Bourbon;




Uno sfortunato evento o , forse, solo destino, volle che quel giorno Eris non riuscisse a trovare i suoi guanti in pelle di drago.
Li aveva fatti commissionare a posta dalla Romania, lì avevano una quantità di draghi invidiabili, ne aveva sempre voluto uno suo.

Era questo il suo problema, la sua mente si affollava di pensieri poco produttivi, dove cazzo erano i suoi guanti?
Si avvicinó al punto che le sembró l'ultimo sul quale li aveva visti. Non li toglieva mai, non poteva sopportare il fruscio dell'aria sulla sua pelle delicata. Racchiuse le mani nella federa della giacca e continuó la ricerca sentendosi come un paziente psichiatrico.

Armadio.

Bagno.

Gabinetto.

Sopra il letto.

Sotto il letto.

Non era una persona paziente. «Giselle!» tuonó intimidatoria.

La cameriera arrivó in pochi istanti, era paonazza, la signorina Eris non la chiamava mai, erano poche le occasioni, solitamente era il signorino Moros che strillava il suo nome per qualsiasi evenienza.
Abbassó di poco la testa. «Signorina Eris.» le disse con poca riverenza e una certa dose di disprezzo, lei lo colse ma era abituata, chiunque non fosse Flare li disprezzava.

«I miei guanti.» grugnì.

Lo sguardo della cameriera si addolcì stranamente, Eris si arrabbió, voleva solo i suoi guanti non un fottuto piagnisteo.
Mentre Eris si massaggiava la fronte con due dita, Giselle aveva trovato i suoi guanti, primo cassetto del comodino vicino alla finestra.
Non volle approfondire come si trovassero lì.
Li afferró facendo attenzione che le mani di Giselle non toccassero le sue e dopo averli infilati con cura, sentì l'aria tornare nella sua cassa toracica.

Giselle uscì e al suo posto entró quella cerca rogne di Ker, fece roteare gli occhi sulla cameriera, Giselle le lanció uno sguardo malizioso e sparì. «Ti scopi anche la cameriera ora?» le chiese con la sua migliore faccia disgustata.

Ker rise. «Mi diletto con quello che ho a disposizione, sorella.» le fece un mezzo inchino, aveva già un bicchiere di liquore stretto tra le mani.

«Cazzo Ker sono le dieci del mattino.» sbuffó. «Dov'è il mio bicchiere?» continuó facendo ridere la sorella, o meglio la sua bionda gemella.

Ker si avvicinó alla piccola vetrina in camera di Eris e tiró fuori del liquore alla liquirizia, ne versó un quantitativo corretto e lo porse alla sorella che lo mandó giù in un sorso disumano.
«Vacci piano.» le disse facendo lo stesso con il suo.

Poi il turno fu del secondo cerca rogne o meglio noto come Principe dei coglioni, Moros.
«Vi state ubriacando senza di me, piccole stronze ingrate.» Ker buttó gli occhi al cielo e preparó un bicchiere anche per Moros.

Moros, come un copione, eseguì lo stesso movimento delle sorelle. Gemelli di nome e di fatto.
«Dovremmo vergognarci.» disse Ker e dopo un secondo di silenzio i tre scoppiarono in una risata simultanea e inquietante.

«Beh un funerale è come una festa, semplicemente non ci sono culi da fissare.» intervenne Moros con la sua solita filosofia basata sui culi.

Eris emise un verso disgustato. «Dovremmo mostrare riverenza, dite che ci ha lasciato qualcosa?» chiese sistemandosi i gemelli sui polsini del suo completo.

Amava vestirsi, amava i suoi vestiti, amava essere abbastanza ricca da potersi vestire come voleva.
Ma odiava i funerali, non le piaceva l'odore di morte, non le donava. Si guardó per l'ennesima volta allo specchio.
«Ha un testamento molto lungo.» cominció Ker. «Probabilmente ci ha lasciato qualche gabinetto, cazzo ci odiava.» buttò giù un altro sorso, era insaziabile.

