Pozione Potenziante;




La luce del pomeriggio filtrava attraverso le grandi finestre della sala d'allenamento del maniero Flare, illuminando le travi di legno e le pareti decorate con antichi stemmi di famiglia. Al centro della stanza, Eris si trovava davanti a un pesante sacco da boxe sospeso a una robusta catena. Indossava pantaloni sportivi neri e una canotta aderente dello stesso colore, che lasciava intravedere la muscolatura tonica delle braccia. I suoi capelli neri, legati in una coda alta, ondeggiavano con ogni movimento.

Senza dire una parola, Eris alzò le mani avvolte da fasce bianche e colpì il sacco con un diretto destro preciso e potente. Il colpo fece oscillare la catena, e il suono sordo dell'impatto rimbombò nella stanza.

«Ancora troppo lento,» mormorò tra sé, aggiustandosi la postura e preparando il prossimo colpo.

Si muoveva con una fluidità quasi felina, bilanciando ogni passo con precisione. Un gancio sinistro seguì, poi un rapido uno-due, con il sacco che ondeggiava sempre più forte. Ogni colpo era accompagnato da un respiro deciso, quasi un ringhio, che riempiva l'aria.

Non era solo una routine di allenamento; era uno sfogo. Ogni pugno sembrava carico di una tensione invisibile, un misto di frustrazione e determinazione. Colpiva il sacco come se fosse un avversario reale, immaginando forse i volti di quelli che l'avevano sottovalutata o del nonno che aveva lanciato loro quella sfida assurda.

«Non basta,» borbottò di nuovo, aumentando il ritmo. Fece un passo indietro e poi uno in avanti, tirando un calcio circolare che colpì il sacco con una forza impressionante, facendo scricchiolare leggermente la catena.

Il sudore le imperlava la fronte, ma non rallentò. Continuò a colpire con una sequenza di pugni e calci che sembrava studiata al millimetro, quasi una danza di combattimento. Le sue mani si muovevano come un'arma ben calibrata, il corpo seguiva con precisione meccanica, ma l'intensità dei suoi occhi ambrati tradiva una furia interiore.

Dopo un ultimo diretto, così potente da far oscillare il sacco fino a farlo sbattere contro la parete vicina, Eris si fermò, piegandosi leggermente in avanti con le mani sulle ginocchia per riprendere fiato.

«Molto meglio,» mormorò, passandosi una mano sulla fronte per asciugare il sudore.

La stanza era silenziosa, fatta eccezione per il rumore del suo respiro e il leggero cigolio della catena che si assestava. Eris si raddrizzò, scrutando il sacco con un mezzo sorriso.

«Peccato che tu non possa rispondere,» disse piano, più a sé stessa che al sacco. Si stava sfogando per la frustante fine della conversazione avuta quasi due giorni fa con quegli ingrati dei suoi fratelli.

«Questo non cambia niente.» esordí Ker alzandosi dal bracciolo del divano. «È una missione suicida e poi quando mai ce ne fregato un cazzo degli inglesi.»

Moros non rispose, Eris sapeva dall'espressione sul suo volto che stava riflettendo. Era il tipo di persone che solitamente accettava le sfide, solo per puro divertimento, ma questa era una cosa seria, nel caso peggiore potevano morire.

Eris sospirò esasperata «Non lo farei per gli inglesi Ker.»

Ker rise. «Vuoi buttarti una missione suicida e sconfiggere un mago oscuro, solo perché vuoi dimostrare che sei la migliore?» Eris alzò un sopracciglio. Ker alzò gli occhi al cielo. «Si è una cosa da te.»

Si alzò dalla poltrona. «Perché pensi che l'abbia affidato a noi?» chiese Moros. «Andiamo non vi sembra strano? Noi? Quante volte è stato qui, forse due da quando siamo nati? Elios e Medea ricevevano una caterva di regali a natale, a noi nemmeno un bigliettino del cazzo.»

Eris riflettè. «Pensa che siamo sacrificabili.» intervenne e per una volta i tre furono d'accordo.

