🔞 Capitolo 34🔞
Dopo l'orga***, il mio cuore sembra spezzarsi, il battito accelerato inizia a farsi strada nella mia mente. I pensieri si accavallano, troppo confusi per essere razionali.
"Adesso devi parlare."
"Dolores, basta. Sono io che decido quando parlare!!!"
"Non è così che funziona, Ulisse. Non sono un oggetto da usare e dimenticare. Non puoi solo consumarmi e poi andare via. Mi stai facendo del male."
Lui mi guarda, i suoi occhi più scuri del solito, pieni di rabbia, eppure intrisi di qualcosa di indefinibile, come se avesse appena fatto qualcosa che non avrebbe mai voluto fare.
"Torniamo in albergo. Non voglio parlare di questo adesso. Ti prego, Lo, dimentica quello che ti ho detto! Dimentichiamo e facciamo l'amore"
Sento la sua mano sfiorarmi, calda, ma io la respingo con violenza.
"Non mi toccare, Ulisse. Non ci provare neanche."
"Io ti voglio, Dolores" dice lui provando a baciarmi ma io lo rifiuto.
"Non funziona così! Non puoi risolvere tutto con il sesso. Non funziona così, ti dico!"
Lui tace per un attimo, poi si avvicina e mi bacia con forza, come se volesse sfogare tutto il suo tormento in quel gesto. Io lo respingo, con tutte le forze che mi restano.
"Non basta, Ulisse!!Non basta!! Voglio sapere chi sei. Cosa ti ha fatto diventare così?"
Le parole mi escono frenetiche, come se non potessi trattenerle. Cammino su e giù per il viale, il respiro corto. Mi sento soffocare.
"Parlami, Ulisse. Non puoi nascondermi tutto."
Lui mi fissa con la bocca serrata, gli occhi pieni di dolore e confusione.
"Parlami, Ulisse!" urlo, ma lui non reagisce. La sua mente sembra essere altrove, come se avesse paura di rispondere.
Finalmente, dopo una lunga pausa, prende un respiro profondo.
"Non sprecare tempo ed energie a ribellarti. Non parlerò. E fine della storia, Dolores."
"Non puoi togliermi il diritto di sapere!!!"
Lui mi guarda, e per un momento sembra voler dire qualcosa, ma poi si arrende.
"Io... non posso!! Non voglio che tu mi veda per quello che sono davvero."
La sua voce è bassa, tremante.
"Tu non mi amerai più dopo. Non potrai amarmi dopo."
Sento un nodo allo stomaco. Non riesco a respirare. Ho bisogno di sentire la sua storia, ho bisogno di capire.
"Parla. Voglio sapere!!"
Alla fine, cede.
Un respiro profondo, poi inizia a raccontare, a far scorrere fuori la sua vita come se fosse un fiume in piena.
"Quando mi sono sposato con Ester, ero giovane. Solo vent'anni. Non l'amavo, non la conoscevo davvero. Mi sono sposato perché era quello che ci si aspettava, perché la società lo imponeva. Gli uomini si sposano per dovere, le donne per curiosità. Poi, alla fine, ci si sente tutti traditi."
Lui abbassa gli occhi. La sua voce si fa più cupa.
"Poi è successo. Poi è arrivata Diana. Una studentessa del mio primo anno a Trento. Aveva gli occhi azzurri, una luce nel cuore. Era brillante, intelligente, e non mi importava che fosse più giovane di me. Mi sono innamorato di lei, e l'ho amata in un modo che non pensavo fosse possibile. Ma non le ho mai detto quanto l'amavo. Mi sentivo intrappolato nel mio dovere, nel mio matrimonio infelice."
Sospira, la sua mano si solleva a sfiorarmi il viso, ma io mi allontano.
"Poi è successo... ha scoperto che Giovanni non era mio figlio. Quella fu la mia liberazione, ma anche la mia rovina. Quando l'ho saputo, qualcosa è cambiato dentro di me. Ho capito che ero finalmente libero, ma anche dannato. Non ho mai più trovato la pace."
"E Diana?" chiedo, la voce un sussurro. Lui si blocca.
