Capitolo 4- Furia nell'Arena
"Comincio io!".
Avanzò davanti a tutti un orco.
Era altissimo, grosso e pieno di muscoli, dalla pelle rossa bruciata dal sole.
Le zanne erano piccole ma molto aguzze, e sporgevano dal labbro inferiore.
Portava in testa un elmo pieno di punte, e alle mani una mazza chiodata, la cui capocchia era grande due volte la sua testa.
Nessuno degli altri osò opporsi alla sua proposta.
"Bene. Allora all'ospite il tempo di scegliere la sua arma...".
Avanzò vicino a Lort un troll scudiero, con un carro pieno di armi.
Alcune Lort le conosceva bene, altre erano strane,frutto della fantasia perversa e sadica dei loro fabbri creatori.
Una, ad esempio, assomigliava ad un gigantesco cavatappi!
Chissà a che serviva...
Ma Lort puntò su qualcosa di efficace ma forse meno doloroso di un cavatappi gigante : un martello da guerra.
Ne saggiò il peso, lo rigirò tra le sue mani, e soddisfatta disse: "Ho scelto, maestà."
"Come se cagnasse coccosa ...- esclamò il re, e il pubblico rise alla sua battuta- COMINCIATE!!! ".
Un nuovo boato risuonò tra la folla.
" Ti do tre secondi per correre a casa dalla mamma, mocciosa ... Poi ti ammazzo!" minacciò l'orco, e il suo sorriso fece uscire fuori una fila di disgustosi denti marci.
Lort avrebbe dovuto scappare, avrebbe dovuto urlare dallo spavento.
Invece se ne uscì fuori con queste parole : "non scapperò, grande Ogre Rocciadura!".
Dalla gola del orco uscì un suono gutturale che indicava stupore e dubbio in ciò che aveva sentito.
"Vi ho riconosciuto per la vostra armatura! So tutto di voi, come pure degli altri combattenti di cui sono fan! E sappiate che è un onore per me battermi con voi ..." dichiarò emozionatissima.
L'orco fece quell'aria tonta che fanno tutti gli orchi quando non capiscono ciò che sta succedendo.
E questo accade molto spesso.
Ma, scuotendo la testa per riprendersi, il suo sguardo si incattivì .
"Mi prendi in giro, schifosa umana?" scoppiò furioso.
"No signore! - rispose Lort, puntando il martello verso di lui - vi assicuro che darò il meglio di me per l'occasione, ovviamente senza farvi del mal ...".
Non finì la parola .
La mazza dell'orco l'aveva colpita di fianco, scaraventandola verso la parete come una bambola di pezza.
Il colpo creò un gran fracasso e un bel polverone, e probabilmente era stato così potente da creare un buco sul muro di pietra.
La gente lo acclamò, e Ogre Rocciadura alzò i pugni al cielo con aria vittoriosa.
Poi si mise ad aspettare che la nuvola di polvere si diradasse per raccogliere la carcassa e mostrarla al pubblico.
Ma d'un tratto, si udì un battito.
Un battito di mani per la precisione, accompagnata da una risata bonaria .
E lentamente, dalla polvere comparve lei: la cavaliera era lì, che rideva e applaudiva verso il suo nemico.
Zoppicando un po', ad occhi chiusi , non la smetteva più di ridere e tossire per via della polvere attorno a lei.
Sembrava non essersi fatta manco un graffio!
Aveva solo i capelli scompigliati e l'armatura impolverata, ma senza neanche un ammaccatura!
All'orco cadde la mascella.
Vedeva lei, e vedeva dietro di lei: l'incavatura che aveva creato e che, in teoria, avrebbe dovuto contenere il suo corpicino spiaccicato e gocciolante di sangue, come un pomodoro troppo maturo spiaccicato al muro.
Non poteva crederci! Nemmeno gli altri potevano crederci.
Anche il re era sconvolto, e Jehn era il ritratto dello sbigottimento.
