🔞 Capitolo 8🔞

"Mi raccomando non parlare in dialetto..." la voce di Giovanni sbatte nelle mie orecchie senza che però entri realmente nel mio cervello.

"Ah e... non poggiare i gomiti sul tavolo. Mio padre odia quel gesto." sbuffo, queste remore stanno diventando davvero pesanti.
Io ho la testa altrove e di suo padre, onestamente davvero non importa. Sono ferita, amareggiata per ciò che è successo ieri sera  che potrei scoppiare a piangere da un momento all'altro. La tristezza è radicata nel mio cuore e il senso di colpa serpeggia nella mia mente.
Mi sento sporca, sporchissima. Ho macchiato il mio candore per un uomo che mi ha beffeggiata, usata e oserei persino dire maltrattata. Mi trovo a sperare in un terrificante disastro, un terremoto, un'esplosione spettacolare, pur di smettere di vivere questo tormento interiore.

"Ultima cosa ma non meno importante..."
Lo interrompo irritata mentre ci accingiamo ad entrare nel ristorante.

"Senti, sto forse per incontrare il presidente del consiglio? Credo di no. Per questo motivo, finiscila con tutte queste indicazioni. Non sono di certo una bambina." ringhio.
Giovanni si sta davvero rivelando pesante, capisco che per lui questo sia un momento cruciale ma a me di suo padre davvero non importa nulla.

Vorrei solo scappare via, lontano da tutto e da tutti, sparire, piangere a singhiozzi come ho fatto per tutta la notte precedente.

Intanto, un cameriere vestito di un pinguino, ci conduce al tavolo dove intravedo la madre del mio fidanzato affiancata da un uomo che non riesco a scorgere bene. Quando mi avvicino mi lascio sfuggire un sospiro, un tuffo al cuore, un trampolino che mi permette  letteralmente di cascare nei suoi occhi.

"Oh..." impietrisco mentre il sangue nelle vene sembra glaciarsi e il silenzio cala nelle mie labbra. Sento che Giovanni mi spinge a presentarmi attraverso un leggero colpetto sulla spalla ma io non riesco davvero a formulare una frase di senso compiuto.

Dio, i suoi occhi, quelle grandi distese di foglie autunnali, quel tornado impetuoso che mi travolge e mi spezza in due con la sua forza, quel veleno che entra nel mio sangue.

Il fremito, la vampa, l'ambrosia e il dolore mentre mi perdo nelle sue iridi scure come una notte invernale. Tutt'a un tratto sentii che solo attraverso quello sguardo ci innamorammo, pazzamente, goffamente, spudoratamente, tormentosamente... e oserei dire senza speranza, perché l'unico modo di placare quella passione proibita sarebbe stato distruggere anche l'ultima particella della carne dell'altro.

Lui mi guarda intensamente mentre ha un calice di vino tra le mani, si passa nervosamente una mano tra i folti capelli nocciola come se avesse capito chi io fossi e chi lui fosse realmente.

"Papà, lei è Dolores"
Giovanni spezza il silenzio mentre fa cenno di accomodarmi seduta di fronte a suo padre.
Eseguo la sua richiesta e siamo uno di fronte all'altra.

Di nuovo i nostri occhi si catturano a vicenda.

Dio mio, io avevo subito capito la realtà ma la ignoravo.

Le sue pupille: un paradiso illuminato dai bagliori dell'inferno. In quel momento lo guardai, lo guardai, ed ebbi la consapevolezza, di amarlo più di qualsiasi cosa avessi mai visto o potuto immaginare. Le sue labbra saggiamente disegnate come dal più bravo degli scultori, si aprono e si muovono verso di me.

"Buonasera Dolores, è un piacere conoscerla" quella voce così famigliare... nell'udirla mi sento sempre più a disagio, una costrizione oppressiva e ripugnante che mi stringe lo stomaco.

Oddio, ma è lui?! Non è possibile! Mi sto sbagliando, sono totalmente ossessionata dal Signor Nessuno che finisco per vederlo ovunque!

"Signor Visconti, il piacere è mio" rispondo imbarazzata mentre sento le guance in fiamme e anche il più ingenuo avrebbe respirato l'alchimia dei nostri sensi, così affini, così vicini.
In noi lo spirito e la carne si erano fusi con una perfezione che deve risultare incomprensibile ai presenti.

Ma nel momento in cui l'aria si macchia delle mie parole, delle mia voce, l'uomo che ho di fronte spalanca gli occhi come se avesse visto chissà quale demone.
Stringe con ossessione il calice che ha tra le mani, con forza come se stesse trasferendoli tutto il suo stupore e finisce per romperlo tra le sue dita.
E poi, senza il minimo preavviso, un'azzurra onda marina si gonfiò sotto il mio cuore, davanti a me il Signor Nessuno che  mi squadrava al di sopra dei suoi occhi scuri.

Aveva mentito persino sulla sua fisionomia... ma Dio quanto lo amavo.

"Oh mio Dio! Ulisse, stai bene?" grida la madre di Giovanni eccessivamente spaventata.

"Uhm, sì, cara non è niente." risponde e quel suo timbro non può che suonare nella mia mente come melodia.

Sì, è lui, è lui e non sto sognando, è un incubo questo.

Ulisse, ecco il suo nome.

È lui il Signor Nessun ne sono certa e questa scoperta non può che rilevarsi aberrante, melmosa, putrida. Non avevamo parlato se non per chiacchiere di cortesie.
Ma l'avevo riconosciuta.
E in lui avevo riconosciuto me stessa. Quando mi aveva detto "il mio nome incarna la curiosità", non mi aspettavo che fosse il nome del più famoso protagonista delle cronache greche.
Sto provando un tale disagio che rende le mie gambe flebili. Tengo lo sguardo basso, non ho il coraggio di incrociare quelle saette scure però con la coda dell' occhio noto che si alza dalla sedia e procede verso la toilette. Il mio stomaco è chiuso e ho iniziato a tremare, la mia reazione è così evidente che anche Giovanni se ne rende conto.

