16. Gli orrori di cui sono responsabile
Sulle labbra di Ed si allargò qualcosa di simile ad un piccolo sorriso. Aprì le braccia e le lasciò cadere lungo i fianchi, in segno di resa.
-Immaginavo che prima o poi me lo avresti chiesto- disse, spostando lo sguardo a terra. -E direi che, tutto sommato, una spiegazione te la devo-. Si rivolse infine direttamente ad Etnia, guardandola negli occhi con aria decisa. -Va bene. Ti dirò tutto quello che ti serve sapere.... Ma sarà una cosa lunga, quindi sediamoci-.
Il vecchio le passò davanti avanzando con un'andatura rilassata, e raggiunse il divano smollato che giaceva in un angolo nella cucina. Si mise a sedere lì, e fece cenno alla ragazza di accomodarsi al suo fianco.
Lei, dopo essersi guardata intorno con aria pensierosa, fece come le aveva detto; mentre Nux si sistemò davanti a loro su una sedia, che voltò al contrario in modo da poter appoggiare il mento sullo schienale.
Qualche secondo di silenzio, poi Ed grattandosi la barba corta iniziò a parlare. -Dovete sapere che... Anche io ero uno di loro-. Volse il suo sguardo ad Etnia, che ricambiò con un'espressione interrogativa.
-Lavoravo per "il sistema", capisci?- insistette.
Lei serrò le mandibole ed aggrottò la fronte. -L'avevo immaginato- disse -E... Adesso non più?-.
-Sono andato in pensione, dopo tanti anni di... Attività- rispose lui. La sua voce si era fatta insicura, traballante, come se si stesse sforzando molto a parlare di quel preciso argomento. Aveva molto da dire, ma erano tutte cose di cui si vergognava profondamente.
-E cosa... Cosa facevi, esattamente?- domandò ancora Etnia, mostrandosi particolarmente interessata.
Ed emise un lieve sospiro. -Beh... Ho avuto più compiti durante la mia carriera. Dapprima ero stato incaricato alla somministrazione degli spray nutritivi ai Trivial delle industrie Sud. Mi assicuravo che ognuno di loro ricevesse la sua razione giornaliera, in modo da preservare al meglio la loro operatività-. Si alzò in piedi in modo improvviso e tornò a prendere la bottiglietta di spray dal cassetto ove l'aveva riposta, poi tornando a sedersi sul divano la mostrò ad Etnia. -Questa contiene tutto ciò di cui un essere umano ha bisogno per vivere: calcio, ferro, vitamine, carboidrati, tutto quanto... Tuttavia, non si può certo dire che sia una cosa salutare-. Indicò Nux, che li stava osservando con aria neutra, e disse: -Vedi le sue labbra? Sono state danneggiate dallo spray. Questo perché molti dei componenti che contiene sono creati chimicamente, e seppur diano sostentamento al corpo danneggiano le zone con cui vengono a contatto diretto... Per questo vengono somministrate sotto forma di gas nebulizzato. Se assorbiti tramite le labbra, e non direttamente per bocca, danneggiano solo quella specifica zona-.
Etnia ascoltò con attenzione ciò che Ed le stava spiegando, senza mai staccare gli occhi dalla bomboletta che adesso reggeva tra le mani. Quando lui ebbe finito di parlare, poi, alzò lo sguardo e disse: -C'è una cosa che non capisco... Perché non vengono nutriti in modo normale?-.
Al vecchio sfuggì un'amara risatina. -I costi- disse. -Con una sola bomboletta si possono nutrire circa cinquanta Trivial-.
Etnia annuì vagamente, e posò l'oggetto sul tavolo accanto a sé. -È... Pazzesco...- farfugliò.
Ed annuì a sua volta. -Questa è solo una delle tante follie del "sistema"... Circa un anno dopo, fui assegnato ad un altro compito, che di certo non era moralmente più accettabile-. Recuperò un sigaro dalla sua tasca e lo accese, tirando un paio di volte finché la punta non divenne incandescente. -Divenni uno degli addetti alla castrazione- ammise. Un rivolo di fumo si librò in aria sopra la sua testa, compiendo qualche strana giravolta. -Erano... Erano tutti ragazzini. Dagli otto ai dodici anni...-. La sua voce si fece ancora più triste e roca, mentre il suo sguardo si voltava lentamente in direzione di Nux. Non si sorprese affatto nel notificare che il suo sguardo era ancora neutro e distaccato; un Trivial non sa cosa sia il rancore, l'odio verso coloro che gli fanno del male.
L'espressione di Etnia, invece, era cambiata eccome. -Non... Non posso credere che tu...-.
-Se in questo momento stai pensando che mi odi, e che dovrei pagare per ciò che ho fatto- la interruppe il vecchio -Ti avviso che non ho ancora finito di elencare i crimini orribili che ho commesso... Quindi, almeno, fammi finire-.
Le voci cessarono, e la stanza fu avvolta per qualche manciata di secondi in un pesante silenzio. Etnia era immobile, con i pugni stretti sulle ginocchia, ed osservava il volto rugoso di Ed senza sapere che cosa avrebbe dovuto provare nei suoi confronti. Odio? Sicuramente sì; ma quell'uomo aveva l'aria di essere realmente pentito per tutto ciò che aveva fatto.
