Capitolo 26 - "Segui le Rane!"


"Seguire le rane. Seguire le rane. Seguire le rane." Pensava Am'ron a fine giornata, dopo i tanti tentativi che aveva intrapreso per capire il significato di quelle parole.

Aveva passato tutto il giorno, senza nemmeno fermarsi per mangiare, a mettere in pratica quelle parole.

Oh, mangiare cosa? Era circondato da ninfee, tife, alghe... e rane. Tante rane!

Non poteva leccarle, figurarsi infilzarle con uno spiedino e arrostirle come aveva pensato di fare quando, ad un certo punto, sentì lo stomaco brontolare!

Quello che fece non fu nient'altro che mera improvvisazione.

All'inizio pensò che la cosa più facile da imparare fosse il Passo Vudù.

Anche se, in realtà, sperava che ci fossero dei passi specifici da imparare o qualche musica da memorizzare.

Ma a lui piaceva molto ballare, e alle feste a Rovotorto veniva acclamato dal suo gruppo di amici per le sue abilità di danzatore, perciò si sentiva avvantaggiato.

All'inizio, visto che non c'era nessuno a suonare qualche tamburo o strumento che potesse accompagnarlo, si mise ad improvvisare, seguendo il ritmo che aveva in testa.

Poi, vedendo che dal cielo non veniva neanche una goccia di pioggia, cercò di essere serio, e allora fece altri passi, sempre più complicati.

Ad un certo punto Vecchietto, che lo guardava sempre più sconfortato dal malfunzionamento delle sue mosse, prese due canne di bambù e cominciò a usarle come bacchette battendole su un masso.

Ma era scoordinato, e Am'ron tentò di dargli indicazioni: "Guarda devi... no, sei troppo veloce, Vecchietto ... aspè! Non mi trovo! Vecchietto!".

Ben presto lo gnomo smise di starlo a sentire e si mise a colpire il masso a casaccio, ridendo come un neonato rugoso che gioca con il suo piccolo tamburo.

Il Lanciascura decise di lasciarlo perdere, e passò ad altro: imparare a fare i fulmini.

Essendo immerso in una pozza d'acqua, che è un conduttore elettrico, forse gli sarebbe stato più facile imparare a farli!

Per tre ore, si concentrò per caricare un fulmine, ma , come previsto, o la palla di energia si sgonfiava , o non compariva affatto.

La fame, l'aria satura, e tutti quegli anfibi invitanti che richiamavano la sua dipendenza, furono una combinazione abbastanza potente per dare modo alla sua debole psiche di delirare.

"Segui le rane... che cacchiarola mi vuol dire segui le rane???- biascicò tra sé e sé, sull'orlo di una crisi di nervi – forse dovrei... seguirle. Letteralmente. Eh? Sarà così? È così. Dico bene, Vecchiè?".

Si rivolse allo gnomo in cerca di approvazione. 

Ma era troppo occupato per rispondere: stava giocando con un gruppetto di rane in una gara di velocità.

Lo gnomo si metteva chinato con le ginocchia piegate, roteava gli occhi e gonfiava le guanciotte ai lati della barba, emettendo rutti, proprio come una rana.

Inseguiva le sue amichette saltellanti imitandole nel salto, schizzando fango dappertutto.

Sembrava felice, e in perfetta sintonia con loro.

Per un attimo, la stupidità della scena bloccò il pensatoio del Lanciascura.

Forse stava davvero pensando troppo.

Forse doveva fare come faceva Vecchietto.

C'è del metodo nella sua pazzia.

Si guardò attorno, un po' incerto.

Piegò le ginocchia, pose le mani in avanti, e spiccò un salto.

Cadde in modo piuttosto impacciato la prima volta, ma dopo un altro paio di salti, riuscì a non sentire il dolorino ai tendini che lo infastidiva.

Raggiunse Vecchietto, partecipando pure lui alla loro gara improvvisata.

Come si accorse di essere scimmiottato da qualcun altro, lo gnomo si fermò, con aria smarrita.

"Ma che cosa...?" gracchiò, prima di sentire il Lanciascura gracidare con voce baritonale.

Ridacchiando come un matto, restando sempre in quella scomoda posizione, si girò verso di lui, gonfiando le guance ai lati della guance come palloncini.

"Cra! Cra! Vedi, cumpà?- gracidò Am'ron, rivolgendo un sorriso da psicopatico allo gnomo- è accussì che si fa! CRA! CRA!".

Si girò saltellando a più non posso, alzando schizzi d'acqua e fango dal pantano.

Il vecchio gnomo si grattò la nuca, continuando a fissarlo incredulo.

