Repurgo Pulvis;






Le prime luci del mattino interruppero in camera di Eris, balzarono da una parete all'altra, riflettendo sul grigio che le adornava e raggiunsero il letto.
Eris non era piú nelle coperte da almeno un'ora.
Era seduta davanti alla sua enorme specchiera, mentre meticolosamente, ricopriva il suo viso della crema indicibilmente costosa dal tappo rosso fuoco.
I suoi zigomi presero colore con un leggero tocco di cipria colorata, coprí qualche imperfezione e lasciò perdere il fondotinta.
Probabilmente qualche anno prima sarebbe morta al pensiero di non indossarlo, la severa acne che l'aveva accompagnata durante l'adolescenza ora lasciava il suo ricordo in qualche, quasi invisibile, cicatrice sulle sue guance.

Spalmò sulle sue mani delicate un siero e indossò i guanti, aveva deciso di indossarne un paio diverso, che sarebbe stato perfetto con il completo grigio di oggi. Aveva una quantità di guanti che avrebbe fatto invidia ad un signorotto in pieno inverno russo, non li indossava per una qualche futile necessità, il bisogno di coprirsi le mani nasceva da un ricordo viscerale e traumatico, ma era tardi e lei doveva vestirsi.

Soprattutto doveva prepararsi psicologicamente ad attraversare il tragitto attraverso la polvere volante, cosa poteva mai terrorizzare una germofobica e malata dell'ordine piú di una manciata imbarazzante di polvere attaccata al vestito.
Aprí l'enorme armadio e cercò il suo completo grigio.
«Dove sei?» chiese a se stessa «dannazione...eccoti.»

Indossò prima la camicia bianca, non abbottonò fino al colletto. Poi infilò i pantaloni grigi dritti con i quali avrebbe abbinato una giacca doppio petto dello stesso colore. Prima di terminare, afferrò il suo gilet e la sua cravatta con le sue iniziali.
Le scarpe sarebbero stati degli stivali con la punta.
Sistemò tutto e si avvicinò alla sua parete.
Prese una delle sue cinture e infilò un coltello a scatto e un tokusho (manganello portatile).
Disilluse la cinta con un colpo di bacchetta e posizionò tutto sulla sua vita.

Infine, prima di uscire definitivamente dalla stanza, raggiunse la sua cassettiera e tirò fuori un paio di occhiali, stretti, lunghi e completamente neri.
Spruzzò del profumo e uscí dalla camera chiudendosi la porta alle spalla.
Moros era appena uscito dalla sua, con uno sbadiglio sonoro le fece un cenno. «Dio sei sempre cosí schifosamente elegante.»

Non si scompose. «Grazie Morry, per te eviterei solo l'ultima parola.»

Ricevette il primo medio della giornata. Scesero silenziosamente le scale, ritrovandosi in uno degli innumerevoli salotti del maniero Flare, l'unico con il quale il camino era direttamente collegato ad uno sul confine inglese. «Arriveremo al confine, dopo dovremmo utilizzare i mezzi babbani.»

«Controllano anche le smaterializzazioni?» chiese Ker irrompendo nel salotto sistemandosi i polsini della sua camicia blu notte.

Moros alzò le spalle. «È un regime, io li controllerei.»

Ker fece un segno di assenso e infilò gli occhiali. «Me li hai copiati.» disse guardando la sorella.

Eris ghignò. «Ti piacerebbe.»

La polvere volante fu lanciata nel camino e prima che Eris potesse farsi prendere dal panico pensandoci, Ginevra entrò nel salotto con una tazza di the nelle mani.
Saltò dallo spavento. «Che ci fate alzati sono le sette.» chiese senza troppa attenzioni sorpassandoli e raggiungendo una delle poltrone.

Eris alzò un sopracciglio. «Che ci fai tu alzata?» chiese.

Lei sbuffò esasperata afferrando il giornale. «Beh quando dopo aver partorito la mia vescica non è stata mai piú la stessa. Qual è la vostra scusa?»

