capitolo uno
Sentii una mano piccola picchiettare sulla spalla, costringendomi a togliere le cuffie e ad alzare lo sguardo per posarlo sulla sua figura.
«Leti», sorrise pigramente, «Ehi, posso?» non capii per cosa mi stesse chiedendo il permesso, voleva rapinare una banca?, creare una setta?, fare gare illegali?, quindi annuii, cercando di non crucciare le sopracciglia in un'espressione da idiota.
Avuto quindi il consenso, ella si sedette sulle mie gambe, oh, pensai - stupidamente - che era a quello a cui si riferiva, ovvio.
Letizia procedette quasi nell'immediato ad appoggiarsi su di me e a far scivolare il suo braccio sinistro dietro al mio collo per giocare con i miei capelli ed io mi sentii così tremendamente a disagio che ebbi quasi paura che l'avrei scaraventata per terra da un momento all'altro.
Era risaputo da tutti che avrei tagliato le mani a chiunque mi avesse toccato per poi venderle al mercato nero - il commercio delle mani andava alla grande, soprattutto di quelli nati a inizio settembre - e dare fuoco alla loro casa, ma con Letizia potevo fare un'eccezione, se era questo quello che voleva, bene, lo volevo anche io, o almeno così cercai di convincere me stesso.
Per questo, tanto per non sembrare uno stoccafisso verginello, allacciai le mani sulla sua vita nemmeno troppo stretta e posi il mio mento sulla sua spalla.
Odorava di schifo, non che io fossi messo meglio; avevamo appena fatto educazione fisica e, per mia grandissima fortuna, Letizia era una di quelle ragazze che la faceva effettivamente e non passava il tempo nel bagno lurido per guardare il proprio riflesso da pagliaccio allo specchio e delle unghie finte laccate di bava di lumaca, magari colorate di quel rosa che causava un ricovero immediato all'ospedale con delle bende sugli occhi.
Era ovvio, quindi, che non avrebbe profumato di rose e mandorle, ma cavolo, pensavo di star per svenire da un momento all'altro e per un attimo mi chiesi come avrei fatto a non perdere i sensi e perché Letizia non aveva ancora tolto, schifata ovviamente, la sua mano dai miei capelli bagnaticci di sudore.
Imbarazzato dalle mie stesse riflessioni, dopo aver sentito le guance cominciare a scaldarsi, cercai di interrempere la mia catena di pensieri per riconcentrarmi sulla figura sopra di me, «quindi oggi usciamo? Oppure potrei venire da te», ebbi uno sguardo da cane bastonato, manco l'avessi presa a botte, per quello c'era ancora tempo.
«Uhm no, Stef, oggi c'è Damiano a casa mia e sarò impegnata tutto il pomeriggio» alzai di molto un sopracciglio che quasi arrivò all'attaccatura dei capelli e la guardai meglio, per questo si affrettò a spiegare, «si è appena trasferito, sai no? Quindi devo fargli un tour e sarò impegnata.»
«Ah, okay», bella spiegazione del cazzo volevo dirle; ancora non mi aveva detto chi era e perché proprio lei tra tutte le persone. Poi perché a casa sua? Che è, un ospizio? Inoltre come avrei potuto saperlo? Mica ero il postino che si leggeva le lettere scambiate dai morosi.
Scrollai le spalle, sperando che Letizia non avesse un amante dopo appena tre settimane dal nostro fidanzamento, avrebbe potuto almeno non dirmelo così schiettamente, va bene l'onestà con un limite però.
Fu veloce, comunque, a riprendere il discorso iniziale; «però sabato avevamo intenzione di andare in discoteca, che ne dici?» questa volta alzai entrambe le sopracciglia ed ebbi paura che si sarebbero presto staccate dalla mia pelle e avrebbero spiccato il volo, chi? Lei e questo fatidico Damiano?, «avevamo?»
«Sì, sai, verrà sicuramente una buona parte degli studenti, abbiamo già cominciato a chiedere e a spargere i volantini» si girò di più verso di me per capire se fossi ancora interessato, eccome se lo ero, quasi quanto nel raccogliere gli escrementi del cane del vicino e farci delle costruzioni lego, ma non glielo feci intendere, quindi continuò a raccontarmi la storia della sua vita, «è una discoteca che ha appena aperto, il proprietario era un vecchio studente di questa scuola, non so se te lo ricordi, si chiama Roberto Mancini» negai con il capo, forse conoscevo la sorella che andava in quinto, ma di questo Roberto non ne avevo mai sentito parlare, «vabbè, non fa niente, comunque, visto che è un ex studente, per inaugurare il locale ha garantito l'entrata e gli alcolici anche ai minorenni e, inoltre, anche dei prezzi più bassi.
