🔞 Capitolo 33🔞

Camminiamo per le strade di Dublino mentre animosamente chiacchieriamo, è davvero un uomo inteliggente e carismatico e potrei stare ad ascoltarlo per ore.

La capitale è in piena attività ed è impossibile vitare l'inevitabile folla di turisti.

"Ti riesce difficile non esercitare il controllo, mio amato Dorian?"

Rimane in silenzio per un istante.

"Sì,molto"

"E come ti trovi a vivere in questa nuova realtà dove non sei più Nerone?"

"Bah... diciamo che non è... facile" il suo sguardo si posa su quello di un passante che mi fissa senza pudore come se volesse spogliarmi.

"Ecco vedi? Capisci quello che dico? Come faccio a non sentire l'impulso di affermare la mia autorità in questa casi?"

"No, non lo capisco"

"Sappi solo che se devo ricordare ad ogni uomo che ti guarda che sei mia, beh... lo farò."

"Come mai hai questa ossessione di dovere esercitare il controllo su tutto, caro dottore?"

A quella mia domanda lui si accende una sigaretta e aspira il fumo a pieni polmoni,come se fosse la sua ultima boccata d'ossigeno.

"Questione astrusa." si limita a rispondere.

"Tu vuoi che mi fidi di te, Visconti. Ma ecco perché ci metto tanto. Tu continui a tenermi nascoste alcune cose della tua vita."

"Se non condivido certe infomative, è solo per il tuo bene"

"Informative? Parti della tua vita, le chiami informative ? Diavolo, non sei mica all'ospedale!"

"Parti della mia vita, sì, chiamandole così allora. Parti della mia vita. Sei contenta adesso, capo?"

"Sì, io voglio solo che ti senta libero di dirmi tutto. Sai che puoi farlo, vero?"

"Dolores cara, so bene che posso dirti tutto. Del resto condividiamo insieme un segreto più grande di noi e se non mi fidassi di te non mi sarei lasciato così andare"

"E allora perché non mi parli del tuo passato?"

"Apprezzo la tua vicinanza, ma credo che mettersi in mezzo a certe cose sarebbe doloroso per te" risponde secco. "E adesso basta parlare di problemi , questo fine settimana è per noi." Mi circonda con un braccio,  baciandomi delicatamente.

"Pronta per una sorpresa?" mi chiede lui coprendomi gli occhi con il palmo della sua mano.

"Di che si tratta?"

"Adesso fai qualche passo in avanti" eseguo mentre non riesco a vedere e mi affido a lui. Percorriamo così qualche metro in maniera goffa ed impacciata e intorno a me spesso sento dei risolini dei passati. D'improvviso mi toglie le mani dagli occhi e le gambe cedono a quello che gli occhi vedono.

Wow, siamo di fronte la casa Natale di Oscar Wilde!

"Oddio Ulisse! Ma è meraviglioso!!! Starei qui per sempre, è così wow.... non trovo le parole. Tu sembri leggere e poi dare forma ai miei sogni" grido mentre batto estasiata le mani.

Prima gli U2 e adesso Oscar Wilde!

Non riesco nemmeno a descrivere la gioia che provo in questo momento così magico.

Cosa ho fatto per meritarmi un uomo così speciale? Semplice, tradito il mio fidanzato per suo padre.

"Hai ragione, non posso neanche esprimere un desiderio senza che tu cerchi di esaudirlo il più in fretta possibile"

Lo bacio profondamente, stuzzicandolo con il movimento della lingua che immagino da un'altra parte.

"Stai calma..." dice mentre limita il bacio per poi guidarmi verso l'entrata, mi stringe la mano e io sento il cuore battere forte.

"Entriamo, se continui così dovrò di nuovo tornare in hotel per farti mia. Quindi fai la brava" mi intima e io lo seguo. Pochi minuti dopo comincia il tour del museo Casa Natale. Esploriamo gli ambienti dove il giovane scrittore ha vissuto con la famiglia fino al compimento degli studi al Trinity College. Due piani sono stati restaurati per mostrare l'aspetto originario ai tempi di Wilde. Sghignazzo quando ci imbattiamo dinanzi la statua in bronzo a grandezza naturale di Oscar Wilde, situata nel giardino della dimora.