Ker roteò gli occhi al cielo. «Andiamo in una missione suicida.» disse afferrando un pugno di polvere volante.

Lei strabuzzò gli occhi e le labbra di Eris si aprirono in un sorrisetto. «Se vostro padre paga un'altra cauzione credo che sarà la volta buona che vi seppellisce.» detto questo tornò al suo giornale.

Moros sorrise. «Ci vediamo a cena.» entrarono tutti e tre nel camino.

«A te l'onore.»

«Glasglow.» disse Ker.



Spuntarono fuori dal camino di una lugubre locanda, ma quando raggiunsero l'esterno, il primo bisogno di Eris fu quello di scuotersi tutta la polvere con un incantesimo di sua invenzione.
«Repurgo Pulvis.» mosse la bacchetta come per esercitare un levicorpus, dopo una manciata di secondi era completamente pulita.

I suoi fratelli si stavano scrollando la polvere come tutti i normali maghi, ma ormai conoscevano le sue abitudini e avevano perso la loro di prenderla in giro. «Andiamo.» disse lei e si diressero fuori.

La cittadina era ancora addormentata, o almeno in parte. Era il posto piú vicino dove smaterializzarsi. «Se ci fosse una passa porta.» Ker comiciò a lamentarsi.

«Potrebbe essere sotto il controllo del ministero, ci toccherà prendere un treno.» sbuffò Moros, odiava i mezzi babbani.

Eris puntò la bacchetta davanti a se, esprimendo con incantesimi non verbali una rilevazione magica. C'erano solo due maghi nell'arco di un chilometro, la zona era pulita.
Si diressero verso la stazione vicina, i pochi babbani presenti li guardarono straniti, ma per essere dei maghi erano vestiti in modo abbastanza convenzionale, forse troppo eleganti.

«Ci fissano.» sussurrò Moros. «È divertente.»

Ker sbuffò esasperata. «Odio aspettare!» sbottò rude facendo voltare una signora davanti a noi.

«Beh naturale, sei sempre in ritardo!» ringhiò Eris.

Non rispose, limitandosi a storcere il naso.

Il treno che li raggiunse fece accapponare la
pelle di Moros, era completamente pieno di graffiti, sembrava piú lurido del pub nel quale erano arrivati. «Qui ci becchiamo venti malattie diverse.» mormorò disgustata Eris, «non toccate niente!»

Quando le porte si aprirono, puntò di nuovo la bacchetta, lanciando un incantesimo di rilevazione, nessun mago in tutti gli scomparti. Probabilmente erano gli unici a prendere un treno alle sette e trenta. I suoi fratelli presero posto, lei rimase in piedi, trasfigurò una monetina nella sua tasca in un fazzoletto e la utilizzò per mantenersi al poggia mani, dopo avrebbe bruciato tutto, persino se stessa.

«Hai eseguito piú incantesimi in cinque minuti che io in tutta la mia vita,» notò Moros «non ti annoi ad un certo punto?»

Non rispose, limitando a scuotere la testa.
Il treno partí.
Il viaggio sarebbe durato qualche ora, Eris non si sarebbe seduta nemmeno per tutto l'oro del mondo e i suoi fratelli pensarono bene di appoggiarsi l'un l'altro addormentandosi.

Dopo avrebbe bruciato anche loro.

Afferrò un libricino che aveva infilato in tasca con un incantesimo restringente e con una mano appesa e l'altra che sfogliava le pagine, passò quasi un'ora in equilibrio. Stava ripassando qualche nuovo incantesimo, non avrebbe dovuto avere questo libro, probabilmente il proprietario della biblioteca (suo padre) non se ne era ancora accorto.
Era un libro di incantesimi antichi, utilizzato dalle prime streghe di Salem. Le iscrizioni erano in galico e non il latino, sarebbe stato difficile impararne qualcuno, ma ci stava provando da settimane.

