28. La vera natura di un Trivial

La guardia imbracciava saldamente il fucile, la cui canna lucente era rivolta dritta dritta sulla testa del ragazzo.
Etnia restò in silenzio, paralizzata, con gli occhi spalancati e la fronte che sudava, mentre suo fratello minore le stava avvinghiato alle gambe. Tremava come una foglia e teneva gli occhi sbarrati.
-Alza la testa- ripetè la guardia, adirata -E' un ordine!-.
All'udire quelle parole il Trivial non esitò più un solo secondo; forse per la forza dell'abitudine, o forse perché in fin dei conti non gli importava davvero di quel fine avrebbe fatto; tutto ciò che era importante per lui adesso, era la salvezza di Etnia e del suo fratellino.
Sollevò il capo lentamente, fino ad incrociare lo sguardo del soldato con i suoi occhi chiari. Il suo volto non esprimeva nessun tipo di emozione; non aveva paura della morte.
La guardia sogghignò malignamente, facendo scorrere il dito sul grilletto, trepidante. -Come puoi ben vedere, ragazza, nessun Trivial può mai cambiare davvero. Restano a prescindere schiavi tutta la vita- spiegò con soddisfazione -Perché è questa la loro vera natura-.
Fu forse per uno scherzo del destino che proprio in quel momento Nux fu colto alla sprovvista da un nuovo attacco di quel malessere che sembrava ormai aver intaccato la sua instabile salute fisica. Una serie di profondi colpi di tosse lo costrinsero e volgere di nuovo il volto a terra, imbrattando la sabbia chiara con il rosso del suo sangue.
A quel punto la guardia ritirò il fucile, e tolse il proiettile che aveva messo in canna. -Questo rifiuto umano è malato- esordì assumendo un'espressione disgustata -Non vale neanche il prezzo di un proiettile, tanto morirà comunque-. Lanciò un'occhiata al collega, che annuì brevemente come a dire che era concorde sulla questione.
-Per quanto riguarda questi due- continuò, rivolgendo lo sguardo ad Etnia e Timber, abbracciati tra loro come due piccoli indifesi. -Moriranno di fame e sete nel giro di due giorni, non avendo possibilità di tornare alla Città Celeste. Neanche loro valgono il costo di una pallottola-.
Nux si alzò in piedi, barcollando.
-Andiamocene da qui, allora- esclamò la seconda guardia, tornando a bordo della jeep militare -Ho caldo, dannazione-.
I due se ne tornarono da dove erano venuti senza dire un'altra singola parola, con una naturalezza ed una indifferenza che aveva dell'incredibile. Accesero il motore del mezzo e se ne andarono via, lanciando un'ultima occhiata disgustata ad Etnia, che aveva adesso il volto paonazzo ed il corpo intero che tremava come una foglia al vento.
Non appena il gruppo di fuggitivi fu di nuovo rimasto solo in quell'arido deserto, Etnia riuscì a riprendersi e si affrettò a raggiungere Nux, che se ne stava in piedi immobile ad osservare il lento allontanarsi della jeep militare.
-Nux!- gridò, gettandosi su di lui ed avvolgendo le braccia dietro alla sua schiena. -Pensavo... pensavo che ti avrei perso-.
Il ragazzo la lasciò fare ma non ricambiò quel disperato abbraccio; se ne restò semplicemente fermo, lasciando che fosse lei a stringerlo forte.
Quando la ragazza sciolse la stretta ed indietreggiò lievemente, si rese conto che il volto di Nux sembrava vuoto, spento, quasi indecifrabile: era ritornato lo stesso volto da schiavo privo di emozioni che aveva avuto per tutto il resto della sua disperata esistenza.
-Nux, che ti succede...- farfugliò la ragazza.
Lui abbassò lo sguardo a terra. -La guardia ha ragione, sono solo un oggetto- disse.
Una folata di vento rovente sollevò nell'aria un cumulo di sabbia calda. -Non è vero, diamine, non è vero- rispose lei, aggrottando la fronte. -Tu sei una persona. Come me. Come tutti-.
-Non ha importanza- ribattè lui, che sembrava quasi non aver neanche ascoltato la risposta -Tanto ormai non andrò più nello Halle. Marcirò nella sabbia e basta-.
Etnia non ebbe il coraggio di ribattere. Che senso avrebbe avuto in quel momento fargli notare ancora una volta l'assurdità di quella storia?
Dopotutto lo sapeva anche lui, che niente c'era di vero. Doveva averlo capito, ma di certo non avrebbe potuto accettarlo con facilità.
-Dobbiamo trovare qualcuno che ti aiuti- disse semplicemente, con aria profondamente preoccupata. -Hai bisogno di un medico, e subito anche-.
Il Trivial restò a guardarla per una manciata di secondi senza dire niente, poi tornò ad abbassare la testa e riprese a camminare come nulla fosse accaduto.
Timber osservò con curiosità ed orrore la macchia di sangue che adesso imbrattava la sabbia, poi volse lo sguardo alla sorella maggiore.
Che facciamo adesso?


.....

Il sole bruciava sulla pelle come una fiamma viva alimentata dal vento caldo, abbattendosi su quell'arido deserto con tutta la sua forza.
L'aria era immobile, neanche un filo di vento dava un po' di conforto; e non si vedevano alberi, o rocce, o tantomeno fiumi da chilometri ormai.
Nux procedeva a passo deciso senza mai voltarsi indietro; non aveva più detto una singola parola dopo quello che era successo con le due guardie che per miracolo avevano risparmiato le loro vite, nonostante i vari tentativi di Etnia di avviare con lui una conversazione.
La ragazza camminava più svelta che poteva tenendo per mano il fratellino, e seguendo i passi del Trivial senza dire una singola parola. Non sapeva neanche dove si stessero dirigendo, ma aveva deciso di fidarsi di lui e basta.
-Sono stanco...- farfugliò Timber rallentando il passo e volgendo uno sguardo stremato alla sorella maggiore -Ed ho sete. Etnia, dove stiamo andando?-.
-Non lo so, Timber...- farfugliò lei, sforzandosi di allargare un sorriso -Non lo so. Cerca di resistere, okay?-. Gli fece una carezza sulla testa.
In quel momento Nux si fermò di colpo cessando il suo cammino, e si voltò indietro. La sua tristezza e disperazione erano chiaramente percepibili anche dal bambino, ma pareva sforzarsi di far finta di niente. -Scusatemi- esordì avvicinandosi a Timber -A volte dimentico che non avete la mia stessa resistenza fisica-.
Etnia restò immobile a guardarlo senza dire una parola; avrebbe voluto farlo in realtà, ma proprio non sapeva che cosa avrebbe dovuto dire.
-Ce la fai, piccoletto?- domandò a Timber, allargando un timido sorriso.
Il bambino annuì vagamente, ma non riuscì a nascondere il fatto che gli venisse da piangere. Si sforzava con tutto se stesso per trattenere quelle lacrime che avevano già gonfiato i suoi occhi.
-Dai, vieni...-. Si chinò su di lui e lo afferrò, issandolo con una facilità disarmante sulle sue spalle. Il bambino parve spaventarsi a morte, tanto che cercò lo sguardo della sorella con gli occhi spalancati.
-Tranquillo Timber- lo rassicurò lei, sorridendo caldamente -Nux è dalla nostra parte!-.
-Se ho fatto bene i conti e la memoria non mi inganna- disse il Trivial, che avanzando disinvolto pareva quasi non sentire il peso del bambino seduto sulle sue spalle -Procedendo in questa direzione dovremmo raggiungere una città-.
Etnia strabuzzò gli occhi. -Una...città?!-.

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