Capitolo 25 - Lo Sciamano delle Rane


Camminare con uno gnomo fastidioso sulle spalle non fu affatto piacevole per Am'ron.

Ma qualcuno doveva pur tenerlo, sennò la divisione non sarebbe stata equa.

La parte del piano che lo riguardava era quella di andare da Zentimo e chiedergli di unirsi al gruppo.

"Curioso che tu sia stato tanto gentile a portarmi con te, giovanotto!" commentò lo gnomo, poggiando il mento sulla sua testa, mezzo appisolato.

"Mi sa che song addiventato o' raccattasole' ro gruppo io." Borbottò il Lanciascura imbronciato.

"Ma tanto, se ci penso bene hehe... - si sfregò le mani tutto contento- ... ha fatt' buon Lort a mandarmi da solo. Chiederò finalmente al maestro di diventare sciamano e di insegnarmi a guarire, accussì potrò essere ancora più forte, e utile al gruppo.".

"E come pensi di imparare in due soli giorni?" chiese lo gnomo, ondeggiando.

"Nun 'o sacc- rispose sinceramente il troll- ma nun vec' l'ora!".

Veramente non vedeva l'ora il giovane troll verde.

Ora che era lontano da casa, dalle persecuzioni di suo padre, e adesso anche dal gruppo (senza offesa per loro), poteva aspirare al vero obbiettivo di quel suo lungo viaggio: diventare sciamano.

Afferrò lo gnomo e se lo tenne in braccio davanti a sé, squadrandolo negli occhi.

"Sai che ti dico, mio gnomico cumpariello? Tengo 'na cacchio di paura di come andrà a finire. Nun ho la benché minima idea di come sarà il futuro.- Am'ron abbassò lo sguardo, meditabondo- Eppure... mi sento bene. Mi piace 'sta tensione. Nun t' sacc spiegà! Sto in ansia e sto felice.".

"E' il brivido dell'avventura, ragazzo!" riassunse il vecchio gnomo, così saggio nel suo stato di continua ubriachezza.

Il Lanciascura rise al vedere quella vecchia carcassa singhiozzare come l'ubriaco che era.

"Dici? Forse dovrei fare cumme a te: essere sempre ubriaco. Dev'essere bello, starei senza ansia..." rifletté a voce alta Am'ron.

"Uh, non ti piacerebbe avere i mal di testa che ho io dopo..." lo rassicurò Vecchietto, massaggiandosi la nuca rugosa e canuta.

Risero insieme questa bizzarra e insolita coppia di avventurieri.

Il troll se lo rimise sulle spalle, prese un bastone che giaceva lungo la strada e si aiutò con quello ad incamminarsi nella fitta foresta.

La palude di Zentimo, secondo le indicazioni dategli dallo sciamano tauren alla locanda, distava solo un paio di ore da dove si trovavano.

Il problema non erano i tempi quanto gli spazi: attraversare una foresta fitta e piena di bestie feroci, tigri e puma bramosi, e gorilla giganti pronti ad uccidere chiunque minacciasse il proprio territorio vi sembra una cosa facile?

Come infatti, i due persero tempo a schivare gli artigli dei predatori e a farsi inseguire dai primati, prima di raggiungere la destinazione.

Una palude, si sa, è un posto di suo malsano e pieno di parassiti.

Ma questa era diversa: Anoki Fourbinder gli aveva detto che il maestro Zentimo scegli sempre luoghi speciali dove meditare, molto isolati e sconosciuti dal resto del mondo.

La palude, aveva spiegato il tauren, si trovava nel cuore di una montagna a Rovotorto, e ci si poteva entrare attraverso una grotta scavata in essa, il cui ingresso era nascosto bene, anche agli occhi degli avventurieri più svegli.

"Se avete trovato quella giusta, accostate l'orecchio sulla parete di quella montagna: sentirete il rumore di una cascata e gracidii di rane. Non potete sbagliarvi." Gli aveva detto Anoki, segnandolo sulla mappa.

Seguendo la mappa, Am'ron si ritrovò di fronte alla montagna, ma non riuscì a vederne l'ingresso.