Il suo campo visivo venne occupato da un uomo che la stava raggiungendo, era il controllore.
Posò cautamente il libro in tasca e afferrò la bacchetta riposta nella manica, fece scivolare il legno sul suo guanto fino a raggiungere l'apice del dito indice.
«Signor-...» lo interruppe quasi immediatamente.

Senza pronunciarlo, Confundus.

Gli occhi del tizio divennero annebbiati per un instante. «Buon viaggio.» rispose allontanandosi.
Sospirò leggermente sollevata e guardò fuori dal finestrino.
Si stavano spostando a media velocità e lentamente il paesaggio stava lasciando spazio a
piccole cittadine una attaccata all'altra.
Sperava di non trovare spiacevoli sorprese una volta arrivati a Londra, almeno non il primo giorno.

I gemelli sonnecchiarono per un'altra ora, Moros aveva cominciato a russare, tanto che Eris era stata costretta a silenziarlo.
Quando arrivarono finalmente alla stazione di Londra, li svegliò con uno scappellotto, decidendo se ridare o meno la voce a Moros.
Dopo varie risate e qualche gestaccio da parte del fratello, scesero dal treno e il biondo riprende la parola.

La bacchetta di Eris restava nella stessa posizione di prima, lí il quantitativo di maghi era molto elevato. «State attenti.» mormorò ai fratelli, prima che si dividessero, un trio di gemelli maghi era facilmente riconoscibile.

A Londra le occhiate babbane diminuirono, sembravano semplicemente tre giovani ragazzi che si dirigevano a lavoro. Sgomitando tra la folla raggiunsero l'uscita, per ora nessun problema, ma erano solo all'inizio. Camminarono distanziati per un po' tra le strade londinesi, confondendosi perfettamente con gli altri, l'unica differenza era che le loro bacchette erano prontamente strette tra le mani.
Eris rilevava maghi ogni cinque metri.
L'edificio si trovava a pochi isolati, dovevano trovare un punto per osservare.

Si avvicinarono al palazzo. Con un gesto Eris indicò di entrare in una delle case vicine.
Con un incantesimo aprirono il portone principale e scelsero un appartamento con una visuale completa sulla casa.
L'appartamento al terzo piano degli Smith sembrò il piú consono.
Con un incantesimo rilevatore avevano percepito due adulti e un bambino. «Veloci e puliti, uno a testa.» disse Moros prima di aprire la porta principale.

La madre, il padre e la bambina erano seduti a tavola, l'uomo li guardò strizzando gli occhi.
«Voi chi siete?» disse mettendosi in piedi. «Come siete entrati in casa mi...-»

Con un paio di incantesimi gli adulti vennero pietrificati e portati in camera da letto dalla sorelle, mentre Moros giocava con la bambina. «Perché la mocciosa è sveglia?» chiese Eris allentando di poco la cravatta.

Moros la fece saltellare tra le sue braccia. «È cosí carina,» le accarezzò il naso. «non potevo pietrificarla.»

Ker raggiunse la stanza. «Pietrificus totalus.» la bambina diventò improvvisamente pesante.

Moros la guardò male. «Sei un mostro.»

Dopo aver eseguito qualche incantesimo di protezione e dopo aver disilluso le finestre, si accomodarono al davanzale, uno a fianco all'altro, con il caffè lasciato dai signori Smith che barcollava verso di loro all'interno delle tazzine a fiori.

«Il civico non era 12?»

Eris strinse gli occhi. «È sotto incantesimo, probabilmente per evitare che i babbani curiosassero.» sospirò e si fece cadere sulla sedia.

Moros corresse il suo caffe con un goccio di alcol trovato in una credenza sul lavandino. «Che noia questi babbani!» esclamò. «Hanno solo questa merda.»

«Non siamo in un hotel a cinque stelle Morry, bevi e non lamentarti.» Ker tentò di lasciare aperti i suoi occhi.

«Cosa aspettiamo esattamente?» chiese Moros. «Non mi sembra molto produttivo.»