«Esatto.» ribattè Ker. «Pensa che a nessuno importa se moriamo, per questo non dobbiamo andarci, non gli dobbiamo un cazzo a quel vecchio decrepito di merda.» ora stava alzando la voce, ma Eris non la interruppe, sapeva che aveva ragione.

«Merlino.» imprecò Moros. «A me invece fa solo venire voglia di farlo, cazzo vaffanculo sono meglio di Elios.»

Eris rise ed anche Ker, nessuno era meglio di Elios e questo lo sapevano tutti, però continuavano a disprezzarlo. «Immaginate quanto si incazzeranno quando scopriranno che quel vecchio megalomane ha lasciato una cosa cosí a noi.» rise sprezzante.

Con quella battuta Moros aveva fatto capire che lui ci stava, due su tre avevano delle motivazioni moralmente sbagliate per farlo, ego e vendetta, ma a Ker non interessava. «Non lo farò, mi dispiace, sta volta mi tiro fuori.»

«Cacasotto.»

Ker rise.«Sai una cosa Eris? Non siamo tutti dei pazzi psicotici che sperano di crepare adornati di gloria.»

Eris non si scompose «Lo prendo come un complimento.» Moros rise.

Ker gli fece il medio «Andate a farvi fottere.» chiuse la porta alle sue spalle.

«È produttivo spaccarti le nocche fino a fartele sanguinare?» chiese Moros entrando in palestra, teneva tra le mani una boccetta color rosso fuoco, che faceva saltellare da una mano all'altra.

Eris la notò subito. «Con quale diavoleria vuoi uccidermi sta volta?» chiese, l'ultima volta che Moros le aveva fatto provare qualcosa, era finita in ospedale per quasi due giorni, le stava per esplodere il fegato.

«Questa.» sollevò la boccettina fino agli occhi della sorella. «È una pozione di potenziamento.» Eris aggrottò le sopracciglia e lui rise, amava tenerla sulle spine.

Moros era un pozionista eccellente, a Salem aveva passato gli esami con i migliori voti. «Una goccia di questa ti rende piú forte di circa dieci volte, ma non solo piú forte, ti rende agile, veloce.» la aprí porgendogliela.

La sorella la annusò, sentí un odore spaventosamente dolce, sembrava una caramella alla fragola. Lo guardò stringendo gli occhi. «Effetti collaterali?»

«Diventi immediatamente una brava persona.»

Roteò la lingua della guancia, lo faceva quando non voleva rispondere male a qualcuno. La avvicinò alle labbra, tenendo lo sguardo fisso sul fratello, ad ogni minimo accenno di sorriso l'avrebbe lanciata sulla parete. Una goccia di pozione le cadde sulla lingua. Un calore le fece tremare le viscere, respirò e l'aria sembrava gelida, il contrasto le fece male le coste per qualche secondo e chiuse gli occhi.

Quando li aprí, si accorse che il mondo era diventato improvvisamente piú limpido, come se le ombre si fossero amplificate e il suo fegato sembrava ancora integro. «Prova a dare un pugno a qualcosa.» disse Moros osservandola attentamente, quando la guardò sul viso fece un passo indietro, ma Eris non se ne accorse.

Si rivolse verso il sacco. «Nono qualcos'altro. Prova con la colonna, mi raccomando quella non portante.» si grattò la testa.

Eris si accigliò. «Potrei spaccarmi le mano, lo sai vero?»

«Non hai mai tirato un pugno del muro?» chiese scarabocchiando sul suo taccuino. «Non l'hai tirato alla festa di fine anno quando Ker si è ubriacata e ti ha vomitato addosso? Non ne hai dato un altro quando papà ti ha sequestrato le lance? O l'hai tirato anche quando Gisel-...» la sorella lo interruppe.

«Va bene Moros hai dimostrato di avere una memoria di ferro. E probabilmente io ho un problema di gestione della rabbia.» sussurrò l'affermazione finale e si avvicinò alla colonna.

