Capitolo otto
Tre giorni e quattordici ore.
Sorrise, mentre riepilogava dentro di sé il tempo che mancava al contest della Blair: inspirò profondamente, alzando il viso verso il cielo e godendosi il tiepido sole di fine inverno.
Inspirò a fondo, aprendo le palpebre e osservando la strada avanti a sé: era una strada anonima, una di quelle che si potevano trovare ovunque. Due strade che si intersecano formando una T, un palazzo a più piani che dominava un angolo dell'incrocio mentre quello opposto era occupato da una piccola casetta a un piano con il tetto pari; infine al completamente il tutto un grande appezzamento di terra poco curata e che, nella mente del progettista urbano, avrebbe dovuto essere un parco.
Sì, non c'era niente di particolare in quell'incrocio eppure era lì che lei era morta e poi tornata in vita.
Era lì che aveva avuto l'incidente.
Un momento della sua vita che l'aveva cambiata così tanto ma che non aveva lasciato nemmeno un segno tangibile da nessuna parte: nessun segno di frenata, nessun pezzo di vetro ancora per terra, l'erba dove era finita la sua macchina era intatta.
Certo, erano passati un paio di mesi da quando tutto era successo, quindi la vita era andata avanti anche lì.
Rimase a fissare l'asfalto e, in qualche modo, lo avvertì al suo fianco: non aveva fatto nessun rumore, non c'erano stati suoni di passi che si avvicinavano. Lui era semplicemente apparso al suo fianco: "Ti trovo bene" le disse Mark, mentre lei rimase immobile per una manciata di secondi.
Si voltò lentamente, osservandolo in volto e vedendo il suo solito sorriso: "Stai meglio" dichiarò Mark, ribadendo il concetto che le aveva appena detto e guardandola in volto: "Vuoi ancora andare avanti come se non ti importasse di niente?"
Harper piegò le labbra in una smorfia, scuotendo il capo e guardando il marciapiede: un signore infagottato nel suo giubbotto scuro si stava avvicinando a loro con il cane stretto al guinzaglio; si spostò appena, trattenendo meglio l'animale e le fece un piccolo cenno con la testa, senza però rivolgersi a Mark.
O forse li aveva salutati entrambi in quel modo?
"Non lo so" mormorò, rispondendo alla domanda del ragazzo e guardando di nuovo il centro della T: "Mi sembra di essere ancora ferma qui, di non essere andata da nessuna parte perché ero inglobata, risucchiata in quel posto oscuro."
"Tre minuti e quattordici secondi" mormorò Mark, facendo scivolare sulla lingua il tempo della sua morte: "Sai che è lo stesso numero del pi greco? Tre virgola quattordici, ovviamente approssimato."
Harper annuì, anche lei aveva notato quella bizzarra similitudine: "Non ricordo dove l'ho letto" disse Mark, incrociando le braccia al petto e stringendosi nelle spalle, prima di voltarsi completamente verso di lei: "Ma ricordo che in un articolo che parlava di filosofia e esoterismo dei numeri, parlarono proprio del pi greco."
"Davvero?"
Mark mugolò per assentire, portandosi poi una mano al volto e massaggiandolo: "Più che altro veniva preso in esame il simbolo grafico, l'autore diceva che richiamava l'immagine di una porta" si fermò, sciogliendo le braccia e infilando le mani in tasca: "L'ingresso di un percorso, lo definiva il passaggio tra il finito della nostra esistenza materiale e il non-finito della nostra essenza."
"Una porta..." Harper scosse il capo, sistemandosi alcune ciocche dietro le orecchie: "Io non ho visto niente del genere: nessuna porta, nessuna luce in fondo al tunnel, nien..."
"Forse non l'hai visto perché non era ancora il tuo momento" Mark la bloccò, sorridendole appena: "Magari non hai aperto gli occhi e non hai visto la porta davanti a te. Non tutti siamo pronti quando si muore..."
Harper annuì, tornando a fissare l'incrocio e domandandosi se fosse possibile: era possibile che quello che si era portato dietro non fosse altro che la sua paura di sapere?
Sì, poteva essere.
Come poteva non essere.
"Ne sei sicuro?" gli domandò, senza guardarlo in volto e sentendo la sua presenza ancora al suo fianco: sarebbe sparito come sempre, lo sapeva.
"Non sono sicuro di niente, Harper" le disse Mark con tranquillità, facendola sorridere: "Sono solo sicuro che non era il tuo momento,"
Harper annuì, domandandosi ancora una volta come lui potesse sapere, ma non voleva fare quella domanda.
Non voleva avere quella risposta.
"Sabato ci sarà il contest della Blair" mormorò, cambiando completamente argomento e sentendo un mugugno di risposta da parte di Mark: "Mi sono iscritta e suonerò Rivers flow into you."
Mark le sorrise, annuendo appena con la testa e fissandola in volto: "Stai andando avanti, Harper" le mormorò con un filo di voce e lei sorrise appena, sentendosi meno invischiata in quell'oscurità senza fine.
Si era mossa, infine.
Aveva fatto il primo passo per andare avanti.
a/n: salve e buon venerdì! Come di consueto, ecco qua un nuovo capitolo di questa storia e...
Beh, ormai siamo proprio alle battute finali. Ancora due capitoli e diremo addio a Harper e Mark, alla loro storia e a Nashville, che è stata un teatro molto interessante. Un po' mi dispiace non aver usato maggiormente questa città...
Come sempre vi ricordo di lasciarmi un commentino e/o una stellina per farmi sapere il vostro parere sul mio lavoro e per permettermi di crescere qui sulla piattaforma.
Mi scuso per i soliti, eventuali errori che ho lasciato nonostante le riletture e vi do appuntamento a venerdì prossimo con un nuovo capitolo!
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