"Diana è... era una forza della natura. Ho amato ogni singolo momento con lei, ma non l'ho mai detto, Dolores. Non le ho mai detto che la amavo. Non le ho mai detto che ero pronto a fare qualsiasi cosa per lei. E quando l'ha scoperto... quando ha avuto quella malattia... l'endocardite"
La sua voce si spezza, e il dolore che ho visto nei suoi occhi non è nulla in confronto al tormento che lo travolge ora.
"Quando l'ha scoperto..." Ulisse si interrompe, la voce gli trema mentre si passa una mano tra i capelli. Sta in piedi davanti a me, il peso di quel momento gli curva le spalle.
"Ho deciso di operarla io. Dovevo salvarla, Dolores. Dovevo salvarla a tutti i costi."
Non si siede, non riesce. Cammina avanti e indietro nella stanza come un animale in gabbia. Lo osservo, cercando di capire cosa lo consumi di più: il ricordo o il rimorso.
"Era già grave, capisci?" prosegue, la voce che si alza di un'ottava. "Il batterio le aveva attaccato la valvola mitrale. I medici dicevano che era rischioso, che forse non ce l'avrebbe fatta neanche con l'intervento. Ma io... io non potevo stare lì a guardarla morire. Io ero sicuro. Sicuro che avrei potuto farcela."
Si ferma di colpo e mi guarda, gli occhi gonfi di un dolore che sembra divorarlo dall'interno.
"L'ho fatto io, Dolores. Sono entrato in quella sala operatoria, ho preso in mano il bisturi e ho aperto il suo petto. Il cuore... era lì, davanti a me, così fragile, così... maledettamente umano. Ho sostituito la valvola, l'ho fatto con le mie mani. E quando ho chiuso, quando tutto era finito, pensavo di averla salvata."
Resta immobile per un momento, gli occhi fissi a terra. Non riesco a parlare, non riesco nemmeno a respirare. Lui riprende a camminare, il passo più lento ora, come se ogni parola gli stesse strappando via un pezzo di sé.
" Ma non è bastato. L'infezione... era troppo forte. Le sue difese erano crollate, il suo corpo non ha retto. Ho guardato i monitor mentre il suo cuore si spegneva lentamente, e non potevo fare nulla. Io... io, Dolores. Ho fatto tutto quello che potevo, e non è bastato."
Resto in silenzio. Non c'è niente da dire, niente che possa placare il tormento che Ulisse si porta dentro. Il suo dolore riempie la stanza come un'ombra soffocante, e io mi sento impotente, spettatrice di un dramma che nessuno avrebbe mai dovuto vivere.
"Ma non sono riuscito a salvarla. Non ci sono riuscito. E questo... questo mi ha distrutto."
Lui si ferma, il respiro affannato.
"L'ho persa. E ho capito che non avrei mai potuto recuperare ciò che avevo distrutto."
Mi avvicino lentamente, ma non posso abbracciarlo. Non posso più fidarmi di lui.
"Ero intrappolato, Dolores," dice, la voce bassa, quasi un sussurro. I suoi occhi, così pieni di tormento, sembrano guardare un lontano passato.
"Ogni donna che incontravo, ogni volto che vedevo... era un riflesso di Diana. La cercavo ancora, capisci? E non riuscivo a smettere. Ogni volta mi dicevo che sarebbe stata l'ultima, che avrei voltato pagina, ma non ci riuscivo. Era come un'ossessione, un'ombra che non mi lasciava mai."
Fa una pausa, si passa una mano sul viso, come a scacciare un pensiero troppo doloroso. Io resto immobile, senza sapere se parlare o restare in silenzio, temendo di rompere quel fragile equilibrio.
"Avevo cercato di dimenticarla," continua, con un'amarezza che gli graffia le parole, lma non ci ero riuscito. Ogni cosa mi riportava a lei: un profumo, una poesia, persino il silenzio. E allora mi gettavo in quella spirale, sperando di anestetizzare il dolore attraverso l'incontro di donne e la scrittura di poesia. Lei amava le poesie, erano il suo diletto più grande. Ma la lussuria, Dolores..." Si ferma, alza lo sguardo verso di me.