L'umana era lì, e si stava complimentando animatamente con l'orco che aveva appena tentato di ucciderla : "SÌ!!! QUESTO È IL GRANDE OGRE ROCCIADURA!!! NON SI PERDE IN CHIACCHIERE!!! VA DRITTO AL PUNTO!!! GRANDE OGRE!!! GRANDE!!!".
A quel punto l'orco non ci vide più: corse verso di lei alzando la mazza sopra di sé.
Cacciando un urlo disumano, mise tutta la forza che aveva sul braccio dominante e la mazza chiodata cadde al suolo.
Ma Lort si era scansata in tempo, verso la sua destra.
Allora Rocciadura ci riprovò, sbattendo la mazza dove si trovava.
Ma lei rotolò in tempo, lontana dalla sua portata,e nel frattempo recuperò il martello da guerra che aveva lasciato a terra.
Con la mano libera, l'orco cercò di afferrarla, ma Lort fu più veloce: come la mano toccò il pavimento ... lei la schiacciò a terra con il martello!
L'orco ruggì dal dolore e saltò in aria.
Liberò la presa dell'altra mano sulla mazza chiodata e si massaggiò quella dolorante, ululando e dimenandosi.
"Scusi!" disse Lort, compatendolo.
Il mostro la guardò come se avesse detto una bestemmia.
Scusi? SCUSI???
Ogre Rocciadura si precipitò su di lei come un forsennato.
Roteò la mazza sopra la sua testa.
Nell'aria degli spalti riecheggiarono grida estasiate e urla di incoraggiamento verso Ogre, perché si prevedeva quale attacco stava per sferrare :un colpo che l'avrebbe sicuramente uccisa.
Ma quando l'arma si abbassò, Lort la scansò con un salto, ma stavolta non si spostò di lato.
Poggiò i piedi sulla clava, restando in equilibrio, con stupore generale di tutti.
Non rimase lì ferma, ma rapidamente avanzò lungo il manico e il braccio di Ogre Rocciadura.
Ora gli stava sulla spalla!
Dapprima l'orco stava per perdere l'equilibrio sotto il peso della sua avversaria, ma resosi conto di dove stava cercò di colpirla.
Lort a quel punto saltò in tempo prima di ricevere la morte .
Così il colpo, invece di finire in testa a lei ... finì in testa a lui.
Quando ricadde a terra, Lort osservò esterrefatta la scena dell'orco, che dapprima ciondolò, intontito dalla botta, con l'elmo piegato al centro della testa, laddove la mazza chiodata l'aveva battuto.
E poi, come un grosso tronco di sequoia , cadde in avanti, facendo tremare la terra .
Dopo quello, solo il silenzio regnò.
Sugli spalti erano tutti a bocca aperta.
Il loro idolo, vincitore dell'anno scorso, Ogre Rocciadura, era stato sconfitto.
Jehn si mordeva le unghie nervoso.
Istintivamente, le sue pupille si girarono verso il re.
Si pentì subito di averlo fatto: Rastakhan lo stava già fissando in cagnesco, digrignando i denti e tremando dalla rabbia.
Le mani, dalle nocche imbiancate dallo sforzo, stringevano e sbriciolavano i braccioli del suo trono (che non era mica fatto di pelle e legno, era un trono di pietra!).
Sotto la pesante corona, Jehn intravide con orrore una vena pulsante.
Rastakhan si rialzò inspirando profondamente, e si avvicinò al parapetto.
Gli venne un brivido lungo la schiena a Jehn quando notò che,dall'ombra della tenda, il ghigno rabbioso del re si trasformò, sotto la luce del sole, in un sorriso gioviale.
Rise beffardo, risvegliando tutti.
"Pensi di essertela cavata così, picceré? - commentò con altezzosità - la fortuna del principiante... Ma non durerà! Avanti eroi! Chi di voialtri vuole farsi avanti?"
I condottieri esitarono.