Fece come aveva detto Anoki: insieme a Vecchietto, si avvicinò e poggiò la testa sulla sua parete, mettendosi in ascolto.

Niente.

Si trascinò lungo la parete, insieme allo gnomo che lo imitava.

Finché, ad un certo punto, la parete non cedette sotto il loro peso, rivelando l'ingresso della montagna, nascosto da un tappeto di edera.

Rialzandosi dalla caduta, il Lanciascura guardò dinnanzi a sé: a quanto pare, c'era come un lungo percorso, che si prolungava all'interno della montagna.

Il troll e lo gnomo la attraversarono in religioso silenzio, cercando di riconoscere in esso il suono familiare dell'acqua che scorre.

Per quanto sembrassero imponenti e forti le pareti pieni di stalattiti intorno a loro di quel posto, religioso silenzio sembrava il termine più azzeccato, perché pareva proprio di stare come all'interno di un luogo sacro.

Nell'avanzare, il Lanciascura finalmente riuscì a distinguere il suono che stava tanto cercando, così si avviò trascinandosi con sé Vecchietto.

Insieme al suono dell'acqua, iniziò a distinguerne pure un altro, man mano che camminava a passo svelto.

Dapprima lieve, come un ronzio.

Poi, sempre più chiaro e netto: gracidii.

Più lo sentiva, più le sue gambe erano prese da una strana energia e voglia di raggiungere il posto, così accelerò il passo fino a ritrovarsi a correre praticamente lungo quel corridoio.

"Ehi ehi ehi, quanta fretta! Perché corri, giovanotto?" chiese il vecchio gnomo, che stava quasi per cadere dalle sue spalle.

Non rispose, perché non lo sapeva manco lui il motivo di tanta agitazione.

Poi, finalmente, dopo aver vagato per un po' nella semioscurità, lo spazio si aprì davanti a loro, illuminato dal sole accecante.

Vecchietto e Am'ron restarono a bocca aperta davanti allo spettacolo che si proiettò davanti ai loro occhi.

A quanto pareva, la montagna era cava al suo interno, e al centro di essa si era creato un ecosistema a parte.

Una cascata cadeva ed espandeva le sue acque formando un larghissimo stagno, circondato dalle rocce ricoperte di muschio che un tempo formavano la cima della montagna.

Un pezzo di terreno, umido e fangoso, formava il pantano, su cui immediatamente si buttò il nostro Vecchietto, rotolando felice come un vecchio porcello.

Tutto era ricoperto da un tappeto di muschio , e sulla superficie del lago ninfee di bel verde brillante galleggiavano come piccole barche.

Alcune erano grandi tanto quanto un barca di dimensione normale.

Am'ron, col cuore che gli batteva come un tamburo per l'emozione, avanzò piano piano, lasciandosi illuminare dalla luce del sole.

In quel posto l'umidità regnava sovrana.

L'aria infatti differiva molto dall'esterno, come se quel posto  fosse protetto da una barriera invisibile: era così calda e bagnata che il fiatone ad Am'Ron dovuto alla corsa aumentò anziché diminuire.

Riecheggiavano qua e là i gracidii delle raganelle e della rane, che ogni tanto facevano capolino dall'acqua o saltellavano sulle ninfee.

Al centro della palude c'era un troll, seduto a gambe incrociate su una grossa foglia di ninfea.

Sembrava che fosse in meditazione, con le dita delle mani congiunte e gli occhi chiusi in un'aria serena e beata.

Aveva la pelle verde come il fondale dello stagno, i capelli lisci e ingrigiti che ricadevano sulle spalle.

Indossava un uniforme da sciamano, con spalline di legno su cui erano poggiati due rane che ronfavano addormentate sulle spalle del loro padrone, una tunica lunga color senape e al collo una collana piena di monili tribali, come una piuma o quelle che sembravano ossa.

Era tutto sudato ,e la fronte era imperlata di umidità, ma a lui non sembrava dare fastidio, e restava immobile nella sua posizione, completamente immerso nella pace interiore e nella tranquillità di quello spazio.

Lo Sciamano Zentimo!

Come accelerò il battito al petto del Lanciascura appena lo riconobbe!

Il giovane troll rimase lì fermo, per qualche minuto ad osservarlo.