Eris sospirò esasperata. «Voglio vedere come si comportano se qualcuno prova ad entrare. Ora mandiamo uno dei babbani.»

Ker la guardò di sottecchi. «Non possiamo rischiare che li facciano fuori.»

«Allora vado io» disse alzandosi, si sistemò il vestito «Ker hai portato qualcosa per la comunicazione?» chiese.

Ker si alzò frugando nelle tasche. Tirò fuori tre braccali in acciaio. «Striscia il dito una volta per indicare via sicura, due per un mangiamorte. Ci smaterializzeremo, nel frattempo io e Moros rimaniamo qui e controlliamo la strada.»

Eris annuí. «Attaccate solo se necessario, lo stesso vale per la questione uccidere.» non aspettò la risposta dei fratelli e uscí dalla porta.

Scese le scale a due a due, controllando di avere tutto, attraversò la strada e dopo aver dato un occhiata, si appurò che era tutto deserto. Estrasse la bacchetta. «Finite incantatem.» e dopo un breve tremore, lo spazio tra il 13 e l'11 di Grimmauld Place si aprí rivelando l'esistenza di un secondo appartamento.

"Casa dei traditori del sangue"

Una scritta che sembrava fatta di sangue macchiava le pareti esterne dell'edificio. Eris non si fece intimorire, camminò ferma verso la porta.
Per ora nessuna traccia di mangiamorte ma sapeva sarebbero arrivati, disilluse la casa e forzò la serratura.
Chiuse la porta alle sue spalle, puntò la bacchetta davanti a lei e notò un pavimento polveroso. «Finite incantatem.» recitò ancora e la polvere sparí, per poi riapparire sotto forma di una strana figura.

Un incantesimo per spaventare qualcuno. Prima che l'essere polveroso potesse avvicinarsi, con un incantesimo non verbale lo arrestò, facendolo tornare polvere. «Lumos.» cominciò a camminare per il lungo corridoio.

Le mura dell'appartamento erano intrise di magia oscura, poteva avvertirlo dalla sua pelle che si accapponava. Molte pareti erano state parzialmente abbattute, c'erano molte stanze, decise di entrare nella prima a destra.

«Revelio.»

Vuota. Continuò a curiosare in giro, salí le scale che conducevano al primo piano e mentre girava in un corridoio, vide nell'angolo a destra, quello che le sembrava uno scheletro. Si avvicinò e si accovacciò verso quello che prima sembrava essere un uomo sulla quarantina, o forse di piú.

Indossava degli abiti babbani, ma aveva ancora la bacchetta stretta tra le mani, sembrava ancora integro, era stato l'anatema di morte.
Sospirò. «Che la tua anima risposi nell'aldilà.» mormorò per poi alzarsi e continuare la visita spettrale.

Notò che una delle camere era chiusa a chiave.
«Interessante.» non era possibile che i mangiamorte non avessero controllato, qualcuno era venuto dopo il massacro.

Aprí la porta e raggiunse una stanza che assomigliava piú ad un salotto. Un pianoforte a coda si trovava davanti ad un camino, tra i due un divano con coperte sfatte, qualcuno aveva dormito qui poco tempo fa. Si accovacciò ed estrasse un po' di cenere dal camino, era ancora tiepida. Un rumore alle sue spalle tradí l'uomo ossuto che le stava puntando una bacchetta, prima di voltarsi, toccò due volte il bracciale.

Aveva ancora la bacchetta stretta tra le mani, lui non si era accorto che l'aveva sentito. Portò la punta sotto la sua ascella puntandola verso l'uomo «Stupeficium.» recitò e sentí il tonfo del suo corpo sul pavimento.

Si voltò ritrovandolo appoggiato con una mano al piano forte, le lanciò un incantesimo che fu bloccato senza sforzo. «Sei un mangiamorte?» gli chiese Eris calma come al solito.