"GUAGLIÙ, E TENITE E' PALLE, SÌ O NO? - tuonò il re infuriato,e non sentendo risposta, ordinò- CHELLA È 'NA COSA CHE NUN SE VEDE MANCO 'NTERRA!!! ATTACCATELA!!! VENDICATE IL VOSTRO SFIDANTE!!!"
Reagendo con borbottii e con dei "si, giusto!" o dei "sissignore", la circondarono.
Lort sorrise, e strinse la presa sul martello da guerra.
Fuori allo stadio, un gruppo di bungalow erano stati costruiti per ospitare gli ospiti più importanti della Sfida.
Là alloggiavano gli Eroi dei Loa, protetti ventiquattr'ore su ventiquattro dalle guardie reali più forti, costretti a fare i turni extra lungo le transenne per contrastare la minaccia più spaventosa di tutte :i fan, che se ne stavano postati come predatori, chi con le tende, chi con i sacchi a pelo, vicino alla transenna.
Erano bramosi di un autografo, di un abbraccio o di qualcosa in più dal loro Loa preferito, e ogni tanto tiravano fuori i binocoli per segnalare agli altri la loro uscita.
Era meglio che nessun Eroe si facesse vedere a passeggiare lì vicino se non voleva essere chiamato a distanza da loro e costretto a rispondergli.
Ma tanto nessuno di loro ci pensava, dovevano riposare tranquillamente prima della Grande Sfida.
La zona era tranquilla.
Nessuno, neanche lontanamente, poteva immaginare cosa stava accadendo in uno di quegli alloggi.
E cosa si sarebbe scatenato di lì a poco.
Ogni alloggio portava sopra la porta il nome del suo occupante, e issata sul tetto c'era la bandiera della tribù a cui apparteneva.
Una di loro, aveva uno stendardo di colore giallo e arancione, con sopra dipinta, stilizzata con la vernice bianca, la testa di una tigre.
L'alloggio apparteneva a Thekal, Sommo Sacerdote ed Eroe del Loa della Tigre, Shirvallah.
Il suo alloggio era arredato in maniera sobria, ordinata: sulla sua cassa da viaggio, poggato su un cuscino di velluto, c'erano la sua maschera d'oro , che aveva le fattezze di un muso felino, e i suoi grossi guanti d'oro, rinforzati e muniti di artigli infrangibili.
Era la sua arma, un regalo del suo Loa, compreso nel "pacchetto fedeltà" con cui aveva ricevuto tutti gli altri suoi poteri .
Sopra il letto era appesa la bellissima uniforme con cui si sarebbe presentato al evento.
Il mantello di pelle di tigre e la tunica verde e arancione con i dettagli dorati brillavano sotto la fioca luce della brace che bruciava dal piccolo altare, fatto piantare appositamente lì per pregare e consultare gli spiriti.
L'eroe stava facendo i suoi esercizi quotidiani.
Inspirando profondamente l'aria rarefatta dalle erbe bruciate nel altarino, eseguiva movimenti lenti ma precisi, e nonostante tutto, sudava molto.
Sembrava una specie di tai chi: avanzava, piegava i ginocchi, e ritirava, ponendo le mani prima in avanti e poi indietro, imitando le onde del mare.
Sembrava tranquillo, eppure la sua mente era piena di pensieri.
Con quelli, in silenzio, stava comunicando con lui.
Il suo Loa.
D'un tratto dall'altare si alzò una fiamma.
Non c'era niente che potesse alimentarla all'interno di esso, eppure era lì, e in pochi minuti aveva scaldato l'ambiente.
Thekal aprì gli occhi e si fermò dall'esercizio.
"Mh? Sai addò stà?" chiese Thekal, rivolto alla fiamma.
La conversazione si era spostata al vivo a quanto pare.
La fiamma gli rispose menando scoppiettii.
Il Sommo Sacerdote allargò gli occhi, sorpreso.
"Cosa?! È qui?!" rivolse lo sguardo fuori dalla finestra, che si affacciava allo stadio.
L'eco della lotta si sentiva fin lì.