«Odiava voi, probabilmente non sapeva nemmeno che esistevo.» fece spallucce Moros. «Avrà lasciato tutto ai figli e ai nostri amati cugini.» fece un verso disgustato identico a quello di Eris.

«Ha scelto i nostri nomi varrà qualcosa, anche un galeone, altrimenti mi rimetto a letto.» Eris continuava a sistemarsi i capelli, aveva scelto di lasciarli lisci, ma non volevano collaborare.

Ker rise. «Grazie nonno per averci chiamato come gli Dei più schifati dell'olimpo, avrei di gran lunga preferito Billy, Mandy e Morte.» indicando Moros, se stessa ed Eris.

Moros si acciglió. «Perché sono io Billy? È un coglione.»

Alzó le spalle. «Appunto.» Eris si meritó un occhiataccia.

Ginevra, la madre affaticata dei tre gemelli, entrò con un respiro mancato. «Siete qui.» si voltarono a guardarla, aveva un vestito nero terribilmente inadatto per l'evento. Sembrava Morticia Adams dei fumetti. «Devi andare ad un appuntamento con sacrificio?» le chiese la più grande (Eris)

Lei si limitò a sbuffare. «Non provarci.» le puntò il dito. «Non sono in vena Eris, di sotto ci sono probabilmente un centinaio di maghi.» si portò una mano in fronte.

«Ve l'ho detto.» esordì Moros. «Un dannato party.» si beccò uno scappellotto dritto dietro la testa.


Dopo qualche minuto i tre fecero ingresso, insieme e camminando, per quello che sembrava, sincronizzati, raggiunsero la sala dove si sarebbe tenuto un piccolo rinfresco. Molte persone si voltarono verso di loro, la maggior parte erano maghi inglesi, ma i gemelli frequentavano le nobili scuole di Salem, quindi non conoscevano quasi nessuno.

«Siete terrificanti.» esordì una voce conosciuta, Moros fu il primo a voltarsi, e fece volare un braccio sulle spalle di Blaise Zabini.

Blaise fece le condoglianze in modo silenzioso e quando arrivò il turno di Eris la strinse di più, aveva un debole per quella dannata strega da anni ormai, ma Eris era una preda difficile e a Blaise i giochetti piacevano poco.
«Come stanno i miei gemelli olimpici preferiti?» Moros rise, le altre due rimasero nel tumulto.

Probabilmente Ker era ubriaca, non si era ancora tolta gli occhiali, solitamente quella che non lo faceva mai era Eris.
Lo sguardo di quest'ultima corse tra i volti dei presenti.
Ministri, Funzionari Auror, Consiglieri, Professori, Presidi di altre scuole.

Poi afferrò la bacchetta e lanciò qualche legilimens. Le piaceva frugare, giocare ad entrare ed uscire, veloce, fugace, si allenava.
Saltellava tra un pensiero all'altro, a meno che fossero esperti legilimens non si sarebbero accorti di lei. Impensabile, lei era un ottima occludente, nessuno entrava nella sua mente.

La bacchetta cominciò a compiere giri immensi, la prima fu una signora con uno strano cappello.

Dio quanto è pacchiano questo papillon, pensò guardando il gentiluomo davanti a lei, gli infilzo la forchetta negli occhi se non la smette di guardarmi, ma quando inizia questo dannato funerale?

Puntò la bacchetta sull'uomo difronte a lei.
Preferirei strozzarmi con il pasticcio pur di non stare un altro secondo con questa vecchia pantofola.

Sorrise, si fece spazio tra le persone.

Odio gli attestati di matrimonio, pensò un funzionario.

Il dolce era meglio del pasticcio, quello che sembrava un professore.

Spero che ci sia un bagno, non resisto ancora, rise, c'erano più latrine che persone.

Chissà cosa starà facendo puffola, l'immagine di un gatto rosso e obeso le balenò in mente.

Dove si è cacciato-..., ci fu un secondo di silenzio, Non è carino leggere le menti, soprattutto ad un funerale

Eris nascose subito la bacchetta nella manica, non si era resa conto di chi fosse, la bacchetta era scivolata in un angolo della stanza. Continuò a camminare, interessante, come aveva fatto a sentirla entrare.