Strinse il pugno e notò che la stretta era forte, le facevano addirittura male le nocche. Portò il gomito indietro e caricò verso la colonna.
Con grande sorpresa di entrambi, parte del cemento che la componeva fu scaraventato dall'altra parte della stanza.

Moros fece un passo all'indietro e rise. «Funziona.» affermò salterellando come una scolaretta. «Devo solo sistemare gli occhi.»
Eris lo guardò stranita e poi si avvicinò allo specchio nella sala.

I suoi occhi erano di un meraviglioso arancione brillante.




La stanza giochi e relax del maniero Flare era un paradiso di lusso e stile, progettata per soddisfare qualsiasi capriccio. Pareti ricoperte da una boiserie in legno scuro incorniciavano scaffali pieni di giochi da tavolo antichi e moderni, mazzi di carte incisi a mano e persino un biliardo perfettamente lucido. Un grande camino al centro della parete opposta emanava una luce calda, riflessa da enormi finestre che lasciavano entrare i raggi del tramonto. Al centro della stanza, un tavolo rotondo di mogano troneggiava, circondato da poltrone imbottite.

Ker entrò con il suo solito fare spavaldo, lanciando un'occhiata distratta alla stanza. I suoi fratelli erano già seduti al tavolo, Moros intento a mescolare le carte con un'aria rilassata, ed Eris, sempre impeccabile, che osservava tutto con il suo solito sguardo glaciale.

«Ok, che volete?» disse, lasciandosi cadere su una delle poltrone e appoggiando gli stivali sul bordo del tavolo, ignorando lo sguardo di disapprovazione di Eris. «Non vi vedo mai così entusiasti per una partita a carte. Cos'è questa storia?»

Moros le sorrise con aria innocente, continuando a mescolare. «Non possiamo voler passare del tempo con la nostra sorellina? Sai, famiglia e tutto il resto.»

Ker lo fissò, alzando un sopracciglio. «Voi due che mi invitate a giocare a carte per passare del tempo? Qualcosa puzza, e non sono i vostri ridicoli tentativi di sembrare amichevoli.»

«Oh, Ker,» intervenne Eris con un sorriso sottile, «sei così sospettosa. Non possiamo davvero voler condividere una serata tranquilla?»

Ker li fissò entrambi per un momento, prima di aggrottare le sopracciglia. «Sapete che sono allergica alla vostra tranquillità. Andiamo, sputate il rospo.»

Moros rise, distribuendo le carte. «Calma, calma. Almeno gioca una mano prima di accusarci di complotti. Qui non c'è nessun rospo da sputare. Solo divertimento. Sei ancora brava come ai vecchi tempi o sei arrugginita?»

Ker prese le carte che le erano state distribuite, scrutandole con attenzione. «Non mi battevate nemmeno allora, non inizierete adesso. Ma se questo è il vostro modo di farmi abbassare la guardia, siete patetici.»

Il gioco proseguì per qualche minuto in un clima relativamente sereno. Ker, che si stava rilassando, stava accumulando le fiches con il suo solito talento naturale per il bluff. Ma proprio quando stava per lanciare una battuta sarcastica, Eris le lanciò una frecciatina sottile.

«Certo, sarebbe bello vedere come te la caveresti con qualcosa di un po' più impegnativo. Tipo... una caccia al tesoro?»

Ker si irrigidì, posando le carte sul tavolo e fissando la sorella. «Davvero? Mi avete fatto venire qui per parlare di quella follia?»

Moros alzò le mani in segno di resa, ma il sorriso sulle sue labbra tradiva il fatto che lo trovasse divertente. «Ker, non essere così drastica. Pensaci. Non sarebbe male un po' di avventura. Te la caveresti alla grande. Forse anche meglio di noi.»

Ker si alzò dalla sedia con un movimento secco, puntando lo sguardo prima su Moros e poi su Eris. «Oh, non ci posso credere! Mi avete portata qui con questa scusa ridicola solo per provare a convincermi? Davvero? Questa è la vostra idea di strategia?»

