24. Uno sforzo ancora
Il sole si alzava lentamente nel cielo, e più lui saliva più l'aria diventava fastidiosamente calda. Il deserto era tornato a fare da padrone nello scenario che i due ragazzi, camminando in silenzio, potevano ammirare; con le rovine alle loro spalle, adesso non v'era che sabbia.
Il villaggio sicuro di cui quella vecchina aveva parlato doveva trovarsi in linea retta sul loro cammino, ma era ancora molto distante; così distante che non era possibile neppure intravederlo all'orizzonte.
Etnia camminava a testa bassa, evitando di allungare lo sguardo davanti a se; cercava in tutti i modi di non pensare a niente, camminare e basta. Se avesse concesso al suo cervello di lasciar scorrere i pensieri, sapeva che non sarebbe più andata avanti.
Che cosa era diventata la sua vita? Una continua lotta contro la morte. Poteva dire di essere viva soltanto perché il suo cuore stava ancora battendo... Ma che senso aveva la sua esistenza?
Quando viveva nella città Celeste dava moltissime cose per scontate; E invece adesso eccola lì, in mezzo al deserto, con le gambe doloranti e solo mezza borraccia d'acqua da dividere con Nux.
-Ce la fai?-.
La ragazza alzò lo sguardo, e notò che il suo compagno di viaggio si era fermato e la stava osservando con preoccupazione.
-S-Sì- rispose lei, piuttosto confusa -Sto camminando.. Che c'è?-.
Il Trivial continuò a guardarla con la fronte aggrottata. -Hai diminuito la velocità sempre di più.. Se vuoi ci fermiamo un attimo-.
La ragazza scosse la testa con decisione -Nel bel mezzo di niente, con il sole che mi cuoce la testa? No grazie-. Riprese a camminare, aumentando il passo, senza aggiungere altro.
Iniziava a chiedersi se ci sarebbe arrivata viva, a quel dannato villaggio. Aveva l'impressione di fare sempre più fatica, ad ogni passo, a muovere i muscoli; inoltre, a causa del fatto che non mangiava niente da ore, iniziava a sentirsi debole, confusa.
Nux riprese a sua volta a camminare, restando però al suo fianco e non davanti. Era piuttosto preoccupato per lei, perché non aveva affatto un bell'aspetto; e poi, presumibilmente, la meta era ancora fin troppo lontana.
Non era neanche del tutto sicuro di stare andando ancora nella direzione giusta: dopotutto, orientarsi nel deserto è un'ardua impresa, senza una bussola. Non era poi così improbabile che potessero aver virato accidentalmente la direzione, senza alcun punto di riferimento all'orizzonte.
"Posso prenderla in braccio per un pò, se dovesse crollare" pensò tra sé e sé.
Forse per ironia del destino, pochi secondi dopo, il Trivial fu assalito da un improvviso ed indefinito dolore al torace. Fu quasi come una pugnalata, seguita poi da un forte bruciore che sembrava provenire proprio dal centro della gabbia toracica. D'istinto il ragazzo si portò le mani al petto, e subito dopo iniziò a tossire.
Si fermò, e chinando la schiena puntò i palmi delle mani sulle ginocchia. Poi tossì, e tossì ancora.
Etnia non ci mise molto a capire che c'era qualcosa che non andava. -Nux? Che succede?-.
Ma lui non rispose, non rispose perché continuava a tossire.
-Nux!- esclamò lei, questa volta alzando la voce. -Stai bene?-. Posò una mano sulla sua spalla e lo scosse lievemente.
Il Trivial questa volta annuì, mentre si passava una mano sulle labbra. -Sì..- farfugliò -Non so cosa sia successo-.
Seppur con ben poca convinzione, Etnia accettò quella spiegazione e non fece altre domande. Ma più passava il tempo e più la sua sicurezza vacillava; ormai una sola frase appariva a sprazzi nella sua mente, come volesse giocare con lei.
"Non ci arriverete mai vivi".
E invece no, dovevano farcela. Erano sopravvissuti alle guardie, erano fuggiti dalla città. Non potevano finire per morire di sete e stanchezza nel deserto, con poco più di un'ora di cammino che li separava dalla meta.
Nux riprese a camminare, con la medesima andatura di prima. Rimase piuttosto stupito quando, per caso, il suo sguardo cadde proprio sul palmo della mano destra, quella che aveva usato per coprirsi la bocca. Con sorpresa e sconforto notificò la presenza di un abbondante chiazza di sangue rosso.