Una mano le bloccò la passeggiata ad ostacoli. «Eris, cara, come stai?»

Le sorrise, chi cazzo sei? Probabilmente non sarebbe stata una domanda garbata da fare e stava cercando di esserlo di più, stava per rispondere con "splendidamente", poi si ricordò che suo nonno era morto e nonostante non gli stesse particolarmente simpatico, era brava a fingere e quella sarebbe stata un occasione allettante.

«Stordita.» cominciò a scuotere la testa. «È tutto così surreale, così innaturale.» la signora strinse gli occhi. «Non volevo turbarla.» disse e lei le rivolse un sorriso visibilmente dispiaciuto.

Bingo.

Si asciugò le finte lacrime. «Mi scusi.» lei le lasciò finalmente la presa sul braccio. «Vado a cercare i miei fratelli.» la signora annuii e senza nemmeno sapere con chi cazzo avesse fatto finta di piangere, scomparve.

La bacchetta le raggiunse di nuovo le dita, ma sta volta solo la punta fuoriusciva, doveva capire chi fosse. Aveva la voce di un ragazzo, ma non era riuscita a vedere altro, se non un quantitativo di barriere che avrebbero fatto accapponare la pelle di Moros.
Stava per lanciare un altro incantesimo, quando suo fratello le afferrò il braccio. «Avanti.» le disse. «Stanno per seppellirlo.» Eris sospirò e gli afferrò il braccio.

Ker era già appollaiata all'altro e il trio si fece strada verso l'esterno.
La folla dietro di loro li seguiva a ruota, Eris voleva un Bourbon.
«Dovremmo piangere?» chiese Moros.

Ker portò gli occhi al cielo. «Hai un non so che di teatrale quando piangi.» appoggiò la testa sul braccio del fratello.

Ridacchiò. «Non penso tu mi abbia mai visto piangere Kerry.»

Eris fece roteare la lingua nell'interno della guancia. «Se piangere ci fa avere il patrimonio, datti alla pazza gioia Moros.» era sicura che suo nonno non avesse lasciato niente.

Non avevano mai avuto un bel rapporto.
Chronos era distante, tutti lo descrivevano come un uomo affettuoso, ma Eris stentava sempre a crederci. Tra le mura di casa l'aveva sempre avvertito glaciale.
Suo padre, Ares, camminava davanti a loro, aveva lo sguardo fisso davanti a se, mentre la tomba nera di suo padre veniva trasportata dai becchini.
Indossava un abito nero su misura, i capelli del medesimo colore, tirati indietro con un quantitativo imbarazzante di gel, entravano in contrasto con il biondo pallido di Ginevra.

Moros e Ker erano la sua copia sputata, Eris invece somigliava a suo padre.
Erano nati da un parto gemellare, ma erano eterozigoti. Nel complesso, si somigliavano abbastanza da essere riconosciuti come fratelli, ma non abbastanza per essere gemelli.

Raggiunsero il luogo di sepoltura dopo qualche minuto, Eris si voltò indietro e notò tutte le persone che erano venute. Riconobbe Blaise a braccetto con sua madre, Blaise era un ragazzo formidabile, sua madre era per metà Veela, una bellezza a dir poco disarmante.
Non aveva un padre, l'unico uomo che era mai sopravvissuto alle grinfie di sua madre era stato lui. Si raccontava di morti improvvise a casa Zabini.

Il ragazzo al suo fianco la incuriosì, sapeva benissimo chi fosse, ma non vedeva Draco antipatico testa di cazzo Malfoy da parecchio tempo. Quell'orribile taglio a scodella era stato sostituito da un taglio adulto, aveva le mani congiunte davanti all'addome e scambiava qualche parola con Blaise.
Quando si accorse di essere osservato, Eris aveva già gli occhi puntati davanti a lei.

La sorella del padre scoppiò in un pianto melodrammatico e ai gemelli, contemporaneamente, venne voglia di accoltellarla. Loro cugina, Medea, arpia terrificante, si piegava sulla madre cercando di confortarla. «Ora è in un posto migliore.» gracchiò.