"Dolores, va tutto bene?" mi chiede mentre squadro da lontano il Signor Nessuno pronto a dileguarsi dietro la porta nera dei servizi igienici. È vestito di un elegante abito nero gessato che sembra designato sulla sua eccessiva statura.

È dannatamente alto ed è bellissimo!

La sua camicia bianca fascia i suoi pettorali e lascia intravedere il suo collo slancialo intervallato da una peluria scura. Non ha la cravatta e l'ultimo bottone è slacciato e ribelle.

Dio mio, è bello come lo avevo immaginato, fascinoso, dal portamento signorile ed elegante.

Quando non lo vedo più totalmente, con impeto mi alzo dalla sedia e vado anche io verso la toilette.

Non può finire così tra noi, no.

"No, Gio. Non mi sento molto bene, vado un attimo alla toilette"

"D'accordo amore" sorride all' oscuro di tutto quello che sta tuonando nel mio cuore.
Senza sentire la sua ultima parola mi trovo già di fianco la porta del bagno, sento le mie viscere implorare la resa ma io non posso più fare a meno di quest'uomo.

Dio mio, era amore a prima vista, a ultima vista, a eterna vista.

Sono confusa tanto, troppo ma nulla mi impedisce di piombare dietro le sue spalle. Ci guardiamo dal riflesso dello specchio: l'esperienza di una frazione di secondo che cambia tutto, la lettera che non dovevamo aprire, il lampo accecante, lo scrigno che doveva rimanere chiuso.

"C-cosa sta s-succedendo? Stai bene?" domando riferendomi alla ferita causata dalla rottura del calice mentre le labbra mi tremano come in preda ad un terremoto, maremoto nel cuore, tornado nell'anima.

"Finiscila" biascica mentre è ancora rivolto di spalle e abbassa la testa, evitando il mio sguardo.

"Di fare cosa?"

"Oh Cristo!" si prende la testa fra le mani mentre la scuote lentamente.
D'improvviso senza che me lo aspettassi si volta e procede verso di me freneticamente.

"Finiscila" mi prende con delicatezza il collo e preme le sue mani bramose sulla mia gola.
I suoi occhi sono spauriti ma terribilmente veementi.

"Finiscila di guardarmi così, ti prego" il suo tono mi implora, mi implora di smettere ma io non ci riesco, lo voglio. Sento le sue labbra contro il mio orecchio.

"Ecco perché non volevo vedere i tuoi occhi"

Il mio cuore comincia a battere all'impazzata e quando sento le sue mani stringermi il seno, mi lascio sfuggire un gemito strozzato.

Io voglio baciarlo perché nonostante abbiamo passato la notte insieme non conosco il sapore delle sue labbra, di quei boccioli di rosa che mi pungeranno amaramente.

"Perché ?"

"Perché sapevo bene che sarebbero stati la mia dannazione" risponde riprendendo le parole della chat.

"Lolita... mio peccato" sussurra mentre sento la sua lingua viaggiare sulla mia clavicola , lui sospira sembra quasi impossessato.
La sua anima sta lottando duramente, da un lato la ragazzina del peccato dall'altro la sua famiglia che se ne stava allegramente in sala a mangiare il pesce.
L'angelo che ha sulla spalla viene sconfitto dal diavolo che gli perfidia sconce parole all'orecchio , perché senza che io potessi aspettarmelo mi afferra dai fianchi e bruscamente mi poggia contro il lavandino del bagno. Mi mordo le labbra e provo a non mostrarmi troppo eccitata da quei gesti ma il Signor Nessuno prontamente si avvicina sempre di più a me e io nel sentire la sua erezione così vicina al mio pube mi sento morire.

"Sono la fidanzata  di tuo figlio, non ci pensi?'" gemo tra un sospiro impetuoso e un urletto di piacere con la paura che possa entrare qualcuno e sorprenderci da un momento e l'altro.
Lui per tutta risposta mi stringe ancora di più e sento sfregarmi la sua erezione contro verso la mia intimità.
Con la mano destra scende tra le mie gambe e comincia a masturbarmi con movimenti circolari sul clitoride.

"Resterà tutto tra noi. Sai mantenere un segreto, eh Lolita?"

"E poi sei cosi bagnata che non puoi dirmi che non hai voglia" mi sussurra  con una voce talmente bassa che sembra appena aver mosso le labbra.

Ed eccolo lì...il cortocircuito, lo scontro frontale, il deragliamento.

Io non rispondo perché il fuoco dentro di me non mi permette di formulare parole di senso compiuto. Le sue labbra sono troppo vicine alle mie... si sta avvicinando, "dai , muoviti, forza baciarmi" grida il mio cuore. Sento le sue mani graffiarmi le cosce mentre di nuovo il desiderio divampa in me, ancor più ferocemente della prima volta al buio. Ma d'un tratto la porta della toilette si apre, lui mi guarda dritto negli occhi  e si allontana dal mio corpo, sta quasi per uscire dal bagno quando io lo blocco afferrando il suo polso ornato da un Rolex.
Lo sconosciuto si lava le mani per poi entrare nella cabina igienica fischiettando. Mi sfilo con velocità le mutandine e le butto all'interno della tasca della sua giacca.

"Fammi sapere come sono, Doctor"

Questa è la frase che accese una tempesta senza ritorno, questa volta Ulisse non tornerà ad Itaca.

Che prezzo avrà il veleno assassino di un'ossessione amorosa , clandestina e senza limiti di decenza?
Non potevo saperlo.

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