" Ne sei sicuro? Proprio qui? Aggia crerere ai segni ro' destino adesso?" chiese lui, scettico.
La fiamma divenne altissima, come se qualcuno le avesse gettato addosso una tanica di benzina.
Forse si era infuriata.
"Oh, e vabbuó! Aggia capit! Stat calm!!! Che m'abbrucc ' o' camerino!!! " urlò Thekal contro la fiamma alzando le mani per scusarsi.
La fiamma si abbassò.
Thekal prese un asciugamano e si asciugò il sudore.
"Vabbuó. Il tempo di prepararmi che vado là.".
La fiamma gettò un'altra serie di scoppiettii.
Doveva essere qualcosa di sconvolgente quello che gli comunicò, perché Thekal si girò stupito.
"Aggia portà... tutt'a robba pó... ?" mormorò lui, timoroso della richiesta appena ricevuta.
Era una domanda retorica, e la risposta gli fece abbassare il capo.
"Vabbuó. Famm' appreparà..." mormorò lui.
Si vestì in fretta e furia, portò con sé le sue armi e il materiale che le serviva, e uscì.
Si portò con sé anche il piccolo altare ancora fumante.
"WE CUMPÀ!!! - Lort era felice - V'AGGIA RINGRAZIÀ PER STA' BELLA ESPERIENZA! ".
Mentre saltellava di qua e di là come una rana, intorno a lei si era creato un fitto gruppo di troll che non erano propriamente sconfitti.
Erano distrutti dalla fatica.
Negli ultimi venti minuti era stata attaccata in diversi modi e da diversi tipi di troll.
Ma, in linea con la sua scelta di non essere una portatrice di guerra ma di pace, non aveva osato ucciderne neanche uno.
Al massimo li colpiva per difesa personale ... E li umiliava riempiendoli di complimenti da fanatica di troll che era.
Così finivano tutti per chiedere il time out e riprendere fiato.
Qualcuno addirittura si stese a terra stanchissimo, annaspando con la lingua di fuori.
I guerrieri con spade o con asce furono i primi ad esserle piombati addosso, ma finirono tutti per vedere le loro armi spaccarsi in mille pezzi se colpivano un arto o la testa della ragazza.
E sebbene qualcuno di loro avesse una stazza pari a quella dell'orco di prima, la scena del buco sul muro con lei che ne usciva intatta si ripeteva.
Allora provavano con i pugni, ma Lort faceva a botte da quando aveva tre anni, e aveva imparato come difendersi.
Gli sciamani invece coi loro totem invocavano le forze della natura per colpirla con fulmini, palle di fuoco o getti d'acqua.
Lort faceva slalom per non farsi colpire dai fulmini o dall'acqua e ritirava addosso a loro le palle di fuoco usando il suo martello come una mazza da baseball.
Li vedevi lì, afflitti e stanchi, con le punte delle orecchie bruciacchiate e i capelli arsi dal fuoco e le saette, che curavano le ferite degli altri condottieri.
Ma chi avrebbe curato loro dall'umiliazione ricevuta?
Maghi e stregoni ce n'erano pochi in quella competizione, e si tenevano a debita distanza per studiare l'avversaria.
Non si riusciva a capire come facesse a non farsi male. Doveva avere pure un punto debole!
Lort invece, a differenza degli altri, non aveva manco un graffio!
Si sentiva stanca certo, ma per lei era come stare in un parco giochi, e si stava divertendo tantissimo a ricevere le botte da tutti!
La folla era in delirio, molti si coprivano gli occhi incapaci di vedere il loro lottatore venir sconfitto da un'insignificante umana, oppure strappavano la schedina con cui avevano scommesso su di lui.
Si formarono addirittura gruppetti che non facevano altro che indicare costernati la ragazza e a iniziare a formulare teorie sulla sua forza.
Ma lei chi era? Perché non riusciva a farsi male? Come faceva ad essere così forte?