Ker si sporse. «No, non credo.» disse indicando la fossa dove ora stavano calando la bara.

Ginevra si voltò con gli occhi infuocati, suo padre alzò piano l'angolo della bocca indicando un sorriso, suo padre non piaceva nemmeno a lui, non riusciva a comprendere per quale arcano motivo aveva deciso di farsi seppellire nella sua proprietà.

Un coro di voci profonde intonava un vecchio canto in una lingua dimenticata dai più, parole gutturali e solenni che si intrecciavano con il fruscio delle foglie e il lieve scricchiolio della bara sotto il peso del tempo. La melodia era ipnotica, solenne, eppure per i tre gemelli aveva un che di estraneo, distante, come lo era sempre stato Chronos per loro.

«Chissà se avrebbe apprezzato tutto questo teatro,» sussurrò Ker, accennando con il mento alla scena davanti a loro.

«Oh, sicuramente,» ribatté Moros con sarcasmo, aggiustandosi la giacca elegante. «Lui amava essere celebrato, anche da morto.»

Eris non disse nulla. I suoi occhi si posarono sulle labbra dei cantori, seguendo le parole che non riusciva a comprendere del tutto ma che evocavano un senso di malinconia e rispetto. Le sembrava quasi ironico che un uomo come Chronos, che aveva passato la vita a rincorrere misteri e tesori, fosse ora onorato da una canzone che parlava di radici, di casa, di ritorno.

«Sembra che lo conoscessero più loro di noi,» mormorò infine, incrociando le braccia al petto.

Ker sospirò. «Non abbiamo mai avuto il piacere, a quanto pare.»

I canti continuarono, avvolgendo la folla in un'atmosfera sospesa nel tempo. Alcuni abbassavano il capo, altri stringevano le mani in segno di raccoglimento. Ma per i tre gemelli, la musica era solo un sottofondo, un accompagnamento a un'assenza che avevano imparato ad accettare molto tempo prima.

Quando la bara fu completamente sotto terra, Ares emise un sospiro di sollievo, che nessuno riuscì ad avvertire, tranne sua figlia.
Guardò le spalle rilassarsi e finalmente si voltò verso di loro. «Il ministro della magia vuole parlarvi.» disse sistemandosi la cravatta. «Se avete combinato qualcosa, meglio che me lo diciate ora.»

Tutti e tre fecero il resoconto mentale di cosa avevano fatto nell'ultima settimana.

Ker aveva passato i primi giorni a barare a poker in una partita clandestina a Miami, poi aveva provato a rubare un paio di gioielli da una gioielleria babbana (il suo sport preferito).

Moros se l'era spassata con quantitativo indicibile di meravigliose signorine, la sua camera ne ospitava quasi una decina, era stata una settimana molto produttiva.
Poi l'ultimo weekend aveva provato una nuova pozione basata sull'avvelenamento, l'avrebbe provata su una delle sue sorelle.

Eris si era allenata duramente nei duelli magici e corporali, aveva piegato il polso ad uno degli allievi e lanciato un paio di fatture su dei babbani che avevano osato pensare che i suoi abiti fossero stravaganti.

Tutti e tre alzarono le spalle. «Niente.» dissero in contemporanea.

Ares assottigliò lo sguardo. «Vi sta aspettando nel mio ufficio.» detto questo si voltò di nuovo dandogli le spalle. Ares si limitò a indicare con un gesto della mano la direzione del suo ufficio. «Sapete dov'è. Muovetevi.» La sua voce era un misto di disinteresse e irritazione, come se avesse già speso fin troppo tempo con loro.

Ker, Moros ed Eris si scambiarono un'occhiata, ognuno cercando di intuire dagli altri se ci fosse qualcosa di grosso da temere. Alla fine, Eris sbuffò e prese l'iniziativa, dirigendosi verso l'ufficio con passi decisi.

«Non è che stiamo andando al nostro processo, giusto?» chiese Moros con un mezzo sorriso, seguendo Eris.