"La lussuria non è un sostituto per l'amore. È solo un'illusione. Ti lascia vuoto, sempre più vuoto."
Il silenzio che segue è insopportabile, ma poi la sua voce si addolcisce, come se qualcosa in lui si fosse spezzato.
"Ma poi... ho incontrato te."
Mi guarda ora, davvero mi guarda, come se per la prima volta fosse in grado di vedermi chiaramente.
"Con te, Dolores, è stato diverso. Per la prima volta... per la prima volta, ho sentito che c'era qualcosa oltre quel vuoto. Qualcosa di vero."
Non so cosa dire.
Mi guardo intorno.
La città sembra sfocata, come se tutto fosse perso.
È troppo.
Davvero troppo da digerire sapere che io ero la sua ennesima vittima.
È davvero troppo sapere che io gli ricordavo quella donna.
È davvero troppo sapere che lui vive ancora nel passato.
È davvero troppo!
"Non posso amarti se non sei pronto ad affrontare il tuo passato."
Ulisse si ferma, i suoi occhi si riempiono di lacrime.
Ma io non posso aiutarlo.
Non più.
"Lo," sussurra, "Non lasciarmi... non adesso."
Mi volto e inizio a camminare via. Ogni passo è un dolore, ogni passo una ferita che si riapre.
La rabbia sale in me, una rabbia che mi brucia dentro. Mi sembra di perdere ogni speranza, ogni fiducia in me stessa.
"Non ti voglio più," urlo, ma lui non risponde.
Lo so, che questa volta è definitivo.
Lo lascio alle sue miserie, e mi lascio dietro il mio dolore, il mio cuore che non batterà più per lui.
Lo lascio. Non c'è più spazio per noi due.
"Addio Ulisse"
Torno in hotel. Mi ritrovo seduta sul bordo del letto, le mani strette tra le ginocchia, gli occhi fissi nel vuoto. Il rumore del mio pianto è l'unico suono che riesco a sentire. Ogni respiro mi sembra troppo pesante, come se portasse con sé il peso di tutto ciò che ho fatto. Eppure, non posso smettere di pensarci, non posso fermare il flusso di pensieri che mi assale.
Come ho fatto a tradire Giovanni? Come ho potuto scivolare così in basso, lasciarmi trasportare da quella curiosità malata? Da quel desiderio di scoprire qualcosa di diverso, di uscire dal mio mondo sicuro?
Mi chiedo dove sia finita la Dolores che conosceva l'amore vero, quella che guardava Giovanni negli occhi e vedeva tutto ciò di cui aveva bisogno per essere felice.
Dove sono finita io, quella che aveva scelto lui, con la sua sincerità, la sua forza, la sua stabilità?
Mi sono venduta per un gioco di parole, per un uomo che non ha niente a che fare con me, che non mi ha mai davvero voluta, che mi ha solo usata.
Ulisse... cosa ho cercato in lui? Un'illusione
Un riflesso del mio bisogno di sentirsi viva, di sentirsi desiderata, ma adesso tutto ciò che sento è un vuoto immenso.
Penso a Giovanni. A quanto sia stato paziente con me, a quanto mi abbia dato senza chiedere nulla in cambio.
E io cosa ho fatto? Ho tradito la sua fiducia, l'ho ferito.
Non solo fisicamente, ma anche nel profondo, nei suoi sogni, nelle sue speranze. La verità è che non sono mai riuscita a capire davvero cosa stavo facendo.
Sento il cuore che si stringe.
Voglio riprendere in mano la mia vita, voglio ricominciare. Voglio dimenticare Ulisse, dimenticare quel mondo di chat anonime, di emozioni fugaci, di desideri sbagliati. Voglio stare con Giovanni, vivere con lui in tranquillità, riscoprire quella semplicità che avevamo prima. Voglio tornare a essere la persona che ho sempre desiderato essere, quella che ha scelto l'amore vero e non la lussutia.
Voglio guardare negli occhi Giovanni e dirgli che lo amo, senza più dubbi, senza più segreti, senza più pensare a suo padre.
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