Eris mantenne il suo aplomb, incrociando le mani sul tavolo. «Non è strategia, Ker. È pragmatismo. Sappiamo che senza di te, sarebbe molto più difficile. Sei la più abile tra noi. Lo sai anche tu.»

Ker scoppiò a ridere, ma il suono era più di esasperazione che di divertimento. «Ah, quindi ora avete bisogno di me? Interessante, perché di solito sono quella che vi fa venire voglia di sbattere la testa contro il muro.»

Moros si alzò e le si avvicinò, cercando di placarla con un tono più leggero. «Ker, non farla così grossa. Pensaci. Non lo facciamo per il vecchio. Non lo facciamo per nessuno, se non per noi stessi. È la nostra occasione di dimostrare che non siamo solo quelli dimenticati da tutti.»

«Ah, e dimostrare cosa, esattamente?» ribatté lei, puntandolo al petto con un dito. «Che possiamo morire come degli idioti per un piano che nemmeno conosciamo? Grande idea, Moros. Davvero geniale.»

Eris intervenne, il suo tono calmo ma pungente. «Non è questione di morire. È questione di scegliere. Rimanere qui, continuare a lamentarci di come siamo stati trattati, o fare qualcosa. Forse anche qualcosa di grande.»

Ker li fissò entrambi, la rabbia brillando nei suoi occhi. Dopo qualche secondo, scosse la testa, voltandosi verso la porta. «Sapete cosa? Fatelo voi, se siete così convinti. Io non ho intenzione di farmi ammazzare per questo. E smettete di farmi perdere tempo con le vostre stronzate.»

Con un movimento brusco, aprì la porta e uscì, lasciando Moros ed Eris in silenzio, mentre il suono dei suoi passi rimbombava lungo il corridoio del maniero.
Eris e Moros si scambiarono un'occhiata rapida, uno di quei silenziosi dialoghi che solo i gemelli potevano comprendere. Moros annuì impercettibilmente, e fu Eris a prendere l'iniziativa. Si alzò con calma, aggiustandosi il completo e avanzando verso la porta che Ker aveva appena sbattuto dietro di sé, per la seconda volta.

«Ker,» chiamò con voce ferma, senza alzare il tono. «Torna qui. Dobbiamo parlare.»

Dall'altro lato della porta si udì un rumore, forse un piede che colpiva un mobile per la frustrazione. Dopo qualche secondo, la porta si aprì con uno scatto e Ker comparve, la mascella serrata e gli occhi ambrati che brillavano di una rabbia trattenuta.

«Sei venuta a convincermi? Risparmia il fiato, non ci vado,» disse puntando un dito contro Eris. «Non mi interessa cosa pensate, non mi interessa Elios, Medea o quel vecchio bastardo. Non sono sacrificabile, e non devo dimostrare niente a nessuno.»

Moros, che nel frattempo si era avvicinato, si appoggiò al bracciolo del divano con un sorriso disinvolto. «Sacrificabile? Ker, tu? La donna che potrebbe combattere con un braccio legato dietro la schiena e vincere comunque? Non diciamo sciocchezze.»

Ker gli lanciò un'occhiata tagliente. «Non è una questione di capacità, Moros. È una questione di principio. Non mi faccio usare da un vecchio che ci ha ignorati per tutta la vita.»

Eris incrociò le braccia, osservandola con calma glaciale. «Questo non riguarda lui. Non si tratta di farlo per il nonno. Si tratta di farlo per noi. È la nostra occasione per dimostrare che non siamo solo un contorno nelle vite degli altri. Non siamo i gemelli dimenticati. Siamo Flare.»

Ker scoppiò a ridere, un suono amaro e privo di gioia. «Siamo Flare? Eris, siamo stati il fondo della lista di priorità della nostra famiglia per tutta la vita. Non credo che questa caccia al tesoro cambierà qualcosa.»