Ker si strinse nelle spalle, camminando accanto a lui. «Se è un processo, almeno avrò l'occasione di dimostrare la mia innocenza. Sono molto convincente quando parlo.»

Ker lanciò un'occhiata ai due compagni, un sorriso sghembo che tradiva una vaga preoccupazione. «Beh, se non ci hanno ancora arrestati vuol dire che non hanno prove, no?»

Moros si passò una mano tra i capelli con aria annoiata, aggiustandosi un ricciolo ribelle. «O forse vogliono solo parlarci prima di deciderlo. Certo, io non ho fatto nulla di illegale. Tecnicamente.»

Eris incrociò le braccia al petto, fissando i due con uno sguardo severo. «Smettetela di comportarvi come dei ragazzini. Qualunque cosa sia, risolviamo e basta.»

Ker sollevò un sopracciglio, fingendo di offendersi. «Io non mi comporto da ragazzino. Ho un'etica professionale, sai?»

«Sì, rubare con stile è decisamente etico,» commentò Moros con sarcasmo, avvicinandosi alla porta che portava all'ufficio. «Ma hai ragione, Eris, affrontiamolo. E se è per qualcosa di stupido, almeno potremo dire di averlo fatto con eleganza.»

Eris sbuffò e li superò entrambi, aprendo la porta senza alcuna esitazione. «Muovetevi. Se ci devono arrestare, almeno facciamolo insieme.»

Il trio entrò nello studio di Ares, trovando il Ministro della Magia in persona seduto dietro alla grande scrivania di mogano, le mani intrecciate davanti a sé e uno sguardo indecifrabile sul volto.

«Siete arrivati,» disse il Ministro con voce calma, ma tagliente. «Spero che comprendiate l'importanza della questione.»

Ker, con un sorriso fintamente innocente, prese la parola per primo. «Certamente, Ministro. Siamo tutto orecchi.»

Il Ministro della Magia li fissò per qualche secondo, poi indicò con un gesto le tre sedie di fronte alla scrivania. «Sedetevi,» disse con tono neutro. «Abbiamo molte cose da discutere.»

Eris, Ker e Moros si scambiarono un'occhiata perplessa prima di accomodarsi, ognuno cercando di mantenere un'aria composta, anche se la tensione era palpabile. Il Ministro si sporse in avanti, intrecciando le mani sul piano lucido della scrivania.

«Innanzitutto,condoglianze per vostro nonno.»

Il silenzio calò nella stanza. Ker alzò un sopracciglio. «Beh, non lo vedevamo da anni...» iniziò a dire, ma si interruppe quando il Ministro alzò una mano per fermarla.

«So che i rapporti con lui erano... particolari. Ma è di vitale importanza che ascoltiate ciò che ho da dirvi. Prima di morire, ha lasciato un testamento molto dettagliato, e siete gli unici eredi nominati.»

Moros si sporse leggermente, un sorrisetto sulle labbra. «Un testamento? Finalmente qualcosa di interessante. Quanto ci ha lasciato?»

Il Ministro ignorò la domanda e aprì un fascicolo davanti a sé. «Il signor Flare non vi ha lasciato denaro né beni materiali. Tuttavia, vi ha affidato una missione. Una sorta di... caccia al tesoro.»

Ker si lasciò andare contro lo schienale della sedia, ridacchiando. «Caccia al tesoro? Siamo seri?»

Eris, al contrario, era tesa come una corda di violino. «Che genere di caccia al tesoro?» chiese, stringendo le mani sui braccioli della sedia.

Il Ministro guardò ciascuno di loro negli occhi, come per valutare le loro reazioni. «Il testamento parla di cinque artefatti magici di immenso potere. Non ha specificato né la loro natura né la loro posizione esatta. Ha solo lasciato una serie di indizi iniziali che dovrete seguire per trovarli.»

«Artefatti magici?» ripeté Moros, apparentemente interessato. «E cosa dovremmo farne, una volta trovati?»