"Cra cra! Forza! Vi sto seguendo! Cra Cra!" continuò a gracidare, sperando di ricevere un segno da loro.

Sono una rana, questo si diceva nella mente per auto convincersi a continuare. Mi piace saltare, assorbire l'umidità dell'aria e della terra sotto le mie zampe palmate, avere la schiena mucosa e allucinogena e mangiare mosche (no, non ci pensava neanche lontanamente di mettersi a fare una cosa del genere, che schifo!).

Dio. Come si sentiva stupido.

Ad un certo punto, si dovette fermare per riprendere fiato.

E a quel punto, si rese conto di una cosa: era completamente fuori strada anche stavolta.

E si stava mettendo in ridicolo, tant'è che ebbe come la sensazione che delle voci esterne stessero ridendo di lui.

E infatti era proprio così: tutte le rane attorno a lui gracidavano divertite, creando un forte chiasso.

Il Lanciascura si guardò attorno, incrociando quei loro occhi a palla ghignanti.

Preso in giro da dei piccoli, viscidi, antipatici, tossici acchiappa-mosche.

Mai fino ad ora si era mai sentito così umiliato...

Non gli andava più di sentirle un secondo di più, e preso da un attacco di isteria, si rialzò e cominciò ad urlare, lanciando palle di fuoco in ogni direzione.

"Segui le rane, eh? SEGUI LE RANE, EH? TIE' ! TIE'! PRENDETE QUESTO! E QUESTO! E ANCHE QUESTO! MALEDETTI ESSERINI SCHIFOSI!!!" sbraitò Am'ron arrabbiato.

Se prima gli piacevano per via del suo vizio, adesso quelli li voleva vedere morti!

Le rane, spaventate, saltarono via, come fischiettanti fiocchi di carta volanti.

Alcune, più vicine allo gnomo, si rifugiarono tra le sue coscette, e Vecchietto le raccoglieva e le teneva strette al petto, proteggendo valorosamente le sue nuove piccole amiche.

Altre, un po' più ardite , saltarono addosso al piromane e gli si attaccarono alle cosce e alle braccia, fermando i suoi attacchi.

E allora il Lanciascura smise di infuocarsi, e si mise a scuotere le braccia per liberarsi dalla loro morsa appiccicaticcia.

"Via!!! Via!!! Dio quanto vi odio!!! Vi odio e vi voglio pure lecca... AAAAH!!!"

Nella sua famigerata lotta contro la sua droga favorita, inciampò su un grosso sasso... e cadde dritto steso nello stagno.

Dopo un po' riemerse, con la schiena in superficie, braccia e gambe divaricate.

Vecchietto, dopo lo spavento iniziale, chiuse gli occhi al momento dell'impatto.

Ripose delicatamente le sue amichette per terra e si avvicinò a carponi sul suo corpo galleggiante, per controllare se fosse morto.

Ma delle bolle che risalivano e scoppiettavano sulla superficie dell'acqua gli fecero intendere che stesse bene.

Beh, si fa per dire bene. 

In realtà , immerso di faccia, in quel mare di melma, si stava lasciando prendere dalla depressione.

Dopo un po', dovendo ossigenare, risollevò la testa e inspirò.

In quel punto il livello dell'acqua era basso, così si ritrovò piegarsi sui suoi ginocchi, incrociando il sguardo triste verso il suo compagno gnomico.

"Sei caduto." Squittì Vecchietto, levando con due dita una fogliolina che era rimasta appiccicata al naso del troll.

Il Lanciascura lo lasciò fare, troppo mesto per reagire alla versione gnomica di Capitan Ovvio.

Si sentiva il petto e la testa appesantite dall'umidità di quel posto. 

Ma anche dalla fatica inutile che il suo corpo aveva fatto finora, dall' incomprensione che lo assaliva, dovuta alle parole dette dal Maestro Zentimo, e dal sentirsi così stupido e debole.

Era sporco, come non lo era mai stato in vita sua.

Maniaco com'era dell'igiene personale (a dispetto di tutti quelli della sua razza), odiava essere sporco! Abituato ad una vita ricca e viziata a casa , odiava persino sudare per non rovinare gli abiti sgargianti che soleva indossare! 

Figurarsi essere ricoperto di acqua contaminata da erbacce, parassiti ed escrementi di chissà quali disgustosi abitanti stagnanti.

La sua tunica era già rovinata per via della lotta con la Sacerdotessa di Hir'Eek.

Ma adesso era irrecuperabile!

