35. Avrò Cura Di Te

La sera calò lentamente sulla piccola Metropoli, inghiottendo nella sua oscurità i profili dei palazzi e delle baracche di lamiera.
L'aria si fece più fredda, e qualche goccia di pioggia cadde dal cielo: evento davvero molto raro, in quelle terre aride dimenticate da dio.
La piccola stanza mezza vuota era timidamente illuminata da una lampada che penzolava dal soffitto, ed era finita per addormentarsi seppur fosse seduta, appoggiata con le spalle contro al letto.
Nonostante stesse dormendo profondamente, quando Nux iniziò a muoversi se ne accorse subito, e spalancò gli occhi.
Sì voltò verso di lui, ed i loro sguardi si incrociarono.
-Ti sei... Svegliato- balbettò la ragazza - Come ti senti? -.
Il Trivial sbatté le palpebre un paio di volte e si sgranchí il collo, emettendo un flebile lamento.
-Non mi.. Ricordo cosa è successo- disse guardandosi intorno, stupito di trovarsi in infermieria. Tornò poi a guardare lei, aspettando che gli fosse data una spiegazione.
-Sei svenuto- si limitò a dire Etnia, con un filo di voce. Non c'era bisogno di dire altro, Nux sapeva perfettamente che cosa gli stava accadendo.
Si alzò in piedi scoprendosi molto intorpidita a causa della posizione scomoda che aveva mantenuto per diverse ore, e si mise a sedere sul letto, afferrando la mano di Nux.
Il tubo della flebo saliva lungo il suo braccio immobile. Era così indifeso adesso.
-E così.. Ti sei arruolata? - chiese il ragazzo.
Solo in quel momento Etnia si ricordò di indossare la divisa; l'aveva messa il giorno precedente, priorio per mostrarla a lui.
-Oh, sì... - fafugliò, tirando un lembo della maglietta. - Proprio ieri... È stato bello-.
Abbassò poi lo sguardo, e fece un lungo sospiro. - A proposito... Scusami, mi dispiace-.
Il Trivial aggrottò la fronte. - Di cosa? -.
-Per ieri - spiegò lei passandosi una mano tra i capelli. - Ti ho lasciato da solo per andare ad arruolarmi, e guarda che è successo. Se non fossi stato da solo forse... - si interruppe, deglutí saliva, ma non riuscì a proseguire quel discorso.
Sì sentiva profondamente in colpa per ciò che era successo; Nux avrebbe avuto bisogno del suo aiuto più che mai in quel momento, ma lei non c'era.
Si disse che da adesso in poi non si sarebbe più allontanata da lui un solo secondo. Non lo avrebbe mai più lasciato solo fino al momento in cui lui... Non avrebbe perso la vita.
La ragazza strinse i pugni e chiuse le palpebre. Un nodo di rabbia e tristezza le opprimeva il petto e bloccava la gola.
Nux liberò la sua mano dalla flebile presa di Etnia e puntò i palmi sul materasso, issando la schiena.
-No, aspetta Nux- esclamò lei, premendo le mani sul suo petto - Non credo che sia una buona idea alzarti, ora-.
Il Trivial le lanciò uno sguardo pensieroso piegando lievemente la testa di lato, ed accennò un piccolo sorriso.
-Tranquilla- le disse soltanto.
Proprio in quel momento Timber entrò saltellando nella stanza, ed il suo viso si riempì di gioia non appena si rese conto che Nux si era svegliato. I suoi occhi si accesero di una luce intensa, e sulle sue labbra apparve un enorme sincero sorriso.
-Nux! Ti sei svegliato! - gridò, correndo verso di lui. Senza neanche dare il tempo all'altro di dire o fare qualsiasi cosa, gli si buttò addosso stringendo le braccia attorno al suo collo.
-Timber, fai piano- lo sgridò la sorella.
Il bambino era davvero pieno di gioia, ed anche Nux parve condividere quel sentimento. Lo si capiva dall'espressione sul suo volto, mentre dava al bambino un paio di piccole pacche sulla spalla.
-Ora che sei guarito vieni in piazza con me? Ti presento tutti i miei nuovi amici! - esclamò, indietreggiando un paio di passi ed agitando le braccia.
-Nux ha bisogno di un pò di riposo- disse Etnia, intervenendo nella conversazione. Ovviamente il bambino non era a conoscenza delle sue reali condizioni di salute, aveva deciso di non dirgli niente per non sconvolgerlo ancora una volta. Avrebbe compreso tutto quanto a tempo debito.
-Sì, magari un'altra volta- disse il Trivial, annuendo con la testa.
Timber parve piuttosto deluso, anche se non insistette. - E va bene- disse solo - Però quando sarai guarito verrai, vero? -.
-Ma certo- rispose lui.
Etnia intrecciò le braccia sul petto ed osservò la scena senza dire altro; quasi si commosse quando il bambino, prima di andare via, lasciò un velocissimo bacio sulla fronte di quello che ormai per lui era diventato un fratello maggiore.
Non lo aveva mai visto legarsi in modo così profondo con qualcuno che non facesse parte della famiglia.
Di nuovo rimasti soli, Nux ed Etnia si lanciarono uno sguardo pensieroso; lui seduto sul letto con i piedi che sfioravano il pavimento, lei vicino con la schiena poggiata contro alla parete.
-Glielo dirai? - chiese il ragazzo, dopo diversi secondi di slenzio.
Lei assunse un'espressione preoccupata e rivolse lo sguardo alla porta in fondo alla stanza, dalla quale poco prima il bambino era uscito correndo.
-Io... Non lo so. Non mi va di pensarci adesso, voglio solo.. - si interruppe, sentí un nodo formarsi nella sua gola. Era stanca, non le andava di piangere, tentò in tutti i modi di trattenersi.
-Non posso pensare a lui adesso- si limitò a dire, per poi stringere le mandible fin quasi a sentire dolore.
Nux rimase in silenzio a guardarla. Le occhiaie sul suo viso si erano accentuate, aveva un'espressione davvero molto stanca e perfino il pallore della sua pelle pareva essere peggiorato.
Intrecciò le dita delle sue mani ed iniziò a giocarci, mentre il suo viso si faceva più cupo.
-Pensi che... - farfugliò, con un filo di voce. - Ce la farete da soli, tu e Timber? -.
Etnia sentì un brivido di disperazione attraversare la sua spina dorsale. - Non voglio.. Non voglio neanche pensarci a questo- balbettò, ora più che mai intenta ad impedirsi di scoppiare in un disperato pianto.
-Non voglio... Pensare al dopo- ripeté.
Nux poggiò stancamente il mento sulle mani e sospirò. - Devi farlo, però - insistette.
Era preoccupato. Se fosse morto non avrebbe più potuto proteggerli alcun modo, e nessuno meglio di lui sapeva quanto poteva essere orribile e crudele il mondo là fuori. Quanti pericoli avrebbero corso, a quali crudeltà potevano essere esposti.
Etnia strinse le bandibole ed abbassò la testa, emotivamente distrutta da quella conversazione. Non riusciva neanche ad immaginarla, una vita senza di lui; nonostante ciò, si rendeva conto che Nux in quel momento necessitava di una risposta.
-Ce la caveremo- si sforzò di dire, mantenendo un tono di voce più neutro e pacato possibile - In questo posto siamo al sicuro, e potremo avere una vita dignitosa-. Sospirò pesantemente, e sentí parte della tensione finalmente abbandonare il suo corpo. - Però adesso... Non ha importanza. Voglio soltanto prendermi cura di te. Te lo devo, te lo meriti, e voglio farlo-.

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