Ed diede un altro profondo tiro al sigaro, e riprese a parlare con voce ferma. -La cosa che più è rimasta impressa nella mia mente sono le urla... Non veniva usata alcuna anestesia, come puoi immaginare, né durante né dopo l'operazione....-.
Nux osservò con attenzione il vecchio mentre pronunciava quelle parole, poi abbassò leggermente lo sguardo ed aggrottò la fronte; sembrava essere diventato pensieroso.
Molto probabilmente, stava ricordando.
Perché quel racconto raccapricciante non era solo un racconto, per lui. Quell'orrore l'aveva vissuto sulla sua pelle, quando era soltanto un ragazzino, proprio come tutti gli altri che, come lui, avevano avuto la sfortuna di nascere schiavi.
-Ho fatto questo per diversi anni... Poi, per motivi organizzativi di cui non vi sto a parlare, sono stato spostato in un'altro posto ancora... Un posto che a rigor di logica sarebbe dovuto essere più tranquillo, ma che ho scoperto quasi subito non fosse affatto così...-.
-Ovvero?- domandò Etnia, impaziente.
Il vecchio si voltò verso di lei e rispose, con aria malinconica. -Sono tre in totale, gli edifici che ospitano le riproduttrici. Io fui inviato ad uno di questi... Il mio compito era tenere sotto controllo la produttività ed organizzare le attività interne-. Diede un ultimo tiro, poi spense il sigaro contro la gamba del tavolo. -Sai cosa sono le riproduttrici?- chiese.
La ragazza scosse la testa.
-Donne, di età variabile. Sono anch'esse delle schiave, ma il loro compito è procreare-. Si mise a sedere più comodamente, adagiando la schiena sul divano ed incrociando le braccia sul petto, poi continuò. -Vengono tenute rinchiuse in celle apposite, ed ingravidate una volta all'anno. Al contrario dei Trivial loro non vengono nutrite solo con sostanze chimiche, perché sono risultate insufficienti affinché potessero nascere bambini sufficientemente sani... Io mi assicuravo che ognuna di loro restasse in salute più tempo possibile; le riproduttrici sono merce preziosa, specialmente quelle in grado di partorire figli forti-.
Etnia trattenne il fiato, disarmata. Non riusciva neanche ad immaginare cosa significasse vivere in quelle condizioni, e non poté che chiedersi cosa fosse peggio: morire per la fatica di un lavoro incessante, oppure morire chiusa in una cella, dopo aver partorito continuamente per tutta la vita.
-Tutti i figli maschi e sufficientemente sani diventano Trivial.... Mentre le femmine, se godono di buona salute diventano a loro volta riproduttrici.... In entrambi i casi, bambini che nascono affetti da malattie invalidanti vengono uccisi all'istante. Anche quello sporco compito, toccava a me-.
-E non hai...- farfugliò Etnia, senza guardarlo negli occhi -Non hai mai pensato che tutto questo fosse... Dannatamente sbagliato?-.
Ed emise l'ennesimo sospiro, e si mise a fissare il pavimento con aria pensierosa. Portò una mano sotto al suo mento, e puntò il gomito sulle gambe. -Vedi, Etnia... Non è così facile. L'abitudine fa brutti scherzi, ti convince che certe cose siano assolutamente normali. Io avevo a che fare con quella merda ogni giorno, era per me la quotidianità. E quando vivi così profondamente in una realtà estrema, non ti rendi conto di quanto sia sbagliata... Te lo assicuro-. Posò il sigaro ormai spento sul tavolo, si passò una mano tra i capelli bianchi. -Ho capito tutto soltanto dopo, quando sono andato in pensione ed ho avuto abbastanza tempo libero da pensare, rimuginare su tutto ciò che avevo fatto e capire fino in fondo quanto l'intero sistema fosse sbagliato... Ma ormai era troppo tardi, capisci? Il danno era fatto. Ho passato la vita a fare cose disumane ed ora mi tocca vivere con il rimorso-. La sua voce era sincera, chiunque l'avrebbe capito.
La ragazza annuì. -Non so se questa sia una scusa valida ma... Penso di capire, più o meno-.
-Non c'è scusa valida che possa coprirmi- rispose lui -Lo so bene. Ma almeno adesso so cosa è giusto e cosa è sbagliato, e come vedi sto cercando, nel mio piccolo, di fare qualcosa di buono. Per questo ho voluto mostrarti la verità, per questo ho voluto aiutarvi a fuggire-.
Infine, si rivolse a Nux. -Negli ultimi anni della mia carriera, prima di andare in pensione, sono stato assegnato al distretto ove lavoravi tu. Non avevo un compito ben preciso, ma quasi sempre ero chiamato a punire i Trivial che non lavoravano abbastanza, oppure a sopprimere quelli che non erano più in grado di obbedire agli ordini. Ero un sadico, picchiare quella gente mi divertiva...-. Scosse la testa e sembrò trattenere l'istinto di piangere. -È molto probabile che abbia picchiato anche te, più di una volta. Ti chiedo scusa, ragazzo-.
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