«Questo non è stato specificato nel testamento,» rispose il Ministro. «Ma ha lasciato una chiara indicazione: questi artefatti devono essere trovati da voi tre e da nessun altro. Il loro valore, sia magico che storico, è incalcolabile. Se finissero nelle mani sbagliate, le conseguenze sarebbero devastanti.»

Eris rimase seduta per un momento, fissando il Ministro e il fascicolo davanti a lui con un'espressione sempre più scura. Poi si alzò di scatto, la sedia che strisciava rumorosamente sul pavimento.

«Ma che razza di scherzo è questo?» sbottò, il volto rigido per la rabbia. «Artefatti magici? Una caccia al tesoro? Questo è quello che ha pensato di lasciarci? Nient'altro?»

Ker e Moros si scambiarono uno sguardo perplesso, ma non fecero nulla per interromperla.

Eris continuò, il tono sempre più acceso. «Dopo tutto quello che abbiamo passato, dopo anni di silenzio, si degna di lasciarci un gioco da ragazzini? Non è bastato che si sia comportato come un estraneo per tutta la sua vita, adesso deve pure prendersi gioco di noi da morto!»

«Oh, finalmente qualcuno lo dice,» intervenne Ker, alzando una mano come per applaudire. «Pensavo di essere l'unica a trovarla una presa in giro. Grazie, Eris.»

Moros sorrise, appoggiandosi allo schienale della sedia con aria pigra. «Siamo d'accordo, sorellina. Questo vecchio non faceva nulla senza un secondo fine, e non sarà certo diverso questa volta.»

Eris si voltò verso di loro, puntandoli con un dito. «Non sono dalla vostra parte. Non sto dicendo che dovremmo ignorarlo. Sto dicendo che questa è l'ennesima prova che non gli importava niente di noi. Ci ha lasciato qualcosa di impossibile, solo per vedere se falliamo!»

Il Ministro osservava la scena con calma, ma il suo sguardo era attento. «Capisco la vostra frustrazione, ma il signor Flare non era un uomo che agiva senza ragione. Qualunque sia il motivo di questa eredità, è chiaro che pensava fosse importante.»

«O pensava che fosse divertente,» ribatté Eris, stringendo i pugni. «Forse era annoiato, o voleva lasciarci un'ultima sfida per ricordarci che è sempre stato un passo avanti a tutti. Tipico di lui.»

Ker sospirò, alzandosi in piedi. «Comunque sia, io non ho intenzione di perdere tempo con questa faccenda. Se vuoi buttarti in questa caccia al tesoro, fai pure, ma non aspettarti che io ti segua.»

«Neanche io,» aggiunse Moros con un cenno della testa. «Non vale la pena di arrabbiarsi per una cosa del genere. Il vecchio voleva solo un po' di attenzione, e gliela stiamo dando.»

Eris scosse la testa, lo sguardo carico di disprezzo. «Voi due siete insopportabili. È ovvio che non capirete mai cosa significa affrontare qualcosa di difficile per rispetto, per orgoglio. Continuate a scappare da tutto. Bravi, davvero.» Si voltò verso il Ministro, indicando il fascicolo. «Se c'è altro da sapere, me lo dica adesso.»

Il Ministro esitò, poi le porse il fascicolo. «Questi sono gli unici dettagli disponibili. Ma il vostro nonno ha lasciato un messaggio per voi tre: 'Non è una prova. È una scelta.'»

Eris rimase in silenzio per un attimo, fissando il fascicolo con il respiro pesante. Poi lo strappò dalla scrivania e si voltò verso la porta. «Scelta o no, gliela farò pagare.» Con un ultimo sguardo carico di rabbia, uscì dalla stanza, lasciando dietro di sé il rumore dei suoi passi furiosi.

Svoltò l'angolo e notò una figura che si stava allontanando lentamente, dandole le spalle. «Origliavi Malfoy?» chiese alzando un sopracciglio.

Lui si voltò di scatto e con un sorriso tagliente le rivolse uno sguardo. «Oh, Eris, non ti avevo vista.»