Che ne pensi? Hanno detto che è un bel posticino e mettono bella musica, secondo me conviene provare.»
Non era esattamente il mio passatempo preferito andare in discoteca, a causa della puzza di sudore delle persone che non si lavano manco se gli fai un bocchino gratis e del vomito dei minorenni che pensano di saper reggere più di tre birre al mese, ma per una volta si poteva fare, inoltre Letizia stava usando la sua tecnica preferita; gli occhi grandi da cucciolo e un broncio adorabile.
Tecnica che non aveva mai funzionato perché ogni volta che lo faceva mi veniva voglia di assestarle un cazzotto ben piazzato, afferrare la sua capoccia e darle una testata, cercando almeno di romperle il naso, ma non lo dissi mai, così da non distruggere una delle sue convinzioni nate, probabilmente, dai libri d'amore scadenti che leggeva.
Comunque le feci sapere tramite un grugnito - non avrei saputo far trapelare il più piccolo entusiasmo a voce - la mia approvazione ed ella batté le mani come una cretina, mossa probabilmente ripresa da qualche anime doppiamente scadente che si vedeva, e sorrise felice.
Mi rilassai subito, era bello vederla contenta, la strinsi un po' più vicino, nonostante il mio naso ormai avesse deciso che ero proprio uno stronzo, che avrebbe chiesto un riscatto per abuso fisico e si sarebbe preso almeno tre settimane di vacanze, quindi rimanemmo in questa posizione per un po', cullati entrambi dai battiti del cuore dell'altro.
Quando la giornata scolastica finì, io e Letizia iniziammo a percorrere la nostra solita strada del ritorno per arrivare alla fermata dell'autobus; abitavamo relativamente vicino, io scendevo semplicemente due fermate dopo la sua.
Nonostante il ritorno lo facessimo insieme, l'andata era diversa: Letizia sempre accompagnata dal padre, ogni giorno puntuale e relativamente scazzata per il cattivo sangue che molto spesso scorreva tra loro due, mentre io come un poveraccio sull'autobus con quel pervertito sessuale, però poteva andare peggio, ancora non ci aveva mai provato con me, ero troppo virile, probabilmente.
Il tragitto fu silenzioso, nonostante la bionda fosse una chiacchierona nata, speriamo non ci muoia pure così, e sapesse parlare per almeno venti minuti di quanto fossero belle delle spillette ed elencare anche i motivi per i quali fossero così dannatamente belle con qualsiasi persona, aveva capito dopo poco che io non ero affatto così e che se stavo zitto non era per un mancato interesse - su questo non cercai mai di farle cambiare idea, nonostante, debbo ammettere, mi caddero i cosiddetti più volte a sentire ella fare un comizio di due ore su quanto quei cuccioli di foca fossero carini, e io adoro i cuccioli di foca -, ma semplicemente che preferivo ascoltare.
Aveva quindi imparato a rispettare i miei silenzi, non i miei spazi personali però - dannata bigotta - e lo apprezzai enormemente, dopo due ore a stare con quella cominciavano a sanguinare le orecchie, ringraziai ancora una volta le cuffiette, appuntandomi che dopo avrei dovuto accendere un cerino per queste.
Quando Letizia disse il mio nome capii che eravamo quasi arrivati, le diedi un bacio sulla guancia, cercando di fare il più rumore possibile - qualche vecchietto ci guardò disgustato - al quale ridacchiò piano e mi venne da sorridere.
Maledetta romanticona, volevo renderti sorda, non farti divertire.
Il pullman si fermò e Leti scese, notai alla fermata un ragazzo che venne abbracciato, e ricambiò subito, da Letizia.
Aggrottai le sopracciglia più confuso di quanto lo sia mai stato in tutta la mia decrepita esistenza, Letizia e il ragazzo, Damiano, ricollegai più tardi, sollevarono lo sguardo per incontrare il mio; la prima agitò le braccia per salutarmi, il secondo mi squadrò dalla testa ai piedi, e ghignò.
Mentre l'autobus ripartiva, osservai quel sorrisetto compiaciuto su quella faccia da bastardo, quanti anni ci si prende per un'aggresione?
Note:
Bella rega! Il primo capitolo mi fa ancora più schifo del prologo ok.
Beh, comunque abbiamo finalmente damiano ;) la vera storia comincia ora
Secondo edit: la battuta delle mani vendute al mercato nero, che valgono di più quelle dei nati a settembre, è che: i nati da circa metà agosto fino a metà settembre sono sotto il segno dalla Vergine. Vi lascio trarre le conclusioni. (Sì, sono morta dal ridere rileggendolo)
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