Moros alzò le mani in un gesto di resa apparente. «Okay, okay, capisco il tuo punto. Ma ascolta, Ker: pensa a quanto sarebbe soddisfacente dimostrare a tutti che siamo migliori di Elios e Medea. Che, nonostante tutto, siamo noi quelli scelti per questa missione impossibile. E se è impossibile, beh, meglio. Quando ce la faremo, sarà ancora più epico.»

Ker si voltò verso di lui con uno sguardo gelido. «Oh, certo. Perché tu non stai nemmeno pensando a come potremmo morire. Non è così, Moros? Il tuo ego è già pronto per il finale glorioso.»

Moros fece spallucce, mantenendo il suo sorriso. «Sì, forse un po'. Ma ammettilo, Ker. Non è un po' divertente l'idea di fargliela vedere a tutti?»

Eris intervenne prima che Ker potesse rispondere. «Non è questione di divertirsi. È questione di prendere in mano il nostro destino. Se non lo facciamo, resteremo sempre lì, in disparte, a guardare gli altri vivere le loro vite mentre noi ci limitiamo a sopravvivere.»

Ker si zittì, fissandola. La rabbia nei suoi occhi era ancora lì, ma qualcosa nella determinazione di Eris sembrava averla toccata. «E se falliamo?» chiese infine, con un tono più basso.

Eris fece un passo avanti, fissandola negli occhi. «Se falliamo, almeno sarà stata una nostra scelta. Non ci avrà fatto fallire lui, né Elios, né nessun altro. Saremo noi a decidere come finisce la storia.»

Ker rimase in silenzio per un lungo momento, poi sospirò, passandosi una mano nei capelli biondi. «Siete dei pazzi. Tutti e due.»

Moros sorrise, sollevando le mani. «Ehi, pazzi sì, ma siamo i tuoi pazzi.»

Ker lo fissò, e infine, con un gesto esasperato, alzò gli occhi al cielo. «Va bene. Ma se uno di noi muore, giuro che vi trascino con me negli inferi .»

«Faremo un salto da zia Persefone.» disse Moros con una risata, mentre Eris si limitava a un cenno soddisfatto.


Rimasero a lungo all'interno della sala giochi.
Dovevano raccogliere le idee e soprattutto dovevano escogitare una strategia efficace, poco tempo e pochi morti.

«Questo tizio è davvero fuori di testa,» Ker stringeva tra le mani un articolo di giornale «ha diviso la sua cazzo di anima in sette parti, non credevo nemmeno esistesse l'anima.»

«I mangiamorte sono i seguaci del signore oscuro Lord Voldemort.» cominciò a leggere Moros. «Hanno giurato eterna fedeltá alla causa del loro signore e padrone, insieme a lui perseguono la via della purezza del sangue.»

Eris roteò gli occhi al cielo. «Purezza del sangue? Davvero?»

Moros fece spallucce. «Il segno riconoscitivo è una maschera sul volto che nasconde la loro identità, ma le famiglie coinvolte sono note, la maggior parte fa parte delle sacre 28. Un altro segno di riconoscimento, forse il piú importante, che indica i seguaci piú vicini al signore oscuro, è il marchio nero presente sull'avambraccio sinistro. Il segno è composto da un teschio e un serpente ad esso attorcigliato.» terminò di leggere lanciando l'articolo sul tavolo.

Eris si portò due dita a pizzicarsi la fronte. «Quindi dobbiamo rubare dei giocattoli magici che un pazzo megalomane ha impregnato con la sua anima, senza farci uccidere una banda di ragazzine che si tatua il simbolo dell'amicizia e si veste da Halloween.»

«Non avrei potuto riassumerlo meglio di cosí.» affermò distrattamente Ker mentre sfogliava l'ennesimo giornale, stavano cercando piú notizie possibili, volevano indentificare almeno il punto di partenza.

Moros si serví l'ennesimo bicchiere di vino. «Come è stato catturato il ragazzo, come si chiama, Herby?»

Eris frugò nei vari giornali sul tavolo. «Ecco,» lo spiegazzò. «Harry Potter, o anche noto come il bambino sopr-...» una macchia di whisky. «Cazzo Ker smettila di bere.» con un gesto fece scomparire il bicchiere della sorella.

