pure smesso di stupirsi.

Era notte fonda, Luca dormiva da un pezzo, ma lei non riusciva a prendere sonno. Si girava e rigirava nel letto, continuando a pensare ad Aharon, alle parole di Luca, a tutto ciò che si erano detti quella mattina. Continuava ad apparirle impossibile tutta quella storia.
Si mise a sedere lentamente, guardando fuori dalla finestra. La pioggia che scorreva veloce sul vetro freddo e appannato di quella stanza. Il rombo dei tuoni in lontananza che si facevano sentire. E i suoi pensieri volarono verso Roy, Clare. Chissà come stavano. Il diario. Già, magari l'avrebbe aiutata a capirci qualcosa. Ma era lì, Clare continuava a non sapere niente della sua intrusione e lei si sentiva terribilmente sola. Si accucciò di più alla coperta. Doveva fidarsi solo di sé stessa. E aveva sempre avuto paura di questo. Di sentirsi sola, di esserlo o anche solo di dover credere in sé. Iniziò a ripetersi che le cose non accadono mai per caso, e che se questo le era successo, una ragione ci doveva essere.

Improvvisamente un forte tuono scosse i suoi pensieri. Così, imprevedibile.

Allora si alzò per andare a prendere un bicchiere d'acqua fresca. Mentre si incamminava silenziosamente, sentiva come una sensazione di ansia che cresceva. Si disse che era solo la tempesta. Giunta alla cucina, aprì piano il frigo e si versò un goccio d'acqua, appoggiandosi al bordo del tavolo.
Un lampo le fece voltare la testa verso la finestra. Credeva di vedere solo pioggia, ma ciò che vide la fece rabbrividire. Un cagnolino fuori dalla porta. Il pelo bianco era macchiato di sangue.
Immediatamente prese un mantello col cappuccio dall'attaccapanni e aprì la porta uscendo sotto la pioggia per raggiungerlo. Lo accarezzò, cercando di tranquillizzarlo. Per fortuna non aveva nulla di rotto. Fece per tornare in casa ma una folata di vento particolarmente forte fece chiudere la porta. L'ansia cresceva e lei iniziò a pensare che era stata una pessima idea. Il cagnolino era spaventato e guaiva, come ad avvertirla. Poi vide in lontananza delle sagome nere avvicinarsi, ma non riusciva a inquadrarli bene per via della pioggia. Solo una parola nella mente: pericolo. Doveva scappare. Eppure era circondata, quelle figure la stavano accerchiando.
Erano solo in quattro, ma coprivano dei punti strategici impedendole di scappare. Così, ancora col cagnolino nelle mani, corse dietro la casa, l'unica zona libera. Corse a perdifiato per il bosco, nonostante la pioggia le impediva di vedere bene e i rami per terra le intralciavano la corsa. Corse a più non posso finchè non si trovò davanti un muro di roccia. Non aveva altra scelta, doveva salire. Così guardò di nuovo il cagnolino. aveva un guinzaglio. Prese l'estremità e la legò come meglio poteva a sé, cercando di coprirlo dalla pioggia.
Iniziò a scalare velocemente, alla fine non era molto ripida. Era solo molto bagnata. Fortunatamente riuscì a raggiungere la cima in fretta senza cadere. Era come una montagna, aveva molte buche. Iniziò a percorrere tutto quel cumulo di rocce, finchè non trovò un piccolissimo passaggio tra le rocce. Era coperto dalla vegetazione, lo notò solo perchè poggiando la mano trovò il vuoto. Entrò. Era una grotta abbastanza grande. Prese qualche pietra riempiendo i vuoti all'ingresso, coprendo completamente la grotta. Poi si avvicinò alla parte più in fondo. Lentamente riuscì ad abituarsi al buio. Posò il cucciolo a terra, carezzandolo. Aspettarono in silenzio, nessuno fiatava. Ed ecco, le figure. Passarono proprio di lì. Per fortuna il cucciolo non fece niente, restò in perfetto silenzio.

"Non può essere andata lontana" disse una voce maschile.

"Cerchiamola. So che oltre questa roccia ci sono dei capanni."

Poi passarono oltre. Lei tirò un sospiro di sollievo, ce l'aveva fatta. Grazie a loro, sapeva che c'erano dei capanni. Magari trovava delle coperte o un accendino. Magari un'arma. continuò con questi pensieri per un bel po', finchè dopo un'ora i passi tornarono.

"Niente, non c'è traccia."

"Aharon si arrabbierà moltissimo."

"Potrebbe essere tornata indietro già da prima, potrebbe averci ingannato."

"E a te che sembra idiota?" le voci che litigavano per non averla presa si allontanavano sempre di più.

Di nuovo, salva. Ma come ci era finita in quella situazione?

Ormai era passata circa un'ora, e faceva molto freddo. Doveva andare a quei capanni. Poteva portare con sé il cagnolino? Aveva smesso di piovere.
Beh, lasciarlo lí solo non le sembrava una buona idea. Lentamente, facendo attenzione a non farsi sentire, uscí dalla grotta.
Si incamminó con il cucciolo verso la direzione allusa da quei seguaci di Aharon ed effettivamente trovó due capanne, diroccate. Entró cauta. Era molto scuro ma riuscí ad abituarsi in fretta. Prese qualche coperta, seppur umida, sempre buona, abbastanza spessa, delle fasce per il cucciolo e poi qualcosa catturó il suo sguardo: disposto in un angolo, coperto da un telo semitrasparente, un arco, un bellissimo arco in legno con una faretra di circa trenta frecce. Ricordava delle prove che aveva fatto con Roy, era migliorata tanto e non le avrebbe fatto male avere un'arma con sé.
Prese tutto cercando di ottimizzare gli spazi. Si trascinó verso la grotta, identica a come l'aveva lasciata. Si guardó un attimo intorno. Le guardie che credeva di aver seminato erano molto lontane ma le vedeva, le contrastingueva nella neve, piccoli puntini neri accanto ad un accampamento.
Rientró in fretta risistemando l'ingresso.

Essendo una grotta, non poteva permettersi di accendere un fuoco per due motivi: il primo, era uno spazio chiuso, quindi li avrebbe fatti morire soffocati. Il secondo, ammesso che lasciasse l'entrata aperta per far circolare l'aria, il fumo avrebbe attirato l'attenzione dei nemici.

Cercó di tastare l'interno della grotta, cercando un passaggio alternativo, un percorso o uno spazio aperto per poter accendere il fuoco. Ma non c'era nulla, se non le fredde e umide pareti.
Poi, istintivamente, le venne un'idea. Si portó le mani in tasca, le tasche enormi di quel mantello e si stupí di ció che trovó.
C'era un accendino, un coltellino tascabile e qualche moneta. Diciamo, cose essenziali per sopravvivere.
Cosí accese l'accendino per farsi luce, attorno a loro c'erano un sacco di ramoscelli. Ne prese uno particolarmente spesso e si procurò una fiaccola. Sperava che non facesse tanto fumo. In effetti, quasi non ne faceva. La poggió alla parete e si dedicò al cucciolo, fasciando le ferite con cura. Dopodichè, si tolse il mantello bagnato appendendolo alla meno peggio ad una sporgenza. Avvolse se stessa e il cagnolino in due grosse coperte, cercando di ripararsi alla meglio. Poi, spense la torcia, lasciando il buio a fargli compagnia, sperando che quello fosse un incubo. Ma no, non lo era.

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