Richiuse subito il pugno, così che Etnia non potesse vederla.
......
Il vento era cessato, il sole spendeva ancora alto e un silenzio surreale avvolgeva il deserto. I due giovani avevano già finito l'acqua potabile a loro disposizione; proprio adesso, Etnia, era intenta a far cadere sulle sue labbra secche le ultime gocce che timidamente scendevano giù dal collo della borraccia.
All'orizzonte adesso si poteva intravedere qualcosa di molto incoraggiante; qualche chiazza marrone, qualche altra verde. Difficile stabilirlo da quella distanza, ma pareva essere proprio un'oasi. Forse erano davvero sulla strada giusta!
Forti di questa speranza, allungarono il passo e tennero duro, nonostante la sfiancante stanchezza che ormai assaliva ogni parte del loro corpo, fino a che finalmente non la raggiunsero.
L'ultimo tratto di strada, Etnia lo percorse quasi a carponi. Era davvero distrutta, ma più si avvicinava a quegli alberi, più le pareva di essere ormai in salvo; ed i suoi occhi luccicarono quando si accorse che tra quelle chiome verdi, incredibilmente, scorreva un piccolo fiume d'acqua corrente.
-A...Acqua!- esclamò, rialzandosi in piedi con le ultime forze rimaste. Un'emozione indescrivibile provò avvicinandosi, e perdendosi con lo sguardo nella trasparenza di quell'acqua che scorreva lentamente su un letto di sassolini bianchi e grigi, emettendo quel lieve e continuo fruscio che ora, per lei, era paragonabile ad una musica avvolgente.
Si lasciò cadere giù, puntando le ginocchia sulla sabbia, e subito gettò le mani dentro al ruscello, per raccogliere una bella manciata di quel tesoro. Ma prima che fosse riuscita a portarsi l'acqua alla bocca, Nux colpì il suo pugno facendola rovesciare sulla sabbia rovente.
-Ma che fai!?- gridò disperata -Che diavolo fai?!-.
-Non puoi berla- rispose lui, secco -È quasi sicuramente radioattiva-.
La ragazza tacque per qualche secondo, avvolta da una rinnovata sensazione di disperazione. -Ma... Che ne sai!- esclamò poi, trattenendo a stento le lacrime -Magari è buona!-.
Nux le fece cenno con la testa di guardarsi intorno. Vi erano alcune piante verdi, ai bordi del fiumiciattolo; alcune specie che non si erano mai viste. Tutte le altre piante, più o meno lontane, erano morte; i loro rami erano marroni, le foglie cadute o ancora appese, ma raggrinzite e prive di vita. La vegetazione che si trovava proprio sul ciglio, con le radici che sfioravano l'acqua, presentavano addirittura un colore più scuro; pareva fossero state bruciate.
Etnia guardò quello scenario con disperazione, ma la sete e la stanchezza non le permisero di ragionare lucidamente.
-Non importa! Ne bevo solo un sorso..-.
Fortunatamente Nux fu nuovamente pronto a fermarla, prima ancora che infilasse di nuovo le mani in quel liquido. -Smettila! È così che vuoi morire?-.
-Non m'importa!- gridò lei -Non ce la faccio più.. Ho bisogno di quest'acqua! Ne ho bisogno!-.
Il Trivial scosse la testa -Ti farà morire. Non manca molto, dobbiamo percorrere il fiume e troveremo il villaggio, ricordi?-.
-Io non ce la faccio!- gridò ancora lei -Non ce la faccio più!!-. Tentò per l'ennesima volta di prendere una manciata d'acqua, ma il Trivial, questa volta fortemente irritato, la prese con la forza e la alzò in piedi, scuotendola.
-Smettila di comportarti come una bambina!- le gridò in faccia.
Etnia si bloccò, e restò ferma immobile con lo sguardo basso. Nux aveva ragione, perché si stava comportando in quel modo?
-Ti porterò viva fino a quel villaggio, a costo di farlo con la forza- disse ancora il ragazzo. Si voltò poi indietro, ed indicò un punto non troppo lontano, lungo il letto del fiume. -E poi.. È più vicino di quanto sembri-. Accennò un sorriso, che in quel momento a lei parve il più bello del mondo.
Allungando lo sguardo in quella direzione, Etnia poté distinguere dei tetti di legno e paglia. Quello era... Il villaggio!
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