Poi si scosse, sentendosi toccare alla gamba.

Era Vecchietto, che di fianco a lui, ai suoi piedi, gli dava una leggera spintarella alla gamba, come per dargli coraggio.

Il giovane deglutì e avanzò fino all'orlo dello stagno.

"Ehm, Maestro Zentimo, Signore... - mormorò il Lanciascura, schiarendosi la voce- mi-mi chiamo Am'Ron, e sono qui perché... vorrei diventare sciamano di Krag'wa, come voi... vi-vi chiedo di diventare il mio insegnante, vi prego!".

Lo sciamano non disse nulla, rimanendo immobile nella sua posizione.

"M-mi rendo conto che siete piuttosto impegnato adesso...- ma è molto importante per me, signore, che diventiate il mio insegnante! Signore bisogna pure che aiutiate la prescelta di Shirvallah, la conoscerete immagino, che deve salvarci da Hakkar! Signore?- insistette Am'ron, con voce sommessa- Io... Signore?".

Ad Am'ron venne il dubbio di star parlando con un morto, visto che quel vecchio troll non sembrava nemmeno respirare.

"Signò? Siete in trance per caso?".

"Vien'Acca'. ".

Am'ron fece un balzo al sentire improvvisamente il vecchio Campione di Krag'wa parlare: aveva una voce profonda e grave, come quella di chi ha fumato troppo e si è rovinato a vita le corde vocali.

"Che?" chiese Am'ron, ancora scosso.

"Vieni. Avvicinati." Ripeté Zentimo, aprendo serenamente gli occhi.

Il giovane Lanciascura rimase lì in piedi, imbambolato.

" Co- come? Camminando sulle ninfee?" chiese impacciato, indicando la grossa ninfea che galleggiava davanti a sé.

"Ecco... non so se... regge. Sono magro, ma non sono mica una rana..." commentò lui, guardando dubbioso lo spermatofite, così delicato e sottile.

"Provaci." Lo incoraggiò lo sciamano, non lasciando la posizione di meditazione.

Am'ron ci provò: con cautela, poggiò prima un piede e ci mise il peso sopra per vedere se si manteneva in equilibrio.

Poi, ci mise anche l'altro piede, molto lentamente, così da ritrovarsi in piedi sulla foglia di ninfea.

"Hey, mi regge!- esclamò, osservandosi i piedi con stupore e contentezza- Pensavo che... AAAAH!".

Urlò quando la foglia sprofondò in acqua, portandosi appresso anche il peso che sorreggeva.

L'acqua salmastra soffocò l'urlo di Am'ron, che si ritrovò a sprofondare sott'acqua.

"hahahahaha, l'hai fatto sul serio!" scoppiò a ridere Zentimo, insieme alle due rane che le stavano sulle spalle.

La sua risata somigliava proprio al gracidio sommesso e profondo di un bufo.

Am'ron riemerse, ritrovandosi in testa la foglia di prima che gli copriva la testa a mo' di cappello.

Fissò costernato il vecchio che lo prendeva in giro.

"Haaa, ci cascate tutti a 'sto scherzo. Ma comme se fa? – gracchiò il troll , asciugandosi le lacrime dal riso- Ovvio che non ti avrebbe retto... girino cretino! Sei pesante!".

Il giovane Lanciascura si indispettì per quello scherzo.

Si sollevò dall'acqua (che non era poi così alto il livello dell'acqua, gli arrivava fino ai fianchi) e urlò offeso: "Senta! Nun song venut pe'esser a' pazziella vostra! Sa quanto c'è voluto pe' arrivà fin accà? Io da qui non me ne vado se voi non mi insegnate! Perciò io..."

Di colpo ricevette un bastone di legno in mezzo alla fronte, un colpo che gli fece mordere la lingua.

"Ah sì? Bene. Allora prima regola... nun aizà a' voce col tuo Maestro!" gracchiò il vecchio sciamano, alterato dalla mancanza di rispetto di quel giovane nei confronti di un anziano.

"Non ha tutti i torti. Sei un vero scostumato. Tsk, giovani d'oggi!" mormorò Vecchietto, a cui la combinazione di alcool e aria salmastra lo faceva sentire ancora più ebbro.