"Quindi, se ti conosco bene, la tua testolina starà viaggiando a tutta velocità in questo momento, vero?" mi chiede mentre avvicina il volto a quello della statua del grande scrittore e scoppia a ridere.

"Quindi lo sai quanto sono pazza?"

"Ti ricorda qualcosa?"chiede aggrottando le sopracciglia e assumendo la stessa espressione della statua.

"Ca**o sì!! Voglio dire guarda come gli somigli!"

Lui non frena il riso e la sua ilarità mi coinvolge.

"Lo sapevo, adesso assomiglio anche ad Oscar Wilde!!!"

"Insomma guarda i capelli, lo sguardo, l'espressione !" mi blocco fissando la statua.

"E il look decisamente da intellettuale!" riprendo il mio elogio.

"Gli manca solo la sigaretta" aggiunge lui.

"Oh, io non sarei così contenta di somigliargli, sai?"

"E perché ?" mi chiede lui.

"Perché Oscar Wilde è riuscito a diventare – purtroppo per lui – Dorian Gray," spiego, "Vedi, Ulisse, Oscar Wilde è diventato Dorian Gray perché non ha mai saputo tenere la giusta distanza tra la vita e l'arte. Non si è limitato a raccontare la corruzione dell'anima, l'ha vissuta sulla propria pelle. Come Dorian, ha rincorso il piacere, la bellezza, sfidando la morale del suo tempo, fino a che la sua stessa vita non è diventata quel ritratto nascosto che si deforma e si corrompe in silenzio. Ma sai qual è la vera tragedia, Ulisse? Wilde, a differenza di Dorian, non poteva nascondere il suo 'ritratto' in soffitta. Era tutto lì, in piena vista, esposto al giudizio di una società che non perdonava. È come se la sua condanna non fosse arrivata solo dai tribunali, ma dalla sua stessa incapacità di trovare un equilibrio tra il vivere e il creare. Wilde ha scritto Dorian Gray per ammonire il mondo, ma alla fine è stato lui stesso a essere divorato dalla sua opera. Ed è per questo che, purtroppo per lui, il genio e l'uomo sono diventati inseparabili."

Ulisse mi regala uno sguardo intenso.

"Dolores, per me è la stessa identica cosa. Non riesco a capire dove finisco io e dove cominciano i miei personaggi. Ogni volta che scrivo, non faccio altro che specchiarmi in loro, riflettere i miei tormenti, le mie ossessioni. E così, come Wilde, anch'io finisco per consumarmi nelle storie che racconto. Ogni parola è un pezzo di me, e quando il libro è finito, io resto qui... vuoto. Eppure, c'è un'attrazione fatale in tutto questo, non trovi? Wilde lo sapeva, ed è andato incontro alla rovina con gli occhi spalancati. Forse lo sto facendo anch'io."

Io arrossisco mentre  lui tira fuori un pacchetto di sigarette e ne prende una.

"A proposito, dei tuoi personaggi, speravo che oggi  potessimo parlare di "Questioni di cuore"..."

Mugugna ma non risponde e io insisto.

"Le tue Muse sono davvero cento?"

La mia voce è più alta di quanto vorrei, carica di un tono che tradisce disgusto e incredulità.

"Davvero davvero, purtroppo sì," risponde senza battere ciglio.

Sento un nodo chiudermi la gola. Respiro a fatica. È una cosa macabra e diabolica.

Come può essere così sereno mentre confessa una cosa tanto mostruosa?

Sospiro, cercando di elaborare l'inimmaginabile: è stato a letto con cento donne e ha scritto poesie su ognuna di loro. Altro che Dorian Gray, penso tra me e me! Questo uomo è un'icona del vizio travestito da poeta e da dottore.

"Non esserne sorpresa," mormora, con una naturalezza che mi manda fuori di testa.