Si guardò la mano esterrefatta. «Come diav-... Ehi il mio bicchiere.»

Eris strisciò la lingua nell'interno della guancia. «Il bambino sopravvissuto, è stato catturato nei pressi di Hogwarts, nel tentativo persuadere gli studenti a finchè combattessero per la sua causa.» storse il naso e alzò gli occhi dal giornale. «Non c'erano due Horcrux a Hogwarts?»

Moros annuí. «Si è fatto beccare.»

«Con lui sono stati catturati la sua amica sangue sporco, fottuti barbari.» imprecò. «Hermione Grenger e il suo amico mago, Ronald Weasley, tenuti sottocustodia del regime.»

«Mi correggo, si sono fatti beccare.» disse Moros. «Queste informazioni sono inutili, non possiamo parlarci comunque. Dobbiamo capire da cosa iniziare.»

Ker annuí. «Forse dovremmo iniziare da Londra.» propose. «C'è stato un genocidio, 22° Grimmauld place. Era il quartier generale, potrebbe esserci qualcosa di interessante.»

Moros aggrottò la fronte. «Non credo sia una buona idea presentarci in un appartamento dove è stato compiuto un genocidio in pieno giorno. Bussiamo e poi? Buongiorno, si cerchiamo degli Horcrux, ne avete visti un paio in giro?»

Eris sbuffò esasperata. «Hai ragione.» Moros mise su un sorrisetto compiaciuto. «Controlleranno sicuramente il posto, non credo ci abiti qualcuno comunque.»

Ker sospirò. «Come potrebbero sapere che siamo lí per gli Horcrux?»

«Beh siamo i suoi nipoti, potrebbe pensare che ci abbia affidato la missione.» rispose Moros.

«Io non lo penserei.» mormoró Eris.

«Beh se cominciano a sospettarlo facciamo parlare te, sei il nostro miglior diversivo.»

Moros le fece il medio. «Dobbiamo travestirci, non che tu ne abbia bisogno Ker, non ti togli quella maschera di Halloween dalla faccia da almeno quattro anni.»

Fu il suo turno di fare il medio. «Come dicevo, con due coglioni come voi, non lo penserei.» gli occhi di entrambi scattarono su di lei. «Ma non possiamo rischiare, dobbiamo entrare con attenzione, analizzeremo la casa prima di farlo, qualche ora di appostamento non farà male a nessuno.» guardò la sorella. «Appostamento significa osservare i passanti, non ubriacarsi fino al coma etilico.»

La volta precedente, mentre per puro divertimento, stavano recuperando un libro antico da regalare a Moros per i suoi esperimenti (recuperare suona meglio di rubare, di certo avevano abbastanza soldi per comprarlo, ma in un tipico mercoledí pomeriggio, nella gioia post pranzo, era sembrato allettante fare qualcosa di estremamente illegale), Eris era rimastata appostata per quasi mezz'ora mentre Ker osservava i passanti seduta ad un bar.

La quantità di vomito che quest'ultima riversò sul libro, fu quasi pari alla cauzione che dovette pagare Ares per farle scagionare. Moros aveva riso cosí tanto che si era completamente dimenticato del suo regalo.

«Mi comporterò come meglio credo.»

Eris si alzò, erano quasi le due del mattino. «Bene, andremo domani mattina.»

La seduta si sciolse e tutti e tre si ritirarono nelle loro stanze. La camera di Eris si trovava tra quelle dei due fratelli, Moros mormorò un buona notte e sparí dietro la sua porta. Non vedeva l'ora di crollare a letto, era stata una lunga giornata estremamente estenuante.

Eris appoggiò la mano ancora stretta nei suoi guanti sulla sua. «Comunque.» sputò Ker. «Non penso davvero che sei una psicotica.» le disse.

Eris strinse gli occhi in due fessure. «Mi hai detto che sono una pazza psicotica.»

Ker rise e scomparve nel bagliore bluastro di camera sua.

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