Sul palco reale la situazione era altrettanto infuocata: il re Rastakhan, ormai fuori di sé, pieno di polvere e di sangue, con le piume della corona tutte disordinate e sfatte , stava strangolando con le sue stesse mani Jehn, dopo una lotta selvaggia per la sopravvivenza, di quelle che rischiavano di far crollare pure l'appalto su cui stavano.
"BASTA!!! TI AMMAZZO ORA E NUN NE PARLAMM CCHIÙ!!!- sbraitava Rastakhan - SIJ A' ROVINA MIA!!! SIJ 'NA DISGRAZIA!!!".
Il povero Gurubashi, altrettanto malridotto, coi capelli scompigliati, non riusciva a parlare.
"ANZI, SAI 'NA COSA? - il re raccolse una grossa pietra da terra- faccio quello che ti dicevo apprimma: TI STACCO 'STE ZANNE E ME LE VENDO!!!"
E fu proprio in quel momento, quando Rastakhan alzò la pietra sopra la sua testa, che si sentì quel ruggito.
Lort non capiva perché gli altri troll se la davano a gambe in quel modo.
Alle sue orecchie giunsero rumore di passi pesanti, anzi, di zampe, che galoppavano a gran velocità.
Poi si girò e la vide.
Una grandissima tigre, così grande che copriva il sole, che in controluce appariva come un mostro spaventoso.
Alzava le zampe anteriori sopra la sua testa, ruggendo rampante.
La ragazza non ebbe il tempo neanche di scansarsi: urlò dallo spavento e cadde sotto il peso delle zampe, che fecero tremare la terra quando le piombarono addosso.
La testa sbatté contro il pavimento, abbastanza da stordirla ma non così forte da farla svenire.
La sua vista per un attimo si offuscò mentre fissava la bestia che l'aveva aggredita.
In quel momento, il muso ringhiante di quella tigre le sembrò familiare.
Come in un sogno, rivisse davanti ai suoi occhi questo ricordo d'infanzia.
Lei che salvava una tigre da una trappola , l'aveva accarezzata e protetta.
Gli occhi di quella tigre...
Pian piano la sua vista migliorò .
E poté constatare che quella che la ghermiva non poteva essere la tigre del suo ricordo.
Ricordava chiaramente che aveva la criniera rossa e i denti a sciabola.
E poi parlava (ma questo poteva essere semplicemente frutto della sua immaginazione).
Quella che le stava addosso era una tigre comune, seppur molto più grande delle altre specie.
E non sembrava per nulla amichevole.
Sugli appalti si potevano sentire mormorii pieni di sorpresa e di domande sul perché quel nuovo sfidante misterioso si trovasse lì.
Sul palco reale, Rastakhan e Jehn tirarono i nasi fuori al parapetto con aria circospetta.
Dal dorso della bestia a strisce, una voce tuonò : "Potente re Rastakhan! Io, Thekal, sono qui per incontrare l'umana che è entrata in città!".
Fu come un faro pieno di speranza per tutti loro.
Sopratutto per il re, che si sollevò del tutto da terra e si lasciò sfuggire un urlo da tifoso sfegatato: "Magggico Thekal!!!".
Poi si riconvenne e tossì: "Ehm, volevo dire... Thekal. Sei giunto fin accà per sconfiggere l'umana? La sfida è aperta a tutti! Prego prego...".
Porse il palmo della mano in segno di accoglienza.
"Beh... Una specie..."mormorò il Sommo Sacerdote, scendendo dal suo destriero.
Il re stava per chiedere cosa volesse intendere con quell'affermazione, ma Thekal continuò : "Allora...Addo sta' l'umana?".
"Sono qui!" urlò Lort .
"STA ALLÀ!!!" un centinaio di dita puntarono sotto la testa della tigre.
Lort agitava un braccio per attirare la sua attenzione, impossibilitata a muoversi.
Se non erano stati i Troll e gli orchi ad ucciderla, l'avrebbe fatto l'alito carognoso del micione!