Eris stava cominciando a sfurmarsi. Inclinò la testa. La voce del ragazzo, era lui l'occludente?
La bacchetta le raggiunse le dita e con un incantesimo non verbale gli entrò in testa.
Malfoy stava pensando a come sgattaiolare veloce.
Si accorse all'instante che lei fosse lì.

Sei tu la spiona quindi?

Eris abbassò la bacchetta. «Mi diletto a sbirciare.» alluse camminando verso di lui.

«Hai visto qualcosa di interessante?» gli chiese incrociando le braccia dietro la schiena e camminando al suo lato.

Si fermò e lo osservo. «Hai qualcosa di interessante che io debba sapere Malfoy?» chiese e lui mise su un'espressione imbronciata.

Sospirò e continuarono a camminare. «Non sembri particolarmente sconvolta dalla morte di tuo nonno.» affermò facendole alzare lo sguardo al cielo.

Sospirò esasperata. «Sono troppo cinica per interessarmi alla morte.» si sistemò gli occhiali sul naso. «Tu perché sei qui?» gli chiese completamente disinteressata, voleva solo arrivare in camera sua ed esaminare il fascicolo.

«Le veci dei miei genitori.» rispose senza scomporsi.

«Non piacciono nemmeno a loro i funerali?»

Malfoy si scompose, ma poco, un istante, Eris lo notò, lei notava sempre tutto. «Suppongo di si.»
Probabilmente c'era qualcosa sotto, non le andava di indagare, il ragazzo non le interessava.

Senza degnarlo di uno sguardo prese a salire le grandi scalinate. «Bella chiacchierata, Flare.» Eris alzò il dito medio mostrandoglielo e sparendo nel corridoio che dava alla sua camera.

La camera di Eris Flare è un luogo che riflette appieno la sua personalità: un perfetto mix di vanità, lusso e precisione, con una particolare attenzione alla pulizia e all'ordine.
Le pareti sono dipinte di un grigio antracite. Nonostante il colore delle pareti, la stanza è incredibilmente luminosa: enormi finestre, dalle tende sottili e trasparenti, permettono alla luce del giorno di inondare lo spazio, creando giochi di ombre sottili sui mobili lucidi e moderni. La luce non è mai troppo forte, ma sempre soffusa, in modo che la stanza mantenga un'atmosfera avvolgente, ma mai cupa.

Il letto è grande, ma non esagerato, con una testiera in velluto nero che risalta contro le lenzuola di seta scura e le coperte finemente ricamate. Lenzuola impeccabili e perfettamente piegate sono un must, senza alcun piega o segno di disordine. Un gran numero di cuscini, sempre disposti in modo ordinato, si trovano sulla superficie del letto, tutti in tonalità di nero, argento e un accenno di viola.

I mobili sono scelti con cura: un comó in legno scuro e lucido, con uno specchio grande e rettangolare che riflette la figura di Eris in ogni angolo della stanza. Su di essa ci sono numerosi prodotti di bellezza e accessori, tutti perfettamente organizzati e separati da piccoli vassoi d'argento. La vanità di Eris si riflette in ogni dettaglio, ma nulla è mai fuori posto. Non c'è spazio per la disorganizzazione. Accanto alla toeletta, una poltrona imbottita in pelle nera sembra quasi invitare chiunque a sedersi per un momento di riflessione, magari per sfogliare un libro rilegato in pelle o godersi un tè.

Nel angolo opposto della stanza, c'è un piccolo spazio dedicato alla sua passione per il duello magico e l'allenamento fisico: una parete con una serie di armi da duello esposte in modo ordinato e impeccabile. Le bacchette sono posizionate con cura su un ripiano in cristallo, come opere d'arte, mentre una serie di incantesimi protettivi sono appesi accanto ad uno specchio grande che permette a Eris di osservare ogni suo movimento.

La stanza è perfettamente pulita, senza un granello di polvere in vista, e ogni superficie è lucidissima, da sembrare quasi riflettente. La pulizia è una questione di principio per Eris, un segno della sua disciplina interiore e della sua disprezzo per la disorganizzazione. Niente è mai lasciato al caso, ogni oggetto ha il suo posto, e nulla è mai messo in disordine.
Un lampadario moderno, ma elegante, pende dal soffitto, con cristalli che catturano la luce naturale e la riflettono delicatamente in tutta la stanza.