Continuo a respirare profondamente finché non ritrovo una parvenza di calma. Quando finalmente riesco a parlare, la mia voce è roca, ridotta a un filo.

"E non sono solo Muse, vero?"

"No..."

Come no? Porca miseria!

Ma che sta succedendo?

"Oh, mio Dio, Ulisse! È uno scherzo, vero?"

Scuote la testa lentamente, con un'espressione che non lascia spazio a dubbi. Mi manca l'aria. La testa mi gira, le ginocchia tremano. Mi aggrappo a una colonna vicina per non cadere, mentre lui resta immobile, a fissarmi quasi senza respirare.

"Non so cosa dire..." sussurro, scuotendo la testa. "Ancora non ci credo. Cioè, ho provato con tutta me stessa a sperare che..."

Non riesco a finire la frase, perché Ulisse si china verso di me e posa delicatamente le labbra sulle mie, interrompendo il mio pensiero con un bacio lento. Nonostante la confusione che ci circonda, riesco a sentirlo, come una fiamma che tenta di scaldarmi in mezzo a una tormenta.

"Dolores," sussurra, appena un soffio contro le mie labbra. "Ti prego, non farmi parlare. Ti prego"

Mi bacia di nuovo, questa volta con più decisione, ma io lo fermo, appoggiando una mano sul suo petto.

"No! Non puoi cavartela così! Mostrami chi sei, Ulisse. Ti prego."

"No, non puoi chiedermelo," risponde con la voce incrinata. "Non ce la faccio. Non chiedermi di coinvolgerti nello schifo in cui ho vissuto per tutti questi anni."

Cerco un appiglio per non crollare sotto il peso delle sue parole.

"Provaci," dico piano. "Sforzati" insisto.

"Ero disperato"

"Perchè?"

"Dalla perdita di una donna che ho amato più della mia vita," dice infine. "Quelle donne erano solo un appiglio per dimenticare."

Mi manca il fiato.

"Con quante di loro sei andato a letto?"

Una domanda stupida, me ne rendo conto. Ma voglio la verità, cruda e orribile.

"Con tutte, Dolores."

La nausea mi investe come un'onda. Mi manca l'aria, la testa mi gira. Le ginocchia cedono, ma lui mi afferra prima che possa cadere. La sua bocca è vicinissima alla mia, di nuovo.

"Mi fai davvero schifo," sibilo con la voce carica di rabbia e dolore. "E mi fa ancora più schifo il fatto che tu usi la poesia per imprimere queste tue perversioni!"

"Non parlarmi così"

"Perché? Perché vuoi usare anche me? Vuoi inserire il mio nome nel tuo stupido libro di poesie?"

"No" risponde abbassando lo sguardo.

"Quando è stata l'ultima volta?"

"Prima di incontrarti. Credimi."

"Non ti credo," ribatto. "E mi fai comunque schifo. Cosa vuoi da me, Ulisse?"

Il suo sguardo mi trafigge, ma io non cedo e lui non risponde.

"Raccontami tutto. Non voglio altre bugie."

Lui chiude gli occhi per un istante, poi li riapre, pieni di un dolore viscerale.
"Quando ci siamo conosciuti sull'app di incontri... Volevo commettere l'ennesimo sacrificio, Dolores. Cercavo un'altra Musa, un'altra donna da usare per dimenticarla. Ma poi sei arrivata tu. Tu hai cambiato tutto."

"Ma sono comunque la fidanzata di tuo figlio."

Un lampo squarcia il cielo sopra di noi, seguito da un tuono assordante.

"Sì," ammette, con un'espressione carica di rimorso.

La pioggia inizia a cadere, ma non mi importa. Il vento sferza la mia pelle, ma resto ferma, in attesa.

"Parlami di Diana," mormoro. "Voglio sapere tutto. Altrimenti me ne vado, e questa volta sarà per sempre."

Ulisse inspira profondamente, combattendo contro il peso della confessione che sta per fare.

"Te ne pentirai," dice infine. "E io me ne pentirò per il resto della vita."