Ciondolava e mugolava più del solito.

"Secondo soprattutto... nun sottovalutarmi.- continuò Zentimo, rialzandosi in piedi- So riconoscere quelli che vogliono venire da me pe' diventà veri sciamani... da chilli che si vogliono solo sballà...".

"Sballà?" ripeté Am'ron , massaggiandosi la testa.

Lo sciamano di Krag'wa passeggiò tranquillamente sulla fila di ninfee davanti a sé, leggero come una piuma, ma dallo sguardo minaccioso come quello di un avvoltoio.

Am'ron si ritrovò le zanne ritorte del Maestro a pochi centimetri dalle sue, e subito di distanziò da lui, abbassando le orecchie , impaurito e sottomesso.

"Che ti credi che nun l'abbia capito, cretino? Tu vuoi unirti al culto di Krag'wa perché accussì puoi leccarti tutte le rane che vuoi!".

L'aveva sgamato subito! Il povero troll cercò di nascondere la sua debolezza.

"Cosa? N- no , non è vero! Nun sono nu tossico!" balbettò.

" Oh, non mentirmi, guagliù... – mormorò lo sciamano, che essendo come un dottore , aveva già riconosciuto tutti i sintomi della tossicodipendenza - Prima di tutto, ti stai scorticando quel povero braccio..."

Am'ron istintivamente si tolse la mano dal braccio, sentendosi tradito dal suo stesso istinto.

" Le gambe ti fanno Giacomo Giacomo..." continuò il vecchio.

Il Lanciascura smise all'istante di produrre quel fastidioso tic alle gambe.

" ...e hai la lingua nera." Concluse Zentimo.

"COSA?! LINGUA NERA?!" strillò Am'ron spaventato.

Si buttò sul bordo dello stagno, che era l'unica superficie riflettente in quel posto, ed espose la faccia , cacciando la lingua paranoico.

Ma la lingua era rosea.

Zentimo scoppiò di nuovo a ridere "hahahaha! Ti ho pigliato per la coda, girino... sei .un. tossico."

Separò le lettere lui, puntandogli un dito contro.

"Poverino..." mormorò Vecchietto, guardandolo da lontano, seduto a gambe incrociate in mezzo al fango.

Teneva tra le gambe delle ranocchiette e se le accarezzava sommessamente tra le braccia, come se fossero gattini. Le ranocchie non sembravano per nulla infastidite da quel trattamento, anzi, altre gli si avvicinavano in attesa di essere coccolate da lui.

"Dovreste pigliarvi scuorno, voi maledette vipere cornute...! – gracchiò Zentimo, improvvisamente non più gioviale come prima – c'è un intera filosofia sullo stile di vita di queste piccole, splendide creature...".

Una ranocchia saltò fuori dall'acqua e finì sul palmo aperto della mano del maestro.

La alzò davanti al Lanciascura, che se ne stava imbambolato a fissarla, tutto bagnato e inzaccherato.

"Guarda come si siede sulla mia mano. Tranquilla e fiduciosa. Non ha paura. Sa solo lei quando è il momento di saltare via da me quando stringerò il pugno per provare a schiacciarla.".

Per un attimo, Am'ron provò ansia per la rana, che gonfiava pigramente la sua pancia, probabilmente senza capire nemmeno quello che stava succedendo.

Zentimo aveva detto che avrebbe richiuso la mano, ma ancora non faceva niente. Invece disse:

" Guarda il suo occhio... guarda come osserva te, me, il mondo! Sembra assente, ma è un diventato tutt'uno con la natura che lo circonda." commentò Zentimo, estasiato nel descrivere ogni minimo particolare di quella piccola creatura che tanto adorava.

Nella mente di Am'Ron cominciò a passare l'idea che quelle del maestro fossero solo le parole di un vecchio pazzo: lui vedeva soltanto un normalissimo anfibio cogli occhi strabici e dallo sguardo spento, talmente immobile da sembrare morto.

" Ah, ma tu a malapena riesci a capirlo questo, nun è vero? - commentò lo sciamano rude, e con una vena di disillusione nella voce - A stento riesci a capirne la bellezza, a raschiarne, anzi, a leccarne la superficie...".