" ah... Accà stai..." mormorò con insufficienza Thekal, avvicinatosi.
Lort girò la testa verso il suo misterioso interlocutore.
Un troll dall'aria altezzosa la stava esaminando con lo sguardo, tenendo con una mano la collottola del felino e l'altra poggiata sul fianco.
Era alto, dal fisico asciutto ma dalle braccia sproporzionatamente lunghe e muscolose.
Le gambe erano coperte da una lunga tunica , scura coi dettagli dorati,accompagnati da una scintillante corazza, decorata con pietre azzurre sulle spalliere .
Aveva la pelle azzurro chiaro, e sul volto si era dipinto il trucco da battaglia dai colori accesi, che insieme alle zanne ricurve e i capelli rossi che cadevano ai lati delle orecchie e si alzavano sulla testa in un'altissima cresta, gli davano un aspetto importante, quasi regale.
Lort sussultò, sbarrando gli occhi.
"L'imbattuto che ha sconfitto lo Squalo Gral... campione indiscusso della tribù delle Tigri per otto anni consecutivi... il Sommo... Sacerdote... Thekal!" sussurrò Lort, emozionandosi .
Con uno strattone, Thekal allontanò la belva da lei, cosicché Lort poté rialzarsi, continuando a fissare il campione con aria estasiata.
Accidenti,come le tremavano le gambe!
E quanta voglia aveva di urlare come una pazza fanatica,di dirgli quanto lo adorasse, e di chiedergli l'autografo!
Ma sapeva che tutte quelle cose, in quel momento ,sarebbe state fin troppo inopportune, perciò si trattenne.
Senza emettere fiato, Thekal si avvicinò a lei, e cominciò a girarle attorno, come per esaminarla .
Gli occhi del Sommo erano indecifrabili.
L'incapacità di capire cosa stesse provando il troll la fece sentire a disagio.
Rimase lì in piedi senza far niente, rigida come un palo, a seguire i suoi movimenti con le pupille.
Perché stava facendo così ? Le metteva ansia!
Non era così timorosa di fare figuracce da quando era giunto in visita a palazzo Leroy Jeckins.
Comunque, alla fine Thekal si fermò davanti a lei, abbassando lo sguardo a pochi centimetri dal suo viso.
La ragazza fissò i suoi occhi scuri e penetranti sotto la maschera dipinta.
Cercò di mantenere il controllo di sé, ma fu inutile:un brivido lungo la schiena la scosse e la tradì.
Thekal tirò fuori aria dal naso, facendo un verso sprezzante.
"E chest foss... L'umana prescelta?" sibilò lui glaciale.
"P... Prescelta?" ripeté lei confusa.
Thekal si girò, rivolto alla folla "e chest foss o' problema? Davvero non riuscite a farle manco nu graffio? Deve essere forte assaj pe ve fa' paura! ".
Nessuno osava rispondere.
Thekal si avvicinò al suo insolito destriero felino per slegare dal suo manubrio qualcosa.
Mormorii di trepidazione salirono tra il pubblico.
Thekal aveva tra le mani un piccolo treppiede d'oro, con una coppa fumante.
Lort lo riconobbe subito come il suo altare.
Tutti gli Eroi ne hanno uno, di forma diversa: venivano piantati sul terreno e con esso si evocavano durante la battaglia i propri Loa.
Il Sommo Sacerdote lo piantò sull'arena, e per attimo rimase in silenzio dinanzi ad esso, a fissare il filo di fumo che danzava davanti ai suoi occhi.
Chiuse gli occhi ed inspirò profondamente.
Lort attese col cuore a mille una qualunque sua reazione.
"Avanti allora..." le disse all'improvviso Thekal, mentre le dava le spalle.
Di colpo si girò e si lanciò su di lei.
"COMBATTI!!!" urlò lui, alzando il pugno destro.
Era stato veloce, troppo veloce, e Lort non ebbe il tempo di intercettare il pugno chiuso che la colpì in pieno volto.
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