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San
1 settembre 2020
Lasciai i miei amici per entrare in macchina, accenderla e percorrere la strada per la statale che mi avrebbe portato alla cittadina accanto dove avrei trovato il mio migliore amico. Non ci avrei messo molto dato che mi piaceva andare un po' oltre i limiti di velocità.
Connessi il mio telefono tramite il bluetooth allo stereo della macchina e schiacciai sulla riproduzione casuale della mia playlist per poi bloccare il telefono e lasciarlo sul sedile del passeggero. Guidai non distogliendo lo sguardo dalla strada e rimanendo sugli 90 km/h. Non era mio solito andare a questa velocità, solitamente andavo un po' più forte, ma la mattina presto la strada era piena di persone che andavano a lavoro o a scuola perciò era meglio rimanere umili.
La musica dello stereo si interruppe e partì il suono inconfondibile dello squillo del mio telefono. Senza nemmeno guardare chi fosse accettai la chiamata spingendo un pulsante del mio volante.
«Sani!»esclamò una voce femminile e fin troppo squillante. Probabilmente avrei dovuto guardare chi fosse prima di rispondere.
«Rebecca, cosa c'è?»chiesi sospirando. Eravamo stati insieme per molto tempo io e lei, finchè non mi aveva tradito con un suo compagno di classe.
«Nulla, volevo solo dirti che mi manchi.»rispose lei e dal tono di voce con cui me lo disse capii perfettamente che stava giocando con i suoi capelli biondi.
L'errore più grande che avevo fatto era andarci a letto qualche sera fa durante una festa. Non avrei dovuto farlo, lo so bene, ma mi stavo annoiando tremendamente, lei mi si era buttata addosso e sapeva benissimo quanto non riuscissi a resisterle.
«Io sto andando all'università ora, ci sentiamo ok?»dissi ignorando l'affermazione che aveva fatto poco prima. La sentii sbuffare e io alzai gli occhi al cielo sapendo perfettamente a cosa mi ero messo contro.
«San, ti prego, possiamo parlarne?»mi domandò lei quasi pregando.
«Non c'è nulla di cui parlare, lo abbiamo fatto. Tu eri ubriaca, io anche. Fine della discussione.»dissi tagliando corto. Presi il telefono con l'intenzione di attaccare ma lei continuò.
«Non ho finito. Sani, mi manchi. Io ti amo ancora.»che cosa aveva che non andava questa ragazza?
«Io non più. Ti ho amata, tanto. Ma ora basta. È finita. Ficcatelo in quella testa. Ci sentiamo.»dissi nervoso. Presi il telefono e le attaccai mentre la sentivo pregarmi di non attaccare.
In questo momento avevo proprio bisogno di affetto. Una lacrima mi scese involontaria.
Mancava anche a me, mi duole ammetterlo. Ma non merita il mio perdono. Non merita nulla da me. Mi asciugai quella lacrima con un movimento veloce e premetti il piede sull'acceleratore ancora più forte. Avevo bisogno di Jongho in quel momento, più di ogni altra cosa.
Fin da quando ci eravamo incontrati era così. Ogni volta che stavo male correvo dal mio migliore amico ed era così anche per lui. Col tempo il mio giro si era allargato e lui aveva iniziato a dedicare il suo tempo anche ai suoi compagni di classe e di squadra.
Avevo subito stretto amicizia con Hongjoong su quell'aereo. Da come mi parlava avevo capito subito che era un tipo da università di lettere e lui subito mi aveva chiesto cosa avessi intrapreso io. La facoltà di economia era stata adatta a me sin dall'inizio, non avevo mai avuto ripensamenti. Jongho anche voleva seguirmi in quegli studi ma aveva deciso di sentirsi più legato all'ingegneria anche se non l'avrei mai detto dato il suo spirito sportivo. Per quanto riguarda Yunho e Yeosang all'inizio c'era un po' di imbarazzo, dato che il primo aveva avuto una leggera cotta per me e il secondo sembrasse superiore: non lo faceva di proposito, era la sua aurea studiosa che lo precedeva. Col tempo la situazione si era allentata: avrei voluto far incontrare Jongho con loro tre in molte occasioni ma Hongjoong era un tipo chiuso e spesso, quando c'erano persone che non conosceva, rimaneva direttamente a casa e non usciva con noi. Perciò mi sono dovuto accontentare di rendere amici gli altri tre. Erano andati subito d'accordo e, per fortuna, non c'erano mai stati problemi. Così il mio gruppo di amici si era allargato e quando ero stato male per Rebecca tutti e quattro mi hanno aiutato molto. Se non fosse stato per loro probabilmente ora avrei cambiato città o anche paese, date tutte le difficoltà che avevo anche a casa. Grazie a loro ero rimasto accanto a mia madre, la quale aveva molto bisogno di me.