Stava ripulendo i suoi guanti. Lui si limitava a fissarla senza rispondere. «Non te lo chiedo di nuovo.» precisò.

Lui scosse la testa. «Bene,» sospirò. «Sei un membro della resistenza?» chiese.

Non rispose. «Senti» sbottò. «Non ho tempo da perdere.» puntò la bacchetta, legilimens.

Vide nella sua mente una sofferenza inaudita, vide uno scorcio di luna piena, una donna dai capelli stravaganti con un bambino tra le braccia deportata dai mangiamorte, vide Harry Potter torturato con la maledizione cruciatus, una donna con i capelli ricci e lo sguardo folle torturare anche lui, i ricordi si fecero confusi e dopo aver appurato la sua teoria, abbassò la bacchetta.

Moros e Keres raggiunsero la camera con il fiatone. «Oh,» Eris si voltò a guardarli «ce l'avete fatta!»

«È un mangiamorte?» chiese Ker indicando l'uomo che fissava Eris stupito.

Lei scosse la testa e gli porse una mano, lui l'afferrò titubante e si mise in piedi. «È un membro dell'ordine.»

«O quello che ne resta.» precisò pulendosi i vestiti. «I gemelli Flare.» disse stupito. «Quindi è morto davvero.» continuó in un sussurro.

«Ti aveva avvertito che saremmo venuti?» chiese Moros leggermente stranito.

Lui annuí. «Ci aveva avvertiti che stava per morire. Vi ho aspettati per due giorni, non vi immaginavo cosí.» indicó i loro abiti.

Eris rimase seria. «Ci dispiace aver deluso le sue aspettative, signor?»

Lui sembrò ridestarsi. «Remus, Remus Lupin.» non gli porse la mano. «Voi siet-...» lo interruppe.

«Eris.» si indicò. «Loro sono Keres e Moros.»

«Ker.» la corresse la sorella guardandosi in giro.

Lui annuí. «Accomodatevi.» indicò il divano.

Moros e Ker si lanciarono a capofitto, Eris rimase in piedi incrociando le braccia al petto, Lupin lo notò ma non disse nulla, quasi come se lo sapesse.
«Come avete viaggiato?»

Porse ai ragazzi dei bicchieri con dell'acqua. «Non ce l'hai del whisky?» chiese Ker beccandosi una gomitata.

«Metropolvere fino a Glasgow, poi treno fino a King's Cross.»

Lui sorrise. «Prudenti.» era visibilmente meravigliato, questo aumento l'ego di Eris (già grande a dismisura) «Però mi dispiace informarvi che l'Horcrux non è piú qui.»

Eris strinse gli occhi in due fessure. «Come non è piú qui?» chiese cercando di restare calma.

Lupin si mise seduto. «Quando sono entrati e hanno cominciato ad attaccarci, l'Horcux era stato appena recuperato da Harry, l'aveva portato qui perché non sapeva come distruggerlo.
Loro sono entrati qualche giorno dopo, l'avevano appena catturato a Hogwarts. Abbiamo affidato l'oggetto all'elfo domestico di casa Black.»

Ker rise. «Avete affidato un oggetto cosí importante ad un elfo domestico?»

Lupin rimase serio. «Kreacher era fedele alla famiglia Black, fedele al suo padrone Regulus Black, l'oggetto è un medaglione appartenuto a lui e rubato da tu-sai-chi» poi i suoi occhi si invasero di panico. «Non dite il suo nome, è taboo.» precisò per poi calmarsi.

I gemelli annuirono. «Affidarlo a lui era un piano perfetto.»

«L'hanno trovato?» chiese Moros.

Remus sospirò. «Torturato fino alla morte. Aveva ingoiato il medaglione dopo averlo rimpicciolito.»

Rimasero qualche secondo in silenzio. «Dov'è ora?»

Gli occhi vitrei di Remus raggiunsero quelli ambra di Eris. «Il maniero dei Nott, è custodito lí.» sospirò. «Entrarci è impossibile, o almeno lo è stato per noi.» si alzò di scatto e raggiunse il pianoforte, estrasse quella che sembrava una planimetria e la fece cadere sul tappeto dove si trovavano i ragazzi.