Entrando si chiuse velocemente la porta alle spalle, sfilò la giacca e si sbottono la camicia. Tolse le scarpe e ripose tutto perfettamente.
Si sedette sul divano e con un colpo di bacchetta si servì un Bourbon. Alcolismo era un tratto somatico della sua famiglia.
Il bicchiere galleggiò verso di lei, lo prese e fece scendere qualche goccia giù per la gola.

Aprì il fascicolo sfogliando la prima pagina.

Obiettivo missione:acquisizione di artefatti magici.

Grado della missione:01

Le missioni venivano calcolate con un punteggio da 05 a 01, dove quest'ultimo indicava il grado di importanza più elevato.

Artefatti: corrotti dalla magia oscura, perduti, l'indicazione prevede che gli artefatti siano stati identificati per l'ultima volta

Hogwarts (probabilmente due degli artefatti)
Foresta degli angeli, Bulgaria
Londra, Casa della famiglia Black
Ministero della magia britannico

Utilizzo: l'utilizzo degli artefatti è ad oggi sconosciuto

Poi mentre Eris sfiorava la carta, improvvisamente una piega le fece tagliare il dito, il sangue macchiò la carta ingiallita e improvvisamente la pagina mutò.
Si fece bianca e poi un'altra scrittura apparve.
Lei guardò sbigottita.

Se uno di voi ha svelato l'arcano, vi faccio i miei sinceri complimenti, avevo ideato questo tranello per non consentire al primo ministro di poter sbirciare nei nostri affari, ma la ricerca è qualcosa di estremamente difficile e ci serviranno tutti i mezzi possibili.

Come ben saprete, il ministro della magia britannica, così la stessa nazione, sono ora perpetrate da una guerra senza rimedi.
Qualche hanno fa, con il mio caro amico Albus, abbiamo iniziato ad escogitare un piano per evitare l'ascesa di un mago oscuro, Lord Voldemort.

Penso che tutti e tre conoscete la storia del bambino sopravvissuto, il ragazzo stava cercando questi oggetti, ma destino ha voluto che venisse catturato dal signore oscuro in ascesa e segregato nelle prigioni britanniche, insieme ai due compagni.
L'ordine che cercava di fermare l'ascesa è stato dimezzato con un genocidio in un palazzo Londinese. I pochi sopravvissuti si sono sparsi in tutta europa e il mio caro amico è deceduto sotto
la mano degli uomini che noi chiamiamo: Mangiamorte.

Bussarono alla porta, le teste di Ker e Moros spuntarono all'improvviso. Li fissò. «Venite qui e chiudete quella cazzo di porta.» si fissarono per un istante. Entrarono e chiusero a chiave, andarono entrambi ad accomodarsi velocemente accanto alla sorella, appoggiandosi sui braccioli del divano.
«Leggete qui, era nascosto.»

Il mio compito, insieme all'aiuto di altri, è stato quello di cercare negli ultimi tre anni, questi artefatti, ma se voi state leggendo questa lettera, vuol dire che io sono morto e la ricerca non è proseguita.
Questi oggetti vengono chiamati Horcrux, sono malefici, contengono pezzi dell'anima del proprio creatore, il quale per restare in vita necessita che siano integri. Questa condizione fa si che l'individuo resti immortale, a meno che gli oggetti non vengano distrutti.

Qui entrate in gioco voi.
Siete state addestrati alla ricerca, alla sopravvivenza e al duello, quest'ultimo probabilmente vi servirà. Non mettetevi in pericolo piú del dovuto, non dite a nessuno cosa state cercando o per lo meno a cosa servano gli oggetti.
Quando li avrete raccolti, sarò io stesso ad aiutarvi a distruggerli, fino ad allora, buona fortuna figli miei.

«Che il mondo sia con voi crudele, e voi siate crudeli altrettanto.» lesse a voce alta Moros.

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