I roseti in fiore sembrano brillare sotto gli ultimi raggi del sole, e l'aria è intrisa del profumo dolciastro della primavera. Siamo soli, circondati solo dal sussurro del vento che accarezza le foglie.

"Non avresti dovuto venire qui," dico, voltandomi verso di lui "E non avresti dovuto portarmi qui"

Ulisse mi osserva in silenzio, le mani infilate nelle tasche del suo cappotto. La sua figura è un'ombra elegante contro la luce dorata del tramonto, e il suo sguardo, intenso e impenetrabile, mi fa sentire scoperta, come se potesse leggere ogni mio pensiero.

"Non potevo farne a meno," risponde infine, con quella voce bassa e grave che mi risuona dentro.

Mi volto verso la statua al centro del giardino, una figura in marmo bianco che sembra scrutare il cielo con aria malinconica.

"C'è qualcosa di inquietante in questo posto," mormoro. "Come se le pareti avessero assorbito ogni parola non detta, ogni desiderio represso."

"Questo è ciò che Wilde voleva," sussurra, chinandosi verso di me. "Un luogo dove il desiderio e la colpa si mescolano."

"Ulisse, non possiamo..."

Non riesco a finire la frase. Le sue mani si spostano sui miei fianchi, attirandomi a sé con una irruenza che mi spezza ogni resistenza. Sento la sua erezione sul mio inguine e comincio a vacillare.

"Non dirmi che non lo senti anche tu," mormora, il suo respiro caldo contro il mio viso.

"Non importa cosa sento," ribatto, ma la mia voce è un sussurro tremante.

"Importa eccome," insiste, e le sue labbra trovano le mie in un bacio che mi toglie il fiato. La sua bocca è morbida, ma decisa, e il mondo intorno a noi svanisce. Non ci sono più giardini, né statue, né ricordi di altre persone. Solo il battito del mio cuore che si fonde con il suo, e il calore delle sue mani che si spingono oltre il tessuto del mio vestito.

"Ulisse," sussurro, cercando di fermarlo, ma le sue labbra scendono lungo il mio collo, lasciando una scia di passione sulla mia pelle.

"Non parlarmi adesso," mi interrompe. "Non dire niente."

Le sue mani mi sollevano delicatamente, posandomi su una panca di marmo nascosta tra i roseti. Mi guarda e il suo sguardo che sembra scavare dentro di me, come se stesse cercando di catturare ogni mia emozione.

"Dimmi che vuoi che mi fermi," dice, ma so che non lo farebbe. E so che non voglio che lo faccia.

Le sue mani risalgono lungo le mie gambe, fermandosi appena sotto il bordo del mio vestito.

"Ulisse..." Il suo nome esce dalle mie labbra come un gemito, un richiamo che lo spinge ancora più vicino.

I nostro corpi sono ormai in preda all'estasi del momento. Io allungo la mano e la infilo nei suoi pantaloni e lui fa la stessa cosa con me. Premo sul suo ca**o duro e muovo la mia mano su di esso mentre lui infila l'indice in me e mi fa tremare tutta.

"Non hai idea di quanto tu mi consumi, Dolores. Ogni volta che ti guardo, la voglia di averti si fa insostenibile. Ma è questo che vuoi, no? Che ti faccia perdere il controllo."

"Non lo so... forse sì, forse voglio perdermi fra le tue dita." gemo

"Allora lasciati andare. Non servono parole, Dolores. Sentimi, fammi sentire che sei mia" dice lui mentre siamo entrambi ad uno passo dall'orga**o.

È così che si muore di piacere?

"Non so più se posso
resistere." sussurro mentre sto per venire.

"Non dovrai. Siamo destinati a farlo, ogni volta più intensamente"

Quel momento di masturbazione reciproca, in un luogo così pubblico e inaspettato, è stato un'esplosione di piacere e di emozioni.

E mentre la luce del crepuscolo svanisce e il giardino si immerge nell'oscurità, mi arrendo a lui, dimenticando tutto tranne il modo in cui mi fa sentire: viva, desiderata, perduta.

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