Jongho
1 settembre 2020
Quando la sveglia suonò mi sentii stordito. La notte prima ero tornato abbastanza tardi dalla partita e la sveglia alle 7 e mezzo del mattino non mi era di molto aiuto. La partita del giorno prima non mi aveva stancato più di tanto alla fine, non era stata tanto quella il problema, non voglio prendermi in giro: il problema era stato affrontare l'ansia del primo giorno di università. Non ero più al liceo, ero uno studente universitario e frequentavo anche un corso ottimo dell'università più vicina alla casa mia e dei miei amici. Era curioso come sia io che gli altri fossimo tutti provenienti dalla Corea del Sud e inizialmente fu anche imbarazzante andare in giro dato gli sguardi che ci arrivavano da ogni dove. Ora però era molto più tranquillo camminare con loro. Ho conosciuto Yunho e Yeosang proprio tramite il mio migliore amico San e devo dire che erano entrambi simpatici, anche se agli inizi della nostra amicizia temevo di una rottura di rapporto tra Yunho e San, dato che il primo era gay e aveva una cotta per l'altro che era esclusivamente etero e fidanzato. Anzi, ora non lo è più.
San è sempre stato così, fin da quando eravamo piccoli. Gli piacevano le ragazze, stare con loro, farci qualcosa e poi magari passare ad altre. Non fraintendetemi, anche a me piacciono le ragazze, ma a lui piaceva proprio...l'organo femminile, ecco. La sua ultima ragazza credevo fosse quella giusta ma a quanto pare non era diversa dalle altre. Come al solito gli sono stato vicino, come quando eravamo piccoli e lui dovette affrontare, beh, tutto ciò che gli era accaduto di brutto.
Sentii un clacson e mi resi conto che era proprio lui fuori l'albergo in cui stavo dormendo. Mi sarebbe piaciuto passare la notte a casa mia coi miei genitori ma quella partita era stata troppo importante per me e non potevo perdermela.
Scesi le scale dell'hotel con la valigia in mano e mi precipitai alla reception a consegnare le chiavi della stanza in cui avevo alloggiato e ringraziando l'uomo dietro al bancone. Uscii dal palazzo e mi ritrovai di fronte al mio migliore amico.
«Dai sbrigati, mi sembri una lumaca stamattina. Non sei tu quello atletico?»mi domandò mentre entravo nella sua macchina.
«Buongiorno anche a te, ora se non ti dispiace credo proprio che mi farò una bella dormita.»dissi abbassando lo schienale del sedile e sentendolo sbuffare dicendo un "come vuoi".
Borbottava sempre quando non era contento di qualcosa, o quando comunque non era felice in generale. Quando lo avevo conosciuto infatti era abbastanza arrabbiato e borbottava continuamente. Eravamo piccoli, andavamo alle elementari e lui era infuriato perché alcuni ragazzini continuavano a chiamarlo col mio nome dato che entrambi avevamo il cognome "Choi": questo lo ridicolizzava dato che io sono più piccolo di un anno e questo lo rendeva indirettamente più immaturo, anche se lo erano più quei bambini.
«Che hai?»chiesi rivolto a lui e rialzando lo schienale. Sapevo che non sarei riuscito a dormire ma tanto valeva provare.
«Mi ha chiamato Rebecca.»disse e io chiusi gli occhi. Come già detto, credevo che lei fosse diversa e anche lui lo credeva. Si stava davvero impegnando con lei, era una cosa seria tra i due.
«Quella puttana, se fosse un ragazzo le tirerei un pugno.»dissi a denti stretti e lui scoppiò a ridere.
«Se fosse un ragazzo non ci sarei stato, non sono gay.»spiegò lui e io sorrisi. Non era un insulto per noi dire "gay", era soltanto una specificazione del nostro "io".
«Beh, questo è vero. Cosa ti ha detto?»dissi interessato.
«Che le manco e che mi ama ancora.»rispose lui accelerando. Si stava innervosendo
«Non ci cascare. Ok?»dissi io guardandolo rallentare per fare una curva della strada, grazie a Dio.
«Mi hai sentito?»chiesi dopo un po' e lui annuì.
«Ovvio che non ci casco. Non l'ho mai fatto. Nuovo anno, nuova vita mio caro Jongho. Troverò qualche novellina all'università magari.»disse lui girando la testa solo per farmi un occhiolino con un lieve sorriso sulle labbra. Ecco, questo era il mio San.
Trascorremmo il resto del viaggio a parlare del più e del meno fino a quando vedemmo i palazzi della nostra università. Ci avvicinammo ai parcheggi e quasi subito trovammo Yunho, Yeosang e quell'Hongjoong che non avevo ancora avuto la possibilità di conoscere.
San parcheggiò la macchina accanto a quella di Yunho e poco dopo scendemmo portando le valigie sul marciapiede diretti verso i dormitori.
L'ansia cresceva mano a mano che ci avvicinavamo agli edifici ma sapere che ero in buona compagnia mi aiutò molto a rimanere tranquillo. Sarebbe stato l'inizio di qualcosa di stupendo.
👇🏻Spazio autrice👇🏻
Ciaooo! Come state?
Ok i capitoli di spiegazione sono terminati, ora ci saranno altri capitoli di passaggio, come gia vi avevo detto, ma sono necessari per l'inizio della storia.
Un bacio a chi sta ancora leggendo👋🏻
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