Eris si abbassò. «Ker mettiti a lavoro.» disse alla sorella che cominciò a studiare l'edificio insieme a Moros.

Li lasciò lavorare in pace e uscí trascinandosi tra una stanza all'altra, l'odore tetro della morte aleggiava e si nascondeva come un'ombra nei punti dove gli occhi di Eris non la raggiungevano.
Arrivò in una camera socchiusa e con il piede a punta aprí la porta.
Sembrava la stanza di un adolescente, poster di quidditch e di band musicali adornavano le pareti, un letto a baldacchino con le tende in rosso e in oro, probabilmente lo stemma grifondoro della casa di Hogwarts.

Una fotografia impolverata sul comodino ritraeva quattro ragazzi appollaiati ad un albero, si spingevano l'un l'altro. La ripulí con lo stesso incantesimo usato su lei e la rese di nuovo limpida. «Probabilmente siamo solo in due ora» Remus arrivò alle sue spalle «non saprei dire se Minus sia ancora vivo.»

Non sapeva di chi parlasse. «Era camera tua?» chiese.

Lu ridacchiò scuotendo la testa. «No, era di Sirius, Sirius Black, un mio amico.» rispose con un magone.

«È morto qui?» chiese con poca delicatezza, Lupin non le disse niente.

Scosse la testa. «Quasi sei anni fa, Bellatrix Lestrange, tu...» guardò verso di lei «probabilmente l'hai vista.»

Annuí. «La riccia.» disse soltanto «Quella donna» si stava riferendo alla donna con i capelli colorati. «E quel bambino, sono tuoi?»

Lui annuí e vide le lacrime formarsi ai suoi occhi. «Li hanno portati via qualche mese fa, sono ad Azkaban.»

«Anche Potter è lí?»

«Sono tutti lí.» precisò asciugandosi gli occhi con la manica.

Eris rimase in silenzio, incerta su cosa dire. «Come mai avete accettato?» chiese poi Lupin.

«Nessuna motivazione in particolare.» affermò sperando che la conversazione potesse finire lí.

«L'aveva detto che eri di poche parole.» ridacchiò.

Aggrottò le sopracciglia. «Chronos?» chiese incrociando le braccia.

Annuí. «Non avevate un bel rapporto immagino.»

«Formale.» si limitò a rispondere mentre posava gli occhi sulla libreria che giaceva vicino alla finestra.

«La sua morte non deve avervi turbato.» affermò affiancandola.

Scannerizzò con lo sguardo i vari volumi, molti di quelli li aveva letti. «Mi turba di piú tutta la polvere su questi mobili.» fece levitare un libro con un semplice incantesimo.

«Mi aveva accennato che eri particolarmente efficiente con gli incantesimi non verbali.»

«Particolarmente efficiente.» ripetè sprezzante.

Lupin rise. «Parlava di voi spesso.» ci tenne a riferirle «piú di quanto lo facesse direttamente con voi immagino»

«La sua immaginazione non la tradisce. Perchè non sei morto?» gli chiese a bruciapelo.

«La morte ha deciso che non era ancora la mia ora.»

Ma Eris l'aveva visto. «Sei un lupo mannaro.» affermò «ti ha risparmiato perché sa come punirti.» trasse la sua conclusione.

Lui la guardò. «Avresti fatto amicizia con Hermione, lei si che è una strega perspicace.»

«Speriamo di avere l'occasione allora.» decise che la conversazione sarebbe finita lí, decretandolo uscí dalla stanza e raggiunse i suoi fratelli al piano di sotto.

Nella sala principale del 12 di Grimmauld Place, il tavolo di mogano era stato ripulito alla meglio, ora ricoperto di mappe srotolate, pergamene annotate e calici di vino dimenticati dai precedenti occupanti. Ker era china sulla planimetria del maniero dei Nott, tracciando linee con un dito guantato, mentre Moros, con la solita aria noncurante, scarabocchiava appunti con una penna piuma.