Visto che il giovane troll che gli stava di fronte si limitava a fissargli la mano con quella faccia da ebete, il povero vecchio sospirò e disse: "Stai pensando di leccarla . Vero?".

Am'ron si risvegliò dalla trance : la luce riflettente sulla schiena viscida e piena di tossine di quella invitante creaturina aveva avuto un effetto ipnotico su di lui.

"N-no! No no ! Questo è ridicolo! Senta, è vero... ho avuto per un po' il vizio. La provi una volta e poi... Heh, chi è che non l'ha mai voluta provare, almeno una volta nella sua vita? Anche lei, da giovane, solo per curiosità, se lo sarà chiesto almeno una volta com'è... AHIA!"

Il bastone punitivo era ricaduto ancora una volta sulla testa dello scellerato.

"MAI! Mai voluto provare fetenzie del genere ! Fumavo le erbe, come tutti. Ma ho smesso molti anni fa pure di usare quelle, perché non mi permettevano di tenere pulito il corpo e lo spirito.".

" Uau! Allora è vero! Aveva ragione Lort sul fatto di tenere pulito il corpo e lo spirito!" esclamò Am'ron, cercando di cambiare argomento.

Zentimo alzò un sopracciglio in segno di incomprensione.

"No è che, sto tipo da una settimana e mezzo senza leccare rane, no? All'inizio sentivo l'astinenza, ma poi chesta amica mia mi ha detto la stessa cosa che mi avete detto voi! Tenere pulito lo spirito e il corpo! E aveva ragione! Adesso riesco pure a creare il fuoco! Guardi!".

Fece una bella fiammata con entrambe le mani per impressionare il maestro.

Ottenne come risultato una fuga generale di raganelle attorno a sé, e l'aria ancora più calda e umida di prima.

Zentimo non si scompose più di tanto a quella messa in scena, continuando a guardarlo così come tutti i vecchi guardano con la superiorità dei loro anni i giovani presuntuosi e arroganti.

" Okey, i fulmini ancora non mi vengono bene però ..."

" ...e sai perché nun ti vengono bene?" lo interruppe Zentimo.

Am'ron, intimorito dal suo sguardo, scosse la testa.

Era più alto di lui, e abbassò lo sguardo accigliato.

"Da quanto tempo hai detto di aver smesso?" chiese il vecchio.

"Beh... una settimana e mezzo... una settimana e tre giorni, se vogliamo essere proprio precisi..." rispose Am'ron, abbassando le orecchie.

"E per quanti anni hai leccato rane?" chiese ancora il vecchio.

Ebbe timore di dare la risposta. "ehm... tre anni...".

" Quante rane al giorno?" gracchiò il saggio, che sembrava scrutare l'anima insicura del giovane Lanciascura.

Deglutì. " du-due ... - Zentimo lo fissava, e capendo che non credeva nella sua parola, si corresse – c-c-cinque al giorno. Ma era solo all'inizio, poi sono diminuiti a due... e... e...".

Il dottore vudù continuava a non credergli. Alla fine, si arrese.

"E VA BENE, DAI QUATTRO AI SETTE AL GIORNO, SENZA RIDURSI, CI SONO STATE PURE DELLE VOLTE IN CUI RISCHIAVO LA VITA E MI TROVAVANO CON LA BAVA ALLA BOCCA PER L'INTOSSICAZIONE!!! MA IO DOPO LA RIABILITAZIONE RICOMINCIAVO DACCAPO. RICOMINCIAVO SEMPRE DACCAPO!!! L'ULTIMA E POI BASTA, MI DICEVO. L'ULTIMA E POI BASTA..."

Scoppiò a piangere , e cadde in ginocchio sconfitto, di fronte al maestro che lo squadrava.

Vecchietto lo fissava, smarrito. Si sentiva terribilmente in colpa per averlo chiamato precedentemente patetico.

"E quindi riprenderai?- gli chiese Zentimo, e quella domanda fermò il pianto del povero troll , che alzò gli occhi sopra di lui- hai detto ricomincio sempre daccapo. Questo vuol dire che lo rifarai? E che tutto questo viaggio fatto fin qui è stato inutile?".