Si rialzò, e vista la sera che stava per calare in quel posto, decise che per quel giorno di aver finito di fare figuracce davanti a quel pubblico gracidante, e si ritirò a riposare.

Non bevve né mangio, perché non c'era nulla lì intorno che sembrasse lontanamente commestibile.

Ma anche se fosse, non ne avrebbe comunque approfittato, perché aveva perso ogni appetito e voglia.

Non montò nemmeno la tenda che si era portato appresso, tanto che era apatico.

Perciò, si costrinse a dormire così: si trovò la parte più asciutta in quel posto, possibilmente non contaminata da acqua, fango o da Vecchietto, e vi si distese, provando a riposare, nonostante la cappa di umidità che creava una nebbiolina leggera sopra di sé e lo schiacciava.

Vecchietto, invece, si mise a dormire nel fango circondato dalla sua nuova famiglia di ranidi, accucciandosi nel pantano e succhiandosi il pollice.

Come c'era d'aspettarsi, il nostro giovane Lanciascura non riuscì a chiudere occhio.

C'era un bisogno ancora più grande che lo teneva sveglio: l'astinenza.

Nei giorni precedenti, con tutto che era troppo concentrato su quello che succedeva a sé e ai suoi compagni di viaggio, la mancanza di leccate di rana gli era sembrata un fastidio costante ma comunque sopportabile.

Con la sconfitta di Jeklik e l'adrenalina che ne era scaturita, era arrivato ad illudersi che, tutto sommato, non avesse chissà quale bisogno di rane.

Poteva viverne senza. Pensava.

Ma adesso, a contatto con la fonte della sua dipendenza, la voglia non solo le ritornava a scatti, ma si era acuita.

Per tutta la notte, si girava e rigirava sul tappeto di erba bagnata, inumidendosi la schiena e le spalle.

Il braccio che si martoriava a forza di grattarselo gli bruciava a contatto col terreno, ma cercava di non pensarci.

"Dormi. Dormi. Dormi ..." Cercava di imporsi.

Ad un certo punto, smise di agitarsi, restando disteso a pancia all'aria.

Per un attimo credette di aver trovato finalmente la posizione ideale, e cercò di rilassarsi.

Per un attimo, smise persino di pensare.

Tutto era tranquillo. E silenzioso . Troppo silenzioso.

Non sentì più neanche il gracidare. Che strano. 

Aprì lentamente gli occhi, risvegliato da una brutta sensazione.

Qualcuno lo stava osservando.

Qualcosa di freddo e viscido faceva peso sul suo petto, e strisciava addosso a lui.

Le sue palpebre si riaprirono, tra la veglia e il sonno, nel momento in cui sentì quel qualcosa toccargli il labbro inferiore. Le pupille puntarono verso il basso.

Una cosa tonda e verde stava davvero sopra al suo petto, poggiata proprio sul suo mento.

Mise a fuoco... e capì che era una rospo.

Un rospo con la sommità della testa ricoperta di punte sgargianti, piuttosto grosso, con una pancia grossa che spiccava al buio con un meraviglioso verde brillante, e che aveva un bel paio di occhi chiari che brillavano nell'oscurità.

Poggiava una delle sue zampine sul labbro di Am'ron.

Strabuzzò gli occhi alla vista di quella tentatrice.

Aveva appena tirato fuori la punta della lingua... quando scattò in piedi con un urletto, risvegliandosi dallo stato di choc in cui si trovava.

Ma il rospo non saltò via.

Al risveglio improvviso del giovane troll, semplicemente scivolò sulla sua pancia come una tonda saponetta verde.

Restò immobile a fissarlo coi suoi occhioni vitrei, mentre Am'ron si alzava seduto, riprendendo fiato per lo spavento.

Ancora un millimetro di lingua e sarebbe di nuovo caduto nel tunnel della dipendenza!

"Piccoletta! Cosa ci fai qui?- gli esclamò Am'ron in falsetto, guardandola come uno psicopatico- t-tu ora... dovresti p... dovresti proprio levarti da qui...".

Con mani tremanti, prese il rospo, sollevandolo delicatamente.

Sembrava piuttosto pesante, e questo attirò ancor di più la sua attenzione su di lui.

Per qualche secondo si mise a fissarlo, sentendosi improvvisamente la bocca ancora più secca di prima.

"E'... proprio l'ultimo posto in cui dovresti poggiarti..." mormorò lui, schiarendosi la gola.

Leccandosi istintivamente le labbra, la poggiò delicatamente a terra.

"A- adesso... vai!" gli disse, aspettando che se ne andasse.