Quando Eris entrò nella stanza, seguita da Remus Lupin, i gemelli sollevarono lo sguardo. Ker si spostò per lasciare spazio ai nuovi arrivati, mentre Moros lanciò un'occhiata indolente verso di loro.

«Finalmente,» borbottò Ker, spingendo una delle pergamene verso Eris. «Abbiamo trovato un modo per entrare. Non è elegante, ma funziona.»

Eris si sedette, studiando la mappa con attenzione. Lupin si avvicinò in silenzio, il suo volto serio mentre osservava i dettagli.

Ker indicò con precisione una sezione del maniero. «Questo è il punto chiave: l'ingresso sud. È un'area poco sorvegliata perché i Nott non si aspettano che qualcuno sia così pazzo da entrarci direttamente. Ci sono delle trappole magiche, ovviamente, ma niente che non possiamo disattivare con un po' di tempismo.»

Moros aggiunse, con un tono rilassato: «Il vero problema non è entrare, ma uscire. Il maniero ha un sistema di sicurezza che si attiva automaticamente se qualcuno forza un'uscita non autorizzata. Siamo riusciti a identificare un paio di punti ciechi nei corridoi principali-qui e qui.» Indicò due aree sulla mappa con la punta della penna. «Dovremo coordinarci perfettamente per raggiungerli senza attivare gli allarmi.»

Ker si girò verso Lupin, incrociando le braccia. «Se hai un piano migliore, siamo tutti orecchie, ma dubito che questi maghi ossessionati dalla purezza del sangue abbiano lasciato molte altre opzioni.»

Lupin annuì lentamente. «È rischioso, ma sembra fattibile. Avete considerato il sistema di protezione della biblioteca centrale? È noto per essere estremamente complesso.»

Ker sorrise, un lampo di orgoglio nei suoi occhi ambrati. «Certo che sì. La biblioteca è l'unica stanza protetta da rune antiche, quindi eviteremo di passarci vicino. Puntiamo alla sala del trono, dove conservano la maggior parte degli artefatti importanti. Da lì possiamo deviare verso le cucine-un passaggio segreto conduce fuori dalla proprietà attraverso una vecchia cantina di vini.»

«E come sappiamo che quel passaggio è ancora utilizzabile?» chiese Eris, il suo tono calmo ma carico di dubbio.

Moros alzò un sopracciglio, un sorrisetto compiaciuto sul volto. «Perché manderemo un piccolo esploratore a controllare.» Con un movimento rapido, estrasse dalla tasca un piccolo oggetto: un topo magico con un minuscolo collare incantato. «Lo faremo gironzolare , se torna vivo, il passaggio é aperto.»

Eris sospirò, massaggiandosi le tempie. «Fantastico, un piano basato su un topo. Sembra proprio qualcosa che farebbe Moros.»

«Funzionerà, piccola miscredente.» rispose Moros con un tono calmo ma deciso.

Poi Eris si rivolse a Lupin.« Sarà dei nostri?» lo chiese solo per gentilezza, sperava che dicesse di no.

Lui la osservó e sembrò capire immediatamente. «Sono l'ultimo ancora in libertà dell'ordine, la mia morte implicherebbe quella di tutti gli altri.»

«Qui non é al sicuro.» Moros prese la parola. «Torneremo certamente a casa, se lei crede sia in pericolo, può venire con noi.» ma Lupin scosse la testa.

«Vi ringrazio per l'offerta.» abbassò leggermente il capo.

Eris prese la parola. «Bene» afferrò la planimetria e diede il suo bracciale à Lupin. «strisci due volte il dito e sapremo che si trova in pericolo.» lui lo afferrò senza controbattere.

Poi lanciò un occhiata ai fratelli. «Andiamo a risvegliare quei poveri babbani.»

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