Am'ron rifletté sulle parole del maestro. Non erano parole demoralizzanti, come quelle che aveva da sempre ricevuto dal padre.

Dal tono con cui le aveva dette, sembrava che gli stesse proponendo una sfida.

Avrebbe ceduto alla sfida? 

In pochi giorni gli erano successe un sacco di cose, compreso sconfiggere una potente sacerdotessa succhia-sangue con il potere del fuoco. Tutto grazie alla disintossicazione! In passato avrebbe riceduto alla tentazione perché non vedeva il motivo per resistere. 

Ma adesso ce l'aveva eccome!

"No! Non questa volta! – si rialzò, pulendosi il muco con la mano- non voglio, non ora che ho capito perché non riuscivo a fare il fuoco! Perché ero troppo intossicato! Ora ho un motivo per essere pulito! Così posso migliorarmi! Posso ottenere più potere! Potrò fare i fulmini!".

Am'ron ci credeva davvero. Si guardava le mani estasiato, come se dovessero uscire proprio in quel momento i fulmini da esse.

Vedere tanta speranza nel viso di quel giovane, sotto sotto, faceva piacere al vecchio sciamano.

La buona volontà è un buon punto di partenza. Ma non è il tutto.

"Non così in fretta, girino cretino . – lo corresse lo sciamano – due settimane di astinenza aropp' tre anni nun bastano. Ma se anche fossero stati di più... credi che tenere un corpo ben pulito basti?".

Am'ron abbassò lo sguardo in segno di riflessione.

"Beh... immagino di no. Dovrò allenarmi... fare meditazione, esercizio fisico, cose del genere..."

Altra bastonata in testa.

"Mi piace la tua buona volontà. Ma lo vedi? Hai 'na mente limitata, come tutti gli altri! Riducete tutto a strunzate comme l'allenamento, meditazione, yoga e pilates! Il culto di Krag'wa richiede una disciplina molto più seria di questa...".

Si girò per tornare al suo posto.

Ma prima di raggiungere il masso, diede un'ultima occhiata al ragazzo: " Ti dico questo. Un novizio, per seguire il nostro culto, dovrà imparare a fare tre cose: lanciare fulmini... evocare la pioggia con il Passo Vudù... e Guarigione. Sei disposto a fare sacrifici per imparare a fare almeno una di queste tre cose?".

"Sì. Sono pronto . Posso iniziare anche subito la prima lezione!" rispose Am'ron, deciso.

Zentimo si girò di scatto, e la collana e i monili appesi sulla sua cintura fecero un leggero fruscio.

Ancora una volta il Lanciascura sussultò, spiazzato dagli occhi verde menta del Maestro.

" Nun esistono lezioni, esiste solo la pratica e l'esperienza! Nun sono io che ti insegno, ma gli spiriti intorno a te! Devi smetterla di pensare al mondo materiale in cui sei nato e da cui sei stato viziato, l'hai abbandonato nel momento in cui sei entrato qui! Devi smetterla di pensare a te stesso e ai tuoi problemi, e ricercarti in tutto quello che ti circonda. Devi imparare ad ascoltare, è accussì che Il tuo spirito si eleverà alla dimensione elementale e potrà farsi guidare dagli Elementi. Insomma..."

Senza smettere di tenere lo sguardo fisso su di lui, afferrò la sua mano, ne aprì il palmo, e su di essa, delicatamente, poggiò uno di quegli anfibi.

Ridotta la voce in un sussurro grave, sillabò sommessamente: "Devi seguire le rane."

Zentimo si girò e, come se nulla fosse, si risedette.

"Puoi restare accà attorno pure ad allenarti, se vuoi, ma nun farmi cchiù domande. Torna da me solo quando avrai imparato le tre cose che ti ho detto. Segui le rane."

Detto questo, chiuse gli occhi e tornò a meditare.

Am'ron rimase di sasso, con la rana che lo fissava, tirando ogni tanto qualche gracidio.

"'Sticazzi! " Esclamò sorpreso Vecchietto, accarezzando il bufo bitorzoluto che reggeva tra le mani. 

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