Ma il rospo non si mosse, continuando a tenere quei suoi grossi occhi, brillanti come zaffiri, addosso al giovane Lanciascura.

"Via! Via! Sciò! Nun hai qualche mosca da mangiare o... qualche femmena con cui accoppiarti e fare girini?" insistette lui, agitando le mani per scacciarla.

Il bufo rimase lì, senza nemmeno accennare a gonfiare la sua pancia.

"Sai che potrei leccarti in qualsiasi momento... EH? Oh, certo che lo sapete, voialtre. Per questo mi state sempre addosso... EH? " biascicò tra i denti, paranoico.

Di fronte agli occhi vitrei opprimenti dell'anfibio, stavano ripartendo i suoi sbalzi d'umore.

Il rospo continuava a fissarlo in silenzio, immobile come un pezzo di porcellana.

In preda ad una furia improvvisa, Am'ron abbassò un pugno su di lui, cacciando poi un urlo di dolore: il rospo aveva schivato il suo colpo con un salto, e il povero troll si era di nuovo fatto male. 

Da solo. Alla stessa mano usata per tirare un pugno a Jehn'naroh.

La creaturina rimbalzò sulla testa del Lanciascura e poi zompò su una roccia vicino a lui, tornando a fissarlo come prima.

Am'ron piagnucolò come un bambino per il dolore al polso, tenendoselo al petto.

Cadde supino sul tappeto d'erba, aspettando mugugnante che il dolore gli passasse.

Guardò di sbieco il rospo che lo giudicava con aria impassibile, dall'alto della sua piccola montagna.

" Io devo farlo! Devo! Devo resistere! - delirò lui, strisciando la guancia sull'umido tappeto muschioso – avresti dovuto vedermi, ranocchietto... quando ho colpito chella megera! Per una vota mi sono sentito... grande! Non inutile, come mi ha detto sempre mio padre di essere..."

Il dolore al polso gli era passato, ma rinfrancato dal terreno fresco, rimase in quella posizione.

Si ritrovò così a parlare con questo improbabile e silenzioso ascoltatore sforna- girini.

" Non posso ricadere e tornare ad essere a' mappina di prima... Ti sembrerò un po' masochista, ma... Vorrei riviverne altri di occasioni simili, in cui sentirmi così eroico. Così coraggioso... – rifletté ad alta voce– in effetti... ho sempre cercato di stare in queste situazioni, quando stavo a Rovotorto. Sai, dove dimostro di dare il meglio di me... dove dimostro agli altri che bravo...".

D'un tratto spalancò gli occhi, come per un'improvvisa illuminazione.

"Ecco, ecco il problema che ho da sempre: l'approvazione dagli altri!- si rialzò lui, sorpreso- Ho mentito sul fatto di avere i poteri... solo perché volevo qualcosa per cui essere ammirato!".

Il ranocchio continuava ad ascoltarlo, gonfiando lentamente la sua pancia.

" Perché temo che se mi presentassi per quello che sono... nun sarei accussì interessante. Uau. Song' davvero malato, come diceva Jehn... mi sa che pure l'aver seguito Lort per tutto quel tempo sia successo perché mi so' lasciato condizionare dalle sue parole... - affermò ad alta voce, tornando a sdraiarsi e a fissare il cielo pieno di stelle- Ma allora se è così... perché sono qui? Voglio davvero addeventà sciamano... oppure...".

Non finì la frase.

Temeva di darsi la risposta.

Il suo cuore si riempì di rammarico, mentre meditabondo guardava il cielo stellato sopra di sé, con le mani incrociate al petto.

"CRA!" il profondo e alto gracidio lo risvegliò da quello stato.

Girò la testa verso la sua ascoltatrice con aria confusa.

Forse era la stanchezza, o forse stava cominciando ad avere le allucinazioni uditive.

Ma a lui parve di sentire quel suo nuovo amico rospo... parlare.

Non gracidare, sia ben chiaro, ma proprio parlare.

"CRA!" ripeté l'anfibio, saltando via .

Poggiandosi sul terreno, si voltò ancora una volta verso il Lanciascura e menò un altro "CRA!" , prima di mettersi di nuovo a saltellare via.

Am'ron ora era sicurissimo di quello che aveva appena sentito.

"Chella rana mi ha appena detto... Seguimi ?" pensò il troll, esterrefatto.

Vedendo che si allontanava da lui, si rialzò, e cominciò davvero a seguire i suoi passi, o per meglio dire, i suoi salti.

"Vabbuò, ormai chi dorme più stanotte. Tanto vale farsi trascinare dalla pazzia..." pensò lui per giustificare la sua strana decisione.

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